La nonviolenza e' in cammino. 932



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 932 del 17 maggio 2005

Sommario di questo numero:
1. Anna Puglisi: Un storia fatta da donne
2. Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino
(parte seconda)
3. Severino Vardacampi: Da Palermo all'umanita'
4. Giulio Vittorangeli ricorda Luigi Pintor
5. Riletture: Louise F. Pusch, Susanne Gretter (a cura di), Un mondo di
donne
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. ANNA PUGLISI: UNA STORIA FATTA DA DONNE
[Il minimo frammento seguente e' la chiusa di un articolo di Anna Puglisi,
Un ricordo di Felicia, pubblicato in "Mezzocielo", gennaio-febbraio 2005; lo
abbiamo estratto da Anna Puglisi, Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia.
A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe
Impastato, Palermo 2005, p. 211.
Anna Puglisi, prestigiosa studiosa e militante antimafia, e' impegnata
nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"
di cui e' una delle fondatrici. Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto
Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta
Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e
contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro
siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la
mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato,
Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di),
Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di
documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005.
Felicia Bartolotta Impastato e' la madre di Giuseppe Impastato (1948-1978),
il militante antimafia di Cinisi (Pa) assassinato dalla mafia; Felicia
Bartolotta Impastato lo ha sostenuto nella sua lotta, che ha proseguito dopo
l'uccisione del figlio. E' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia
Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e
Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Opere su Felicia Bartolotta
Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A
Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe
Impastato, Palermo 2005; di lei ovviamente si parla ampiamente nei libri
dedicati alla figura di Peppino Impastato.
Per richiedere il libro (pp. 248 + 16 di inserto fotografico, euro 10) e per
ulteriori informazioni e contatti con l'autrice: Centro Siciliano di
Documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo,
tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito:
www.centroimpastato.it]

... Felicia fa parte della lunga storia delle lotte contro la mafia, una
storia fatta da donne come lei, la storia della Sicilia migliore.

2. MATERIALI. CONTRO LA MAFIA. UNA BREVE RASSEGNA DI ALCUNI LAVORI DI
UMBERTO SANTINO (PARTE SECONDA)
[La prima parte di questa rassegna bibliografica e' apparsa sul notiziario
di ieri; ad esso rinviamo anche per alcune notizie essenziali su Umberto
Santino e sul Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo. Segnaliamo nuovamente che questa rassegna bibliografica e' stata
originariamente redatta nel 1998: non abbiamo modificato le schede scritte
allora, ne' quelle aggiunte in ripubblicazioni successive]

7. La mafia come soggetto politico, 1994
L'opuscolo La mafia come soggetto politico, e' stato pubblicato nella
collana "csd appunti", 2, Palermo, ottobre 1994, e riproduce le lezioni di
un seminario tenuto presso la Scuola di formazione etico-politica "Giovanni
Falcone", novembre-dicembre 1992. I testi erano gia' stati pubblicati sulla
rivista "Una citta' per l'uomo", nn. 1, 2, 3-4, febbraio-agosto 1993.
La prima parte, dal titolo Introduzione, alle pp. 3-20, e' suddivisa in:
Premessa: indicazioni metodologiche; 1. Un'ipotesi definitoria; 1.1.
Un'ipotesi di periodizzazione; 2. La soggettivita' politica della mafia;
2.1. La mafia come gruppo politico; 2.2. La produzione mafiosa della
politica; 2.3. Doppia mafia in doppio Stato: una duplice dualita'.
La seconda parte, La soggettivita' politica della mafia: profilo storico,
alle pp. 21-35, e' suddivisa in: 1.1. Cosa ci insegnano i fenomeni
premafiosi; 1.2. Il "partito della mafia"; 1.3. La nascita dello Stato
unitario: dall'"opposizione mafiosa" alla "legalizzazione della mafia"; 1.4.
Il ruolo della mafia nella contrapposizione Est-Ovest; 2. Il problema del
terzo livello. L'analisi di Giovanni Falcone; 2.1. Il rapporto
mafia-politica nel maxiprocesso; 2.2. L'autonomia della mafia e il concorso
in associazione mafiosa.
La terza parte, La produzione mafiosa della politica e la produzione
politica della mafia, alle pp. 36-62, e' suddivisa in: 1. Come la mafia
produce politica; 1.1. Stragi e delitti politico-mafiosi; 1.2. Lo scambio
elettorale; 1.3. Il controllo sulle istituzioni; 2. Come la politica produce
mafia; 2.1. Servizi segreti, massoneria e Tangentopoli; 3. La relazione
della Commissione antimafia su mafia e politica: coabitazione tra Stato e
mafia, responsabilita' penale e politica; 4. La politica della mafia:
strategia, tattica, funzione?, 5. Indicazioni per un percorso di
liberazione.
Con le sue 64 pagine l'opuscolo puo' essere una buona lettura introduttiva
sia per lo studio individuale che per la discussione collettiva (del resto
esso riproduce appunto lezioni svolte in un seminario di studi).
Cogliamo l'occasione per segnalare l'utilissima rivista "Una città per l'
uomo" (alias "CxU"), su cui questi testi sono primieramente apparsi. En
passant ricordiamo anche l'altra rivista palermitana di grande interesse:
"Segno". In tema di riviste ricordiamo ovviamente anche "Narcomafie" di
Torino. Ed ancora: i fascicoli n. 7-8/1990 e 25/1996 di "Meridiana" di Roma,
e il n. 2/1992 di "Asterischi" di Roma.
Di Giovanni Falcone a noi sembra ovviamente di gran lunga piu' utile il
volume di Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, Firenze 1994, che non
il noto libro-intervista a cura di Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra,
Rizzoli, Milano 1991.
A nostro giudizio recano un utile contributo all'analisi di alcuni dei temi
affrontati in questo opuscolo la relazione della Commissione parlamentare
antimafia su Mafia e politica (un'edizione agile ne ha pubblicato Laterza,
Bari 1993; un'edizione arricchita da altri materiali e' stata pubblicata, a
cura di Orazio Barrese, in Mafia politica pentiti, presso Rubbettino,
Soveria Mannelli 1993); ed il libro di Luciano Violante, Non e' la piovra,
Einaudi, Torino 1994 (Violante, come e' noto, era il presidente della
Commissione parlamentare che produsse il testo sopra citato, e il principale
autore di esso).
