La nonviolenza e' in cammino. 1456



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1456 del 22 ottobre 2006

Sommario di questo numero:
1. Per Gabriele Torsello e per il popolo afgano
2. Oggi a Verona
3. Un corso a Narni
4. Missy Comley Beattie: Una ruota che gira
5. Maria G. Di Rienzo: Sumi e le "donne fluttuanti"
6. Tiziana Plebani: Il si' di Maria
7. Anna Maria Crispino: Da Nora a noi
8. Massimo Campanini presenta "L'islam in occidente" di Tariq Ramadan
9. Mario Pezzella presenta "Metafisica. Concetto e problemi" di Theodor W.
Adorno
10. Ristampe: Giacomo Leopardi, Poesie e prose (volume secondo: Prose)
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PER GABRIELE TORSELLO E PER IL POPOLO AFGANO
[Gabriele Torsello, giornalista, fotografo e documentarista freelance,
collaboratore di movimenti umanitari, impegnato contro le violazioni dei
diritti umani, e' stato rapito in Afghanistan sabato 14 ottobre 2006]

Pace e liberta'.
L'indifferenza che tuttora prevale nel nostro paese per la sorte di Gabriele
Torsello e' inquietante.
Come e' inquietante l'indifferenza nei confronti della scellerata
prosecuzione della illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra
afgana, una guerra terrorista e stragista che perdura da decenni mietendo
innumerevoli vittime.
Salvare Gabriele Torsello.
Far cessare la guerra.

2. INCONTRI. OGGI A VERONA

Si conclude oggi a Verona, con la terza sessione e le conclusioni, il
seminario promosso dal Movimento Nonviolento sul tema "La politica della
nonviolenza (alla prova della guerra)".
Il seminario si svolge presso la Sala Comboni dei padri comboniani, in
vicolo Pozzo 1, nel rione di San Giovanni in Valle, quartiere di Veronetta,
nel centro storico, vicino a Piazza Isolo. E' previsto che i lavori abbiano
termine alle ore 13.
Per ulteriori informazioni: Casa per la nonviolenza, via Spagna 8, 37123
Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

3. FORMAZIONE. UN CORSO A NARNI

Si e' tenuto il 20 ottobre 2006 a Narni il secondo incontro del secondo
"Corso di formazione sull'educazione alla nonviolenza", promosso
dall'associazione "Narni per la pace" e dall'Arciragazzi di Narni, con il
contributo del Cesvol della provincia di Terni. Tema dell'incontro
l'esperienza della "Rosa bianca" e la Resistenza nonviolenta al nazismo.
*
Il corso attuale fa seguito alla positiva esperienza del primo, ed e'
auspicabile che diventi una tradizione che di anno in anno si rinnovi. E'
ospitato presso la sede universitaria in via Mazzini 27 a Narni, e si
articola in dieci incontri tra ottobre e dicembre. I temi che verranno via
via sviluppati sono i seguenti: Resistenza nonviolenta, giustizia sociale ed
economica, potere mediatico, giustizia e pace in Medioriente, bambini e aree
di guerra, crisi nei Balcani. Parteciperanno agli incontri come relatori
Maurizio Pallante, Pierluigi Sullo, Luisa Morgantini, Carla Razzano, Elisa
Carlaccini.
*
Per informazioni e contatti: gabriele.aquilina at tin.it, sucuraj at katamail.com,
carlamariani at comune.narni.tr.it, florascaia at tiscali.it, narni at cesvol.net

4. TESTIMONIANZE. MISSY COMLEY BEATTIE: UNA RUOTA CHE GIRA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di
Missy Comley Beattie. Missy Comley Beattie vive a New York, ha lavorato come
autrice per National Public Radio e "Nashville Life Magazine", fa parte di
"Gold Star Families for Peace"; suo nipote Chase J. Comley, caporale dei
marine, e' morto in Iraq il 6 agosto 2005]

L'indice industriale Dow Jones sta salendo. Anche il conto dei morti in
Iraq. Dieci soldati statunitensi sono morti martedi' e due mercoledi',
portando il totale di ottobre a settantuno. Negli ultimi 18 giorni sono
morti circa 1.000 iracheni. Pure, gli investitori sono felici. E secondo i
nostri giornalisti televisivi con gli occhi foderati, anche l'uomo della
strada e' felice. C'e' ottimismo, se le corporazioni guadagnano.
Dodici famiglie hanno appena sentito le parole: "Siamo spiacenti di dovervi
informare". L'indice Dow Jones puo' raggiungere la sfera dell'ozono, ma la
vita per queste famiglie e' piena di dolore. La vita e' dolorosa per tutte
le famiglie che hanno perso cosi' tanto in questa guerra insensata e basata
sulla frode.
I biglietti di cordoglio dicono: "Possano i ricordi confortarvi". Ma i
ricordi non confortano. Portano solo la nostalgia dei giorni in cui questi
figli avvolti nelle bandiere erano vivi, avevano sogni e guardavano al
futuro.
E cosi' il mercato si innalza. La violenza settaria si sta innalzando da
mesi. L'Iraq sta sperimentando la guerra civile, e non ha nessuna importanza
cosa George Bush dica della nostra missione laggiu': e' un presidente
fallito, con le mani sporche del sangue di migliaia di persone.
James Baker definisce l'Iraq un "pasticcio infernale". Bush dice che si
tratta del fronte centrale della guerra al terrorismo. Gli esperti si
accorgono ora che non c'e' democrazia in Iraq. Ci hanno anche detto che la
guerra ha incrementato il terrorismo, e che come risultato oggi siamo meno
sicuri.
*
E' ora che ogni genitore che ha perso un figlio in questa guerra dica
"Basta". E' ora che ogni madre e ogni padre mettano in questione le
centinaia di differenti spiegazioni per l'invasione e l'occupazione
dell'Iraq con cui George Bush ha ingozzato l'opinione pubblica americana.
E' ora che ogni parente cui e' morta una persona cara, o che se l'e' vista
tornare mutilata, con il cervello danneggiato, o sofferente di esaurimento
post traumatico, esamini queste ragioni continuamente mutevoli: dalle armi
di distruzione di massa di Saddam Hussein alla propagazione della liberta' e
della democrazia, alla guerra tra bene e male.
E' ora che ogni singolo essere umano pensi alla gente dell'Iraq, il cui
dolore e' soffocato come il nostro, i cui cari sono stati uccisi o mutilati
da una scelta ingiustificata di violenza che ha portato ad una violenza
ancora maggiore.
E' ora che noi tutti si capisca perche' siamo odiati in gran parte del
mondo. E' ora di smettere la marcia di conquista. E' l'ora della pace.
*
L'indice Dow Jones sta aumentando. E stanno aumentando le morti, la
distruzione, il dolore.
Le persone che avevamo eletto ai piu' alti uffici nel nostro paese hanno
sacrificato le loro coscienze per restare al potere.
Si', c'e' una lotta tra bene e male. Ma si tratta del male che alligna
dentro chiunque di noi si rifiuti di riconoscere la doppiezza del nostro
governo: una grande ruota di guerra che gira, avida, insaziabile.

