Minime. 495



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 495 del 23 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Slavenka Drakulic: Lo stupro arma di guerra e crimine contro l'umanita'
2. Alessandra Farkas: Lo stupro arma di guerra e crimine contro l'umanita'
3. Claudia Mancina: Lo stupro arma di guerra e crimine contro l'umanita'
4. Marina Mastroluca: Lo stupro arma di guerra e crimine contro l'umanita'
5. Giulio Vittorangeli: Rifiuti
6. Eva Cantarella presenta "Il mondo classico" di Robin Lane Fox
7. Elena Loewenthal presenta "Eva e Adamo" di Kurt Flasch
8. Riletture: Enrico Mascheroni, Con gli occhi dei bambini
9. Riletture: Nicola Scognamiglio, Multisud
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. MONDO. SLAVENKA DRAKULIC: LO STUPRO ARMA DI GUERRA E CRIMONE CONTRO
L'UMANITA'
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 21 giugno 2008 col titolo "Prigioniere
della vergogna assassinate con lentezza".
Slavenka Drakulic e' nata nel 1949 a Fiume, giornalista e scrittrice,
laureata in letterature comparate e in sociologia all'Universita' di
Zagabria, impegnata per i diritti umani delle donne, vive a Stoccolma,
collabora con vari quotidiani e riviste internazionali. Opere di Slavenka
Drakulic: Balkan Express, Il Saggiatore, Milano 1993, 1996; Pelle di marmo,
Giunti, 1994; Il gusto di un uomo, Il Saggiatore, 1996; Come siamo
sopravvissute al comunismo riuscendo persino a ridere, Il Saggiatore, 1997;
Caffe' Europa, Il Saggiatore, 1997; Come se io non ci fossi, Rizzoli, 2000;
Funzioni strutturali dell'armonia, Il Saggiatore, 2007]

Ricordo molto chiaramente la prima donna stuprata che ho conosciuto. Era
nell'autunno del '92, vicino a Zagabria. Era una musulmana di Kozarac, in
Bosnia. Dopo alcuni mesi passati in un campo di detenzione, arrivo' a
Zagabria insieme a un gruppo di profughi. Selma (non e' il suo vero nome)
era una donna sui trentacinque anni, con capelli castani corti e occhi
azzurri. Mi racconto' la sua storia a voce bassa, quasi sussurrando: si
trovava nella sua casa con i due figli piccoli e la madre quando un gruppo
di paramilitari serbi entrarono nel suo cortile. Dissero che cercavano armi.
Ma non c'era nessuna arma, e neanche oro, perche' e' questo quello che
cercavano. Arrabbiato, un uomo l'afferro' e la spinse in camera da letto.
Poi fu raggiunto dagli altri. "Poi mi fecero quello", mi disse semplicemente
Selma, abbassando lo sguardo a fissare le mani. "Dopo, per molto tempo non
riuscii a guardare in faccia i miei figli... Mi lavavo, mi lavavo e mi
lavavo, ma il loro odore non se ne andava. Pensi, me lo fecero sul mio letto
di sposa", mi disse. Questa volta avvertii una traccia di disperazione nelle
sue parole. Non piangeva, non piu'. Ma provava vergogna e la vergogna non
l'abbandonava, dovette imparare a conviverci, e dovette farlo anche il
marito. E la societa'? Alle circa 30.000 vittime di violenze sessuali in
Bosnia non e' stato riconosciuto lo status di vittime di guerra.