*
8. Casa Europa, 1994
L'opuscolo Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, e'
stato pubblicato nella collana "csd appunti", 1, Palermo, maggio 1994, e
contiene i testi di tre relazioni ad altrettanti convegni.
La prima relazione: La mafia siciliana e il mercato delle droghe in Europa,
relazione al convegno internazionale dell'OGD (Observatoire Geopolitique des
Drogues) sul tema "La geopolitique mondiale des drogues", Parigi, 10-12
dicembre 1992, gia' pubblicata in volume in Francia e in rivista in Italia.
Ne segnaliamo in particolare alcuni passi della Premessa. Un paradigma
adeguato: la mafia come organizzazione criminale e blocco sociale. "Secondo
la legge antimafia promulgata nel settembre 1982, dopo l'assassinio Dalla
Chiesa, 'l'associazione e' di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte
si avvalgono del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e
di omerta' che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo
diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita'
economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o
per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri'.
Cosa Nostra e gli altri gruppi mafiosi compongono la struttura criminale
descritta dalla legge ma non esauriscono il fenomeno mafioso che e' stato ed
e' qualcosa di molto piu' complesso. Riassumo l'ipotesi definitoria adottata
per le ricerche condotte con il Centro Impastato: un sistema di violenza e
illegalita' finalizzato all'accumulazione del capitale e all'acquisizione e
gestione di posizioni di potere che si avvale di un codice culturale e gode
di un certo consenso sociale. Le organizzazioni criminali sono al centro di
un blocco sociale transclassista, che va dai politici legati ai mafiosi ai
consulenti finanziari che curano le operazioni di riciclaggio e di
investimento, agli avvocati stabilmente a servizio della mafia, agli
imprenditori collegati o succubi, giu' giu' fino agli spacciatori di droghe
e ai venditori di sigarette di contrabbando. La funzione dominante
all'interno di tale blocco, che potrebbe aggirarsi su alcune centinaia di
migliaia di persone, e' svolta da soggetti legali-illegali che si possono
definire borghesia mafiosa. In contraddizione con uno degli stereotipi piu'
diffusi (la mafia come contropotere criminale e antistato), le associazioni
mafiose e il blocco sociale a egemonia mafiosa hanno un rapporto duale con
lo Stato. In quanto associazione criminale la mafia e' contro e fuori dello
Stato, non viola il diritto ma nega il diritto, perche' non riconosce il
monopolio statale della forza; per il suo ruolo economico (che si e'
sviluppato attraverso l'uso del denaro pubblico) e politico (dal controllo
sul voto al rapporto con i centri decisionali necessario per ottenere, ad
esempio, gli appalti di opere pubbliche, che hanno costituito e
costituiscono uno dei settori piu' rilevanti delle attivita' legali), la
mafia e il suo blocco sociale sono dentro e con lo Stato.
La riprova piu' significativa e' data dal ruolo della mafia all'interno
della contrapposizione Est-Ovest. La mafia ha avuto un ruolo centrale nella
repressione e regolazione del conflitto sociale (si pensi alla violenza
mafiosa contro le sinistre e il movimento contadino negli anni '40 e '50) e
negli anni '60 e '70 e' stato il punto di coagulo di una borghesia terziaria
e parassitaria che ha sostituito il vecchio blocco agrario come classe
dominante in Sicilia e nel Mezzogiorno d'Italia.
La definizione di criminalita' istituzionalizzata contenuta nel Progetto di
Relazione della Commissione del Parlamento Europeo del novembre 1991, coglie
questo aspetto essenziale della mafia, la sua politicita', il suo ruolo
nella produzione della politica, in quanto essa determina o contribuisce a
determinare le decisioni e le scelte riguardanti la gestione del potere e la
distribuzione delle risorse".
La seconda relazione: Il ruolo della mafia nel saccheggio del territorio,
relazione al convegno "Ambiente ecologia societa'", Gibellina, 14 novembre
1993, gia' pubblicata in rivista.
Segnaliamo a p. 21: "La risorsa territorio ha avuto un ruolo fondamentale
nello sviluppo della mafia e del blocco sociale a partecipazione o ad
egemonia mafiosa, per due ragioni: l'organizzazione mafiosa si basa sul
controllo del territorio (e tale controllo e' costitutivo della sua natura
di gruppo politico, in senso weberiano) e lo sfruttamento e la depredazione
del territorio hanno costituito uno dei terreni primari delle sue attivita'.
Tutto cio' si e' inserito in un contesto socio-economico e culturale che
considera ambiente e territorio come merce e che ha assunto i caratteri di
vera e propria macchina distruttiva soprattutto negli ultimi decenni" (il
ragionamento prosegue poi con una opportuna citazione da James O' Connor).
La relazione poi esamina vicende specifiche (che qui indichiamo citando i
titoli di specifici paragrafi del testo): il controllo mafioso dell'acqua
come esempio di uso privato di una risorsa pubblica; i pozzi di Palermo; il
sacco di Palermo e la cementificazione della Conca d'oro; appalti di opere
pubbliche ed economia delle catastrofi ("Tangentopoli non e' una serie di
casi di corruzione che coinvolgono imprese, partiti politici e istituzioni
ma e' il venire allo scoperto di una corruzione sistemica", p. 35);
l'industria del terremoto.
Segue un paragrafo su Gruppi criminali internazionali: l'impatto ambientale
della produzione di droghe, traffici di armi e materie nucleari. Ed una
conclusione il cui titolo non poteva che essere: Per un nuovo modello di
sviluppo.