5. MONDO. MARIA G. DI RIENZO: SUMI E LE "DONNE FLUTTUANTI"
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005.
Sumi Khan e' una giornalista del Bangladesh fortemente impegnata per i
diritti umani]

"La domanda che mi si fa piu' spesso e': 'Hai paura?'. No, non ne ho. Sono i
violenti a doverne avere, perche' io credo che la mia penna sia piu' potente
di tutte le loro armi", cosi' dice la giornalista Sumi Khan.
Quando nel 1991 tento' di proporsi come cronista di "nera", gli uomini della
redazione si misero a ridere. Nessuna donna aveva mai fatto quel tipo di
giornalismo in Bangladesh. Sumi non si scoraggio'. Per anni, fece lo stesso
il lavoro che aveva scelto come freelance, e lo svolse cosi' bene che infine
un grosso giornale, il "Daily Jugantor", la assunse nel 1999.
Sei anni prima, aveva cominciato a scrivere articoli sulla violenza di
genere. La violenza contro le donne semplicemente non era una gran notizia,
per i media del Bangladesh, e di sicuro nessuno riportava quelle storie
attraverso la lente dei diritti umani, al modo di Sumi Khan. Grazie a lei,
ottennero visibilita' quelle che vengono chiamate "donne fluttuanti":
vittime di abusi di ogni genere, finiscono per vivere per strada, o in
edifici abbandonati. Sumi sapeva da allora di essere nel mirino dei
fondamentalisti, proprio per questi servizi, ma non si fermo'.
Precedentemente, delle "donne fluttuanti" si parlava come di tristi casi
della vita, ed esse non avevano voce propria sui media, ma Sumi le rese
reali, accessibili: per la prima volta queste donne parlavano in prima
persona delle violazioni dei diritti umani che avevano subito, e chiedevano
giustizia. Gli articoli di Sumi ebbero grande risonanza ed anche grazie a
lei negli ultimi dieci anni l'atteggiamento dei media rispetto alla violenza
di genere e' un po' cambiato.
Nel 1999, mentre lavorava a tempo pieno per il "Daily Jugantor", scrisse di
una collaboratrice domestica che era stata stuprata dal datore di lavoro, e
poi da questi gettata giu' da un balcone. La ragazza si era rotta una gamba
nella caduta. Poiche' lo stupratore, un rispettabile uomo d'affari, aveva
amici tra i finanziatori del giornale, lo scandalo ebbe parecchie
ramificazioni. Anche alcuni colleghi di Sumi avevano parlato della vicenda,
ma lei fu l'unica ad essere licenziata. In meno di un anno un'altra
pubblicazione di peso, il settimanale "Shaptahik 2000", l'assunse.
*
Nel frattempo, per i giornalisti in Bangladesh i tempi si erano fatti sempre
piu' cupi. Omicidi, aggressioni e minacce di morte erano e sono frequenti.
"Molti dei miei colleghi, fra cui Monazat Uddin, Manik Saha e Humayan Kabir
Balu, sono stati uccisi", racconta Sumi, "Erano giornalisti che parlavano
degli omicidi di donne, delle persecuzioni delle minoranze etniche e
religiose, e della popolazione indigena. Numerosi altri sono stati feriti
per i loro coraggiosi articoli. Chiunque faccia reportage di questo tipo
corre dei rischi in Bangladesh".
I rischi per Sumi Khan si concretizzarono nel 2004. Tre uomini tentarono di
rapirla nella citta' portuale di Chittagong, nota per le attivita' illegali,
fra cui il traffico clandestino d'armi. Durante l'aggressione le sferrarono
coltellate alla fronte, alla bocca ed alle mani. "Ti sei spinta troppo in
la'. Le tue sfide hanno passato il segno", le disse uno degli assalitori.
Non sono mai stati identificati. Ad ogni modo non hanno fermato Sumi, che
recentemente e' passata al quotidiano "Daily Samakal", da dove sta
attaccando con i suoi roventi articoli la mafia del Bangladesh.
"Se ho mostrato coraggio, lo devo ai miei meravigliosi genitori, ambedue
sostenitori dei diritti umani ed assistenti sociali. Mio padre, Saifuddin
Khan, lotto' per poter parlare la propria lingua e per liberare il nostro
paese e mia madre, Nurjahan Khan, e' ancora oggi una persuasa attivista.
Devo molto anche a mio marito Alex Alim, ed ai miei due figli Atulon e
Gohon, che sono sempre pronti ad aiutarmi quando ho bisogno di loro".
*
Sumi Khan e' molto popolare tra i lettori, e riceve segnali di apprezzamento
e sostegno in tutto il paese, checche' ne pensino i fondamentalisti: "Hanno
parecchia influenza, in questo momento. Si preoccupano molto di mettere le
donne le une contro le altre, chiedono che persino le bambine di undici anni
si coprano con i veli. Nelle loro madrassa (scuole religiose) fanno un vero
e proprio lavaggio del cervello a bambini e bambine. Ma non hanno il
controllo del pensiero del popolo. Individui, gente comune, e gruppi mi
ringraziano costantemente per quello che faccio contro la corruzione e per i
diritti umani".
L'anno scorso Sumi Khan ha ricevuto il "Premio per il coraggio nel
giornalismo" da International Women Media Foundation, lo stesso premio
conferito nel 2002 alla compianta Anna Politikovskaya, assassinata il 7
ottobre scorso.
Sumi ammette di essere preoccupata che i suoi cari, in special modo i figli,
subiscano attacchi a causa dei suoi servizi giornalistici, ma dice con
ironia che forse ha ereditato "geneticamente" un'attitudine dai propri
genitori (il padre fu arrestato e torturato pesantemente dall'esercito
pachistano nel 1971): "Loro non si sono lasciati vincere dalla paura. Hanno
tenuto duro, sono andati avanti".

