Minime. 255



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 255 del 27 ottobre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Diana Napoli intervista Mao Valpiana
2. La "Carta" del Movimento Nonviolento
3. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. DIANA NAPOLI INTERVISTA MAO VALPIANA
[Ringraziamo di cuore Diana Napoli e Mao Valpiana per questa intervista
realizzata a Verona il 4 ottobre 2007.
Diana Napoli, laureata in storia presso l'Universita' degli studi di Milano,
insegna nei licei, e' stata volontaria in servizio civile presso il Centro
per la nonviolenza di Brescia.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto
con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"]

- Diana Napoli: Iniziamo con un questione concreta e su cui mi piace sempre
parlare: quanti dei volontari che hanno svolto il servizio civile presso la
Casa della nonviolenza sono rimasti legati alla nonviolenza?
- Mao Valpiana: Ce ne sono diversi. Raffaella Mandolia era volontaria e
adesso addirittura e' diventata responsabile della sede di Mestre e fa parte
del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento. Giulia Allegrini e'
stata volontaria qui e ora sta continuando il suo percorso nei Corpi civili
di pace (in sigla: Ccp), e' nei coordinamenti internazionali. Niccolo', che
ora gestisce la biblioteca della casa di Verona, e' stato anche lui un
volontario. Altri, a richiesta, vengono, passano di tanto in tanto,
mantengono un legame.
*
- Diana Napoli: Alcune delle persone con cui ho potuto parlare hanno fatto
notare che forse c'e' da parte del Movimento Nonviolento una certa
difficolta' ad accedere al bacino dei volontari in servizio civile, compresi
quelli del Movimento Nonviolento per cui a volte la formazione non e'
sufficiente a trasmettere (al di la' delle motivazioni dei volontari che
ovviamente scelgono, volontariamente, i bandi) il senso del "progetto" sulla
nonviolenza che di volta in volta viene messo in atto.
- Mao Valpiana: Io penso che molto si costruisca sul campo e per quello di
cui ho avuto esperienza la formazione, intesa come ore destinate
specificamente dal bando ai volontari, abbia una ricaduta molto molto
relativa. Quello che conta e' il rapporto che si crea nei dodici mesi del
servizio civile. E molto dipende dal fatto che ci sia o meno da parte del
volontario, in partenza, la disponibilita' (Raffaella per esempio, aveva
"incontrato" Capitini negli studi universitari): se questa c'e', trova nel
Movimento Nonviolento un terreno fertile ed e' qualcosa che puo' crescere.
Chi arriva gia' impermeabile riesce a passare dodici mesi senza farsi
coinvolgere. La formazione influisce relativamente.
*
- Diana Napoli: Una volta ti ho sentito dire, al comitato di coordinamento,
che a tuo avviso non c'era sempre il giusto "ricambio" e che all'interno del
Movimento molti se ne andavano ma pochi arrivavano a dare il cambio. Era il
pessimismo di un giorno o una constatazione generale?
- Mao Valpiana: Era pessimismo e realismo, pero' quel giorno parlavo non del
Movimento ma del comitato di coordinamento. Effettivamente giovani che
entrino a farvi parte non ce ne sono, da un po' di anni. Gli ultimi sono
Pasquale Pugliese o Massimiliano Pilati, giovani per modo di dire, nel senso
che si tratta di persone che adesso hanno intorno ai 40 anni e sono entrati
diversi anni fa. L'ultima e' Raffaella Mendolia. Tuttavia questo e' da
imputare al fatto che il comitato di coordinamento e' un organismo
particolare, per cui e' necessaria un po' l'idea della militanza politica,
un approccio anche molto "politico" in un certo senso. Ma questo non deve
far intendere pero' che i giovani siano un problema (come di solito chiedi
sempre nelle altre interviste che ho letto). I giovani restano, ce ne sono,
Marco Brandini, per esempio, era un giovane obiettore che si e' appassionato
ed e' restato qui per dodici anni. Restano, ma impegnandosi su settori
particolari. Mentre una volta si aderiva anche un po' ideologicamente: "io
aderisco al Movimento Nonviolento e dunque sono anche disposto ad entrare
nel direttivo", ora mi pare che l'approccio sia diverso, piu' pragmatico:
entro e rimango su quel settore che mi piace, mi interessa... pero' i
giovani nell'ambito della nonviolenza io li vedo. Voi siete giovani, per
esempio. Noi i posti per il servizio civile li abbiamo sempre coperti mentre
ci sono enti pubblici che non li coprono.
*
- Diana Napoli: Quando c'e' un settore che interessa, una proposta, i
giovani entrano e rimangono. Dato il gran parlare che si fa di crisi della
politica, non sarebbe il caso di elaborare una proposta politica articolata
su piu' livelli, in grado di coinvolgere diversi piani e settori? O forse il
Movimento Nonviolento ce l'ha, solo che non si vede, non e' immediatamente
percepibile o visibile?
