Voci e volti della nonviolenza. 148



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 148 del 19 febbraio 2008

In questo numero:
1. Per le liste della nonviolenza alle elezioni politiche di aprile
2. Liliana Boranga: Una questione di difesa della democrazia
3. Tiziano Cardosi: Sapere che il futuro sara' nonviolento o non sara'
4. Antonino Drago: Con la testimonianza e il servizio a lunga scadenza
5. Eusebio Ferrazzi: Il motivo dei motivi
6. Carlo Gubitosa: Piccolo discorso sul metodo
7. Peppe Sini: Una proposta semplice semplice
8. Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana: Crisi politica. Cosa
possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?
Discutiamone il 2 marzo a Bologna

1. EDITORIALE. PER LE LISTE DELLA NONVIOLENZA ALLE ELEZIONI POLITICHE DI
APRILE

Proponiamo di seguito alcuni dei molti contributi alla riflessione sulla
proposta della presentazione alle elezioni politiche di aprile delle liste
della sinistra della nonviolenza, femministe ed ecologiste, antimafia e
antirazziste, socialiste e libertarie, della solidarieta' e della
responsabilita', della fedelta' al principio che fonda l'umana convivenza:
"Tu non uccidere".
Ricordiamo ancora una volta che il 2 marzo a Bologna si terra' l'assemblea
promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana:
"Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici
della nonviolenza? Discutiamone il 2 marzo a Bologna", appello che
nuovamente riproduciamo in fondo a questo fascicolo.
Sollecitiamo ulteriori interventi da tutte le persone interessate, e che
ovunque possibile si svolgano al piu' presto incontri di riflessione su
questa proposta.
La nonviolenza e' in cammino: in questo cammino oggi si e' giunti a questo
varco: occorre entrare nelle istituzioni democratiche, portare anche li' la
proposta e la lotta nonviolenta in difesa dei diritti umani di tutti gli
esseri umani, in difesa della biosfera, in difesa della civilta' giuridica e
della civile convivenza, contro ogni crimine, contro ogni barbarie.

2. RIFLESSIONE. LILIANA BORANGA: UNA QUESTIONE DI DIFESA DELLA DEMOCRAZIA
[Ringraziamo Liliana Boranga (per contatti: tel. 00390412602140, fax:
00390412602144 - 3356682588, e-mail: direttore at radiobase.net, sito:
www.radiobase.net) per questo intervento che estraiamo da una piu' ampia
lettera personale.
Liliana Boranga, giornalista di forte impegno civile, e' direttrice di
"Radio base popolare network" di Venezia; responsabile dal 2004 del tema
portante del Rototom Sunsplash reggae festival; collabora con vari giornali
e settimanali nazionali]

Conosco Michele da sempre. Collabora con la mia radio e ho aderito subito
all'iniziativa che ritengo non solo interessante ma indispensabile in questo
momento di grande confusione. Saro' a Bologna. Conosco l'onesta'
intellettuale, la correttezza, la caparbieta', la generosita' di michele e
ho condiviso molte delle sue battaglie e lo sosterro' sempre. Con i
possibili distinguo che nascono dal mio essere donna, essere sempre stata
molto attenta alla condizione degli operai e lavoratori oltre che
accompagnare radiofonicamente tutti quei comitati, nazionali e
internazionali, che si battono per la difesa del territorio e di questo
povero pianeta.
Il mio ruolo di giornalista e di direttrice di una radio "scomoda" mi
avrebbe obbligato spesso a giocare "di sponda" per non dare adito a "comode"
accuse di appartenenza. Non e' stato cosi': la mia radio e la redazione che
ci lavora si e' sempre schierata in prima persona e compatta contro la
guerra e la sua violenza e contro tutti quelli che pretendono essa sia
strumento di "crescita della democrazia". Dando delle motivazioni e
informazioni oneste e serie a tutto il nostro pubblico. E questo ha pagato:
chi non avrebbe mai ascoltato certe trasmissioni ha iniziato a prender
posizione, a protestare, a denunciare ai miei microfoni molti crimini.
Adesso voglio fare di piu'. sono sempre scesa in piazza. E non ho mai avuto
paura. So che i tempi sono molto pericolosi per chi crea disturbo, ma so
anche che non mi sentirei cittadina se non capissi anche la gravita' del
momento.
Non e' solo una questione di liste e di movimenti. E' una questione di
difesa della democrazia, dei principi della Costituzione, della nostra
storia che ha visto una parte del popolo lottare contro il fascismo e il
nazismo. Delle donne che sono la vera anima di questo paese e che proprio
per questo stanno subendo attacchi e infamita' come mai. E nessuno lo sta
capendo: solo le donne. E di quella parte della popolazione che e' debole,
indifesa, oramai rassegnata solo che a morire per non vedere ancora
atrocita'. E alla quale non e' stato risparmiato nessuno tipo di umiliazione
in una societa' cannibale. E di quei piccoli che non potranno mai diventare
grandi perche' questo mondo imperfetto ma unico, talmente necessario da
dover essere protetto a prezzo di grossi sacrifici, forse non avra' piu'
tempo per permetterglielo. Ecco perche' sono a disposizione...