Mentre lavoravo al mio libro "Non avrebbero mai fatto male a una mosca" sui
criminali di guerra dei Balcani sotto processo al Tribunale penale
internazionale per l'ex Jugoslavia dell'Aja, mi imbattei nel "caso Foca". Si
trattava di tre serbi che avevano tenuto prigioniere delle ragazze
musulmane, torturandole, riducendole a schiave sessuali e stuprandole. Ma
quegli uomini non capivano davvero perche' li stessero processando. Uno di
loro si difese dicendo: "Ma avrei potuto ucciderle!". Dal suo punto di
vista, lui le aveva effettivamente risparmiate. Stupro? che razza di crimine
e' a confronto dell'ammazzare? E' un caso molto importante, perche' la
magistrata dello Zambia, Florence Mumba, il 22 febbraio 2002 pronuncio'
contro di loro una sentenza di colpevolezza. Dragoljub Kunarac, Radomir
Kovac e Zoran Vukovic furono, nella storia giudiziaria europea, i primi
uomini condannati per tortura, riduzione in schiavitu', offese alla dignita'
umana e stupro di massa di donne musulmane bosniache giudicati come crimini
contro l'umanita'. La sentenza riconobbe che la violenza sessuale e'
un'efficacissima arma di pulizia etnica. Oltre a disonorare le donne
violentate, umilia i loro uomini, che non sono stati capaci di proteggerle.
Per questo spesso le donne erano deliberatamente violentate sotto gli occhi
dei mariti. La violenza sessuale distrugge l'intera comunita', perche' il
marchio d'infamia rimane con loro, non dimenticato, non perdonato.
Al processo del caso Foca, c'era una testimone particolare, madre di una
ragazzina di 12 anni presa prigioniera da Kovac. Kovac, un uomo sui 40 anni,
la stupro' e poi la vendette a un soldato per cento euro. Da allora, nessuno
ha piu' rivisto la ragazza. La madre venne per guardare in faccia il
criminale e testimoniare contro di lui. Ma quando si sedette sul banco dei
testimoni, non usci' neanche una parola dalla sua bocca. Solo un suono, un
ululato insopportabile di un cane ferito a morte.
Il voto al Consiglio di sicurezza dell'Onu che definisce lo stupro un'arma
di guerra non le restituira' sua figlia, nessuna risoluzione lo potra' fare.
Ma e' un momento storico perche' finalmente la violenza sessuale e'
riconosciuta come un'arma e potra' essere punita. Nessun uomo potra'
difendersi dicendo che avrebbe potuto uccidere una donna che ha
"semplicemente" stuprato, perche' lo stupro e' una sorta di lento
assassinio.

2. MONDO. ALESSANDRA FARKAS: LO STUPRO ARMA DI GUERRA E CRIMONE CONTRO
L'UMANITA'
[Dal "Corriere della sera" del 21 giugno 2008 col titolo "Lo stupro e' un
crimine contro l'umanita'" e il sommario "Unanimita'. Votata la Risoluzione
1820. Ban Ki-moon: Da parte nostra applicheremo tolleranza zero. Il New York
Times: era ora. Il Consiglio di Sicurezza: La violenza sulle donne usata
come tattica di guerra. Entro il 30 giugno 2009 il segretario generale
dovra' presentare uno speciale rapporto e rafforzare i controlli sui caschi
blu. 500.000 le donne violentate nel corso del genocidio del 1994 in Ruanda.
Durante la guerra nell'ex Jugoslavia, le donne violate tra Croazia e Bosnia
sono state 60.000. Nel Congo orientale, durante la guerra civile, in alcune
aree tre quarti delle donne sono state stuprate. Vittime. Due congolesi in
un centro per il recupero delle vittime di stupri: spesso chi ha subito
violenza per vergogna non denuncia i carnefici".
Alessandra Farkas, giornalista, nata a Roma, vive a New York, dove ha
lavorato prima come collaboratrice dell'"Europeo", poi, a partire dal 1985,
come corrispondente dagli Stati Uniti del "Corriere della Sera". Opere di
Alessandra Farkas: Pranzo di famiglia, Sperling & Kupfer, Milano 2006]

New York - La violenza carnale contro le donne e' un crimine contro
l'umanita'. Lo ha stabilito il Consiglio di Sicurezza dell'Onu che,
raccogliendo la proposta Usa, ha approvato all'unanimita' la risoluzione
1820, sponsorizzata da oltre 30 Paesi tra cui l'Italia, in cui lo stupro di
massa viene definito "una tattica di guerra per umiliare, dominare,
instillare paura, disperdere o dislocare a forza membri civili di una
comunita' o di un gruppo etnico".
