La nonviolenza e' in cammino. 1067



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1067 del 28 settembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Ermanno Allegri intervista Antonio Rangel Bandeira sulla Campagna per il
disarmo e il si' al referendum
2. Breve notizia sul referendum del 23 ottobre
3. Paolo Coluccia: Si'
4. Nella Ginatempo: Si'
5. Ida Dominijanni: Un incontro con Carol Gilligan
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. VOCI DAL BRASILE. ERMANNO ALLEGRI INTERVISTA ANTONIO RANGEL BANDEIRA
SULLA CAMPAGNA PER IL DISARMO E IL SI' AL REFERENDUM
[Ringraziamo padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) per
averci inviato questa sua intervista (realizzata per - e dffusa da -
l'agenzia di stampa "Adital" - sito: www.adital.com.br - di cui e'
direttore) ad Antonio Rangel Bandeira; intervista condotta con l'efficace
tecnica dello "advocatus diaboli", ponendo cioe' all'illustre studioso tutte
le capziose obiezioni e i subdoli sofismi su cui il fronte dei mercanti di
morte imbastisce la sua propaganda in favore dei profitti fondati
sull'assassinio.
Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito"
per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare:
8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in
Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e
ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br),
nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione
latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la
poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle
azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile
alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle
armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore
di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto
importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace
di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le
multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in
campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda
anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario
per coordinare da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital"
(Francesco Comina).
Antonio Rangel Bandeira, sociologo, coordinatore del programma di controllo
delle armi della ong 'Viva Rio', autore del libro "Armi da fuoco: protezione
o rischio?"; per molti anni e' stato direttore del Dipartimento di
sociologia e politica della Pontificia Universita' Cattolica di Rio de
Janeiro; negli ultimi otto anni e' stato uno dei piu' attivi collaboratori
di deputati e senatori per far approvare lo Statuto per il disarmo e il
referendum. Il suo recente libro "Armi da fuoco: protezione o rischio?" e'
in vendita nelle maggiori librerie ed edicole di giornali al costo di 10,00
reali; una presentazione e' nei siti www.adital.com.br e in
www.vivario.org.br; dal sito www.referendosim.com.br e' possibile scaricarne
una versione pressoche' integrale in pdf (sono state tolte solo le tabelle e
i grafici): e' una lettura che vivamente consigliamo]

Sociologo e coordinatore del programma di controllo delle armi dell'Ong
"Viva Rio", Antonio Rangel Bandeira e' stato a Fortaleza (Ceara') per la
presentazione del suo libro "Armi da fuoco: protezione o rischio?",
elaborato con la collaborazione di Josephine Bourgois. Approfittando
dell'occasione ha ribadito la necessita' che le persone capiscano
l'importanza della Campagna per il disarmo e il pericolo rappresentato dalle
armi da fuoco.
*
Ermanno Allegri: Molti sostengono che si stanno disarmando le persone
perbene, permettendo che i criminali continuino ad essere armati: poiche'
nessun criminale consegnera' volontariamente la sua arma.
- Antonio Rangel Bandeira: Infatti nessuno si illude che i malviventi
consegnino le armi, e nemmeno che comprino le armi in un negozio. Chi compra
le armi in un negozio siamo noi, persone oneste, convinti che questa arma ci
proteggera'. Ma, dopo, il criminale sottrae questa arma dalla nostra
macchina o dalla nostra casa. Nel 2003, in Brasile, sono state rubate alle
persone perbene ben 56.000 armi. Questa e' una delle maggiori fonti di
rifornimento di armi per il crimine.
*
Ermanno Allegri: I sostenitori delle armi dicono che il disarmo non
risolvera' il problema della violenza. E allora, perche' incentivare le
persone a consegnare le loro armi?
- Antonio Rangel Bandeira: La violenza e' un problema complesso, con molte
cause: e una di queste e' la proliferazione, la facilita' con cui si
ottengono, senza controllo, armi e munizioni in questo paese. Il disarmo e'
il primo passo, e molto importante, percha' fa diminuire il numero di morti.
Oggi il Brasile e' il paese nel quale piu' si uccide e piu' si muore per
armi da fuoco nel mondo. E' evidente che il disarmo da solo non risolve il
problema. Deve essere accompagnato da altri provvedimenti come
l'umanizzazione del sistema carcerario, la democratizzazione del potere
giudiziario e la riforma della polizia. Allora, il disarmo da solo non
risolve. Ma senza di questo, e' il nulla.
*
Ermanno Allegri: Perche' consegnare le armi da fuoco che difenderanno le
persone perbene e le loro famiglie? Non esiste per tutti il diritto alla
legittima difesa?
- Antonio Rangel Bandeira: Che un'arma in casa o un'arma alla cintura dia
una maggior protezione, e' pura illusione. Succede solo al cinema. Nel mondo
reale il malvivente ha sempre l'iniziativa dell'aggressione, e coglie sempre
di sorpresa la persona onesta. E l'uomo onesto se ha un'arma in casa non
potra' usarla, e se la usera' avra' la peggio. Allora un'arma rappresenta
molto piu' un rischio che una protezione. Per questo il libro che sto
presentando si chiama: "Armi da fuoco, protezione o rischio?". La questione
della legittima difesa si fonda sul diritto alla protezione della vita; ma
le statistiche indicano che quando si tenta di reagire a un'aggressione a
mano armata, chi ha la meglio e' il criminale. Chi reagisce con un'arma da
fuoco a un'aggressione ha 180 volte piu' possibilita' di essere ucciso di
chi non reagisce. Pertanto, chi reagisce con una arma da fuoco sta mettendo
a rischio la vita sua, della sua famiglia, di sua moglie, dei suoi figli, e
quindi non si tratta di legittima difesa.
*
Ermanno Allegri: Cioe', un'arma in casa e' un rischio in piu'?