La terza relazione: Economia mondiale e sviluppo locale, relazione al V
Incontro internazionale sullo sviluppo locale, Madeira (Portogallo), 4-5
febbraio 1994. Testo utilizzato anche come traccia per la presentazione del
Seminario internazionale "Quale sviluppo per la Sicilia. L'utilizzazione dei
Fondi strutturali della Comunita' Europea", Castellana Sicula (PA), 12-13
marzo 1994. Citiamo un passo da p. 57: "La spesa pubblica ha una notevole
incidenza sull'economia e sulla societa' siciliana. Essa e' essenzialmente
fondata sulla politica delle grandi opere ed e' servita per cementare un
blocco sociale conservatore, essenzialmente parassitario, ed ha una parte
notevole nell'accumulazione mafiosa. Attraverso gli appalti e subappalti di
opere pubbliche l'organizzazione mafiosa e' riuscita ad accaparrarsi quote
rilevanti di denaro pubblico, configurandosi come una vera e propria
borghesia di Stato. Tale impiego della spesa pubblica e' riuscito ad
aggregare consenso nei confronti dei partiti di governo, ha creato una rete
di imprese assistite e di clientele, ha distrutto o degradato il territorio,
ma non ha creato sviluppo. Si puo' parlare di un modello di sottosviluppo
pubblico-mafioso, durato dal dopoguerra fino ad oggi.
Funzionale a questo modello e' stata la preordinata mancanza di qualsiasi
politica di programmazione".
Tra gli autori cui si puo' far riferimento per approfondire alcuni temi
proposti in questo opuscolo (ed in particolare la dimensione internazionale,
le dinamiche macroeconomiche, la ristrutturazione dei poteri su scala
planetaria, le questioni concernenti il territorio e la sovranita'...) ci
sono ovviamente Samir Amin, Giovanni Arrighi, James O' Connor, Marco
Revelli, Jeremy Rifkin, Immanuel Wallerstein, il gruppo di "Le monde
diplomatique". Noi riteniamo di notevole interesse anche le riflessioni di
alcuni studiosi latinoamericani come Enrique Dussel; per conoscere le
analisi in merito di militanti ed intellettuali critici latinoamericani in
italiano la fonte migliore e' il periodico "Amanecer". Una casa editrice che
pubblica lavori molto interessanti con specifico riferimento alle dinamiche
della globalizzazione e' Asterios Editore, di Trieste; qualche libro molto
utile ha pubblicato la casa editrice Manifestolibri, di Roma.
*
9. La mafia interpretata, 1995
La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore,
Soveria Mannelli 1995, e' apparso nella collana "Saggi brevi di sociologia",
con una presentazione di Paolo Jedlowski e Renate Siebert.
Nella presentazione Jedlowski e Siebert  evidenziano che "il testo offre...
una rassegna dei principali approcci disciplinari esistenti al fenomeno
della mafia (sociologico, storico, criminologico ed economico). E' una
rassegna critica: il punto di vista teorico e politico da cui viene operata
non e' taciuto, cosi' come e' esplicita la discussione delle posizioni via
via presentate... l'utilita' del volume e la ricchezza di spunti che offre
sono straordinarie..." (p. 5); e ancora: "il testo qui presentato cela un
invito piu' ampio che alla 'discussione': quello ad interagire in modo non
solo 'teorico' e 'critico' ma anche pratico e impegnato, affinche' la lotta
alla mafia assuma le dimensioni adeguate a far fronte alla complessita',
all'articolazione e alla vastita' del pericolo che questa rappresenta. Come
scrive Santino, la mafia e' 'un insieme di organizzazioni criminali (...)
che agiscono all'interno di un vasto e ramificato contesto relazionale,
configurando un sistema di violenza e di illegalita' finalizzato
all'accumulazione del capitale e all'acquisizione e gestione di posizioni di
potere, che si avvale di un codice culturale e gode di un certo consenso
sociale'. Se questo e' vero, tanto l'analisi che intende interpretarla
quanto la pratica politica che intende contrastarla devono situarsi su piu'
dimensioni" (p. 8).
Il libro e' organizzato in sei capitoli preceduti da una breve introduzione
che prende le mosse dalla celebre inchiesta di Leopoldo Franchetti per un
excursus su 120 anni di analisi sociologica del fenomeno mafioso.
Il primo capitolo si intitola I sociologi e la mafia: dall'impresa mafiosa
alla mafia-impresa, ed esamina gli studi sociologici statunitensi ed
italiani sul crimine organizzato e la mafia. Santino ha facile gioco
nell'individuare esiguita', genericita' e debolezze del lavoro e del
dibattito di autori sovente neppure sufficientemente ferrati sul piano
meramente informativo in merito all'argomento trattato.
Il secondo capitolo, dal titolo Gli storici e le mafie, esamina
particolarmente il dibattito attuale tra gli storici ed i recenti lavori di
Nicola Tranfaglia, Paolo Pezzino e Salvatore Lupo.
Il terzo capitolo, I criminologi e la criminalita' organizzata, discute
ovviamente in particolare i temi proposti dalla "criminologia critica".
Il capitolo quarto, Gli economisti e l'economia del crimine organizzato,
esamina ricerche, analisi e dibattiti specifici di economisti statunitensi
ed italiani (questi ultimi giunti alla presa di coscienza "con un quarto di
secolo di ritardo rispetto agli Stati Uniti"). E' appena il caso di
ricordare che Santino ha pubblicato a suo tempo due testi fondamentali come
La mafia finanziaria e (con Giovanni La Fiura) L'impresa mafiosa.
Nel quinto capitolo, dal titolo programmatico: Un paradigma della
complessita', alle pp. 129-157, Santino propone e argomenta l'ipotesi
definitoria formulata e adottata per le ricerche condotte dal Centro
Impastato; sono pagine assai dense, molto lucide e attente, che sintetizzano
efficacemente l'approccio analitico che l'autore propone ed ha articolato ed
affinato nel corso di decenni di studio e di lotta.
Segue un sesto ed ultimo capitoletto, brevissimo, a mo' di commiato, dal
titolo Le scienze sociali hanno un futuro?
Si tratta di un libro breve (168 pp.) e di efficace sintesi; la discussione
delle varie posizioni esaminate e' esplicita e spesso vivace, ma sempre
precisa e attenta a non forzare o deformare le posizioni altrui, che vengono
criticate senza eufemismi ma anche senza esagerazioni. Ottime anche le note,
che costituiscono non solo un momento di approfondimento, ma quasi un
controcanto piu' sciolto e pungente ed arricchiscono consistentemente il
testo. Per le sue peculiari caratteristiche e' un volumetto che
raccomandiamo come utilissima lettura introduttiva.