3. RIFLESSIONE. TIZIANO CARDOSI: SAPERE CHE IL FUTURO SARA' NONVIOLENTO O
NON SARA'
[Ringraziamo Tiziano Cardosi (per contatti: tcardosi at tiscali.it) per questo
intervento che estraiamo da una piu' ampia lettera personale.
Tiziano Cardosi, amico della nonviolenza, fortemente impegnato in varie
iniziative di pace e di solidarieta', e' stato tra gli organizzatori del
convegno su "Nonviolenza e politica" svoltosi a Firenze il 5-7 maggio 2006 e
partecipa all'esperienza della "Fucina per la nonviolenza" di Firenze]

... il 2 a Bologna, per prima cosa consiglio di trovare una sala piu' grande
di quella dei sindacati dei ferrovieri che mi pare possa ospitare al massimo
50 persone. Sento che c'e' un gran fermento e ci saranno tante persone.
*
Dico alcune perplessita': i tempi sono ristrettissimi e non so come poter
realisticamente riuscire a partecipare alle elezioni: molti nonviolenti
hanno avuto ampie esperienze nelle istituzioni e temo che molti di loro ne
siano stati "contaminati", che cioe' non siano piu' in grado di proporre
l'omincrazia che sogno e di cui temo non vedro' nemmeno l'ombra; il
risultato, per buono che possa essere, non si scostera' da qualche frazione
percentuale: val la pena sapere che siamo tanto pochi?
*
Aspetti positivi: soprattutto uno: il popolo dei nonviolenti si sta
muovendo. Davanti al disastro apparecchiato da questa sedicente sinistra,
che ha trascinato con se' anche la bandiera della pace e il nome della
nonviolenza, vedo le persone, i singoli che stanno rispondendo all'appello.
Da questo movimento spero possa nascere qualcosa di nuovo e di buono.
Spero pero' che il nuovo che ha da nascere non sia equivoco: patti con chi
ha accettato la guerra non si possono fare. Non solo e non tanto per ragioni
etiche o di principio; voglio scendere anche a compromessi con me stesso: se
ci fosse stato un progetto politico che avrebbe ottenuto qualcosa o fosse
servito per rilanciare in un secondo tempo gli ideali di sinistra avrei
potuto accettato delle decisioni discutibili, ma cosi' come e' stato si e'
trattato solo di venti mesi in cui si e' detto si' a ogni nefandezza senza
alcun progetto, urlando solo che altrimenti sarebbe venuto Berlusconi. E'
dall'inizio del governo Prodi che dico che Berlusconi, o chi per lui,
sarebbe tornato alla naturale fine della legislatura. Eccolo il re Silvio
incoronato dall'insipienza di questa sinistra che ha smarrito il senso delle
sue idee e dei suoi valori.
*
Sono molto interessato a questo movimento che si annuncia nel mondo
nonviolento. Se teniamo fermo il timone sui valori fondanti dei nostri
ideali credo potremmo essere l'antidoto a questo disastro; l'antibarbarie la
chiama Pontara. Certamente dobbiamo avere il senso di quello che sara' il
nostro compito: ridisegnare gli ideali per una umanita' ormai preda di un
capitalismo sempre piu' rapace e di integralismi che usano la disperazione
dei popoli per i loro giochi di potere.
Mi preoccupo poco della presentazione alle prossime elezioni; favorirei la
progettazione di un nuovo mondo possibile... tra noi ci sono tante ricchezze
umane; credo poi nell'intelligenza collettiva dell'umanita'. Certamente
dovremo abbandonare il piccolo cabotaggio, l'accontentarsi del meno peggio,
la cosiddetta etica della responsabilita' che e' stata alibi per le peggiori
cose. Credo non dovremmo guardare solo all'oggi, ma avere come prospettiva
il futuro e sapere che questo sara' nonviolento o non sara'...
Siamo sull'orlo del baratro, ci vogliono profeti. Ne abbiamo?