- Mao Valpiana: La proposta c'e', certo; solo che per vederla ci vuole
impegno, attenzione. La nonviolenza e' una proposta globale, articolata,
dalle centomila articolazioni, coinvolge tutta la vita, tutta la persona.
*
- Diana Napoli: Su questo oggi c'e' un po' di confusione, dato che basta
fare una manifestazione senza picchiarsi e ci si dichiara nonviolenti. Forse
allora cosa sia esattamente la nonviolenza e' una questione non presente a
tutti, o che non emerge, per cui non saprei dire in effetti se sia una bene
o un male questa circolazione cosi' superficiale del termine "nonviolenza".
- Mao Valpiana: Uno dei compiti del Movimento Nonviolento e' proprio quello
di fungere da continuo richiamo e mantenere viva la nonviolenza specifica.
Noi tendiamo infatti a specificare e ad aggiungere al termine gli aggettivi:
nonviolenza attiva, gandhiana, capitiniana... e questo e' necessario di
fronte a una genericita' per cui nonviolenza e' sinonimo di pace e pace e'
sinonimo di non si sa piu' che cosa, anche se uscire da questa genericita'
non e' semplice. Gia' non abbiamo accesso (e dico per fortuna) ai grandi
mezzi di comunicazione che fanno di tutto una marmellata, pero' in effetti
entrare in contatto con questa "specificita'" della nonviolenza e'
difficile. La gente, i giovani, fanno fatica a trovarci e ad entrare in
contatto con noi. Un giovane normale, che va a scuola e guarda la
televisione, e' improbabile che senta parlare della nonviolenza. Se non ha
l'amico, il fratello maggiore, o la madre che gli dice che e' esistito un
certo don Milani, un tale Capitini, che ci sono le sedi...
*
- Diana Napoli: Io stessa mi ricordo di aver incontrato Capitini
all'universita', ma relativamente al vegetarianesimo: del Movimento
Nonviolento non si parlava...
- Mao Valpiana: Pero' quando un giovane per fortuna, per caso, o per
volonta', per sua tenacia, entra in contatto, a me pare di poter dire che ha
la possibilita' di rimanere, portare il suo contributo particolare, la sua
freschezza e soprattutto di interessarsi. Se tu prendi un numero di "Azione
nonviolenta" a caso, nella raccolta che c'e' in questa stanza dal 1964 al
2005, e inizi a sfogliare, troverai una ricchezza incredibile, una miniera
che deve ancora essere scoperta e utilizzata, ma che c'e'. E anche se
qualcuno afferma che tanto patrimonio, che nessuno conosce, serve a poco, io
non sono d'accordo. Intanto c'e', ed e' gia' molto, e quando sara' scoperto
servira' a molti: e' una miniera nascosta e quando qualcuno trovera' questo
tesoro sara' un filone lunghissimo da esplorare. Anche se dal punto di vista
legislativo e istituzionale il risultato piu' importante per il Movimento
Nonviolento e' stato il riconoscimento giuridico dell'obiezione di
coscienza, esistono anche tanti altri piani su cui si e' lavorato e per cui
a volte noi stessi fatichiamo a rendercene conto o a riconoscercelo. Lo
testimoniano, come dicevo, i fascicoli di "Azione nonviolenta".
*
- Diana Napoli: Tu come sei arrivato al Movimento Nonviolento? Immagino che
avrai avuto diverse occasioni di raccontarlo, ma io non lo so.
- Mao Valpiana: In casa mia si parlava spesso di mio nonno, il padre di mia
madre, che era stato un resistente antifascista, arrestato e poi morto a
Mauthausen. E quindi sin da giovane, in casa, ho macinato questo clima
culturale. Lui non era un partigiano in senso classico, ma un intellettuale
pacifista (il termine nonviolento non si usava), era un avvocato e una delle
prime irruzioni delle brigate nere nel suo studio porto' alla requisizione
dei suoi libri di Tolstoi. Era un socialista, antifascista, ma seguiva un
filone antimilitarista. Su questo terreno culturale sono cresciuto. Poi
ricordo un altro episodio, cioe' l'arresto di un amico delle mie sorelle,
Enzo Melegari. E io pensai: "cosa avrA' fatto, rubato? Mi sembrava un bravo
ragazzo". Era il primo obiettore cattolico a Verona, in carcere per
obbedienza al Vangelo; per fedelta' al messaggio cristiano non volle fare il
servizio militare. Questa faccenda mi aveva colpito moltissimo e ho
cominciato a coltivarla dentro di me, pensavo: "anche io quando saro' grande
faro' cosi'...". Poi frequentando la parrocchia e gli scouts...
*
- Diana Napoli: Ma quando avevi l'eta' per fare il militare era gia' passata
la legge sull'obiezione di cpscienza?
- Mao Valpiana: No, stava passando. Quando io ho scritto la dichiarazione di
obiezione pensavo che sarei andato in carcere; dichiarazione collettiva,
eravamo in tre, della parrocchia. Poi passo' la legge. Sono stato uno dei
primi a Verona.