- Antonio Rangel Bandeira: Si', e soprattutto per le donne. In Brasile,
quasi meta' delle donne uccise da armi da fuoco sono state assassinate dal
loro compagno, dal loro marito, dal loro ragazzo, dal loro fidanzato...
uomini che bevono, uomini che, presi da un attacco di gelosia, uccidono le
loro spose. Con l'arma di casa! Senza parlare, poi, delle morti per
incidente.
*
Ermanno Allegri: Sono costanti le denunce di corruzione che coinvolgono
poliziotti, appartenenti sia alla polizia  civile, sia alla polizia militare
e perfino alla polizia federale. Se accade questo, chi garantisce la
sicurezza dei cittadini?
- Antonio Rangel Bandeira: E' vero, la  nostra sicurezza pubblica e'
contaminata dal crimine. Molta gente che occupa posti di comando e' stata
formata durante la dittatura. Insomma, la protezione alla popolazione e'
molto inferiore a quello che ci si dovrebbe aspettare. Per questo lo Statuto
del disarmo, che e' la maggior legge di controllo delle armi, non solo
raccomanda che i civili consegnino le armi per la propria sicurezza, ma
indica anche gli obblighi della polizia quanto al disarmo dei criminali. Per
esempio: segni di identificazione per le munizioni, creazione di una banca
dati in cui registrare le armi, innalzamento della pena a 12 anni per chi
usa armi proibite... insomma: la legge e' ben fatta. Noi adesso dobbiamo
fare pressione sul governo affinche' metta in pratica questa legge,
affinche' non sia un'altra buona legge che rimane solo sulla carta. Una
polizia che ritiene che la gente si deve armare per difendersi, e' una
polizia che riconosce la propria incompetenza nell'esercizio delle sue
funzioni. Allora dobbiamo migliorare la polizia, riformarla affinche' il
poliziotto diventi onesto ed efficiente.
*
Ermanno Allegri: Nella campagna di disarmo volontario, accettare da parte
dello stato di ricevere armi illegali o utilizzate in atti criminosi non e'
un modo con cui si favoriscono i malviventi?
- Antonio Rangel Bandeira: In verita', in Brasile e nei piu' di 30 paesi in
cui si realizza la consegna volontaria di armi, le armi utilizzate in atti
criminali non sono mai consegnate, perche' si sa che le armi saranno
periziate dalla polizia. E non c'e' interesse del detentore a consegnarle.
Se un criminale vuole disfarsi di un'arma e' molto piu' facile venderla o
gettarla in mare. Il numero di armi illegali consegnate - illegali nel senso
di utilizzate in atti criminali - e' praticamente zero. Ma un'arma illegale
(non registrata) e' vantaggioso che sia consegnata, perche' quest'arma
illegale, cioe' un'arma con il numero di matricola raschiato, e' l'arma
prediletta dai criminali, perche' e' un'arma che puo' essere utilizzata e la
polizia non potra' scoprirne il proprietario. Quindi, la consegna di armi
illegali - e la maggioranza delle armi consegnate sono armi che non sono mai
state denunciate - e' molto utile per lo stato e per i cittadini, perche' il
criminale preferisce proprio avere queste armi, giacche' significano per lui
maggior sicurezza nel consumare delitti.
*
Ermanno Allegri: C'e' chi dice che questa iniziativa facilita il mercato
nero delle armi. Che un'arma avra' un costo minore.
- Antonio Rangel Bandeira: Al contrario, la Campagna di disarmo in Brasile
ha gia' raccolto 450.000 armi. Quindi c'e' minor disponibilita' di armi,
perche', come e' risaputo, i ladri si riforniscono con armi rubate alle
persone perbene. Succede che nel mercato clandestino il prezzo, per esempio
del revolver calibro 38, che e' il preferito dai criminali per assaltarci
per strada o nelle nostre case, e' gia' aumentato 5 volte, vale a dire che
le armi nel mercato clandestino stanno costando di piu'. Nel Rio Grande do
Sul, per esempio, i malviventi per la prima volta stanno assaltando negozi
di armi e attaccando poliziotti per rubare le armi, esattamente perche' non
riescono piu' a trovare armi da rubare nelle case dei cittadini onesti.
*
Ermanno Allegri: Chi ci assicura che le armi raccolte saranno distrutte? Non
possono ritornare, per vie oscure, nelle mani dei criminali?
- Antonio Rangel Bandeira: Vedi, il rischio esiste, ed e' per questo che le
chiese e le ong raccomandano che queste armi quando vengono raccolte siano
subito distrutte. Noi usiamo una mazza, e davanti alla persona che ci da'
l'arma, la distruggiamo subito affinche' non possa essere riutilizzata dal
crimine organizzato. Ma, purtroppo, la maggioranza delle forze di polizia
che sta raccogliendo le armi non fa cosi'. In ogni modo sono gia' state
raccolte piu' di 450.000 armi e, secondo quanto si e' potuto costatare,
appena 11 armi sono state poi ritrovate in mano a criminali. Quindi possiamo
concludere che se ci sono distrazioni di armi, queste sono un numero assai
ridotto. Io credo che in campagne future il governo dovrebbe in effetti
adottare il metodo raccomandato dalle chiese e dalle ong: la distruzione
immediata delle armi raccolte.
*
Ermanno Allegri: C'e'chi dice che i costi della Campagna di disarmo sono uno
spreco di denaro pubblico.
- Antonio Rangel Bandeira: Senti, io penso proprio di no. Innanzitutto
perche' non e' molto. Duecento milioni di reali [71 milioni di euro] possono
sembrare molti, ma dobbiamo considerare che in Brasile si spende quasi
l'equivalente - 140 milioni di reali [50 milioni di euro] tutti gli anni per
il ricovere e le cure mediche di feriti da armi da fuoco. Pertanto, la
Campagna di disarmo, oltre a diminuire le spese ospedaliere, ha salvato nel
2004 per la prima volta dopo 13 anni in cui il numero delle vitime era
sempre crescente) ben 5.560 vite. E questo e' meraviglioso. Sono piu' di
5.000 vite salvate con la riduzione delle armi in circolazione. Io penso che
la democrazia non ha prezzo. Realmente, noi che siamo passati per una
dittatura, adesso abbiamo la possibilita' di decidere se vogliamo un paese
piu' armato o meno armato; e' una grande conquista. Ancor piu' considerando
che, in occasione del referendum, ci sara' un nuovo censimento nel paese per
diminuire le frodi elettorali e per dare alla popolazione povera un
documento con fotografia che varra' come documento ufficiale.