Nel documento, definito "storico" da organizzazioni quali Human Rights Watch
e Amnesty International, i 15 membri dell'esecutivo Onu chiedono alle parti
coinvolte in un conflitto "l'immediata e completa cessazione di tutti gli
atti di violenza sessuale contro civili". E "l'adozione immediata di misure
per proteggere i civili, comprese donne e bambine, da tutte le forme di
violenza sessuale".
La risoluzione chiede anche al segretario generale Ban Ki-moon di presentare
uno speciale rapporto entro il 30 giugno 2009 e di rafforzare i controlli
sui caschi blu dell'Onu che in passato si sono macchiati di questo crimine
in varie regioni del mondo. "Il problema ha raggiunto proporzioni
pandemiche - ha detto Ban -. Applichero' la tolleranza zero: se scopriremo
nuovi casi non solo i responsabili, ma anche i loro superiori saranno
puniti".
Gli stupratori in zone di guerra quali l'ex Jugoslavia, il Darfur, la
Repubblica Democratica del Congo, il Ruanda e la Liberia potranno da oggi
essere giudicati davanti al Tribunale dell'Aja. Nel preambolo della 1820 si
ricorda infatti che nello Statuto di Roma, l'atto costitutivo della Corte
Penale Internazionale, "e' stato incluso un ampio ventaglio di violenze
sessuali".
"Il mondo ora riconosce che la violenza sessuale non e' solo un problema
individuale delle vittime - ha dichiarato il Segretario di Stato americano
Condoleezza Rice, che ha presieduto parte della sessione -. Ma mina la
sicurezza e la stabilita' delle nazioni". La Rice ha citato la Birmania,
"dove i militari violentano regolarmente donne e bambine anche di otto
anni". Ma il capo della diplomazia Usa ha taciuto sui tanti casi di stupro
che hanno visto coinvolti militari americani in missione all'estero.
Bastera' una risoluzione Onu per porre fine ad uno dei drammi piu' comuni e
brutali dell'era moderna? "Il vero problema di questa 'guerra nella guerra'
e' il clima di omerta' che la circonda - punta il dito Ines Alberdi,
direttrice esecutiva della Unifem - United Nations Development Fund for
Women, reduce da un viaggio di ricognizione in Africa -. Il silenzio
significa impunita'".
In un editoriale di fuoco sul "New York Times" il columnist Nicholas Kristof
ironizza sul ritardo con cui "finalmente l'Onu dedica a questa forma di
terrorismo lo stesso sdegno esibito nei confronti della pirateria di Dvd".
Sono passati infatti gia' 15 anni da quando, nel 1993, il mondo si sveglio'
una mattina, scoprendo che le forze serbe avevano istituito un network di
"campi stupro" pullulanti di donne e bambine schiave.
"Oggi nel Sudan appoggiato da Cina, Sud Africa, Libia e Indonesia, il
governo ha trasformato l'intero Darfur in un enorme campo-stupri", incalza
Kristof, secondo cui "la capitale mondiale delle violenze carnali e' il
Congo orientale, dove in alcune aree tre quarti delle donne sono state
violentate". "In guerra oggi e' piu' pericoloso essere una donna che un
soldato", dice il generale Patrick Cammaert, ex capo delle forze di
peacekeeping dell'Onu.
"Lo stupro in guerra e' vecchio quanto il mondo - gli fa eco Stephen Lewis,
ex inviato Onu in Africa -. Ma solo oggi viene deliberatamente usato come
un'arma dagli strateghi bellici, per determinare l'esito dei conflitti".
Oltre ad essere "militarmente efficace e privo di rischi", incalza Lewis,
"non causa nell'opinione pubblica la stessa indignazione provocata da
montagne di cadaveri".
Anche perche' le vittime, spesso mutilate e costrette ad una vita da
invalide, si vergognano troppo per denunciare i carnefici.