4. RIFLESSIONE. ANTONINO DRAGO: CON LA TESTIMONIANZA E IL SERVIZIO A LUNGA
SCADENZA
[Ringraziamo Antonino Drago (per contatti: drago at unina.it) per questo
intervento.
Antonino (Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo
presidente del Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e
nonviolenta; gia' docente universitario di Storia della fisica
all'Universita' di Napoli, attualmente insegna Storia e tecniche della
nonviolenza all'Universita' di Firenze, e Strategie della difesa popolare
nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre impegnato nei movimenti
nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei
piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino
Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza
e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983;
L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la
costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq)
1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Storia e
tecniche della nonviolenza, La Laurenziana, Napoli 2006; Difesa popolare
nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 2006]

Caro Peppe,
io penso che la politica nonviolenta si fa con la testimonianza e il
servizio a lunga scandenza.
E' difficile nel giro di un mese mettere a frutto cose del genere se non si
sono manifestate nel giro di questi anni.
Tanto piu' dopo l'assemblea di Cattolica della Campagna Osm-Dpn 1999, quando
Movimento internazionale della riconciliazione e Movimento Nonviolento
dichiararono di volerne uscire per finirla con la politica della
testimonianza. Io invece ritengo che, anche dopo il disastro della politica
italiana, occorra ricominciare da quelle, che oggi non si vedono piu' in
maniera netta; mentre ormai sono nate politiche nonviolente essenzialmente
diverse; perche' la sola parola nonviolenza non e' piu' unificante (chi
voleva l'aveva imparato gia' dal 1970, quando comparve Pannella). Per fare
politica efficace, bisogna guadagnarsela.
*
1) perche' il Parlamento? La nonviolenza di Gandhi e di altri maestri ha
operato con movimenti nel sociale. Siamo capaci di fare prima un serio
movimento su un problema politico oggi? (fummo capaci con la Difesa popolare
nonviolenta; ma poi il Servizio civile e il Comitato per difesa civile non
armata e nonviolenta...);
2) perche' durante una elezione, quando il rapporto personale e' il meno
chiaro?
3) perche' non fare tesoro della esperienza fallimentare del partito verde?
4) perche' non dichiarare il proprio significato politico per la parola
nonviolenza? Cioe' perche' non indicare come si articola la nonviolenza in
un programma politico di come (non) accettare l'esercito, le banche, la
finanza, l'industrialismo, ecc. da cui dipendono decine di milioni di
italiani? Non bastera' mica l'idea di cercare la maggioranza per imporre
alla minoranza le leggi di nostra volonta'? O siamo pronti al compromesso
sin da adesso?
5) perche' tentare una avventura di politica parlamentare senza un organo di
stampa almeno settimanale (che quantomeno e' una prova di serieta'
collettiva)?
*
Attenti a creare slanci senza risultato; frustrano tutte le buone volonta' e
lasciano terra bruciata per chi vuole costruire a lungo termine le cose piu'
sicure.
Cari saluti e auguri che io abbia torto.
Tonino

5. RIFLESSIONE. EUSEBIO FERRAZZI: IL MOTIVO DEI MOTIVI
[Eusebio Ferrazzi e' un collaboratore del Centro di ricerca per la pace di
Viterbo]

Il motivo piu' convincente per cui mi sembra che sia opportuno, anzi
necessario presentare liste elettorali della sinistra della nonviolenza alle
imminenti elezioni politiche a mio parere e' il seguente: che nessun altro -
se non persone amiche della nonviolenza elette in liste di persone amiche
della nonviolenza - in parlamento si opporrebbe in modo adeguato alla guerra
e al razzismo, al maschilismo e al totalitarismo, e allo sfruttamento,
all'asservimento e all'annichilimento degli esseri umani e della natura.
Credo che solo il punto di vista della nonviolenza sia adeguato a
contrastare sfruttamento, inquinamento e guerra, ad opporsi alla violenza
patriarcale, autoritaria, militarista, ecocida, a battersi per la dignita' e
i diritti umani di tutti gli esseri umani, a difendere la biosfera.
Rinunciare a cercar di portare il punto di vista e la scelta e l'azione
della nonviolenza la' dove si fanno le leggi mi sembra peggio che
pusillanime, peggio che vile: mi sembra che sia effettuale complicita' con
la violenza strutturale, col regime della corruzione, con l'eversione
antidemocratica, col terrorismo folle e onnicida dei potenti.