Tra i libri utilmente consultabili, oltre quelli citati ed analizzati nel
testo, suggeriamo anche: Giovanni Falcone, Interventi e proposte, Sansoni,
Firenze 1994; Vincenzo Ruggiero, Economie sporche, Bollati Boringhieri,
Torino 1996; Luciano Violante, Non e' la piovra. Dodici tesi sulle mafie
italiane, Einaudi, Torino 1994.
*
10. Sicilia 102, 1995
L'opuscolo Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la
democrazia dal 1893 al 1994, e' stato pubblicato nella collana "csd
appunti", 3, Palermo, gennaio 1995, e consiste di una cronologia ragionata
della lotta contro la mafia e per la democrazia scandita dalle uccisioni di
protagonisti del movimento antimafioso.
L'opuscolo si apre con una breve introduzione dal titolo Appunti per una
storia del movimento antimafia, che propone anche una periodizzazione in tre
fasi: la prima, caratterizzata dal movimento contadino, dai Fasci siciliani
al secondo dopoguerra; la seconda, relativa agli anni '60-'70 e
caratterizzata dall'impegno antimafia della nuova sinistra; la terza, dagli
anni ottanta, con la ripresa del movimento di massa.
Seguono, con il titolo Una cronologia ragionata, alcune pagine di
presentazione dei criteri della ricerca: "Questo non e' un elenco di tutte
le vittime della mafia, ma una cronologia ragionata dei delitti che hanno
colpito persone impegnate nella lotta contro la mafia e per la democrazia.
Un conto e' la pieta' che puo' riguardare tutti gli uccisi, un altro la
memoria che tenga conto del perche' sono stati uccisi, cioe' del loro ruolo
da vivi.
Un contadino, un sindacalista, un politico impegnati in un'azione di
cambiamento, non sono la stessa cosa di un mafioso, di un complice o di un
colluso.
Nella cronologia ci sono anche i nomi di rappresentanti delle forze
dell'ordine caduti nella lotta contro il banditismo, piu' o meno intrecciato
con la mafia, e di altre persone (bambini e ragazzi, anche di famiglia
mafiosa, donne e uomini uccisi nel corso di sparatorie tra mafiosi) non
tanto perché sono 'innocenti' (espressione che sottintende che il
magistrato, il poliziotto sono ammazzabili per mestiere) ma soprattutto per
indicare quanto diffusa sia stata la violenza mafiosa e smentire il luogo
comune della mafia buona, tradizionale, che ammazzava con moderazione,
rispettava certe regole e coltivava il senso dell'onore.
Non ci sono invece i mafiosi, i politici collusi o che non risultano
impegnati contro la mafia..." (p. 12).
Con il titolo Un secolo di lotte, alle pp. 17-68, sono riportate date e
vicende significative.
Segue una nota sulle fonti utilizzate.
In conclusione un breve testo dal titolo Ricordati di ricordare che rievoca
figure, vicende e situazioni.
Tra i molti libri che si potrebbero consultare su questi stessi temi
segnaliamo particolarmente alcune testimonianze e riflessioni: Nando dalla
Chiesa, Delitto imperfetto, Mondadori, Milano 1984; Claudio Fava, La mafia
comanda a Catania, Laterza, Bari 1991; Idem, Cinque delitti imperfetti,
Mondadori, Milano 1994; Giuseppe Fava, Mafia. Da Giuliano a Dalla Chiesa,
Editori Riuniti, Roma 1984; Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; ed il n. 25/1996 di "Meridiana",
fascicolo monografico dal titolo Antimafia.
Ovviamente sui temi della Resistenza e della memoria sono fondamentali le
opere di Primo Levi e di Nuto Revelli.
*
11. La democrazia bloccata, 1997
Il volume La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e
l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997,
riprende un tema che gia' nel 1977 era stato oggetto di un convegno promosso
dal "Centro siciliano di documentazione" (che verrà intitolato a Giuseppe
Impastato dopo il suo assassinio); nel trentennale della strage del primo
maggio '47, quel convegno si intitolava "Portella della Ginestra: una strage
per il centrismo", ed in esso Umberto Santino aveva presentato una relazione
su La ricomposizione del blocco borghese in Sicilia (altri relatori erano
Nicola Gallerano, Lisa Foa, Aldo Brigaglia, Vittorio Foa, Anna Rossi Doria,
Claudio Pavone, e nel dibattito intervennero molti altri militanti e
studiosi). Gia' quel convegno era un tentativo di opporsi alla cancellazione
della memoria  (in epoca di compromesso storico), l'attuale libro e' un
ennesimo invito al ricordo e all'analisi (scrive l'autore a p. 7: "Nel
cinquantesimo anniversario della strage pubblico in questo volume la mia
relazione al convegno del '77, con qualche modifica, e dei materiali di
documentazione, testi di difficile reperimento (...). L'intento della
pubblicazione e' di contribuire, ancora una volta, a una riflessione, in un
contesto profondamente mutato rispetto a quello di vent'anni fa").
La quarta di copertina cosi' riassume il senso del libro: "La strage di
Portella della Ginestra del primo maggio 1947 non fu un fatto isolato,
consumatosi in una remota periferia: in quel lembo di campagna siciliana si
mise in scena quella che sarebbe stata definita la 'democrazia bloccata' e
si svolsero le prove generali del 'doppio Stato'.
A Portella si recita un copione destinato a ripetersi, anche se in tempi
diversi e con soggetti diversi, ma con la stessa logica e con lo stesso
scopo: allora si tratto' di impedire alle sinistre l'accesso al governo,
dopo la vittoria della coalizione del Blocco del popolo alle elezioni
regionali dell'aprile '47, concludere rapidamente la fase dell'unita'
antifascista escludendo le sinistre dal governo nazionale e porre le
premesse per una direzione del Paese rigidamente chiusa a sinistra, che si
sarebbe puntualmente realizzata e avrebbe avuto la sua sanzione con le
elezioni del 18 aprile '48.