*
Ermanno Allegri: Alcuni chiedono: perche', invece di spendere milioni in
indennizzi e per la Campagna di disarmo, il governo non aumenta le spese per
l'educazione, la sanita', ecc.?
- Antonio Rangel Bandeira: Diciamo tutta la verita': innanzitutto, i fondi
spesi dallo stato per indennizzare chi ha consegnato la propria arma sono
soldi entrati nelle tasche della popolazione, 40 milioni di reali [15
milioni di euro]. Inoltre, questo e' molto poco se consideriamo l'entita'
delle spese pubbliche. Infine, la Campagna per il disarmo ha fatto diminuire
di piu' del 10% il ricovero di feriti negli ospedali nello Stato di Rio de
Janeiro; a San Paolo la riduzione e' stata superiore al 7%. Sono migliaia di
persone che non sono state ferite. Questo ha significato una grande economia
nelle spese degli ospedali che hanno potuto risparmiare i fondi che
precedentemente servivano a curare quei feriti da arma da fuoco che
quest'anno non ci sono stati, e quindi utilizzarli per assistere altri
degenti. Quindi, quando si investe in maggior sicurezza pubblica e nel
togliere di circolazione le armi, in verita', diminuendo morti e feriti,
stiamo riducendo la spesa pubblica e lasciando piu' denaro a disposizione
per gli investimenti in educazione, sanita' e programmi di abitazione
popolare.
*
Ermanno Allegri: Tu stai presentando in varie citta' questo libro "Armi da
fuoco: protezione o rischio?". Come e' accolto il libro e come percepisci il
Brasile rispetto al referendum?
- Antonio Rangel Bandeira: Il libro e' molto ben accolto, perche' esiste
pochissima informazione scientifica sui vantaggi e svantaggi dell'uso di
armi da fuoco per l'autodifesa. Le persone sono confuse ed e' naturale. Ma
il lavoro svolto da "Viva Rio" dimostra, con le ricerche fatte in Brasile e
nel mondo, che armarsi e' un grande errore, che tra l'altro porta un grande
pericolo in casa: si pensi agli incidenti di cui restano vittima bambini,
figli, nipoti; o ai suicidi familiari. Il libro, quindi, da' informazioni
scientifiche affinche' le persone possano decidere con la loro testa. Nel
libro rispondo a cento domande, dubbi delle persone che vogliono informarsi
per votare con cognizione di causa e piena coscienza nel referendum. E' un
libro realizzato attraverso il lavoro volontario perche' potesse essere
venduto a un prezzo modico. E' venduto nelle edicole di tutte le capitali
brasiliane affinche' anche chi ha non ha molte disponibilita' economiche lo
possa comprare. Il lettore vi trova le informazioni e le opinioni di tutti e
due i fronti. Ci sono gli argomenti a favore e gli argomenti contrari. Le
persone possono cosi' votare coscientemente senza lasciarsi influenzare da
false informazioni e dalla nota manipolazione della paura che porta la gente
a votare contro i propri interessi.
*
Ermanno Allegri: E con la manipolazione della paura le fabbriche di armi
possono continuare...
- Antonio Rangel Bandeira: E chi si spancera' dal ridere e sara' molto
contenta della paura della gente e' proprio l'industria delle armi; quanta
piu' paura le persone hanno, piu' armi comprano. Quanta piu' gente spara,
piu' munizioni usa, piu' questa industria ne ricavera' profitti. L'avidita'
fa si' che questi imprenditori dell'industria della morte - come io uso
chiamarli - desiderino piu' violenza per aumentare le vendite dei loro
prodotti mortiferi. Ma io sono sicuro che il popolo brasiliano dira' si'
alla proibizione del commercio delle armi e delle munizioni, per fare del
Brasile un paese con meno morti, un paese in cui possiamo vivere in
solidarieta' e amore tra tutti gli esseri umani.

2. MATERIALI DAL BRASILE. BREVE NOTIZIA SUL REFERENDUM DEL 23 OTTOBRE
[Dal sito www.referendosim.com.br riprendiamo la seguente breve nota
informativa]

Il 23 ottobre 2005 la popolazione brasiliana si rechera' alle urne per
decidere se volere o no la proibizione del commercio delle armi e delle
munizioni in Brasile.
Sara' il primo referendum nella storia del paese, ed anche il primo al mondo
su questo tema.
Nel referendum tutti i cittadini e le cittadine dai 18 ai 70 anni dovranno
presentarsi alle urne per rispondere si' o no al quesito: "Il commercio
delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?". Il
voto e' obbligatorio. Cosi' come e' stato stabilito per sorteggio dal
competente organo istituzionale, la scelta del si' avra' il numero 2
nell'urna elettronica (e la scelta del no il numero 1).
Chi vota si' si schiera per la vita, per la costruzione di una cultura della
pace, per la creazione di soluzioni collettive per far cessare la violenza.
*
La societa' brasiliana sta dimostrando di essere pronta per fare questo
passo.
In un anno di Campagna per il disarmo volontario, consistente nella consegna
volontaria alle autorita' delle armi in possesso dei cittadini affinche'
vengano distrutte, piu' di 450.000 armi sono state tolte dalla circolazione.
E i risultati positivi si sono gia' visti: una ricerca condotta dal
Ministero della Salute ha dimostrato che per la prima volta da 13 anni c'e'
stato non un aumento ma una riduzione del numero delle persone uccise da
armi da fuoco nel paese. Nel 2004, anno di inizio della campagna per il
disarmo, il numero delle morti provocate da armi da fuoco e' diminuito
dell'8,4%. Sono state salvate 3.234 vite umane.