6. RIFLESSIONE. TIZIANA PLEBANI: IL SI' DI MARIA
[Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: tiplebani at libero.it) per averci
messo a disposizione questo suo recente intervento. Tiziana Plebani,
prestigiosa intelletuale, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di
donne per la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei
libri, Angeli, Milano 2001; Corpi e storia, Viella, Roma 2002]

Nel 2000, come si ricordera', Karol Wojtyla fece una pubblica confessione
degli errori commessi dalla Chiesa e dai cristiani nel passato, dalle
Crociate alla tratta dei neri, dallo sterminio degli Indios agli eccessi
dell'Inquisizione sino all'Olocausto.
L'ammissione delle colpe e' un evento assai importante nella storia perche'
interrompe un processo lineare, da' voce alle sofferenze e alle ingiustizie
procurate e crea le basi per una riconciliazione col passato. Tuttavia essa
non e' sufficiente: l'ammissione degli errori dovrebbe provenire da un
sincero accoglimento dell'esistenza e delle istanze degli altri, quelli a
cui si sono inflitte le pene, e, conseguentemente, inaugurare la volonta' di
non percorrere piu' la strada che ha condotto a tali errori, che, val la
pena di ricordarlo, ha lastricato la storia di guerre, morti, bruciati nel
rogo, donne disprezzate e condannate, individui torturati nel corpo e
nell'anima ed espulsi violentemente dalla societa' attraverso il potere
della Chiesa.
Questo accoglimento si era palesato nella strada imboccata da Giovanni XXIII
ed espressa nel Concilio Vaticano II, soprattutto in quella volonta' di
uscire dalla logica delle condanne e di aprirsi alla dialettica interna ed
esterna alla Chiesa. Tale direzione e' stata abbandonata con Giovanni Paolo
II, che ha inoltre rafforzato, come ben si vede, la struttura di potere
delle piu' alte gerarchie ecclesiastiche e negato la parola a comunita' di
base, teologi dissidenti e al per nulla uniforme "popolo della fede".
La logica della condanna, arma di potere e di rafforzamento dell'autorita',
impone norme rigide e punitive e cristallizza i rapporti tra i fedeli e il
capo spirituale, istaurando un'equazione pericolosa tra la sua figura e la
figura del giudice del potere secolare, in assenza tuttavia di processo e di
strumenti di difesa da parte dell'accusato.
*
Sono una laica e dunque qualcuno potra' chiedermi perche' mi interesso di
tutto cio' e non mi accontento di ribadire i necessari confini tra gli
ambiti del potere religioso e quelli dello Stato. Piu' di una ragione invece
mi spinge a pensare che la pura difesa della separazione delle sfere sia
insufficiente e che alle idee che animano una cultura - perche' quando si
parla di religione si parla di cultura che come tale non e' statica e
astorica - si deve controbattere con altre idee. E chi vive in questo paese,
come me, sa  che la separazione tra le due sfere non e' ne' esistente nel
presente, dato l'ancora permanente confessionalita' dello stato italiano,
ne' tantomento nel passato. L'influenza della cultura religiosa, nel
complesso delle credenze che hanno un significativo peso nel plasmare i
comportamenti e la mentalita' degli individui (un'influenza che e' cresciuta
a dismisura, come ben si vede, in tutto il mondo attuale), e la presenza di
una struttura ecclesiastica di potere, sono altre ragioni che spingono chi
voglia occuparsi criticamente della propria cultura di appartenenza a non
ripararsi dietro confini piu' immaginari che reali e a prendere parte nel
discorso. Inoltre, proprio perche' le idee, le pratiche e le cornici di
senso non sono statiche, e non lo sono state nemmeno nel passato, e'
necessario evidenziarne i cambiamenti e, in quanto studiosa di storia, sono
attenta alle svolte di pensiero che condizionano o vogliono condizionare la
nostra vita.
E quella che e' sotto i nostri occhi e' una svolta autoritaria delle piu'
alte gerarchie ecclesiastiche che si sta prepotentemente acuendo e a cui
bisogna rispondere non tanto e non solo fissando i limiti dell'influenza
della Chiesa (visto che abitiamo lo stesso paese e la stessa cultura) ma
confliggendo in merito ai metodi, alle questioni e all'oggetto delle
condanne.
Gettare condanne e non assumere su di se' le sofferenze del mondo, la
fragilita' dei viventi, respingere e non accogliere, non perdonare, fare
della minaccia di peccato un'arma di potere e', a partire dalla critica ai
metodi, davvero un percorso violento, non tollerabile e che si e'
allontanato dalla strada dell'amore che lo stesso Cristo indicava perdonando
la persona "peccatrice", proteggendo i deboli e gli umili (tematiche che non
appartengono solo ai credenti ma alla storia dell'etica).
*
E in quanto ai contenuti, cio' che mi colpisce profondamente e'
l'incapacita' dopo tanti secoli, dibattiti, scontri e alleanze, di guardare
alla corporeita' dei viventi come a un bene prezioso e non a un luogo di
smarrimento e di bassezza, bensi' a cio' che ci fa umani, viventi,
bisognosi, nati da un corpo di madre che insegna il valore e la necessita'
dell'amore e del suo corpo, sessuato, finito, reale.
Perche' ancora questa Chiesa (come molti ambienti politici, culturali,
religiosi) non riesce ad accettare la realta' dei corpi e la differenza
sessuale come ricchezza? Perche' quest'insistenza sul celibato e sul rifiuto
di entrata alle donne (presenti invece nella storia della Chiesa con figure
di rilievo), che fa dei sacerdoti delle figure emotivamente fragili, e in
profonda difficolta' a gestire la propria sessualita'? Perche' queste alte
cariche ecclesiastiche non si prendono carico della radicale misoginia
culturale di cui sono imbevute e non ne disinnescano la carica esplosiva?
La loro irrisolta ossessione verso le pratiche corporee li conduce a
guardare il corpo femminile, il corpo Altro in assoluto per il clero
maschile, come l'emblema della vita di pulsioni, umori, cicli biologici,
godimento e bisogno, scandita da fecondita', da cui tutti originiamo e
dipendiamo. E la dipendenza, se non e' accolta "culturalmente", e' fonte di
oscure paure e repulsioni.
La risposta attuale alla radicale diversita' del corpo femminile rievoca la
misoginia dei chierici medievali, rinfocola drammi ed errori del passato,
quelli stessi per cui Wojtyla ha fatto ammissione di colpa.
E il dominio, il controllo attraverso dettami e prescrizioni della vita
sentimentale e sessuale, pare voler tendere a depotenziare le donne e gli
uomini delle loro energie vitali e a convincerli di lasciare il governo del
proprio corpo e di pulsioni, desideri e necessita' - l'insieme del
"disordine" del corpo - in mano a uomini ordinati (sacerdoti, prelati
eccetera) che invece dovrebbero ammettere la loro debolezza e il loro
difficile equilibrio.  Non e' un caso dunque che ad essere oggetto delle
maggiori condanne sia la direzione della sessualita', (che le donne, e anche
gli uomini, hanno voluto separare dalla fecondita') schiacciando i fedeli
tra l'impossibilita' di agire la contraccezione e l'imposizione della
maternita' e rinviando all'intera comunita' di individui, credenti o meno,
un'immagine misera e sporca del proprio desiderio.
*
Tuttavia, sia perche' gli individui sempre piu' costruiscono il senso e il
valore della vita a partire dalle proprie esperienze e dai propri
sentimenti, sia perche' l'oggetto della repulsione dei chierici, le donne,
ha risposto con una propria elaborazione culturale e con autonome pratiche
politiche, tale presunto dominio sui cuori e sul talamo si sta mostrando
sempre piu' nudo ormai agli occhi del mondo. E visibile cosi' com'e' - privo
di amore e povero di accoglienza -  resta solo un linguaggio violento e
rozzo, svuotato di quella profonda umanita' e rispetto della soggettivita'
femminile che si riscontra nella cultura religiosa piu' autentica e
pulsante.
Ed e' quindi, attingendo anche a quel patrimonio, valore universale anche
per i laici come me, che io, rispondendo agli attacchi sulla libera scelta
della maternita' che abbiamo voluto e praticato, guardo a Maria e a
quell'episodio centrale non solo nella sua vita ma nel cristianesimo tutto,
incentrato nell'annunciazione, una scena che ci e' stata consegnata solo dal
vangelo di Luca. Uno degli elementi cruciali e non a caso sottaciuto,
riguarda, nel colloquio con l'angelo Gabriele, il consenso della Vergine:
solo l'accettazione consapevole di Maria da' corso alla storia, apre la
possibilita' all'avvento. E' solo il suo si' che accoglie nel corpo e nella
mente la vita.
Dunque le materie sulle quali alcuni esponenti delle piu' alte gerarchie
ecclesiastiche stanno emanando condanne, dettami e divieti non sono
tematiche che appartengono solo al popolo della fede ma riguardano la vita
di tutte e di tutti e i valori e i simboli della nostra cultura, e di cio'
dobbiamo essere pienamente consapevoli.