Dalla fine degli anni '60 in poi il copione venne rispolverato e arricchito,
con le stragi che hanno insanguinato l'Italia, da Piazza Fontana a Brescia,
a Bologna, che miravano ad impedire un ricambio al potere, e ci sono
perfettamente riuscite. E come e' avvenuto per la strage di Portella, anche
per le altre stragi non sono stati individuati i mandanti. La 'seconda
Repubblica' ha gli armadi pieni degli scheletri della 'prima'.
Il libro contiene una puntuale ricostruzione storica del dopoguerra in
Sicilia e un'ampia raccolta di documenti: sulla strage, sul processo alla
banda Giuliano, sui lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul
fenomeno mafioso in Sicilia dedicati ai rapporti tra banditismo, mafia e
politica".
Il libro si articola come segue: Introduzione; 1. La svolta del '47; 2.
Mezzogiorno e Sicilia durante il fascismo; 3. Il separatismo come
arroccamento tattico e rottura fittizia; 4. L'autonomismo riparazionista
come terreno di contrattazione con lo Stato; 5. Il ruolo della DC nella
ricomposizione del blocco dominante; 6. Portella della Ginestra: un'ipoteca
sulla Regione e sullo Stato; 7. Alcune considerazioni finali; Appendice.
L'ampia appendice (pp. 133-227) riporta una precisa cronologia 1943-1950, ed
una ricca serie di documenti di varie fonti (dalla stampa dell'epoca, agli
atti processuali di Viterbo, alla Commissione parlamentare antimafia).
Sull'argomento cfr. anche Giuseppe Di Lello, Giudici, Sellerio, Palermo
1994, e Orazio Barrese, Giacinta D'Agostino, La guerra dei sette anni,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1997.
*
12. Oltre la legalita', 1997
L'opuscolo Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra
di mafie, e' stato pubblicato nella collana "csd appunti", 6, Palermo,
settembre 1997.
Si tratta di un lavoro didascalico ed introduttivo, probabilmente molto
valido per uso didattico o come base per riflessioni e dibattiti tra persone
impegnate nell'iniziativa antimafia ed in particolare sul versante culturale
di essa iniziativa.
Nella quarta di copertina e' illustrato sinteticamente il senso del lavoro:
"Legalita', democrazia, sovranita', sono termini spesso usati in modo troppo
generico per ricavarne indicazioni concrete per lottare efficacemente contro
le mafie e il diffondersi del crimine e dell'illegalita'. Questo scritto
analizza rigorosamente le parole-chiave del dibattito attuale e traccia le
linee essenziali di un programma di lavoro che leghi insieme aspetti
giuridici, politici, economici, etici, culturali in una prospettiva di
mutamento della societa' mafiogena e di rinnovamento della vita quotidiana".
L'opuscolo prende spunto dalla circolare ministeriale sull'educazione alla
legalita' dell'ottobre 1993 per proporre una riflessione ampia ed articolata
sui concetti di legalita', democrazia e sovranita' analizzando la valenza
che essi assumono nel dibattito antimafia.
Il lavoro e' organizzato nei seguenti capitoli: 1. La legalita', la mafia,
lo Stato; 2. La democrazia, le democrazie; 3. La sovranita' come fondamento
del potere; 4. La normalita': sogno o progetto?; 5. I limiti di un approccio
politico-giuridico formale; 6. La mafia come fenomeno complesso; 7. Un
programma per un'alternativa alle mafie e alla societa' mafiogena.
Ovviamente i capitoli 6 e 7 sono quelli di maggior interesse: il 6 riassume
le tesi principali del lavoro teorico e politico di Santino e del Centro
Impastato, il 7 riformula e sintetizza quella che e' ormai una koine' dei
militanti di movimento piu' avvertiti.
In particolare l'ultimo paragrafo del cap. 6 (par. 6.3. Globalizzazione
capitalistica e mafie), presenta una significativa e non casuale consonanza
con le analisi di studiosi come - tra altri - Samir Amin e Ignacio Ramonet,
e con la "quarta tessera" del ragionamento proposto dal subcomandante Marcos
dell'Ezln nel suo saggio per "Le Monde diplomatique", La quarta guerra
mondiale e' cominciata.
L'opuscolo costituisce un buon promemoria dei principali temi su cui si
concentra la riflessione collegata alla prassi dei movimenti di solidarieta'
e di liberazione.
Nella bibliografia (agile ma puntuale; non esibizionista, ma concretamente
agita) sono presenti autori anche a noi molto cari, da Anders a Balducci a
Jonas.
Su questi temi cfr. anche: Augusto Cavadi (a cura di), A scuola di
antimafia, Csd quaderni/6, Palermo 1994; Augusto Cavadi, Liberarsi dal
dominio mafioso, EDB, Bologna 1993; Amelia Crisantino, Giovanni La Fiura, La
mafia come metodo e come sistema, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 1989;
Cosimo Scordato, Uscire dal fatalismo, Edizioni Paoline, Milano 1991.
Il saggio di Marcos cui sopra si faceva cenno e' stato pubblicato in Italia
in opuscolo dal "Manifesto", Roma 1997.
Ovviamente su questi temi (democrazia, legalita', etc.) non si puo' non fare
riferimento alla riflessione di Norberto Bobbio (al riguardo cfr.
riassuntivamente le monografie di Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante,
Bollati Boringhieri, Torino 1989, e Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia.
Le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole
1994).
(Parte seconda - Segue)

3. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: DA PALERMO ALL'UMANITA'
[Ringraziamo Severino Vardacampi - abituale collaboratore di questo foglio -
per averci messo a disposizione il seguente intervento nonostante le
perplessita' dell'autore stesso che lo sente "lacunoso, parziale,
frammentario e mutilo"]

Vorremmo provare ad enunciare nel modo piu' stringato (ma forse solo
frettoloso) alcuni dei motivi, sia contingenti che sostanziali, per cui ci
sembra che il convegno sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo
della nonviolenza", che per iniziativa di varie persone amiche della
nonviolenza si svolgera' a Palermo il 21-22 maggio (per iscrizioni e
segreteria del convegno: e-mail: v.sanfi at virgilio.it, tel. 0916259789, fax:
091348997, altre e-mail di riferimento: acozzo at unipa.it, csdgi at tin.it), si
trovi a poter assumere una rilevanza politica generale, e potrebbe avere
finanche un impatto reale e immediato su decisive attuali dinamiche
politiche, sociali e culturali.