*
La campagna per il si' al referendum e' organizzata dal Frente Brasil Sem
Armas (Fronte per un Brasile senza armi), composto dai parlamentari che
sostengono il divieto del commercio delle armi, e dalle adesioni della
societa' civile, rappresentata da organizzazioni non governative, chiese,
imprese, artisti, sindacati e movimenti sociali.
*
La proibizione del commercio delle armi da fuoco e delle munizioni,
naturalmente, da sola non e' sufficiente a risolvere del tutto il problema
della criminalita'. Ma e' un passo fondamentale nella direzione di una
societa' piu' sicura. Il referendum e' la nostra occasione per indicare in
quale tipo di societa' vogliamo vivere.
*
Per maggiori informazioni visitate il sito: www.referendosim.com.br

3. 23 OTTOBRE. PAOLO COLUCCIA: SI'
[Ringraziamo Paolo Coluccia (per contatti: e-mail: paconet at libero.it, sito:
http://digilander.libero.it/paolocoluccia) per questo intervento. Paolo
Coluccia, dottore in pedagogia, saggista e ricercatore socio-economico
indipendente, ad una formazione psicopedagogica e filosofica associa una
buona conoscenza della legislazione sociale e del lavoro. Si e' interessato
di Sistemi di scambio locale non monetario e di Banche del tempo, intravisti
come spazi sociali d'interazione e di comunicazione sociale, su cui ha
scritto vari libri, come La Banca del tempo (Bollati Boringhieri, Torino
2001, Introduzione di Serge Latouche); La cultura della reciprocita'
(Edizioni Arianna, Casalecchio 2002), Il tempo... non e' denaro! (Bfs, Pisa
2003), e vari saggi e articoli apparsi su riviste e siti internet, in
particolare Monete locali per il bene comune. Lo spirito del Sel, nel volume
collettivo Processo alla globalizzazione, curato da Teddy Goldsmith, con
prefazione di Serge Latouche, Edizioni Arianna, Casalecchio 2002. Il suo
ultimo lavoro e' la traduzione in lingua italiana, con un'introduzione ed
una postfazione, del Rapporto al Ministro per l'economia solidale francese
scritto da Patrick Viveret nel 2001/2002: Ripensare la ricchezza. Dalla
tirannia del Pil alle nuove forme di economia sociale, edizioni
TerrediMezzo-Altreconomia, Milano 2005. L'elenco completo delle sue
pubblicazioni e' sul suo sito internet. Presente a convegni nazionali e
internazionali, e' stato in particolare relatore nel laboratorio
"Riappropriarsi del denaro" durante il Colloque internationale sur
l'apres-developpement "Disfare lo sviluppo, rifare il mondo", Unesco, Paris
2002, e ha introdotto il seminario sulle "Reti di economia solidale" durante
l'European Social Forum di Firenze nel novembre del 2002. Ha, inoltre,
partecipato come relatore alle giornate conclusive del forum elettronico
"Per una ripartizione egualitaria del tempo", organizzato dall'Instituto
Andaluz de la Muyer, Junta de Andalucia (Espana), Granada, 12 e 13 dicembre
2002. Dal 2003 fa parte del "Centro interdipartimentale di studi e ricerche
sull'utopia" dell'Universita' di Lecce, che e' composto da filosofi, storici
e ricercatori in scienze umane e sociali, e del "Movimento per la societa'
di giustizia e per la speranza", nato nello stesso Centro, animato dal prof.
Arrigo Colombo, docente emerito della stessa Universita'. Collabora come
saggista e traduttore con "M@GM@. Rivista elettronica di scienze umane e
sociali" (www.analisiqualitativa.com), con direzione a Catania, e come
articolista con la rivista "Il Consapevole", del gruppo Macroedizioni
(Forli'). E' in corrispondenza con l'Istituto di terapia cognitiva di
Santiago del Cile (fondato da H. Maturana), il cui attuale direttore e'
Alfredo Ruiz, del quale ha tradotto in italiano numerosi saggi e conferenze,
pubblicati nella casa editrice virtuale Lilliput-on-line. Per contatti:
Paolo Coluccia, via Castrignano de' Greci, 51 73025 Martano (Lecce), Italia;
tel. 0836572183, mobile 368 419399, e-mail: paconet at libero.it, sito:
http://digilander.libero.it/paolocoluccia]

Aboliamo le armi da fuoco d'ogni tipo e tutti i loro derivati.
Appoggiamo il referendum indetto in Brasile (www.referendosim.com.br) ed
impegniamo le nostre energie e le nostre intelligenze a fare la stessa cosa
nelle nostre nazioni.
Leggevo qualche anno fa che in Brasile le auto che incrociavano un semaforo
rosso preferivano proseguire la marcia perche' si rischiava di piu' a
fermarsi (qualcuno appostato poteva sparare dal finestrino per derubarti)
che a scontrarsi con qualche altro autoveicolo che transitava col verde.
Puo' sembrare un paradosso, ma a volte il rischio che si reputa minore e'
sempre una buona scelta. Oggi non so se la situazione sia la stessa. In ogni
caso, dall'insediamento del governo Lula, tra incertezze e contraddizioni,
critiche e demistificazioni, molte cose sono cambiate e continuano a
cambiare. Alla loro base c'e' semplicemente un ideale, un progetto politico,
che ha portato un'insperata vittoria politica, sofferta, denigrata e
osteggiata dai ricchi, sostenuta da chi vuole costruire un mondo migliore,
diverso, intessuto di relazioni pacifiche, solidali, paritarie, un mondo
piu' vivibile, ecologicamente piu' responsabile, plurale nella
biodiversita', nonviolento, rispettoso di diritti e animatore di speranze.
Il Partito dei lavoratori e' andato al governo di una nazione immensa,
sterminata, martoriata dalla storia e dal progresso economico, dalla
speculazione finanziaria e dai programmi di aggiustamento.