*
- Diana Napoli: Correggimi se sbaglio, ma parlando con diverse persone, noto
che il retaggio cattolico e' sempre fortissimo. Sono arrivata a pensare,
certo estremizzando, ma per farmi comprendere, che se non ci fosse stata la
Populorum progressio e la Pacem in terris non si sarebbe fatto nulla, e non
solo per la nonviolenza. Che ruolo aveva la formazione cattolica? Tu stessi
parli della dichiarazione con due compagni della parrocchiaÖ Ora che mi
viene in mente, una volta hai anche scritto un articolo molto bello contro
la guerra in Iraq ispirandoti ad alcuni esempi di San Francesco.
- Mao Valpiana: Negli anni '60, '70, '80, gli ambienti culturali cattolici
erano piu' propensi ad offrire una formazione e delle figure di riferimento
che indirizzassero verso la nonviolenza che non gli ambienti culturali della
sinistra storica o extraparlamentare che avevano un'altra tendenza. In
parrocchia sentivi parlare di don Milani, in un gruppo giovanile della
sinistra di Che Guevara. Molti di noi poi vengono dall'esperienza degli
scout e gli scout puntavano molto sui temi della condivisione, solidarieta',
ecologia, rapporto con la natura. Molti di loro li ritroviamo nei Verdi, non
a caso. Poi e' vero che il Movimento Nonviolento e' un movimento laico ed io
vi appartengo proprio per questo, pero' e' anche vero, ed e' una questione
che per me resta aperta, non ancora risolta, che i nostri grandi maestri, da
Gandhi, a Lanza del Vasto, a Martin Luther King, vedevano la nonviolenza
come una qualcosa di religioso, o meglio vivevano la nonviolenza come un
aspetto del loro essere persone di fede, persone religiose. Gandhi diceva
che "una vita senza religione e' una barca senza timone". Capitini non era
cattolico, ma era un libero religioso e la sua proposta e' permeata di
spirito religioso. Ma naturalmente esiste anche una nonviolenza atea o una
nonviolenza agnostica, e comunque laica... poi ognuno fa i conti con se
stesso. Forse sono piu' facilitati coloro che hanno una visione di
trascendenza, nel senso che la nonviolenza fa della sconfitta la grandezza e
questo e' il cuore del cristianesimo. Il cristianesimo vince nel momento
della croce e questo, che e' un paradosso per il mondo, e' compreso
benissimo dalla nonviolenza, che e' la nonviolenza dei vinti, degli umili,
dei poveri. Pero', detto questo, cio' non toglie che il Movimento
Nonviolento resti un movimento laico, e a me pare giusto cosi'... che la
nonviolenza sia aperta a tutti, ma proprio a tutti.
*
- Diana Napoli: Questo e' vero, pero' forse questi aspetti sono quelli piu'
suscettibili di coinvolgere le persone. Forse il fatto che queste cose non
siano proprio all'ordine del giorno (anche perche' magari esistono questioni
piu' urgenti di dibattito) e' un danno che si fa al Movimento Nonviolento.
- Mao Valpiana: Ma no, il dibattito su "religione e laicita'" e' ben
presente, e vivo, e attuale per noi... abbiamo fatto anche un convegno, e
poi un libro intitolato "Convertirsi alla nonviolenza?".
*
- Diana Napoli: Ma in un anno di servizio civile e' la prima volta che ne
sento parlare (a parte il manifesto dell'archivio).
- Mao Valpiana: Io non lo sbandiero perche' si tratta, per ciascuno, di una
questione personale. Ma torniamo a Francesco, oggi e' il 4 ottobre, lui e'
il santo della nonviolenza: leggendo la sua vita e le sue opere e' un
esempio straordinario. Dopo Buddha e Gesu' penso che venga San Francesco e
poi Gandhi. La modernita' della nonviolenza viene da questi quattro maestri.
Approfondendo anche solo un po' l'analisi e la riflessione ci si chiede come
sia stato possibile che la Chiesa, che ha avuto al suo interno figure come
Francesco, abbia fatto certe scelte nella storia, come il concordato, la
vicinanza al regime fascista (motivo per il quale Capitini usci' dalla
Chiesa). La Chiesa celebrera' la beatificazione di Franz Jaegerstaetter. Era
un contadino, un autodidatta, ma maneggiava i testi sacri mirabilmente e a
partire da cio' ha deciso di vivere fino in fondo, con serenita', la
coerenza con il suo sentire religioso, una scelta radicale di nonviolenza,
l'obiezione di coscienza, accettando col sorriso sulle labbra la
decapitazione; finalmente, dopo 60 anni, la Chiesa ha riconosciuto questo
gesto e la beatificazione e' nient'altro che il riconoscimento di un
perfetto cristiano, di una persona che ha vissuto in Cristo. Se dunque chi
ha praticato l'obiezione di coscienza al nazismo, litigando col suo vescovo
e opponendosi alla chiesa che benediceva le armi, e' stato beatificato,
altrettanto dovrebbe fare, per la parte "civile" l'Europa: Franz
Jaegestaetter era il cittadino europeo perfetto. Lui aveva capito, mentre
tutti gli altri sbagliavano: per paura, menefreghismo, quello che sia, ma
sbagliavano. Perfetto cristiano ma anche perfetto cittadino: sulle monete
dell'euro bisognerebbe incidere il profilo di Jaegerstaetter, contadino
austriaco che da solo contro l'Europa nazista aveva fatto la scelta giusta,
e non solo per motivi religiosi ma anche, appunto, civili: perche' era per
l'Austria, per la dignita' del popolo, io non vedo contraddizione tra questi
due aspetti. E l'Italia?  Francesco e' patrono d'Italia: come puo' l'Italia
avere un patrono cosi', il santo della nonviolenza, e poi impegnarsi nei
bombardamenti?