*
Un primo motivo contingente: la crisi di consenso del governo Berlusconi non
e' crisi del berlusconismo (cioe' dell'articolazione italiana e
particolarmente degradata dell'ideologia e delle prassi del blocco sociale
dominante nella cosiddetta globalizzazione neoliberista, che peraltro e ad
un tempo eredita da assetti sociali, culture politiche e tradizioni
ideologiche peculiarmente italiane); berlusconismo la cui egemonia ha ormai
fortemente inquinato e largamente colonizzato le rappresentanze politiche e
sociali non solo del ceto politico tradizionale, ma anche dei cosiddetti
nuovi movimenti della societa' civile.
Si pone pertanto qui e adesso l'immediata esigenza di indicare priorita'
politiche e ancoraggi culturali - ovvero scelte logiche ed assiologiche
feconde e cogenti - al movimento reale che si batte per l'affermazione dei
diritti umani di tutti gli esseri umani, per la difesa della biosfera, per
una convivenza civile, cioe' fondata su leggi e  su costumi che l'umana
dignita' inverino.
La lotta contro la mafia e la lotta contro la guerra e contro il terrorismo
(guerra e terrorismo che ormai sempre piu' esplicitamente coincidono)
costituiscono non una delle priorita', bensi' la priorita' tout court
dell'azione politica - morale, culturale - nel nostro paese e non solo; e la
scelta della nonviolenza e' il passo indispensabile (lo ripetiamo:
indispensabile) per poter condurre questa lotta.
*
Un secondo motivo contingente: la crescente pretesa (e fin chiassosamente
proclamata ed esibita) attenzione verso la nonviolenza da parte di varie
forze politiche e sociali (un'attenzione strumentale, superficiale,
travisante e fin imbrogliona in molti casi, lo sappiamo; ma pur sintomatica
di un evidente imporsi all'agenda politica di tutti della necessita' della
nonviolenza come teoria-prassi adeguata alla presente distretta altrimenti
inaffrontabile) dimostra ad abundantiam come, ben lungi dal consentire per
ignavia che della nonviolenza si faccia una "ideologia di ricambio" con cio'
stesso facendone strame, occorra invece pienamente dispiegarne e
valorizzarne la carica ermeneutica, progettuale ed operativa, capace anche
di riattivare tradizioni di pensiero e organizzative, e pratiche sociali e
politiche, che incrociandosi con la nonviolenza e lasciandosene per cosi'
dire sia fecondare che passare al vaglio che trasformare possono tornare a
svolgere una funzione critica e costruttiva, pedagogica e trasformativa, di
solidarieta' e di liberazione.
Ma perche' questo avvenga occorre che la nonviolenza venga proposta nella
sua peculiarita' e complessita' ad un tempo, confutando e rigettando le
caricature di essa, chiarendone le molteplici dimensioni e i caratteri
sostanziali, evidenziandone l'apertura ed insieme la non mistificabile
specificita', la rigorosa esigenza di chiarificazione che pone, il nitido ed
intransigente lottare contro la violenza e la menzogna, contro l'ingiustizia
e l'indifferenza, contro le strutture che coartano e umiliano le donne e gli
uomini, che aggrediscono e devastano il mondo, che negano dignita' e
verita', che uccidono vite. La nonviolenza e' lotta, o non e' nulla. E
insieme e' comprensione, o non e' nulla.
*
Un terzo motivo contingente: la crisi del movimento per la pace e' di una
tale evidenza che girarci intorno facendo finta di niente e' peggio che
inutile: e' scellerato. Al di la' dei lugubri e insensati trionfalismi dei
cialtroni in carriera e' del tutto evidente che il movimento pacifista, che
pure ha avuto un'estensione cospicua e un radicamento reale, non solo non e'
riuscito ne' a fermare ne' a contrastare la guerra, ma anzi in talune sue
espressioni e rappresentanze dominanti ha sovente fornito - e non sempre suo
malgrado - una sorta di complicita' ad essa nella forma volta a volta di una
gestione della protesta appariscentemente roboante ed effettualmente
silenziatrice perche' meramente propagandistica e subalterna ai riti dei
mass-media, di un baccano distraente e vieppiu' ignobile in quanto meramente
autopromozionale, di una passivizzazione deresponsabilizzante perche'
elusiva di cruciali questioni; e infine e decisivamente con la riproduzione
di modalita' di pensiero e di azione subalterne alla cultura e alle pratiche
della violenza e della menzogna.
Perche' e' avvenuto questo? Perche' non si e' fatta la scelta della
nonviolenza.
Non si e' fatta la scelta della nonviolenza, che sola puo' contrastare la
guerra e costruire la pace; ed anzi si e' permesso che nel movimento per la
pace si infiltrassero e persino divenissero egemoni tradizioni e gruppi e
pratiche la cui riflessione e le cui proposte sono peggio che confuse e
ambigue, sono inquinate dall'introiezione di teorie e prassi talora
sciaguratamente giustificazioniste della violenza, della menzogna, del
totalitarismo, talaltra - o contemporaneamente - intrise di carrierismo e
fin affarismo, di razzismo (nella variante ad un tempo paternalista e
irresponsabile) e di nichilismo.
Un esempio decisivo: il maschilismo; che reca con se' altresi' autoritarismo
e militarismo, irresponsabilita' e adorazione della violenza. Il maschilismo
che massimamente ha disgregato dall'interno, depotenziato e corrotto, e
infine destituito di credibilita' il messaggio e l'azione dei movimenti per
la pace che non hanno fatto consapevolmente e rigorosamente la scelta della
nonviolenza; la scelta della nonviolenza: di cui la teoria e la prassi delle
donne e dei movimenti delle donne costituiscono il cuore, la forza motrice,
la traccia e la stella polare.