7. RIFLESSIONE. ANNA MARIA CRISPINO: DA NORA A NOI
[Dal quotidiano "Liberazione" dell'11 ottobre 2006 riportiamo la seguente
presentazione del prossimo fascicolo (novembre 2006) della bella rivista
"Leggendaria" dedicato al centenario della morte di Ibsen, e che avra' come
figura di riferimento quella della protagonista di "Casa di bambola".
Anna Maria Crispino e' nata a Napoli, ma vive e lavora a Roma; giornalista,
si occupa prevalentemente di questioni internazionali; ha ideato la rivista
"Leggendaria - Libri, letture, linguaggi" che dirige dal 1987; e' tra le
socie fondatrici - e attualmente presidente - della Societa' Italiana delle
Letterate.
Henrik Ibsen (Skien 1828 - Oslo 1906) e' il grande drammaturgo norvegese
sulle cui opere - e sui cui personaggi - tutti abbiamo dovuto meditare.
Opere di Henrik Ibsen: in italiano un'edizione di tutto il teatro ibseniano
e' stata pubblicata dalla Newton Compton di Roma. Opere su Henrik Ibsen: per
un avvio Franco Perrelli, Introduzione a Ibsen, Laterza, Roma-Bari 1988]

Un magnifico tratto in stile liberty per ritrarre una donna col volto
imbronciato, capelli raccolti su cui il cappello si posa con eleganza, sullo
sfondo un gruppo di bambole ottocentesche, visi lisci di porcellana e
abitini arricciati: cosi' si presentava la copertina cartonata di Nora, la
Casa di bambola a fumetti disegnata da Cinzia Ghigliano (e colorata da
Francesca Cantarelli). Il volume fu pubblicato in Italia nel 1978 dalla casa
editrice Dalla parte delle bambine, nella collana "per le ragazze", ma fu
letto soprattutto dalle giovani donne che in quegli anni affollavano le
manifestazioni femministe e che di Ibsen, forse, non avevano ancora sentito
parlare. E rimase nelle biblioteche domestiche di molte di noi. Perche' Nora
era entrata di diritto nel pantheon delle eroine femministe, delle antenate
di quel movimento che scuoteva l'Italia cattolica, familistica e ancora
democristiana, dei modelli da proporre alle prime figlie o sorelle piu'
giovani di quella generazione che stava facendo contemporaneamente il doppio
salto mortale dell'emancipazione e della liberazione, come allora si
definiva la presa di coscienza della soggettivita' femminile. Poi, avremmo
parlato di politica della differenza. E di liberta' femminile.
Ma allora, negli anni Settanta, se la Nora del primo atto sembrava incarnare
quel "sogno d'amore" che eravamo state addestrate a perseguire - un marito
amoroso, dei figli affettuosi, una casa confortevole -, lo svelamento della
trappola della dipendenza, del peso delle convenzioni, dell'ipocrisia di
facciata risuonava come una verita' fin troppo riconoscibile anche a
distanza di un secolo. L'agio di una vita protetta nello sperimentato ruolo
di mogli e madri, magari anche gia' con un lavoro "compatibile", sembrava
sfuggire alla nostra esperienza: disagio, conflitto, crisi erano le parole
per dirlo. E quella scena finale di Casa di bambola, quello sbattere di
porta che arrivava a scena ormai muta, produceva un doppio effetto
straniante: allora si puo'! Ma anche: e poi? Ghigliano la disegna in cinque
sequenze finali, Torvald ormai solo una voce fuori campo: un primissimo
piano di Nora, sguardo diretto e l'essenzialita' della battuta "Migliaia di
donne l'hanno fatto...". Lo zoom sul dettaglio lezioso di quella casa di
bambola (un lume ornato), poi Nora di spalle che si avvia alla porta,
l'ingrandimento che mostra il cappotto ben chiuso, la porta chiusa che
sbatte sue spalle. Che si potesse uscire dalla famiglia tradizionale e da
rapporti di coppia insoddisfacenti perche' dispari quando non oppressivi ce
lo aveva raccontato gia' molta letteratura e peraltro lo stavamo verificando
nel vivo dell'esperienza. Ma quell'"e poi"? E' la domanda lunga un secolo
che fa la nostra storia tuttora in corso: perche' molte Nore sono rimaste a
casa o ci sono ritornate, ma molte altre sono ancora in cammino, alla
ricerca di una risposta.
*
La celebrazione dell'anno ibseniano ha offerto l'occasione di rimettere a
fuoco non solo la figura e l'opera del drammaturgo ma anche le questioni che
al tempo suscitarono scandalo e su cui oggi possiamo tornare a riflettere.
Il tempo ha distillato l'essenziale, facendo anche giustizia dell'ormai
sterile dibattito sul "femminismo" di Ibsen: al di la' del contesto storico
che quel dibattito aveva prodotto - e su cui molti e molte si sono
attardati/e - l'essenziale e' che il "mago" Ibsen (come lo definisce
Elizabeth Robins nel saggio del 1928 pubblicato su "Leggendaria") aveva
saputo cogliere, e rendere drammaturgicamente, quel nodo cruciale che il
femminismo ha chiamato "il personale e' politico": la relazione di Nora e
Torvald e' determinata in modo non contingente dal quadro legislativo,
sociale e di costume ma da un conflitto cruciale tra uomo e donna, oggi
diremmo tra soggettivita' e dinamica delle relazioni. L'elemento
rivoluzionario - e straordinariamente anticipatore - e' che Nora non resta
sulla soglia di quella che pure era stata la sua casa, esce e chiude la
porta dietro di se'. Torvald, l'uomo per cui si era sacrificata (facendosi
fare un prestito e lavorando in segreto per restituirlo) e' ormai un
estraneo. "Non potro' essere dunque mai piu' che un estraneo per te?",
chiede l'uomo. "Temo di no. Dovrebbe accadere qualcosa di inverosimile... io
non credo piu' ai miracoli". Non e' solo un gesto di trasgressione: l'amore
non basta, una pagina si chiude, quella che si apre nelle relazioni tra
uomini e donne e' in gran parte ancora da scrivere.
*
Il numero di novembre di "Leggendaria" dedicato a Ibsen, (fascicolo
monografico bilingue in italiano e inglese) sara' in libreria per novembre
con il titolo "Nora e le altre". Tra gli articoli centrali quello di Bia
Sarasini, La lodoletta ha imparato a volare, in cui analizza la figura di
Nora come vittima non solo dell'oppressione sociale, ma anche della trappola
psichica e interiore dell'eterna bambina.