Lula, il leader dei movimenti di liberazione brasiliani, e' stato l'unico
capo di stato ad aver proclamato (e a poter proclamare) ad un convegno
internazionale sulla poverta' di conoscerla personalmente, la poverta', di
averla vissuta, sulla propria pelle, da sempre, fin dall'infanzia, di averla
vista crescere sulla pelle di milioni di persone, di bambini, adulti, donne,
anziani. Unica arma: il coraggio di un ideale, di un progetto, di una nuova
visione politica e della politica economica e sociale.
Che oggi propone il referendum popolare per l'abolizione delle armi da
fuoco, della loro fabbricazione, commercializzazione ed uso sul territorio
brasiliano.
*
Un'utopia, dira' qualcuno. Qualcuno, pero', che misconosce il significato
piu' vero di questa parola, l'utopia, il progetto storico dell'umanita', che
sempre piu' avanza, si costruisce e si ricostruisce, tra mille ostacoli e
contraddizioni. Ogni momento di speranza, ogni azione, ogni movimento
rivolto alla giustizia ne determina il cammino. L'utopia, cosi' spesso
fraintesa e denigrata, perche' ritenuta il non-luogo (Thomas More, L'isola
di Utopia), ma che nel suo significato piu' intrinseco contiene anche il
concetto di eutopia (il luogo buono, giusto), contrapposta alla distopia
(realizzazione perversa dell'ideale utopico, come il comunismo sovietico),
l'utopia che molti ritengono un sogno impossibile, una chimera, mentre
invece e' un progetto, un insieme di progetti che ripropongono continuamente
una societa' di giustizia, di speranza per l'umanita'.
L'approfondimento dell'utopia intesa in questo senso si trova nelle
riflessioni condotte al Centro interdipartimentale di ricerca sull'Utopia
animato dal prof. emerito dell'Universita' di Lecce Arrigo Colombo (tra
l'altro autore del libro L'Utopia. Rifondazione di un'idea e di una storia,
Dedalo, Bari 1997), di cui faccio parte, insieme con un gruppo di storici,
filosofi e ricercatori in scienze sociali, e nel "Movimento per una societa'
di giustizia e per la speranza"
(http://digilander.libero.it/altroparadigma/MSGS/homeMovimento.htm) che
tenta di perseguire praticamente il progetto storico di una societa' giusta
e fraterna, con iniziative e progetti, stimoli ed idee, locali e
internazionali.
*
Oggi questo nuovo progetto in Brasile ci infonde un'infinita speranza,
questo referendum che punta ad abolire le armi da fuoco, e ci viene ancora
dal Brasile, un altro tassello del grande progetto politico e sociale di
Lula e del suo governo.
Quelle armi da fuoco con cui si fa il "tiro a segno" sui ragazzi di strada,
i ragazzi delle favelas, abbandonati a se stessi, spesso figli di nessuno,
che sono costretti a rubare per non morire di fame. Armi da fuoco che
sostengono guerre, che girano per il mondo, per le guerre del mondo, nella
poverta' dei popoli illusi dallo sviluppo economico e dai miraggi del
progresso materiale, che arricchiscono mercanti di morte, individui privi di
scrupoli, senza patria, senza ideali, che hanno il solo scopo di arricchirsi
e di asservirsi alla propria crudelta'.
Un referendum che preannuncia un altro passo in avanti nel progetto utopico
della costruzione di una societa' di giustizia, di speranza e di
fraternita', che l'umanita' persegue ininterrottamente da secoli, con
l'impegno di molti, di movimenti, di moltitudini, di popolazioni.
*
Oggi occorre vincere il referendum. I segnali sono incoraggianti: piu' del
70% dei brasiliani sembra essere d'accordo con la proposta di abolizione
delle armi da fuoco. Anche se non bisogna cullarsi sui dati e sui sondaggi.
Occorre essere presenti, assidui e impegnati.
Ma cio' che conta di piu' e' l'impegno ad innescare il meccanismo perche'
altri governi seguano l'esempio, soprattutto nelle nazioni europee, e negli
stessi Usa, dove le contraddizioni su questo tema sono sotto gli occhi di
tutti, le abbiamo viste a New Orleans dopo la catastrofe prodotta
dall'uragano.
Ed in Italia. Non e' certamente una bella cosa per un capo di stato vantarsi
di aver proposto di togliere l'embargo per l'acquisto di armi alla Cina; al
contrario, sarebbe il caso di perseguire una politica di smantellamento
delle fabbriche di armi, civili, militari e d'ogni genere. Anche per "uso di
caccia", che non ha piu' alcun senso d'esistere, risvegliando cosi' la
coscienza referendaria che gli italiani hanno perso proprio con il
referendum che ne proponeva l'abolizione qualche anno fa, innescando, anno
dopo anno, il pericoloso non-senso civico che si e' espresso fino all'altro
ieri.
*
La violenza pone uno di fronte all'altro, genera lo scontro, ma e' sempre il
piu' debole, il piu' affamato, il piu' povero a soccombere. E le armi sono
lo strumento principale della violenza.
I cinesi conoscevano da secoli la polvere da sparo, ma la utilizzavano per
giochi pirotecnici. Gli europei ne hanno fatto un altro uso: hanno costruito
armi mostruose, che son diventate sempre piu' sofisticate e micidiali, che
negli ultimi tempi hanno assunto anche l'appellativo di "intelligenti".
In un'epoca di scarsi ideali e di obiettivi solo economici e materiali, di
speculazione e di supremazia, porre anche in linea di principio l'abolizione
delle armi da fuoco e dei loro derivati piu' infernali non e' cosa da poco,
perche' bisogna crederci veramente ed impegnarsi a divulgare le atrocita' e
i genocidi che esse causano.
*
La vittoria del referendum in Brasile e il suo dilagare in altri paesi
generera' sicuramente una de-capitalizzazione degli interessi finanziari e
della speculazione economica, si limitera' il flusso di capitali sporchi e
lo stesso traffico di stupefacenti che spesso s'interseca con quello delle
armi; ma soprattutto infondera' fiducia per un mondo migliore, stimolera'
partecipazione e speranza per una migliore sorte dell'umanita'.