*
- Diana Napoli: Tu credi che, arrivati a questo punto, la nonviolenza debba
trasformarsi in un movimento politico?
- Mao Valpiana: Lo siamo gia': io penso che la nostra sia la buona politica.
Oggi purtroppo siamo un po' schiacciati tra la mala politica e
l'antipolitica e a pochi viene in mente che possa esserci una terza via: la
buona politica, o come io preferisco chiamarla, la politica della
nonviolenza. Dobbiamo migliorare sul piano organizzativo, siamo troppo
carenti, gli diamo poca attenzione, ma si capisce anche il perche': la
nostra e' la storia dell'obiezione di coscienza, per cui siamo "forti" sulla
coscienza, appunto, l'individualita', la singola persona che deve trovare
dentro di se' la forza (ed e' tutto un aspetto positivo), la motivazione...
L'aspetto negativo e' che a volte manca la dimensione organizzativa, di
movimento, la capacita' di creare le reti, i collegamenti tra le persone e i
gruppi... quella che i leninisti chiamavano "l'organizzazione".
*
- Diana Napoli: Non a caso sono leninisti. E nei rapporti coi partiti? Ci si
candida come esponenti del Movimento Nonviolento oppure credi che sia
preferibile, per il momento, la scelta dei singoli di candidarsi
autonomamente, a prescindere dal fatto che si faccia parte del Movimento
Nonviolento?
- Mao Valpiana: Io ho avuto l'esperienza di candidarmi come Movimento
Nonviolento. Ho svolto due mandati in consiglio regionale e poi mi sono
candidato a livello nazionale, nel 1987 mi pare. Era la prima volta che i
verdi si presentavano a livello nazionale e noi del Movimento Nonviolento
avevamo valutato che la nascita dei Verdi fosse un fenomeno interessante,
soprattutto per l'impostazione che Alex Langer aveva dato al movimento, con
le liste locali, per esempio, che rispecchiavano la nostra concezione di
base della politica  e il Movimento Nonviolento aveva ritenuto utile la
candidatura di chi credeva di poterlo fare. Anni prima c'era stata una
vicinanza col partito radicale (sull'obiezione di coscienza la battaglia
finale fu un lungo digiuno di Pannella per ottenere la calendarizzazione
della legge entro Natale del 1972); alcuni esponenti del Movimento
Nonviolento, Pietro Pinna, Matteo Soccio, furono candidati nelle liste dei
radicali con la dicitura "indipendenti del Movimento Nonviolento". Poi
Successivamente, con la nascita dei Verdi, nella prima ondata di
presentazione delle liste i nonviolenti erano presenti, e molti sono stati
eletti: io a Verona, Melodia a Livorno, Zavalloni a Cesena, Bergamaschi a
Viadana, Michele Boato a Venezia... avevamo fatto anche un coordinamento
degli eletti nonviolenti nei consigli comunali. E quindi quando i verdi
decisero di presentarsi sul piano nazionale io pensai che questo poteva
aiutare il Movimento Nonviolento: io ero conosciuto a Verona, ero stato in
consiglio regionale...
*
- Diana Napoli: Una volta ho sentito qualcuno che ti prendeva in giro
dicendo che per te la politica e' una malattia.
- Mao Valpiana: Si', una malattia incurabile. Comunque in quelle occasioni
mi qualificavo sempre come rapprsentante del Movimento Nonviolento, forse un
modo per condividere la malattia e la cura insieme.
*
- Diana Napoli: Ci sarebbero oggi le condizioni per ripetere un'esperienza
del genere?
- Mao Valpiana: Non vedo nessun partito che abbia le caratteristiche: non
tanto per accettare loro noi, ma noi loro.