3. MONDO. CLAUDIA MANCINA: LO STUPRO ARMA DI GUERRA E CRIMONE CONTRO
L'UMANITA'
[Dal quotidiano "Il Riformista" del 21 giugno 2008 col titolo "Far la guerra
con il corpo delle donne".
Claudia Mancina e' docente di Etica dei diritti all'Universita' La Sapienza
di Roma; fa parte del Comitato nazionale di bioetica; dal 1988 al 1992 e'
stata vicedirettrice dell'Istituto Gramsci di Roma; dal 1992 al 1994 e dal
1996 al 2001 e' stata deputata al Parlamento italiano. Come studiosa si e'
occupata soprattutto di filosofia morale e politica; bioetica; femminismo; e
particolarmente del pensiero di Gramsci; di amore e famiglia nel pensiero
moderno, in particolare nel primo Romanticismo e in Hegel, a cui ha dedicato
un volume pubblicato nel 1991; dell'etica femminista, a cui e' dedicato un
volume del 2002; piu' recentemente dei temi della laicita', della tolleranza
e della ragione pubblica. Tra le opere di Claudia Mancina: La famiglia, Roma
1981; Differenze nell'eticita'. Amore famiglia societa' civile in Hegel,
Napoli, Guida, 1991; "Individualita' e conformismo in Gramsci", in
"Paradigmi", n. 36, 1994; "Tra cristologia e giusnaturalismo: la bioetica
del papa", in "Bioetica", n. 3, 1995; Praxis e pragmatismo. Tracce di James
nel pensiero di Gramsci, in AA. VV., Gramsci e il Novecento, a cura di G.
Vacca, Roma, Carocci editore, 1999; Oltre il femminismo. Le donne nella
societa' pluralista, Bologna, il Mulino, 2002; "La procreazione assistita",
in "Filosofia e questioni pubbliche", n. 3, 2005; "Laicita' e politica", in
G. Boniolo (a cura di), Laicita', Torino, Einaudi, 2006; "La cittadinanza
delle donne tra eguaglianza e differenza", in G. Fiume (a cura di), Donne
diritti democrazia, Roma, Sas, 2007]

Dagli antichi romani ai serbi, passando per i vichinghi, i lanzichenecchi, e
i liberatori sia russi che americani della seconda guerra mondiale, gli
stupri di massa da parte degli eserciti invasori sono sempre stati un
aspetto ineliminabile della guerra, quando questa dilaga nel territorio
nemico; e tanto piu' nelle guerre moderne, nelle quali il coinvolgimento
delle popolazioni civili e' totale. Come hanno sottolineato alcune storiche,
si esprime in quest'atto orribile non solo la violenza diretta alla donna
come individuo, ma anche una violenza metaforica, e tuttavia concretissima,
verso la patria del nemico: il corpo femminile da violare, da occupare come
suolo patrio, per umiliare il nemico nel modo piu' tremendo, quello
sessuale. Tanto che stupri di massa sono avvenuti anche al di fuori della
guerra (e della condizione di violenza generale che le e' propria e che ad
alcuni pare un'attenuante), come nell'occupazione francese della Ruhr dopo
la prima guerra mondiale, studiata da Emma Fattorini in un saggio compreso
in un fortunato volume su "Donne e uomini nelle guerre mondiali", curato da
Anna Bravo e appena ripubblicato da Laterza.
Un atto orribile dunque, come e' orribile ogni stupro, ma anche di piu',
perche' canalizza nella violenza sessuale questo sovraccarico di significati
aggressivi, rendendola se possibile piu' violenta. Eppure un atto che e'
spesso considerato come un "normale" atto di violenza, non piu' grave dei
tanti che vengono compiuti durante una guerra. E che tutti vengono
considerati inevitabili, e quindi quasi giustificati, dai realisti politici
che pensano che sia sciocco pretendere di porre limiti morali alla guerra.