Chiunque porta con se' gli ideali di pace, giustizia e nonviolenza tra gli
esseri umani, non puo' non testimoniare il suo appoggio al referendum
brasiliano, magari appendendo sul proprio balcone la bandiera brasiliana
accanto a quella della pace, per vincere l'omerta' e il silenzio
sull'argomento di televisioni pubbliche e private, nonche' di testate
giornalistiche e d'assemblee politiche.
Occorre impegnarsi inoltre a proporre qualcosa di simile, se non di piu'
radicale, nel proprio Paese, per la propria vita e per il rispetto di quella
altrui, lungo un progetto utopico costruttivo e perenne, verso una societa'
giusta e fraterna, per la speranza.

4. 23 OTTOBRE. NELLA GINATEMPO: SI'
[Ringraziamo Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at tiscali.it) per questo
intervento. Nella Ginatempo e' una prestigiosa intellettuale impegnata nei
movimenti delle donne, contro la guerra, per la globalizzazione dei diritti;
e' docente di sociologia urbana e rurale all'universita' di Messina; ha
tenuto per alcuni anni il corso di sociologia del lavoro, svolgendo ricerche
sul tema del lavoro femminile; attualmente svolge ricerche nel campo della
sociologia dell'ambiente e del territorio. Tra le sue pubblicazioni: La casa
in Italia, 1975; La citta' del Sud, 1976; Marginalita' e riproduzione
sociale, 1983; Donne al confine, 1996; Luoghi e non luoghi nell'area dello
Stretto, 1999; Un mondo di pace e' possibile, Edizioni Gruppo Abele, Torino
2004]

Il referendum contro il commercio delle armi da fuoco in Brasile Ë una
grandissima battaglia di civilta' da cui dovremmo saper imparare anche in
Europa.
Infatti la trasparenza non basta, non basta impostare la nostra iniziativa
contro il commercio di armi leggere attraverso vincoli e controlli sul
commercio internazionale, quando poi sono completamente liberi sia la
produzione che il consumo di armi da fuoco nelle varie nazioni e percio'
nella violenza generalizzata sia privata che di guerra (violenza pubblica).
Se vogliamo davvero fare un passo avanti verso la costruzione del tabu'
dell'uccidere, dobbiamo saper imporre un primo grande divieto. Impediamo la
vendita, poi passiamo a riconvertire la produzione di armi alla fonte, nelle
fabbriche, e poi tagliamo drasticamente le spese militari, non diamo piu'
commesse alle fabbriche di strumenti di morte, e poi aboliamo il porto
d'armi, cosi' definiamo illegale l'uso delle armi e cacciamo
nell'illegalita', senza tolleranza, senza cittadinanza, coloro che comprano
e usano le armi da fuoco.
Abbassare il tasso di violenza: e' un imperativo morale che abbisogna di una
scelta politica e legale concreta e coraggiosa.
Appoggiamo il referendum brasiliano e diffondiamolo da noi. Sarebbe un bel
passo avanti da parte di chi si dichiara nonviolento.

5. PROFILI. IDA DOMINIJANNI: UN INCONTRO CON CAROL GILLIGAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre 2005.
Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia
sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale
femminista.
Carol Gilligan, docente di psicologia alla New York University, e' una delle
piu' influenti pensatrici femministe contemporanee. Tra le opere di Carol
Gilligan: Con voce di donna, 1982, tr. it. Feltrinelli, Milano 1987; La
nascita del piacere, 2002, tr. it. Einaudi, Torino 2003. Opere su Carol
Gilligan: Bianca Beccalli, Chiara Martucci (a cura di), Con voci diverse. Un
confronto sul pensiero di Carol Gilligan, La Tartaruga, Milano 2005]

Alta, bella, sorridente, una massa di capelli lunghissimi sciolti sulle
spalle, occhi chiari e attenti, ascolto empatico alle voci delle altre,
Carol Gilligan restituisce nel corpo una memoria vivente della storia del
femminismo americano, dall'esplosione della "seconda ondata" nei primi anni
Settanta a oggi che la scena sembra occupata solo da un ritorno di
fondamentalismo patriarcale, virilita', sessuofobia. Sembra ma non e', dira'
lei nel corso dell'incontro milanese che sto per raccontarvi: "Eravamo
andate cosi' avanti, a fine Novecento, che era impossibile che il
patriarcato non tentasse una rivincita, ma e' altresi' impossibile che
stiamo davvero tornando indietro".
Impossibile, e non e' solo l'ottimismo a suggerirglielo: "E' difficile oggi
trovare le modalita' di azione, fare la cosa giusta, per combattere questo
ritorno di patriarcato che si avvale di protesi potenti come la guerra e
l'economia globalizzata e tenta di allestire la scena per una sorta di nuovo
fascismo. Ma il corpo, individuale e sociale, mantiene la memoria di quello
che siamo stati e che abbiamo imparato: come un sistema immunitario di
registrazione dell'esperienza passata, che ci protegge dalle malattie di
oggi; come una resistenza fisica e psicologica, che da un momento all'altro
puo' trasformarsi in resistenza politica".
Corpo e memoria appunto, memoria e resistenza. Per questo Carol (che, avendo
lei stessa oggi difficolta' a individuare "da dove" influenzare e
contrastare la politica americana, si e' messa a scrivere con uno dei suoi
tre figli un adattamento teatrale de La lettera scarlatta contro il
puritanesimo imperante) ripropone la memoria della rivoluzione femminista
degli anni Settanta, e ripercorre nel contesto della vicenda politica
complessiva la fortunata ricezione del suo In a different voice, il libro
che nell'82 l'ha imposta nel laboratorio teorico femminista internazionale
e, con 750.000 copie vendute e 17 traduzioni (dell''87 quella italiana
Feltrinelli, Con voce di donna, oggi introvabile), ha influenzato svariati
campi disciplinari e la stessa cultura americana mainstream.
*
Voci dissonanti
E' per questo, del resto, che Gilligan e' a Milano, invitata per la seconda
volta dal centro "Donne e differenza di genere" dell'Universita' statale.