*
- Diana Napoli: A volte la forza di un movimento, o cosi' mi pare, sta non
solo nell'"anima", nella proposta politica piu' o meno articolata... ma
anche nel fatto che riesce a fare opposizione radicale su certe questioni,
per esempio la guerra, il che sarebbe all'ordine del giorno tra l'altro, ma
non solo. Anche se poi risultasse perdente da un punto di vista numerico,
non sarebbe utile impegnarsi in una campagna nazionale (al di la' della
legge elettorale), per riportare all'attenzione certi temi? O anche per far
si' che ci sia qualcuno che si candida all'opposizione, per opporsi e non
transigere su determinate questioni. Perche' con questa storia che bisogna
sempre scegliere il meno peggio, che la situazione e' difficile,
opposizione, alla fine, non la fa piu' nessuno. Chi e' che si oppone alle
scelleratezze?
- Mao Valpiana: La missione del Movimento Nonviolento, il suo motivo
d'essere, e' l'opposizione integrale alla guerra e alla sua preparazione.
Per questo lavoriamo ed esistiamo. Trovare un partito che condivida questo
e' difficile perche' mette in crisi l'organizzazione stessa dello Stato,
discute l'esercito, le sue funzioni... Tu dici: pero' bisognerebbe farlo lo
stesso. Si', sono d'accordo, ma in questa fase no. In altri momenti ho
sostenuto tesi diverse, ma in questo momento non lo sosterrei. Siamo in un
momento in cui anche le migliori delle persone (e in parlamento ce ne sono)
vengono schiacciate da un meccanismo, per cui non si riesce, con tutta la
buona volonta', a fare nemmeno il grillo parlante (il grillo della favola di
Pinocchio, mica il comico...), che sarebbe peraltro una nobilissima
funzione. Ma in questa fase no, siamo in una babele... questa non e'
politica. Siamo in una fase preoccupante, gravissima. Non sono contrario in
assoluto, ma ora non vedo la possibilita', per noi. Spero pero' di
sbagliarmi, e che quanto prima anche nelle istituzioni si possa ritornare a
fare politica seriamente. Sembra un paradosso, ma e' cosi'. Io ho sempre
sostenuto che Langer incarnasse la politica della nonviolenza, che fosse in
grado di portare nelle istituzioni, sia nei contenuti che nel modo di
essere, la nonviolenza. Ha messo in pratica l'omnicrazia. Capitini ha
teorizzato "il potere di tutti", Alex ha cercato di realizzarlo, con tutte
le difficolta' del caso, ma riuscendo a fare breccia nelle istituzioni come
prima non si era riusciti. Quindi lui faceva benissimo a fare il politico;
eppure persino a uno come lui oggi direi che e' meglio restarne fuori, dalle
istituzioni, a fare il movimento. E' un dramma. Io non voglio proclamare il
fallimento della politica, ma bisogna riformarla. Forse bisognerebbe
riformarla da fuori, per poi tornarci dentro.
*
- Diana Napoli: E come si riformano da fuori le istituzioni?
- Mao Valpiana: Con quello che stiamo facendo: il Movimento Nonviolento e'
politica. Stiamo dando idee, esempi, formazione: e' un lavoro prepolitico
necessario alla politica e in questo momento e' indispensabile. Oggi,
inoltre, con questa legge elettorale, dov'e' quella segretaria di partito
che inserirebbe nelle sue liste uno che lavora per l'obiezione e
l'opposizione alla guerra e agli strumenti che la rendono possibile...
dov'e' quel partito? Anche Rifondazione, fino a quando si e' trattato di
fare i i convegni, era un interlocutore; ma quando si e' trattato si fare le
liste ha preferito inserire Caruso o Luxuria; perche' non hanno chiesto
ufficialmente se ci fosse qualche amica o amico della nonviolenza da
proporre? Non c'e' stata questa scelta. Io ho molta considerazione per
Bertinotti, ma era segretario del partito e questa scelta non l'ha fatta.
Oggi dunque non ci sono le condizioni per candidarsi al parlamento, tanto
piu' che si sarebbe ostaggio di un governo... sull'Afghanistan, i
rifinanziamenti... E poi non mi parrebbe bello che i nonviolenti entrassero
in parlamento "per gentile concessione" di un partito.
*
- Diana Napoli: In quell'articolo che citavo prima in cui parlavi della
guerra in Iraq partendo dall'esempio di Francesco coi turchi, drammatizzavi
non tanto che si fosse andati in Iraq coi mezzi della guerra, ma,
realisticamente, che nemmeno il 5% delle azioni fossero condotte coi metodi
nonviolenti, il che sarebbe stato gia' un enorme risultato, preludio alla
volta successiva in cui il 5 sarebbe diventato 10% e cosi' via. A che punto
e' la questione dei Corpi civili di pace?
- Mao Valpiana: Mah, siamo un po' indietro. Culturalmente abbiamo preparato
il terreno, fornito gli esempi, proposto; ora ci vorrebbe il salto
nell'istituzione, incardinare cioe' qualcosa nell'istituzione. Occorre
l'interlocuzione politica. E l'interlocuzione politica che abbiamo avuto
finora sono state parole, chiacchiere, non siamo arrivati a stringere nulla.