6. RIFLESSIONE. CARLO GUBITOSA: PICCOLO DISCORSO SUL METODO
[Ringraziamo Carlo Gubitosa (per cotatti: c.gubitosa at peacelink.it) per
questo intervento.
Carlo Gubitosa, giornalista e scrittore, e' segretario di "Peacelink" (la
principale rete telematica pacifista italiana, sito: www.peacelink.it),
collabora con varie testate ed e' uno dei piu' noti operatori
dell'informazione di area pacifista e nonviolenta. Tra le opere di Carlo
Gubitosa: (con Enrico Marcandalli e Alessandro Marescotti), Telematica per
la pace, Apogeo, Milano 1996; Oltre internet, Emi, Bologna 1997;
L'informazione alternativa, Emi, Bologna 2002; Genova, nome per nome, Berti,
Piacenza 2003]

Ho letto con grande interesse l'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo
e Mao Valpiana per la presentazione di liste della "Sinistra della
nonviolenza" alle prossime elezioni.
Personalmente sono convinto che il problema centrale per un "ingresso della
nonviolenza" nei meccanismi di rappresentanza politica non sia la
presentazione di liste per intercettare voti che portino la politica "dove
vogliamo noi", perche' in questo modo, restando appiattiti sulla dimensione
del pallottoliere, alla fine e' la politica che ci porta dove vuole. Come
insegna egregiamente il "caso" di Lidia Menapace anche una persona che
individualmente e' portatrice di grandi valori, testimoniati in piu'
occasioni con azioni coraggiose e concrete, puo' rimanere schiacciata dai
meccanismi del potere e scegliere di appoggiare con il proprio voto
un'occupazione militare all'estero come quella operata dall'Italia in
Afghanistan, convinta che questa scelta sia il male minore rispetto ad uno
scenario dove oltre all'occupazione militare in Afghanistan si aggiunge
anche l'operato in Italia di una destra autoritaria, razzista, collusa con
la mafia e culturalmente vicina al pensiero di  Borghezio molto piu' che a
quello di Montanelli. Peccato che poi qualcuno non si faccia scrupolo di far
cadere lo stesso governo perche' lui e sua moglie risultano indagati.
*
Questo e' solo un esempio per esprimere la mia convinzione del fatto che il
problema sia "prepolitico", per usare una espressione capitiniana, e cioe'
la definizione di un mettodo di gestione della cosa pubblica (e dei partiti)
che ci aiuti a fronteggiare tutti i rischi connessi con lo "sporcarsi le
mani" dal parlamento ai consigli circoscrizionali per una azione politica
diretta.
A mio parere pertanto il problema da porci non e' tanto "come facciamo per
far apparire sulle liste un bollino di una formazione politica che ha un
programma nel quale possono riconoscersi gli amici della nonviolenza", ma
tutta un'altra serie di questioni:
1) Quali sono i meccanismi che verranno utilizzati da questa formazione
politica per esprimere dei rappresentanti e dei candidati? Anche se per
assurdo in italia nascesse una lista di posizioni diametralmente opposte
alle nostre sarebbe comunque una grande innovazione in positivo se questa
lista decidesse di stabilire i propri candidati con dei meccanismi
partecipativi e orizzontali che rompano i giochi interni alle segreterie dei
partiti. Sarebbe una grande innovazione positiva perche' poi la gente si
"abituerebbe" ad una maggiore democrazia e pretenderebbe anche dai partiti
sedicentemente "democratici" l'introduzione dei meccanismi di partecipazione
della lista di posizioni diametralmente opposte alle nostre.
2) Come verranno gestite le situazioni delicate e controverse? Se in un
consiglio comunale si vota per un inceneritore, e votare contro significa
far cadere la giunta e favorire una opposizione di destra pronta a fare il
peggio, come voteranno i rappresentanti degli "amici della nonviolenza"
eletti in consiglio comunale? A mio avviso si dovrebbero studiare dei
meccanismi per fare in modo che questa responsabilita' non ricada sulla