Bianca Beccalli e Chiara Martucci hanno curato per La Tartaruga (col titolo:
Con voci diverse. Un confronto sul pensiero di Carol Gilligan) gli atti del
primo incontro con lei di due anni fa, e in questo libro e' la stessa
Gilligan a raccontare le tappe del suo percorso intellettuale.
A fine anni Sessanta Gilligan, che oggi insegna alla New York City
University, lavorava a Harvard, con Erikson e Kohlberg, in una ricerca sulle
situazioni di conflitto morale, e nel '73, dopo la legalizzazione
dell'aborto, decise di concentrarsi sul dilemma morale femminile sulla
prosecuzione o interruzione di una gravidanza. In a different voice nacque
dall'ascolto di quelle voci femminili "dissonanti", che "resistevano alle
categorie della teoria psicologica e anche ai termini del dibattito pubblico
sull'aborto" e spalancavano la porta alla scoperta di una differenza fra il
soggetto morale maschile e femminile che a sua volta portava a "un modo
diverso di parlare della condizione umana".
Il nocciolo della scoperta stava nella messa a fuoco di una posizione etica
femminile orientata alla relazione, contro quella maschile orientata
all'individualismo; ma questo nocciolo, cui in seguito In a different voice
e' stato ridotto, non ne esaurisce e in parte rischia di tradirne il senso.
Non si trattava infatti, sottolinea oggi Gilligan, di inchiodare donne e
uomini a questa sorta di divisione sessuale del lavoro morale, ma di
decostruirla e di cambiarne il segno.
Quella distanza fra donne e uomini, che la teoria psicologica e il senso
comune leggevano come spontanea vocazione delle donne all'oblativita' verso
l'altro ("l'olocausto di se'" di cui nello stesso '73 scriveva in Italia
Carla Lonzi) e degli uomini alla concentrazione sul se', si rivelava una dif
ferenza indotta dall'iniziazione femminile all'ordine patriarcale e alle sue
opposizioni binarie e gerarchizzate ("la testa sul corpo, il pensiero sulle
emozioni, il se' sulle relazioni, i padri sopra le madri").
Di piu'. Correntemente interpretata come un deficit rispetto allo standard
di autonomia del soggetto maschile, la posizione femminile si rivelava in
realta' "non piu' deficiente ma differente", portatrice di un diverso modo
di percepire e costruire la realta', basato sulla rottura di quelle
opposizioni, sul contatto fra corpo e testa e fra esperienza e linguaggio,
sulla matrice relazionale dell'io e dell'esistenza umana. Il deficit era in
realta' una risorsa. Diversamente interpretata, la differenza femminile
apriva nella pratica un percorso di liberta' - "le donne potevano rompere
quello che era stato un cerchio perfetto: uomini autonomi che parlavano per
se stessi, donne sottomesse che facevano eco ai giudizi degli uomini" - e
comportava nella teoria, psicologica e politica, uno "spostamento del
paradigma" tradizionale costruito sul preteso universalismo della misura
maschile.
Rottura dell'ordine simbolico patriarcale, mancanza femminile ribaltata in
risorsa, ripetizione del ruolo rovesciata in salto di liberta', spostamento
del paradigma universalista: sono concetti e passaggi familiari a chi
frequenta il pensiero italiano della differenza, che li ha elaborati negli
stessi anni sulla base della pratica politica, e che ha via via modificato
la pratica politica e la proposta teorica per evitare il rischio che vengano
riassorbiti in un nuovo paradigma identitario o essenzialista, con donne e
uomini, femminile e maschile, inchiodati a un rinnovato catalogo di vizi e
virtu' pubblici e privati.
Gli incontri milanesi con Carol Gilligan alla Casa della cultura e alla
Statale, sono attraversati da questa preoccupazione, di cui Carol stessa ha
fatto esperienza. E' vero che In a different voice ha influenzato le lotte
femminili e la teoria politica - basta pensare alla critica
dell'individualismo e della grammatica dei diritti che si e' sviluppata
sulla base della categoria della relazione -, ma e' anche vero che nella
cultura americana mainstream, oggi battuta dal vento neocon, "il messaggio
di quel libro e' stato ricondotto al vecchio paradigma binario che voleva
rompere": donne dedite alla relazione e al lavoro di cura, mentre la
virilita' e' oggetto di violente cure ricostituenti; nuove opposizioni fra
sentimenti e ragione, nuove censure e cesure fra indicibilita'
dell'esperienza privata e retorica pubblica, fra emotivita' sociale e
sovranita' razionale.
Per questo, dice Gilligan, quel libro, che non voleva solo dare voce alla
differenza femminile ma interpretare e trasformare la realta' con voce
differente, va ripensato e rilanciato oggi che "vecchie voci tornano a
occupare la scena": quella della guerra, quella del fondamentalismo che in
tutte le religioni si avvale d'una base patriarcale, quella della
sessuofobia che sottosta allo scontro pubblico sull'aborto, sui matrimoni
gay e sulla procreazione assistita da una parte e dall'altra dell'Atlantico.
Mentre le voci che continuano a battersi per il "cambio di paradigma"
"vengono messe a tacere in nome dell'onore, della Verita', del nascondimento
delle ferite e della vergogna".
*
La seconda scelta
Non sembra tanto la condizione delle donne quanto piuttosto quella degli
uomini a preoccupare Gilligan oggi.
Con la rivoluzione femminista, dice, "le donne hanno conquistato quella che
il 'New York Times' ha chiamato di recente the second choice": amano il loro
lavoro, frequentano universita' prestigiose eppure si prendono la liberta'
di disobbedire al diktat della carriera quando preferiscono dare spazio ad
altre sfere di vita; la liberta' femminile guadagnata puo' arretrare, ma non
si perde. La virilita', invece, e' bombardata dal backlash patriarcale:
"cos'e' un vero uomo e' ridiventata una preoccupazione centrale nel discorso
pubblico americano". E' stata la virilita' americana infatti a essere messa
in scacco e "ridicolizzata" dall'attacco dell'11 settembre: "e quando la
virilita' si sente ridicolizzata, reagisce con la violenza. Le donne lo
sanno, e in questi casi sanno fare un passo indietro per prendere le
distanze dalla violenza". Ma inevitabilmente questa ansia della virilita' ha
i suoi effetti anche sulle donne: tacita di nuovo la loro voce, fa ripartire
il circolo della dissociazione fra emotivita' e razionalita', corpo e mente,
relazionalita' e decisione, "femminile" e "maschile". Donne e uomini, dice
Carol, dovrebbero lottare insieme per spezzarlo, ma sono di nuovo le donne a
dover fare da battistrada, o non se ne uscira'.