Non c'e' da stupirsi che sugli stupri spesso cali il silenzio, complice
anche il sentimento di vergogna e di umiliazione che la popolazione cosi'
ferita scarica sulle donne, vittime due volte. Per questo la decisione del
Consiglio di sicurezza dell'Onu di considerare gli stupri come una vera e
propria "arma di guerra" e' un passo fondamentale sulla strada del
riconoscimento dei diritti umani. I soliti realisti diranno che si tratta di
parole vuote, di buone intenzioni prive di effettualita'. Non e' cosi': la
risoluzione implica che i responsabili di stupri siano perseguiti davanti al
tribunale internazionale dell'Aja, e quindi aggiunge questo ai crimini di
guerra che quel tribunale e' competente a trattare.
Ma piu' ancora del tribunale dell'Aja conta il messaggio etico che viene
diffuso con questa risoluzione. Dire che gli stupri sono un'arma di guerra
significa affermare che non possono essere considerati come casualties, come
danni collaterali, quali sono le vittime civili dei bombardamenti, ma
rientrano a pieno titolo nell'intenzione e nella tattica della guerra, con
una finalita' propria, che e' quella di umiliare e ferire la popolazione in
quanto tale, e possono essere parte di un genocidio. Chi ha assistito alle
terribili vicende della guerra bosniaca non puo' certo dubitare che sia
cosi'. E nessuno che abbia presenti le atrocita' commesse in questi anni in
Africa e in altre parti del mondo puo' dubitare che punirne i responsabili,
e rendere un po' meno terribile la guerra, sia un obiettivo tutt'altro che
secondario. Con buona pace dei soliti realisti.

4. MONDO. MARINA MASTROLUCA: LO STUPRO ARMA DI GUERRA E CRIMONE CONTRO
L'UMANITA'
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 22 giugno 2008 col titolo "Stupri arma di
guerra. Storie dall'album dell'orrore".
Marina Mastroluca e' giornalista de "L'Unita'"]

"Mi costrinsero a ballare nuda sul tavolo. Poi mi violentarono davanti a mio
figlio che aveva 10 anni. Venivano militari serbi, i soldati del Montenegro
e anche i miei vicini di casa. Abusavano di me e delle altre". E' una delle
"Zene zrtve rata", donne vittime della guerra, un'associazione nata a
Sarajevo per aiutare chi ha subito uno stupro: a trovare una casa, ad avere
assistenza e soprattutto giustizia. "Dopo la guerra abbiamo incontrato per
strada i nostri violentatori, sono ancora liberi". Liberi anche dalla
vergogna e dal disonore che pesano sulle donne stuprate, a Sarajevo come in
Africa.
A Goma, in Congo, una dottoressa canadese nel 2003 ha fondato un ospedale
che aiuta le donne stuprate. I numeri sono solo ipotizzabili, non c'e'
nessun registro. Tante donne hanno paura anche solo di raccontare che cosa
hanno subito, per non rischiare l'emarginazione sociale. Decine di migliaia
di stupri, sistematici, segnati dal marchio della diversita' etnica. In
ospedale arrivano solo i casi piu' gravi (...). Linda, 24 anni, era incinta
quando i soldati l'hanno presa in un campo. "Mi hanno stuprato. Il bambino
ha cercato di nascere ma e' morto - ha raccontato -. Perdevo urina da tutte
le parti e in queste condizioni ho raggiunto il villaggio. Tutte le case
erano bruciate, la gente uccisa, anche mia madre. Mi ha raccolto una
cognata. Mio marito si e' sposato con un'altra. Ora sono sola".
La vergogna, la solitudine. Persino la condanna: in Sudan le donne rischiano
di essere incriminate di "zina", adulterio, se denunciano uno stupro: la
pena e' la lapidazione. E le violenze dei janjaweed, i diavoli a cavallo che
seminano il terrore nel Darfur in stretta collaborazione con le truppe
governative sudanesi, sono pane quotidiano. Qui sono le milizie arabe,
altrove hanno avuto altri nomi e stesse strategie. In Ruanda erano gli
interahmwe, i ribelli hutu ispirati dalla Radio delle mille colline ad
annientare l'etnia tutsi. Non una casualita', non l'effetto collaterale di
un delirio di violenza. Lo stupro di guerra da tempo e' altro.