singola persona, ma su tutte le persone da essa rappresentate, introducendo
dei meccanismi a livello di statuto del partito per cui viene individuato un
insieme di temi e argomenti (ambiente, spesa militare, industrializzazione,
sicurezza cittadina, migranti, diritto alla casa e altro ancora) sui quali
le decisioni controverse vengono affidate a meccanismi assembleari ben
precisi (ad esempio consultazione delle sezioni locali, numeri verdi,
televoto, votazione online o via sms) anziche' al confronto solitario del
funzionario pubblico con la propria coscienza.
3) In che modo le strutture e l'organizzazione di questa formazione politica
favoriranno un modello omnicratico anziche' un autoritarismo democratico? E'
possibile pensare all'utilizzo delle nuove tecnologie come uno strumento
assembleare permanente nel quale definire la posizione della formazione
politica come somma collettiva e continua di contributi individuali (e qui
penso all'utilizzo maieutico del linguaggio fatto da Dolci applicato alla
comunicazione elettronica) anziche' come espressione sporadica di alcune
"avanguardie", o "personaggi", o individualita' che concentrano il potere di
elaborazione e di decisione?
4) In che modo questa formazione politica, nella definizione dello statuto e
delle regole, introdurra' meccanismi correttivi che possano prevenire derive
autoritarie al suo interno? Ricordiamoci che anche all'interno dello statuto
dei Verdi c'era un riferimento esplicito alla nonviolenza, che pero' non e'
servito a molto. Mi brucia ancora il fatto che Pecoraro Scanio si presenti
come rappresentante della sinistra "radicale" e pacifista quando l'unica
cosa radicale che ha fatto e' stato espellere senza tanti giri di parole i
tesserati del partito che nel 1999 hanno contestato il suo appoggio ai
bombardamenti sulla Serbia proprio in virtu' del richiamo statutario alla
nonviolenza. Prima di dire che siamo nuovi e alternativi e radicali,
bisognerebbe chiederci come facciamo ad organizzare una struttura che abbia
al suo interno degli anticorpi che prevengano l'emergere di figure come
quella di Pecoraro Scanio.
Insomma, il problema non e' tanto quello di aggregare intelligenze, persone
o voti attorno ad un simbolo o ad un programma, ma di defnire un metodo di
lavoro e di azione politica che possa essere l'equivalente del commercio
equo nell'economia. Il commercio equo si sporca le mani con fatture, bilanci
e contabilita' tanto quanto le aziende tradizionali, ma ha individuato un
metodo operativo, dei principi, dei criteri e delle linee guida che gli
consentono di differenziarsi chiaramente dal commercio tradizionale e di
rimanere piu' o meno ancorato ad un sistema di valori.
*
Credo che il principale problema da risolvere per una proposta politica che
sia ancorata all'idea omnicratica e nonviolenta sia rispondere ad una serie
di domande chiave che riguardano il metodo dell'organizzazione delle
attivita' prima ancora che il merito dei contenuti e delle proposte. Provo a
formularne alcune:
Come sara' organizzata questa struttura su base territoriale?
In che modo verranno prese le decisioni?
Il tesserato sconosciuto pincopallino potra' candidarsi senza troppa
difficolta' alla segreteria del partito o ci sara' un nucleo dirigente che
si perpetua all'infinito?
In che modo il segretario del partito verra' messo in condizione, grazie ai
meccanismi statutari, di essere un facilitatore di decisioni collettive
anche quando sarebbe tentato di scivolare nel personalismo, nel protagonismo
e nelle decisioni individuali?
In che modo, qualora anche un solo individuo collegato a questa formazione
politica dovesse ottenere una responsabilita' alla Camera o al Senato, si
affidera' a questa persona il compito di realizzare azioni di ostruzionismo
(esempio: presentazione di diecimila emendamenti per una legge che aumenta