All'interno della legge sul servizio cvile c'era un comitato per la difesa
civile nonviolenta che doveva gestire un fondo messo a disposizione dalla
legge. Ma solo per mettere in piedi il comitato sono passati due anni e non
si riesce a riunire, non si riesce a fare le nomine. Quando io parlo di
Corpi civili di pace mi riferisco ad un organismo dello Stato, un corpo
professionale, supportato, certo, anche da volontari ed obiettori, ma con il
riconoscimento istituzionale. Un giovane volontario puo' stare un mese, due
mesi, durante le ferie, ma qui si parla di missioni che non hanno una
scadenza temporale e occorrono persone stipendiate, professionisti, gente
preparata professionalmente, allo stesso modo (anzi, meglio) che i militari.
Prima di tutto e' necessario che lo Stato ci creda. Gia' e' positivo il
fatto che si muova qualcosa nel mondo universitario: si fanno studi, corsi,
cattedre... Pero' sarebbe necessario un passo successivo: lo Stato dovrebbe
istituire un istituto di ricerca; come ci sono le accademie militari,
un'accademia di studi per la pace. C'e' una proposta di legge, ma tutto si
ferma li'. Quello che potevamo fare, e anche di piu', lo abbiamo fatto:
abbiamo scritto anche le proposte di legge. Ci lavoriamo da piu' di dieci
anni. L'Europa e' arrivata allo stanziamento, anche se poi non e' stato reso
esecutivo. Ci sono anche esperienze importanti  da cui si potrebbero
prendere le persone. Abbiamo creato appositamente la Rete dei Corpi Civili
di Pace insieme all'Ipri, e poi c'e' líassociazione "Papa Giovanni XXIII",
il Centro studi difesa civile, i Berretti bianchi... persino militari in
pensione che hanno fatto esperienze all'estero: se si va in una zona minata
ci vorra' pur qualcuno in grado di guidarci, noi non sapremmo da che parte
muoverci! Non credo che i militari debbano proteggere i corpi civili, i
quali assolutamente non devono essere protetti militaremente, pero'
utilizzare l'esperienza di un militare non e' un tabu', non la denigro per
partito preso. Qualcuno che ne ha viste di tutti i colori e si e' anche un
po' nauseato, e magari vuole riconvertirsi... per me ci sta. Ecco, allora,
un insieme di queste cose: sarebbe un po' tutto pronto. Io credo anche al
dialogo coi militari su questo, purche' sia un dialogo alla pari e oggi non
e' cosi'. Oggi ci sono loro che hanno i finanziamenti, le strutture, e noi
che siamo su base volontaria. Allora prima ci portano alla pari (anche sul
piano finanziario) e poi facciamo tutti i dialoghi che vogliono: anch'io
voglio l'accademia, per esempio. Altrimenti certo che hanno gioco facile nel
tapparci la bocca criticandoci perche' mandiamo persone, per esempio,
impreparate o senza cognizione di causa. Ebbene, dateci i finanziamenti,
cosi' anche noi possiamo intraprendere degli studi non su base volontaria,
formare le persone, formulare proposte concrete. Ora sono le istituzioni a
doverci dare un riconoscimento, dare un finanziamento... altrimenti e' una
presa in giro, e cosi' la sento adesso. Aspettiamo la nuova finanziaria.
*
- Diana Napoli: Da quanto tempo esiste la Casa per la pace di Verona?
- Mao Valpiana: Dall'87 o '88.
*
- Diana Napoli: Ma prima di questa data c'era gia' un gruppo?
- Mao Valpiana: Come gruppo nonviolento veronese ci siamo dal '74, eravamo
in affitto in uno scantinato: poi il gruppo e' cresciuto, si e' rafforzato,
ha iniziato ad avere un ruolo a livello nazionale. Dal 1983 la redazione e
l'amministrazione di "Azione nonviolenta" e' passata qui. Prima era a
Perugia, con Pietro Pinna, poi per due anni e' passata a Vicenza con Matteo
Soccio, poi qui a Verona. Evidentemente il gruppo era consolidato e ha
ottenuto la fiducia del Movimento a livello nazionale, al punto di vedersi
affidata la redazione della rivista. In seguito abbiamo lanciato la campagna
nazionale per acquistare la Casa: ognuno dava 10.000 lire e a forza di
diecimila lire abbiamo acquistato il piano terra. Poi si e' liberato il
piano di sopra e per la ristrutturazione, oltre ad un'altra campagna, ci
aiuto' Langer con uno dei suoi lasciti. Poi c'e' una bella storia che ho
raccontato gia' diverse volte: noi eravamo in buoni rapporti con i due
anziani signori che abitavano qui e che nel testamento ci hanno lasciato la
loro parte dell'edificio.
*
- Diana Napoli: Come dire che prima o poi la generosita' viene sempre
ricompensata, in momenti e luoghi insoliti. Questa e' la Casa per la
nanonviolenza e la sezione del Movimento Nonviolento. Altre sedi sono a
Brescia, Torino, Livorno e Mestre.