8. LIBRI. MASSIMO CAMPANINI PRESENTA "L'ISLAM IN OCCIDENTE" DI TARIQ RAMADAN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 ottobre 2006.
Massimo Campanini insegna nelle Universita' di Milano e Urbino, ha curato
fondamentali edizioni italiane di opere di alcuni dei piu' grandi pensatori
islamici. Tra le opere di Massimo Campanini: La Surah della Caverna.
Meditazione filosofica sull'Unicita' di Dio, La Nuova Italia, Firenze 1986;
La teoria del socialismo in Egitto, Centro Alfarabi, Palermo 1987;
L'Intelligenza della fede. Filosofia e religione in Averroe' e
nell'Averroismo, Lubrina, Bergamo 1989; introduzione, traduzione e note a
Averroe', Il Trattato Decisivo, Rizzoli, Milano 1994; introduzione,
traduzione e note a al-Farabi, La citta' virtuosa, Rizzoli, Milano, 1996;
introduzione, traduzione e note a Averroe', L'Incoerenza dell'incoerenza dei
filosofi, Utet, Torino 1997; Islam e politica, Il Mulino, Bologna 1999,
2003; introduzione, traduzione e note a al-Ghazali, Le perle del Corano,
Rizzoli, Milano 2000; introduzione, traduzione e note a Avempace, Il regime
del solitario, Rizzoli, Milano 2002 (in collaborazione con A. Illuminati);
Introduzione alla filosofia islamica, Laterza, Roma-Bari 2004; Il Corano e
la sua interpretazione, Laterza, Roma-Bari 2004; introduzione, traduzione e
note ad al-Ghazali, La bilancia dell'azione ed altri scritti, Utet, Torino
2005; (a cura di), Dizionario dell'Islam, Rizzoli, Milano 2005; Il pensiero
islamico contemporaneo, Il Mulino, Bologna 2005; Storia dell'Egitto
contemporaneo, Edizioni Lavoro, Roma 2005; Storia del Medio Oriente.
1798-2005, Il Mulino, Bologna 2006.
Tariq Ramadan, intellettuale e teologo islamico, e' docente universitario in
Svizzera e in Gran Bretagna. Tra le opere di Tariq Ramadan: Essere musulmano
europeo, Citta' aperta, Troina (Enna) 1999; L'Islam in Occidente, Rizzoli,
Milano 2006]

Islam europeo o Islam italiano? Le tensioni, le accuse, i distinguo che da
sempre accompagnano il discorso sui musulmani italiani (e in specie
sull'Unione delle comunita' e organizzazioni islamiche in Italia) e che
coinvolgono la legittimita' e l'utilita' della cosiddetta "carta dei
valori", nascondono il fatto che, se l'Islam italiano avra' nel futuro un
senso, potra' averlo solo in una proiezione europea. Altrimenti rischia di
essere marginalizzato di fronte a realta' ben piu' strutturate, quali la
presenza islamica in Francia o in Gran Bretagna, oppure di irretirsi in
dispute intestine provinciali, nel decidere chi veramente rappresenta i
musulmani nella prospettiva di un "concordato" con lo stato italiano.
Porre pregiudiziali o peggio ancora, come fa molta parte della stampa,
affrettare identificazioni che non hanno alcun fondamento ne' storico ne'
dottrinale (del tipo, la maggioranza dei musulmani italiani e' infiltrata
dai Fratelli musulmani, i Fratelli musulmani sono terroristi, dunque la
maggioranza dei musulmani italiani e' collusa col terrorismo) rischia di
avvelenare e di rendere incandescente il confronto invece di risolverlo.
*
Un esponente dell'Islam futuro
Tariq Ramadan - piaccia o no, lo si giudichi sincero o meno - e' un
rappresentante autorevole dell'Islam europeo del futuro. Nipote del
fondatore dei Fratelli musulmani al-Banna, ma nato a Ginevra, docente
universitario in Svizzera e in Inghilterra, consigliere di Tony Blair,
musulmano ma pienamente imbevuto di cultura occidentale, Ramadan e' in grado
di enunciare le coordinate di una dogmatica e di una prassi europea
dell'Islam. Lo ha fatto nel 1999 con Essere musulmano europeo (tradotto in
italiano da Citta' aperta), autentico trattato di teologia, attualizzata
alla luce della metodologia scientifica moderna. E lo fa oggi con L'Islam in
Occidente (Rizzoli, pp. 333, euro 17,50) che appare un vero e proprio
manifesto rivolto ai musulmani europei, perche' ne traggano consiglio, e
agli europei non musulmani che sono invitati a rendersi conto della nuova
realta' e a comprenderne le motivazioni e anche le richieste.
Due gli scopi dichiarati del libro: da un lato, rileggere le scienze
islamiche tradizionali alla luce del nuovo contesto occidentale in cui i
musulmani si trovano a vivere; dall'altro, indicare la via di una
applicazione pratica dei nuovi orientamenti teorici. Innanzi tutto, dunque,
si tratta di decostruire certe categorie del pensiero islamico tradizionale
che richiedono non gia' di essere negate, ma di essere adattate. Cosi', si
ribadisce che la trascendenza e l'unicita' di Dio e l'assoluta originalita'
dell'esperienza profetica di Maometto sono costitutive del monoteismo