la spesa militare in modo da farla slittare alla legislatura successiva), di
denuncia e altre forme di azione diretta nonviolenta che permettano a questa
persona di ottenere un'efficacia politica ben superiore al peso del suo
singolo voto in parlamento?
In che modo gli iscritti e i simpatizzanti di questa formazione politica
potranno contestare decisioni controverse?
E le domande potrebbero continuare all'infinito.
*
In questo momento penso che la cosa piu' utile che possano fare gli amici
della nonviolenza potrebbe essere la definizione di un "manuale operativo di
partecipazione omnicratica ad uso dei partiti" nel quale definire delle
linee guida che possano essere adottate con efficacia da tutti, e non solo
da una eventuale organizzazione politica formata da amici della nonviolenza.
In questo modo si inizierebbe a distinguere tra i partiti autoritari che si
definiscono democratici, i partiti democratici intenzionati a fare un passo
verso l'omnicrazia e i partiti omnicratici persuasi che le decisioni
migliori per una comunita' sono quelle che nascono dalla somma delle
intelligenze e dei cuori della comunita' stessa.
Si potrebbe partire proprio da qui: definire una "checklist", cioe' un
elenco di requisiti che permettano di valutare se un partito e' di tipo
democratico/autoritario, cioe' democratico nei processi formali ma tendente
all'autoritarismo e alla "dittatura della maggioranza" nelle decisioni
sostanziali, oppure di tipo democratico/partecipativo, cioe' inserito in
meccanismi di votazioni e rappresentanze che sono democratici nel conteggio
dei voti, ma comunque orientato strutturalmente verso una partecipazione
allargata e diffusa che trasforma la definizione dei voti e delle alzate di
mano in un processo collettivo.
Io penso che l'allargamento del discorso politico a questo sia un processo
inevitabile: la differenza tra Mastella e la vecchia Dc e' che Fanfani non
aveva un blog :-) ne' veniva giudicato obsoleto o chiuso perche' comunicava
con gli elettori solo attraverso la Rai o i quotidiani. Ora invece vai in
soffitta e resti fuori dal dibattito politico se non attivi almeno un canale
di comunicazione diretto con le persone, per quanto a senso unico e filtrato
nella possibilita' di partecipazione esterna come e' in effetti il blog di
Mastella.
Una buona base di discussione sarebbe proprio questa: quali sono le
prerogative e le modalita' di organizzazione che differenziano un partito
democratico/partecipativo da un partito democratico/autoritario?
Ad esempio:
Caratteristica 1 - Un partito partecipativo garantisce a tutti i cittadini
una risposta ufficiale nel giro di 48 ore a tutti i quesiti formulati sul
sito ufficiale del partito. La risposta potra' essere fornita direttamente
dal segretario del partito o da persone da lui preposte a tale compito.
Una volta individuate queste caratteristiche si fa presto ad inserirle nello
statuto di una ipotetica formazione politica, o fare come Beppe Grillo e
dare un bollino di "Certificazione" alle organizzazioni che rispettano
queste caratteristiche, aprendo quindi la porta alla creazione di gruppi
spontanei di amici della nonviolenza come lievito nella politica locale.
Questo e' il mio piccolo e parziale contributo alla discussione.
*
Passando dal piano teorico al piano pratico, offro la mia disponibilita' per
la realizzazione di un sito di supporto a qualsiasi iniziativa orientata a
introdurre i principi della nonviolenza attiva all'interno dell'attivita'
politica concreta, compresa la realizzazione di un sito ufficiale che possa
servire da punto di incontro e di raccordo per tutti i cittadini che
vorranno creare a qualsiasi livello delle "liste di amici della nonviolenza"
che possano risolvere problemi specifici di un territorio rispettando
criteri e principi generali validi per tutte le liste analoghe.

7. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UNA PROPOSTA SEMPLICE SEMPLICE

Nessuna persona sana di comprendonio penserebbe di fondare un partito in
quindici giorni (a meno di non possedere un congruo numero di reti
televisive).
Cosi' quello che propone questo foglio e' semplicemente di presentare liste
della sinistra della nonviolenza alle elezioni politiche, con pochi ma
precisi obiettivi, limitati e chiari.
Il primo: permettere di votare secondo coscienza a tante persone amiche
della nonviolenza, o anche solo contrarie alla guerra e non disponibili a
votare ne' per i partiti stragisti e razzisti ne' per gruppi dalle posizioni
equivoche (i peronisti di turno, gli imbroglioni e i voltagabbana di sempre,
gli squadristi comunque travestiti, gli irresponsabili e i totalitari che
non mancano mai).
Il secondo: offrire un punto di riferimento nazionale - e quindi un
effettivo servizio di sostegno nella campagna elettorale - a eventuali liste
locali che volessero anch'esse caratterizzarsi per la scelta nitida  e
intransigente del femminismo, dell'ecologia, della nonviolenza, dell'impegno
antirazzista e antimafia, della difesa dei diritti e dell'impegno di
liberazione delle persone, delle classi e  delle popolazioni oppresse.
Il terzo: smetterla di delegare il governo della cosa pubblica a camarille
corrotte e ideologie totalitarie; uscire dalla rassegnazione e dalla
subalternita'; rompere quella passivita' che e' complicita' col male.
Questa e' la base di partenza, concreta e immediata, senza tanti fronzoli e
senza tante elucubrazioni.
*
Se poi le liste della nonviolenza si facessero, i criteri per parteciparvi
potrebbero essere quelli gia' piu' volte enunciati su questo foglio: ad
esempio il criterio della democrazia paritaria e duale "50 e 50 ovunque si
decide" alternando i candidati dei due generi, cominciando sempre da una
donna; ad esempio la candidatura nelle teste di lista solo di persone che
lungo decenni abbiano dato costante prova di rigore morale e intellettuale,
e che siano considerate autorevoli e degne di fiducia per unanime consenso
di tutti i gruppi locali impegnati a presentare e sostenere le liste della
nonviolenza (con la telematica un'ampia consultazione al riguardo e'
possibile in tempi assai ristretti).
*
Se poi per avventura non solo le liste della nonviolenza si presentassero,
ma addirittura si eleggesse una persona, o piu', in parlamento (e questa e'
probabilmente l'ultima occasione, perche' dalle prossime elezioni politiche
e' assai probabile se non del tutto certo che vi sara' una soglia di
sbarramento che impedira' a liste fortemente caratterizzate nel senso del
rigore morale di entrare nell'organo legislativo) mi permetto di dire che
molti amici non immaginano quale immenso frugifero lavoro anche una sola
persona potrebbe fare: bastera' citare il lavoro svolto personalmente da
Alexander Langer che seppe costantemente valorizzare i suoi incarichi
istituzionali e le opportunita' che essi gli davano anche per promuovere
movimenti, informazione, mobilitazione, costruzione di reti di amicizia,
democrazia, solidarieta', nonviolenza.
Ed a quel punto, se vi sara' un risultato concreto, allora si potra' anche
discutere di criteri organizzativi e quant'altro piaccia se proprio si sente
il bisogno di forme piu' articolate e strutture piu' rigide.
Per ora a mio modestissimo avviso e' sufficiente l'autorita' morale delle
tre persone promotrici dell'appello per il 2 marzo a Bologna, che per quanto
mi concerne considererei hic et nunc (e fino a prova contraria) garanti
pienamente soddisfacenti per tutta la fase che da febbraio giunge ad aprile.
Se vogliamo tentare questo viaggio sarebbe bene che cominciassimo a fare un
passo dopo l'altro. E mentre si cammina si apre il cammino.

8. APPELLI. MICHELE BOATO, MARIA G. DI RIENZO, MAO VALPIANA: CRISI POLITICA.
COSA POSSIAMO FARE COME DONNE E UOMINI ECOLOGISTI E AMICI DELLA NONVIOLENZA?
DISCUTIAMONE IL 2 MARZO A BOLOGNA
[Riproponiamo il seguente appello gia' apparso nelle "Notizie minime della
nonviolenza in cammino".
Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la
nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da
sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di
numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica
rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander
Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera
e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel
1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare
importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne
nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre,
contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna
"Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. E' una
delle figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che
ha saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un
costante atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e
valorizzandone dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha
curato diverse pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro;
cfr. ad esempio: Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario
Breda); Ecologia a scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una
catastrofe annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam
tam libri" ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco
Scacchetti); Erre magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli);
In laguna (con Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con
Giovanna Ricoveri).
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto
con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e'
nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007]