- Mao Valpiana: Dunque, Brescia, Torino e Verona sono sedi che il Movimento
Nonviolento ha acquistato e questo e' molto importante perche' consente di
radicarsi sul territorio, di non dover dipendere dal Comune o da un
proprietario cui pagare l'affitto... e' la nonviolenza che cresce. Adesso
sta arrivando la sede estiva, la casa di Ghilarza, anch'essa un lascito.
Qualcuno a volte scherzando dice che il Movimento Nonviolento e' un'agenzia
immobiliare... non va intesa cosi'. Significa invece che consideriamo il
Movimento come qualcosa che non e' di passaggio (Capitini diceva che la
nonviolenza non puo' essere un flirt) e che si vuole investire in qualcosa
cui si crede, e che poi si vuole mantenere a lungo nel tempo. Capitini ha
iniziato lasciando al Movimento Nonviolento la casa di sua proprieta'.
*
- Diana Napoli: Ogni sede mantiene la sua autonomia, in ogni caso. Tu
saresti favorevole all'unificazione del patrimonio almeno bibliografico e
archivistico o credi sia giusto che ogni sede conservi il suo?
- Mao Valpiana: Vedrei volentieri un'unificazione almeno virtuale dei questo
materiale. E inoltre sarebbe necessario fare anche solo due iniziative
all'anno ma comuni a tutte le sedi: stesso giorno, stessa ora, anche una
cosa semplicissima, come puo' essere andare in piazza con un banchetto a
distribuire i fascicoli di "Azione Nonviolenta". Dopo cinque anni
diventerebbe un momento e un elemento di identita', e aggiungo che andrebbe
fatto non solo in Italia, ma a livello internazionale. Noi dobbiamo crescere
nella dimensione nazionale di movimento perche' e' quella che ti permette di
avere una coscienza comune.
*
- Diana Napoli: Pero', come dice qualcuno, la nonviolenza e' fuori di se' e
non solo nel Movimento Nonviolento, e una coscienza della nonviolenza esiste
al di la' del Movimento Nonviolento, tu cosa ne pensi?
- Mao Valpiana: Sono d'accordo, pero' il Movimento Nonviolento e' l'elemento
concreto, particolare, che rende possibile e visibile questa nonviolenza che
c'e', altrimenti come fare a riconoscerla? Capitini diceva: "se voglio far
comprendere a qualcuno cosa sia la musica, gli suono una canzone". E la
nonviolenza in assoluto, in generale, e' cosi' vasta che rischia di non
essere palpabile, circoscrivibile, concretizzabile. Il Movimento Nonviolento
e' quel minimo di struttura, umile ma concreta, tramite cui si ha una
possibilita' verso l'infinita nonviolenza. Se uno vuole leggere Gandhi,
viene qui e compra un libro. Ma e' necessario che ci sia la sede, l'orario
di apertura, qualcuno che possa garantirla... e alla fine attraverso queste
miserie umane passa il messaggio gandhiano. Ma qualcuno che renda possibile
tutto cio' ci dev'essere. Passiamo attraverso le persone e le cose concrete.
*
- Diana Napoli: Tu credi ancora che l'antimilitarismo sia un terreno di
impegno per il Movimento Nonviolento? Forse sono io che ho una percezione
sbagliata, qualcuno dice che sono offuscata dai volti subdoli assunti dal
militarismo, ma in ogni modo io non mi sento in una societa' militarista.
Nel senso che militarismo e violenza per me non sono la stessa cosa.
- Mao Valpiana: Devi pensare che meta' dell'umanita', piu' o meno, vive
sotto dittature, sotto strutture militari, in paesi che sono a rischi di
conflitto o in conflitto (tutti i paesi dell'Africa, i luoghi dove ci sono
conflitti in atto, ma anche le grandi dittature tra cui io ci metto anche la
Russia e la Cina), e che siamo in un mondo globalizzato: non possiamo
tirarci fuori, siamo coinvolti. E in questo contesto, come faccio io, da
Verona, da qui, a oppormi, che so, alla giunta militare birmana? Non posso,
in senso stretto. Pero' io qui ho l'esercito italiano, finanziato coi miei
soldi di cittadino contribuente, che partecipa ed e' coinvolto in alcune di
queste zone: e questo e' il punto di attacco all'enorme macchina militare
mondiale ed e' qui che io devo agire, tenendo in considerazione la mia
fettina di esercito italiano che partecipa ed e' pienamente parte della
macchina generale. Io do' questa lettura della campagna antimilitarista in
Italia e, diro' di piu', sono assolutamente favorevole al disarmo
unilaterale.
*
- Diana Napoli: Certo, ma questa e' una visione che richiede una
consapevolezza che non e' di tutti. Non arriva piu' oggi la cartolina a
mostrare questo aspetto nella sua immediatezza e il singolo non percepisce
l'antimilitarismo.