Sono le donne piu' degli uomini, secondo lei, a essere potenzialmente
portatrici di quella "resistenza" psicologica inscritta nel corpo che
dicevamo all'inizio: perche' nelle donne il processo di interiorizzazione
delle scissioni e delle gerarchie dell'ordine patriarcale inizia piu' tardi
che negli uomini, e lascia aperta e viva la memoria di una condizione non
scissa e non gerarchizzata dell'esperienza e dell'emotivita'.
C'e' qualche segno, di questa resistenza psicologica che puo' diventare
politica?
Secondo Carol c'e', anche se nella sfera piu' propriamente politica, o per
meglio dire nella politica della rappresentanza, il vantaggio femminile
guadagnato nell'ultimo quarto del Novecento sembra essere bruciato: nelle
ultime elezioni presidenziali, il gender gap che era stato determinante per
i due mandati di Clinton portandogli una considerevole percentuale in piu'
di voti femminili, non ha funzionato, o si e' spostato a destra. Ma
nell'azione sociale le donne ricominciano a muoversi, come dimostra la
stessa qualita' della domanda "mi dica perche' e' morto mio figlio" di Cindy
Sheehan davanti al ranch di Bush in Texas, e il sostegno femminile che la
sua azione ha avuto. E poi, sostiene Gilligan - che del presidente Bill
Clinton e' dichiaratamente nostalgica ("ma tutti abbiamo nostalgia della sua
intelligenza, se si ricandidasse trionferebbe") e della senatrice Hillary e'
dichiaratamente amica -, "se Hillary si candidera' alla Casa Bianca, avra'
un effetto simbolico dirompente sul mondo femminile".
Basta questo? O ci vuole qualcos'altro per scuotere la societa' americana,
ad esempio che la memoria dell'11 settembre si stacchi dalla retorica della
vendetta? Fra le resistenze "memorizzate" dal corpo sociale, c'e' "un'altra"
memoria dell'11 settembre? "Si', c'e', la memoria di una ferita che non
domanda ritorsione ma coscienza dell'interdipendenza globale in cui tutti,
anche la grande potenza americana, ci troviamo". Interdipendenza, relazione,
amore, la sequenza sta qui.
L'ultimo libro di Gilligan, tradotto un anno fa da Einaudi, si intitola La
nascita del piacere, e rilegge il mito di Amore e Psiche nella chiave di una
resistenza di Psiche alla reificazione, alla sottomissione, al sacrificio di
se', alla rinuncia della relazionalita' che Amore vorrebbe imporle. Psiche
non ci sta, mette a rischio tutto ma alla fine vince. Il mito parla ancora
di noi per noi: "L'amore resta l'arma piu' potente da scagliare contro il
paradigma della dissociazione. Non e' un caso che nessuno oggi ne parli,
spetta a noi donne squarciare questo silenzio, scandalosamente".
*
Postilla. I mille piani di un pensiero differente
Oltre che la teoria femminista internazionale, il pensiero di Carol Gilligan
ha influenzato negli ultimi decenni svariati campi disciplinari, dalla
psicoanalisi al diritto. A ricostruire questa influenza e' soprattutto volto
Con voci diverse, il libro a cura di Bianca Beccalli e Chiara Martucci (La
Tartaruga) che raccoglie e rielabora gli interventi in un seminario del
marzo 2003 alla Statale di Milano. In particolare, Claudia Zanardi
ripercorre gli effetti di "In a different voice" nella teoria e nella
clinica psicoanalitica, Bianca Beccalli e Luca Beretta nella sociologia del
lavoro, Carmen Leccardi negli studi sulla temporalita', Barbara Mapelli
nella pedagogia, Tiziana Vettor nel diritto. La stessa Gilligan, nel saggio
centrale del volume, ricostruisce in prima persona il proprio percorso, da
"In a different voice" al piu' recente "The Birth of Pleasure", evidenziando
le rotture epistemologiche e metodologiche che sottostanno al primo libro
(critica della separatezza fra oggetto e soggetto della ricerca, spostamento
del paradigma psicoanalitico). Al secondo e' dedicato il saggio di Eva
Cantarella, che connette la rilettura del mito di Amore e Psiche in chiave
di resistenza femminile ad alcuni episodi effettivi di resistenza politica
femminile nella Roma di Augusto. Silvia Vegetti Finzi inquadra invece il
lavoro di Gilligan nel panorama della teoria femminista statunitense e
internazionale, in particolare di quella piu' direttamente influenzata dalla
psicoanalisi, compreso - non senza fraintendimenti - il pensiero della
differenza sessuale italiano. L'introduzione di Bianca Beccalli rilegge la
proposta di Gilligan anche alla luce di alcuni suoi riflessi nella
pubblicistica politica (ad esempio, il noto "Gli uomini vengono da Marte, le
donne da Venere"), delle accuse di essenzialismo di cui e' stata fatta
oggetto in alcune "gender theories" di area anglosassone (e alle quali
Gilligan indirettamente risponde con le sue sottolineature di metodo), dei
suoi risvolti nell'ambito delle politiche della parita' e delle pari
opportunita' (alle quali e' difficilmente riconducibile). Su Carol Gilligan
nel panorama della teoria femminista novecentesca si puo' leggere anche "Le
filosofie femministe" di Adriana Cavarero e Franco Restaino (Paravia), e
"Feminist Theory. A concise Companion", a cura di Mary Eagleton, Blackwell.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1067 del 28 settembre 2005

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