La scelta della nonviolenza, l'opposizione integrale alla guerra, alle armi,
all'uccidere, l'opposizione integrale alla violenza e alla menzogna; ecco
cio' che occorre: ergo la lotta alla mafia - alle mafie - e' ineludibile
banco di prova; lotta alla mafia - alle mafie - che significa anche lotta
contro la schiavitu', lotta contro un'economia assassina, lotta contro una
gestione corruttiva e distruttiva tanto delle relazioni interpersonali, dei
mondi vitali quotidiani, quanto delle agenzie della socializzazione e delle
istituzioni, e del territorio e  della biosfera; e - decisivamente - lotta
contro la cultura patriarcale di cui il sistema di potere mafioso e' una
delle manifestazioni piu' eclatanti (certo non l'unica, molte altre
altrettanto eclatanti ve ne sono, e diffusamente fin celebrate - come certe
pur venerande e per altri versi talora finanche ammirevoli istituzioni e
tradizioni che, in quanto praticano l'oppressione sessista e talora fin
l'apartheid di genere, in questo si rivelano segregazioniste e duramente
liberticide, totalitarie e disumananti, e in cio' al potere mafioso contigue
oltre quanto ne abbiano coscienza ed in contraddizione con i principi di
difesa della dignita' umana e di rispetto e promozione dell'umana persona
che pure sinceramente, persuasamente - ma purtroppo sovente solo
astrattamente - affermano).
*
Un quarto motivo contingente: l'assoluta centralita' dell'impegno per la
legalita' e per un ordine internazionale fondato sul diritto. Proprio
perche' la cosiddetta globalizzazione neoliberista guidata dal capitale
finanziario ha provocato la violazione e la devastazione di ogni norma
morale e giuridica, il ritorno della guerra, la crescita del terrorismo a
tutti i livelli, una "deregulation" che si esplica nella guerra di tutti
contro tutti, proprio per tutto cio' i poteri criminali non solo si
incistano in essa, ma ne sono ad un tempo i principali beneficiari, e gli
attori - gli agenti - piu' coerenti: l'apparato concettuale ed operativo dei
poteri criminali (ideologico, organizzativo, economico e militare) trova in
questa cosiddetta globalizzazione il suo trionfo culturale ed empirico,
l'ambito di estrinsecazione e di riconoscimento piu' adeguato al suo
delittuoso operare.
La lotta al potere mafioso e' dunque ipso facto impegno per la legalita'
sostanziale, per un ordine mondiale fondato sul riconoscimento dei diritti
umani di tutti gli esseri umani; e' l'impegno fondamentale della nonviolenza
in cammino come affermazione dell'umanita' di tutte e tutti, dell'umana
convivenza, della responsabilita' sia nei confronti dell'umanita' intera,
comprese le generazioni future, sia per la biosfera.
Quando affermiamo la necessita' che la nonviolenza sia riconosciuta ed agita
come giuriscostituente, non soltanto enunciamo la realta' fattuale che essa
e' la scelta che invera diritto e politica intesi come forme atte a
promuovere e garantire la civile convivenza, non soltanto cogliamo alcune
rilevanti attuali tendenze finanche del diritto penale (ad esempio
l'esperenza della Commissione per la verita' e la riconciliazione in Sud
Africa), ma affermiamo ad un tempo la maturita' e l'urgenza del porre
coscientemente ed esplicitamente la nonviolenza alla base sia
dell'ordinamento giuridico a tutti i livelli, sia della riforma dei costumi
e dei saperi (la "riforma morale e intellettuale" di gramsciana memoria)
resa necessaria dal dispiegarsi tanto degli effetti distruttivi della
tecnica quanto dell'inadeguatezza etica e cognitiva dei gruppi dirigenti e
degli assetti dominanti attuali e dei processi formativi e decisionali di
cui sono il portato.
L'impegno per la democrazia estesa a tutte e tutti (omnicrazia, amava dire
Capitini); per il diritto pienamente inverato, che non opprime bensi'
collega, difende e libera; per la legalita' come ripudio di ogni prepotenza
e violenza, come riconoscimento e difesa di ogni esistenza: tutto cio' e' ad
un tempo opposizione ad ogni potere criminale, e nonviolenza in cammino.
*
Ma vi sono beninteso anche altri motivi, e sostanziali. E di alcuni di essi
altra volta diremo.
*
Per tutto questo - e per molto altro ancora, come si dice - abbiamo bisogno
qui e adesso di una discussione ampia e approfondita, franca ed esplicita,
senza infingimenti o ipocrisie, per due ordini di motivi: perche' anche per
la nonviolenza la lotta alla mafia e' decisivo banco di prova; e perche'
anche la nonviolenza e' tutt'altro che un campo concettuale univoco, bensi'
complesso, pluridimensionale, contestuale e relazionale quant'altri mai.
Il convegno di Palermo - cio' che sapra' raccogliere, tematizzare,
riconoscere, criticare, avviare - potra' pertanto costituire un contributo
qualificato sia alla lotta alla mafia, sia all''autocomprensione della
nonviolenza come movimento reale, sia al quid agendum della politica in
senso pieno e forte; e potra' quindi forse anche costituire un punto di
svolta.
Ma naturalmente potra' farlo se riuscira' a non ridursi ad una sola
dimensione, o a una sola tradizione; se sapra' entrare nel concreto, nel
vivo, con l'apertura, la capacita' dialogica e inclusiva, la pluralita' ed
insieme la limpidezza di contenuti e di metodi, e l'accoglienza sollecita
delle differenze, dell'inesausta creativita' e dell'incessante incontro,
dell'infinito corale colloquio di cui la nonviolenza consiste.
E ad esempio: se sapra' riconoscere nel pensiero e nell'agire delle donne la
corrente calda e l'esperienza decisiva della nonviolenza in cammino; se
sapra' cogliere quanto della nonviolenza - ahimsa e satyagraha - permei
tutte le grandi lotte antimafia; se sapra' in umilta' e in rigore svolgere
anche una critica decisa e feconda a molte rappresentazioni correnti della
nonviolenza stessa, e finanche ad aspetti rilevanti di molte tradizioni
nonviolente autentiche e preziose ma fortemente condizionate dal contesto
patriarcale e dalla gestione maschilista e autoritaria di esse; e
soprattutto se sapra' contrastare approcci astratti e riduttivi che
confliggono proprio con cio' che della nonviolenza e' il cuore: l'attenzione
al concreto, la percezione del limite, l'apertura all'altro e all'altra, la
scelta della lotta nitida e intransigente contro ogni violenza (e in primis
quella che noi stessi alberghiamo).