- Mao Valpiana: Ed e' peggio. Non ne hanno piu' bisogno; prima avevano
addirittura bisogno di te e ti arrivava la cartolina, gli servivi e tu
sottraendoti arrecavi loro un danno; ora sono cosi' forti che non hanno piu'
bisogno di te in nessun modo. E se il singolo non percepisce
l'antimilitarismo, il compito del Movimento Nonviolento e' farlo capire, e
per questo ci vuole gente che studia. Il lavoro dei ricercatori della
nonviolenza, dei nostri intellettuali, degli studiosi, per esempio, e'
importantissimo, ma ce ne vorrebbero molti di piu'. Ci vogliono persone a
lavorare a tempo pieno nel Movimento Nonviolento e non ne abbiamo neanche
una. Capitini lo aveva intuito gia' nel 1961 dando meta' del suo stipendio a
Pietro Pinna che cosi', licenziatosi dalla banca, lavorava a tempo pieno per
il Movimento Nonviolento e per la nonviolenza. E questo oggi non lo capiamo.
Su "Azione nonviolenta" ogni tanto noi facciamo un appello in cui chiediamo
solidarieta' e contributi per la segreteria; alcuni lo fanno ma e' un gesto
da moltiplicare: chiediamo alle persone che su base volontaria mettano a
disposizione parte del loro stipendio per le persone che lavorano per la
nonviolenza. Non persone che fanno i funzionari, ma che lavorano, che
studiano, che operano per la nonviolenza, che girano, che formano i gruppi,
si occupano della rivista, la diffondono. Sai quante richieste arrivano qui
e non riusciamo ad esaudirle? Chiamano gruppi da tutta Italia, che
vorrebbero fare un incontro, ma spesso non c'e' il tempo o la persona per
andare. E invece sarebbe necessario avere sempre la possibilita' di
rispondere "Si', viene una persona". Poi da questi incontri (il lavoro
prezioso dei piccoli gruppi, lo chiamava Capitini), nasce sempre qualcosa di
nuovo... e la nonviolenza cammina...
*
- Diana Napoli: La "scuola quadri" del Movimento Nonviolento?
- Mao Valpiana: Ma si', io sono anche per una scuola di formazione politica
la quale, come tutte le arti umane, si studia e si impara. Andrebbe
organizzata, ma siamo troppo pochi.
*
- Diana Napoli: Il tuo ricordo piu' bello?
- Mao Valpiana: Quando ho fermato il treno della morte, anche perche' era il
febbraio del 1991, la mia compagna era incinta e Marta e' nata in aprile per
cui c'e' stato anche questo pensiero. E poi anche perche' e' stata una buona
azione nonviolenta, preparata bene e svolta bene.
*
- Diana Napoli: E dov'e' avvenuta, esattamente?
- Mao Valpiana: Alla Stazione dei Balconi di Pescantina. E' stato un blitz
perche' noi avevamo sparso la voce, facendo in modo che la questura lo
sapesse, che avremmo bloccato il treno a Verona, per cui c'era la stazione
completamente militarizzata, polizia ovunque ad attenderci e noi invece che
siamo andati piu' a nord. Io ero quello piu' conosciuto, c'erano i ruoli
definiti, dovevo attirare l'attenzione su di me, inizialmente. Erano treni
segreti, ma c'era una catena telefonica dal Brennero per sapere con
esattezza l'orario per cui al momento giusto ci siamo messi sui binari e il
guardiano del passaggio a livello ha chiamato subito la polizia che ci ha
messo circa venti minuti per arrivare dalla stazione di Verona. Sono
arrivati a sirene spiegate e quando mi hanno preso io ho fatto resistenza
passiva.
*
- Diana Napoli: E il treno si era fermato?
- Mao Valpiana: Si', il treno era bloccato, semaforo rosso; inoltre quando
hanno portato via me, da una zona nascosta al di la' dei binari e' uscito
fuori un altro gruppo e cosi' via: avevamo organizzato delle squadre per cui
portavano via un gruppo e ne arrivava un altro. E poi era febbraio, verso le
otto di sera, eravamo con le fiaccole, c'era la neve, e un altro dei nostri,
quando il treno passava vi rovesciava sopra, da un cavalcavia, un barattolo
di vernice rossa. Era un treno che portava tank, carri armati, a Livorno da
dove si imbarcavano per il Golfo Persico. Il nostro era un atto simbolico,
ma era una simbologia che dimostrava due cose importanti: che la guerra
passa sotto la finestra di ciascuno, e che ognuno puo' fare qualcosa di
concreto per fermarla. Ma ora che ci ripenso, forse la cosa piu' bella che
mi ha regalato il Movimento Nonviolento, oltre la possibilita' di compiere
l'azione (che e' un valore in se') e' stata la possibilita' di incontrare
molta gente, di conoscere persone straordinarie. In fondo e' vero che la
nonviolenza e' fatta di volti...

2. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

3. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 255 del 27 ottobre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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