islamico. Ma, al di la' di questo principio dogmatico di base, Ramadan
avanza alcune utili proposte. La sharia non deve piu' essere intesa come un
corpo rigido di norme ma, interpretando l'autentico significato del nome che
allude al cammino verso una sorgente d'acqua, come una "via" che indica la
direzione morale dell'agire dei musulmani. In tal modo, se ne potra' abolire
la rigidita' distinguendo tra principi essenziali e modalita' della loro
attuazione. L'antica distinzione tra la "casa dell'Islam" dove vige un
governo musulmano e la "casa della guerra", cioe' il territorio dei non
musulmani contro i quali condurre la "guerra santa", non ha piu' senso di
esistere e del resto non appartiene ne' al Corano ne' all'universalismo
dell'Islam. Viene cosi' neutralizzato un principio giuridico ambiguo, cui il
terrorismo attinge: nei confronti della casa della guerra non vi puo' essere
che solo momentanea tregua, mentre la situazione normale e' quella del
conflitto.
*
Culto senza costrizioni
Al contrario, per Ramadan e i musulmani europei, l'Europa e' essa stessa
"casa dell'Islam". Anzi, e' veramente casa dell'Islam perche' in Europa
l'Islam puo' essere professato liberamente, senza le costrizioni cui spesso
i musulmani sono sottoposti dai regimi autoritari o dittatoriali dei paesi
di origine. Allo stesso modo, il non musulmano non e' un miscredente, ma
semplicemente uno che non accetta (kafir, che letteralmente vuol dire "colui
che nega") i principi religiosi dell'islam; naturalmente perche' ne
condivide altri, legittimi come sono legittimi quelli islamici. Cosi', e'
necessario parlare della donna in quanto donna, cioe' in quanto individuo e
persona, e non piu' solo relativamente alla sua funzione sociale, che
l'Islam patriarcale - come lo sono state e lo sono ancora in parte quasi
tutte le societa' umane e non solo quelle mediterranee - identifica nel
fatto di essere moglie e madre.
Dopo la decostruzione, vi e' la costruzione. Ramadan insiste particolarmente
sull'etica della cittadinanza. I musulmani europei devono sentirsi cittadini
d'Europa e cittadini dei singoli paesi europei che li ospitano, senza
complessi di inferiorita' e senza sentirsi "diversi". Cio' impone che i
musulmani europei debbano conoscere approfonditamente l'ambiente in cui
vivono, imparare alla perfezione la lingua parlata dagli europei con cui
convivono, evitare la ghettizzazione e obbedire alle leggi dello stato di
cui sono cittadini. In questo contesto, i musulmani devono attivamente
impegnarsi nella politica e nella societa, partecipando alle elezioni per
esempio, e addirittura cercando, se possibile, di essere eletti;
partecipando alle associazioni della societa' civile, affiancando a quelle
gia' presenti le associazioni musulmane. Senza che questo implichi, in alcun
modo, la costruzione di un ipotetico e fumoso "stato islamico". Neppure vi
e' bisogno di identificare la religione e la politica, come ha fatto
l'islamismo radicale; anche se, e' ovvio, l'Islam e l'ispirazione religiosa
debbono innervare l'azione sociale e la partecipazione dei cittadini
musulmani europei alla vita pubblica. Si tratta per Ramadan di un compito
storico. I musulmani europei, infatti, come egli dice esplicitamente, sono e
debbono essere la "coscienza del sud del mondo", la voce di chi non ha voce,
per la rivendicazione della giustizia e della dignita'. Questo impegno e
questa consapevolezza sono l'autentico jihad.
Il libro propone dunque ai musulmani europei (e italiani) e agli europei non
musulmani una sfida di merito, ma anche di metodo. Ramadan rivendica infatti
orgogliosamente l'identita' musulmana nell'alterita' del rapporto con
l'altro, l'europeo. Nell'eta' della globalizzazione si tratta di non
relativizzare i principi universali dell'Islam, se pur adattandone quelli
che universali non sono e appaiono modificabili alla luce della storia.
Cosi' si aprira' un dialogo pluralistico. Del resto e' vero che il dialogo
non si fa pretendendo che l'altro diventi come noi, in nome di una
universalita' dei valori, i nostri, che possono e debbono essere esportati.
La democrazia ad esempio, se imposta come in Iraq, appare piu' una
prevaricazione che un aiuto al progresso. Tolleranza non significa
sopportazione, ma accettazione e rispetto dell'altro per quello che e':
l'europeo, cristiano o meno, nei confronti del non europeo, musulmano o
meno; e viceversa. Solo cosi' il confronto e' dialogo e non scontro, di
civilta', di religione o semplicemente di soggettivita' e di interessi.