Nessuno, o quasi, si aspettava cosi' presto la caduta del governo Prodi e le
elezioni politiche fissate al 13-14 aprile. Poco importa se la causa sia di
Veltroni ("Il Partito Democratico, comunque, andra' alle elezioni da solo"),
di Mastella, o Dini (Di Pietro, Turigliatto ecc.).
A noi, che pure abbiamo votato e apprezzato per talune scelte la coalizione
di Prodi, ci appare evidente che:
in Afghanistan il governo di centrosinistra ha confermato, proseguito,
finanziato, una missione militare che ha coinvolto il nostro paese in una
vera e propria guerra, in violazione della Costituzione.
A Venezia Prodi e' il padrino del Mose, assieme a Berlusconi, Galan e l'ex
sindaco prodiano P. Costa.
A Vicenza e' il sostenitore accanito della base Usa "Dal Molin" (con gli
stessi di sopra, piu' D'Alema e Rutelli).
A Viterbo il governo di centrosinistra ha sottoscritto un accordo di
programma con la Regione Lazio per la costruzione di un nuovo devastante
mega-aeroporto per voli low cost.
In Campania il centrosinistra e' la banda degli inceneritori; cosi' a
Brescia, Modena, in Toscana ecc.
E su questi, come su troppi altri esempi (la Tav di Mercedes Bresso, Di
Pietro e Chiamparino, il Ponte di Messina del solito Di Pietro e P. Costa, i
rigassificatori di Bersani e Realacci, gli Ogm e il nucleare di Veronesi,
Bersani, Letta ecc.), va a braccetto col peggior centrodestra.
Non si capisce piu' niente: "Cos'e' la destra, cos'e' la sinistra?" cantava
Gaber e nessuno sa piu' rispondergli.
*
A luglio 2007 abbiamo aperto un dibattito su "Come contare di piu' nelle
scelte politiche locali e nazionali, come ecologisti". Dopo una cinquantina
di interventi telematici, ci siamo incontrati il 6 ottobre a Firenze,
eravamo una quarantina di persone, con alle spalle molte esperienze
positive, ma anche pesanti delusioni.
Emergeva:
1. la necessita' di una svolta che renda piu' efficace l'ecologismo, a
partire da una rete che rafforzi le moltissime, spesso sconosciute,
esperienze locali;
2. l'estrema difficolta' a creare, in tempi brevi, qualcosa di piu' solido
negli obiettivi, nei metodi, nell'organizzazione;
3. pero', forse, una possibilita' di costruire un "programma comune" (alcuni
di noi si sono presi l'incarico di farne girare dei spezzoni, una bozza) e
un metodo condiviso per non ricadere nei meccanismi dei
partiti/carriere/verticismi ecc. (una prima proposta l'ha fatta girare Lino
Balza, finora senza "ritorni", ne' positivi ne' critici);
4. l'idea di avere un confronto diretto sia con gli "amici di Grillo" che
con i proponenti la "Lista civica nazionale" (ma questi incontri non si sono
piu' fatti);
5. comunque contribuire alla nascita, crescita, miglioramento di liste
civiche (anche) ecologiste nelle citta' dove quest'anno si andra' alle
elezioni amministrative. Sappiamo che sta succedendo in molte citta', ma le
notizie faticano a circolare.
*
Nel frattempo, nell'area nonviolenta e pacifista (Movimento Nonviolento,
Tavola della Pace) prosegue la riflessione sul tema "nonviolenza e
politica", mentre il giornale quotidiano telematico "Notizie minime della
nonviolenza in cammino" sostiene la necessita' che alle prossime elezioni
politiche vi sia una presenza di "liste elettorali della sinistra della
nonviolenza".
*
Ora ci sono le nuove elezioni, che si svolgeranno con una legge elettorale
pessima e una campagna peggiore: in molti ci chiediamo cosa
possiamo/dobbiamo fare.
La sensazione che finora abbiamo e' di una situazione compromessa e non
recuperabile nell'immediato, da un punto di vista di un serio movimento
ecologista e nonviolento, che voglia avere una sponda (se non addirittura
un'espressione) altrettanto seria in Parlamento. Bisogna verificare le reali
forze che abbiamo, e se non possiamo farlo subito, almeno avviare un serio
lavoro a partire dalle realta' locali (comuni, province, regioni) per
costruire in prospettiva un movimento politico nazionale indipendente,
autonomo, che cammini da solo sulle gambe della  nonviolenza, dell'ecologia
e del femminismo (l'assenza di rispetto e di  riconoscimento di valore e' il
terreno su cui la violenza e l'esclusione crescono).
Ma, per non stare a lamentarsi/piangere/imprecare/diventare
individualisti-qualunquisti, forse e' il caso di riaprire con urgenza la
discussione interrotta ad ottobre, e coinvolgere altre realta' del piu'
vasto movimento per la nonviolenza e l'ecologia, sia rispondendo a questa
mail, sia incontrandoci a Bologna domenica 2 marzo (nella sala sindacale dei
ferrovieri, appena usciti dalla porta principale della Stazione, lato
piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette, dove c'e'
un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei carabinieri:
poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub), per verificare
se possiamo stringere i tempi della rete, fare proposte di un qualche peso
(anche) sul piano nazionale, o altro che qualcuno puo' suggerire a stretto
giro di mail.
A presto,
Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao Valpiana
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
*
Per contattare individualmente i promotori:
Michele Boato: micheleboato at tin.it
Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it
Mao Valpiana: mao at nonviolenti.org

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 148 del 19 febbraio 2008

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