Affermando la misericordia che libera e salva in quanto si fa ad un tempo
conflitto, comunicazione, condivisione; affermando in concreto la
solidarieta' con le vittime e traendone altresi' tutte le conseguenze fin
epistemologiche; affermando il ripudio di ogni complicita' con l'uccidere, e
con quelle premesse all'uccidere - alla denegazione di umanita' - che sono
il mentire e l'opprimere, l'ingiustizia e l'incuria, lo sperpero e
l'indifferenza, quella duplice sordita' alla parola altrui e alla parola
propria.
Principio responsabilita' e' la nonviolenza: la nonviolenza generativa,
femminile, plurale.
La nonviolenza ogni giorno da riscoprire, da reinventare, da inverare, che
chiede il contributo originale ed insostituibile, critico e creativo, di
ognuna ed ognuno; senza semplificazioni, senza pretese di "chiudere il
discorso", schiudendosi invece all'ascolto che nutre, donandosi nella
solidarieta' che al male ed al nulla resiste.
La nonviolenza e' lotta, incontro, appello. Che salva il mondo, se lo salvi
tu.

4. MEMORIA. GIULIO VITTORANGELI RICORDA LUIGI PINTOR
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'".
Luigi Pintor, nato nel 1925 a Roma, fratello di Giaime, antifascista,
giornalista a "L'Unita'" dal 1946 al 1965, parlamentare, nel 1969 ha dato
vita al "Manifesto" (iniziativa per cui fu radiato dal Pci), dapprima
rivista e poi quotidiano su cui ha scritto fino alla scomparsa nel 2003.
Straordinario corsivista politico, univa una prosa giornalistica di
splendida bellezza ad un rigore morale e di ragionamento di eccezionale
nitore. Opere in volume di Luigi Pintor: I mostri, Alfani, Roma 1976; Parole
al vento, Kaos, Milano 1990; Servabo, Bollati Boringhieri, Torino 1991; La
signora Kirchgessner, Bollati Boringhieri, Torino 1998; Il nespolo, Bollati
Boringhieri, Torino 2001; Politicamente scorretto, Bollati Boringhieri,
Torino 2001; I luoghi del delitto, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Punto e
a capo, Manifestolibri, Roma 2004]

Il 17 maggio 2003 moriva Luigi Pintor; una di quelle voci che ci mancano, e
si sente che ci mancano.
In marzo e aprile 2003 aveva scritto quasi ogni giorno contro la guerra in
Iraq, era gia' malato, non lo sapeva. La vita non lo aveva risparmiato e non
lo avrebbe risparmiato neppure la malattia. Del resto, la crudelta' della
morte l'aveva frequentata fin da ragazzo, quando il fratello grande, Giaime,
era saltato su una mina tedesca nel tentativo di raggiungere le formazioni
partigiane combattenti del nord Italia. Era stato, ancora, provato negli
affetti: la moglie, Marina, morta di cancro, poi il figlio Giaime e,
d'improvviso, intollerabile, la morte della figlia Roberta.
Rossana Rossanda, nel ricordarlo, ha scritto di come sopraffatto dalle
perdite, gli era venuto un sentimento contraddittorio: mai mancare
all'impegno ("Servabo") e insieme la sensazione d'una fatalita' negativa
dell'esistenza, e fin un senso di colpa, la colpa di essere, di
sopravvivere, di aver mancato non si sa come e dove, che filtra dai suoi
libri, anch'essi contraddittori fra la profondita' del pessimismo e la
perfezione della forma.
Noi, semplicemente, lo vogliamo ricordare con le sue stesse parole: l'ultimo
editoriale pubblicato dal "Manifesto" del 24 aprile 2003. Parole che hanno
conservato intatta tutta la loro drammatica attualita'.
*
"La sinistra italiana che conosciamo e' morta. Non lo ammettiamo perche' si
apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre
consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la
sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza
tronco, e' fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure
una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di
subalternita' e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo
punto di vista e alla sua mentalita' nel quadro internazionale e interno.
Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli
dirigenti. Dall'89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro
riferimenti e sono passati dall'altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono
tornare al governo senza alcuna probabilita' e pensano che questo dipenda
dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l'opinione maggioritaria
moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio
piu' che l'unica risorsa disponibile.
Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale.
Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si
fanno dell'Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si e' aperto.
Cio' vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto e' solo
propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un
manifesto, l'anima non c'e' da tempo e ora non c'e' la faccia e una
fisionomia politica credibile. E' una constatazione non una polemica.
Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito
della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una
potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole,
sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all'attualita'
e alle prospettive.
Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C'e' un'umanita'
divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due
parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire.
Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una
estraneita' riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule
superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere
un'opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione
del mondo e dell'esistenza quotidiana. Non una bandiera e un'idealita' ma
una pratica di vita. Se la parte di umanita' oggi dominante tornasse allo
stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell'uccisione e
della soggezione di se' e dell'altro la regola e la leva della storia. Noi
dobbiamo abolire ogni contiguita' con questo versante inconciliabile.
Una internazionale, un'altra parola antica che andrebbe anch'essa abolita ma
a cui siamo affezionati. Non un'organizzazione formale ma una miriade di
donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalita', la razza, la fede,
la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano
e riconoscono quasi d'istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel
nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneita' ma in un
giro circoscritto e geloso. Ora e' un'area senza confini. Non deve vincere
domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo e'
reinventare la vita in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste".

5. RILETTURE: LOUISE F. PUSCH, SUSANNE GRETTER (A CURA DI): UN MONDO DI
DONNE
Louise F. Pusch, Susanne Gretter (a cura di), Un mondo di donne. Trecento
ritratti celebri, Pratiche, Milano 2003, pp. 384, euro 21. Edizione italiana
a cura di Maria Gregorio, con una breve introduzione di Natalia Aspesi, una
ricca appendice che facilita la consultazione ed una bibliografia di 1.232
titoli; trecento brevi profili di donne "tessitrici di storia e di vita"; un
libro da adottare nelle scuole.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 932 del 17 maggio 2005

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