9. LIBRI. MARIO PEZZELLA PRESENTA "METAFISICA. CONCETTO E PROBLEMI" DI
THEODOR W. ADORNO
[Dal quotidiano "Liberazione" del 5 settembre 2006.
Mario Pezzella, docente universitario di estetica, studi filosofici a Pisa e
a Parigi, ha curato l'edizione italiana di testi di Bachofen e su Jung,
organizzato seminari e convegni di studio, ha collaborato con Remo Bodei
nella progettazione della collana "Il lessico dell'estetica" presso
l'editore "ll Mulino" ed e' redattore della rivista "Iride" e direttore
responsabile della rivista "Controtempo".
Theodor W. Adorno, nato nel 1903 a Francoforte sul Meno, costretto
all'esilio dall'avvento del nazismo, acutissimo osservatore della societa'
contemporanea, filosofo e musicologo, e' deceduto nel 1969. Una delle figure
di massimo spicco della "scuola di Francoforte". Opere di Theodor W. Adorno:
nella sua vastissima produzione segnaliamo almeno, per un primo approccio,
Dialettica dell'illuminismo (con Max Horkheimer), Minima moralia, Dialettica
negativa, tutti presso Einaudi, Torino. Opere su Theodor W. Adorno: si veda
almeno, per un primo orientamento, Sergio Moravia, Adorno e la teoria
critica della societa', Sansoni, Firenze; e Fredric Jameson, Tardo marxismo,
Manifestolibri, Roma. Sulla scuola di Francoforte si vedano le monografie
introduttive di Assoun (Lucarini), Bedeschi (Laterza), Jay (Einaudi),
Rusconi (Il Mulino), Therborn (Laterza), Zima (Rizzoli)]

E' possibile la metafisica dopo Auschwitz? Culminano in questa domanda
radicale le lezioni tenute da Theodor W. Adorno nel 1965 all'Universita' di
Francoforte, nel periodo in cui scriveva Dialettica negativa, una delle sue
opere maggiori (un testo trascritto delle lezioni e' stato pubblicato di
recente da Einaudi, col titolo Metafisica. Concetto e problemi, edizioni
Einaudi, a cura di Stefano Petrucciani). E' comune a diverse forme di
pensiero metafisico l'immagine di un cosmo ordinato, mosso da una causa
prima e volto ad un fine che lo giustifica; ma, nel Novecento, il male
radicale che si e' palesato ad Auschwitz rende letteralmente impensabile il
senso stesso del mondo. Nelle strutture piene e totalizzanti del pensiero
metafisico irrompe un male non reintegrabile, una negativita' non
redimibile. I principi del vero, del bello e del buono sembrano "soltanto un
puro scherno rispetto alle vittime e all'immensita' del loro supplizio".
Si vede come Adorno sia lontano da ogni trattazione accademica
dell'argomento. La prima parte delle lezioni tuttavia e' un commento
puntuale alla Metafisica di Aristotele. Secondo Adorno dal suo pensiero
provengono categorie e polarita' concettuali che hanno poi determinato il
corso successivo della filosofia in Occidente: forma e materia, necessita' e
possibilita', genesi e validita' della conoscenza. Piu' in generale e' con
Aristotele che si palesa la caratteristica dialettica del pensiero
metafisico: da un lato esso si presenta come una critica della tradizione
dominante, della mitologia che ne inficia e ne limita il valore razionale;
ma d'altro lato cerca di salvare, su un piano piu' illuminato e consapevole,
proprio gli aspetti decisivi di quel passato che ha criticato. Cosi' in
Platone gli dei della mitologia sono solo una figurazione imperfetta delle
idee; ma le idee stesse dovrebbero assicurare quell'ordine del cosmo, che
prima era garantito dalla religione olimpica. C'e' quindi nella metafisica
un aspetto critico-distruttivo e un momento invece apologetico e
conservativo dell'esistente: da un lato vengono dissolte le "falsificazioni"
imposte dall'esperienza mitica o religiosa; dall'altro la metafisica si
assume come compito quello di ricondurre tutto il molteplice a una Unita'
sensata e indiscutibile. Questa mediazione, che si conclude in fondo nel
trionfo del principio razionale e unitario, compare nella metafisica fin
dalla sua origine e se ne trovano accenni nello stesso Aristotele. La
metafisica cerca di mettere in salvo "il mondo dell'apparenza molteplice,
cangiante, corruttibile, accogliendola, strutturandola, fondandola
nell'orizzonte di cio' che invece e' unitario, stabile, permanente"
(Petrucciani).
*
Il male radicale, che si palesa nella storia del Novecento, rende tuttavia
discutibile qualsiasi spiegazione totale e razionale del mondo. I concetti
piu' grandi e piu' nobili, che la tradizione attribuiva alla verita' e allo
spirito, ricompaiono stravolti nel linguaggio dei regimi totalitari. La
purezza, l'ideale, l'assoluta perfezione vengono attribuiti a un oppressore,
che se ne serve per distruggere ogni traccia dell'Altro: "Per loro e'
anatema cio' che essi perseguitano e distruggono come l'inferiore,
l'insetto, lo sporco, come umanita' inferiore" (Adorno). D'altra parte
l'idea che ogni singolarita' e ogni differenza debbano dissolversi in un
ordine indiscusso e integrale non e' propria solo dei regimi totalitari. In
forme piu' soffici, questa pretesa vige anche nell'industria culturale delle
societa' occidentali, che sprofondano sempre piu' nel pensiero unico e
unidimensionale, "nell'assoluta fungibilita' e sostituibilita' di ogni
singolo uomo" (Adorno). Ognuno e' di fatto minacciato da una nullita' e
insignificanza, che rendono impensabile la sua partecipazione all'impresa
eroica della metafisica.
Se e' divenuto improponibile un senso unitario e permanente del mondo, non
e' pero' venuta meno secondo Adorno la necessita' di una esperienza
metafisica: essa avverra' pero' in luoghi e forme diverse da quelle
tradizionali. Ridotta ai suoi termini elementari, l'esperienza metafisica si
configura oggi nel rifiuto di accettare cosi' com'e' l'inerzia
dell'esistente: se non e' lecito indicare il significato affermativo e
unitario dell'esistenza, e' pero' possibile quantomeno negare e trascendere
il dato che si presenta di fronte al pensiero, criticare l'opaca compattezza
del dominio che vorrebbe presentarsi come unidimensionale e indiscutibile.
Il gesto originario del pensiero diviene il dire "non cosi'", "non questo
qui". Come gia' aveva intuito Benjamin, la riflessione si rivolge alle
esperienze rigettate, marginali, considerate non degne dello spirito.
Proprio in esse si mantiene una forza di alterita' non riducibile
all'esistente. Secondo Adorno, la critica - pur restando fedele al suo
rigore - deve confrontarsi con "l'extralogico", nelle sue forme piu'
contingenti e radicali: l'orrore per la violenza, "per il dolore fisico del
corpo straziabile", diventa il primo movente del pensiero. Esso si configura
come apertura oltre il dominio esistente, ma perche' questa sia autentica
occorre confrontarsi prima di tutto con la minaccia che incombe sullo stesso
essere biologico dell'uomo. La "vana attesa" di coloro che non riescono a
realizzare le possibilita' della propria vita e la felicita' che portano in
se' come un'immagine di sogno, diventa l'atto iniziale di una esperienza
metafisica non falsificata: "La negativita' della situazione della vana
attesa: questa e' forse la forma in cui l'esperienza metafisica e' per noi
fortissima" (Adorno). "Cio' che non siamo e di cui nell'intimo sappiamo",
diviene il varco attraverso cui e' possibile un pensiero non omologato.
Si e' spesso affermato che il pensiero di Adorno termina in una visione
"solo" estetica, o in una distruzione degli strumenti stessi della ragione,
o in una sorta di teologia negativa. Da queste lezioni affiora in realta'
l'immagine di un pensiero che insiste nella critica delle situazioni
particolari, debole e fallibile, senza piu' la forza "di essere sovrano
sulla realta' e di dominarla" (Petrucciani): ma che si configura come una
tenace e insostituibile "forza di resistenza" e di sopravvivenza.

10. RISTAMPE. GIACOMO LEOPARDI: POESIE E PROSE (VOLUME SECONDO: PROSE)
Giacomo Leopardi, Poesie e prose (volume secondo: Prose), Mondadori, Milano
1988, 2006, pp. XIV + 1506, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici
Mondadori). A cura di Rolando Damiani tutte le prose leopardiane (ad
eccezione dello Zibaldone, dell'epistolario, e di pochissimo altro).
Un'ottima edizione, una lettura che vivissimamente raccomandiamo.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1456 del 22 ottobre 2006

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