Jean-Paul Akayesu era il sindaco della citta' ruandese di Taba. E' stato il
primo ad essere condannato all'ergastolo, nel 1998, per il massacro di
duemila tutsi rifugiati nel municipio di Taba e per stupro. Il Tribunale
internazionale per i crimini commessi in Ruanda allora per la prima volta
individuo' la catena di comando che da un unico centro diramava la violenza
in mille rivoli: lo stupro collettivo venne associato al genocidio, perche'
diretto a cancellare una etnia. Ad umiliare, distruggere, devastare una
comunita' intera attraverso il corpo delle donne. Cinquecentomila stupri in
poco piu' di tre mesi di follia sanguinaria, hutu contro tutsi, un milione
di morti a testimoniare l'inerte impotenza dell'Onu. E un Tribunale per
cercare di ricondurre la tragedia ad un universo comprensibile, dove si
chiede ragione delle atrocita' commesse. Almeno a qualcuno.
22 febbraio 2001. La guerra di Bosnia e' finita da sei anni, la Serbia di
Milosevic e' stata sconfitta anche in Kosovo. Nascoste dietro una tenda,
donne identificate solo con numeri, raccontano e puntano l'indice contro gli
uomini alla sbarra. Donne ridotte a schiave sessuali, spesso solo ragazzine.
Per la prima volta lo stupro e' definito crimine contro l'umanita' da un
Tribunale internazionale. I serbo-bosniaci Zoran Vukovic, Radomir Kovac e
Dragoljub Kunarac vengono condannati a 12, 20 e 28 anni di carcere per le
violenze sistematiche di Foca, dove il centro sportivo Partizan era stato
trasformato in un bordello. Zoran, Radomir, Dragoljub: non era scontato
riuscire a scrivere un giorno i loro nomi.
Stupro etnico, un'arma di guerra come tardivamente ha riconosciuto in questi
giorni il Consiglio di sicurezza dell'Onu, con la risoluzione 1820.
Ammettendo quello che le cronache dell'ultimo quindicennio di guerre -
Bosnia, Ruanda, Congo, Darfur - hanno raccontato allo sfinimento: che lo
stupro di guerra non rientra in nessuna storica normalita', non e' solo la
prepotenza del vincitore. Ma l'arma di conflitti dove i civili sono il primo
e vero obiettivo, la mina che continuera' a perseguitare le generazioni a
venire. Il 70% delle donne stuprate in Ruanda ha contratto l'Aids, in molti
casi il contagio e' stato intenzionale ed ha finito per devastare anche le
famiglie dei sopravvissuti. Nessuna anagrafe ha tenuto il conto dei figli
imposti a forza alle donne bosniache stuprate. Chi ha potuto, ha abortito.
Tante hanno abbandonato i neonati, testimoni incolpevoli della violenza
subita dalle madri: ordigni anche loro di guerre che non hanno piu' una
linea del fronte.

5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: RIFIUTI
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Abbiamo assistito in questi ultimi mesi ad un'esposizione mediatica del
problema rifiuti, si pensi (solo per fare un esempio) al divieto di
esportazione per la mozzarella di bufala campana perche' contenente
diossina; fino ad assumere una dimensione piu' ampia e profonda di quella
locale, fino a porre una questione radicale sul senso della civilta'. Che
riguarda tutti, da sud a nord.
La regione Campania e' diventata il paradigma di questa nostra civilta', con
il massacro del suo territorio. Dagli allevatori che vedono morire le
proprie pecore per diossina, ai contadini che coltivano le terre inquinate
per la vicinanza di discariche. Perche' la diossina uccide gli animali, i
liquami tossici delle discariche abusive infettano la terra, i fumi dei
rifiuti inceneriti anneriscono i polmoni.
Inesorabilmente questa morte lenta avanza; e assieme al paesaggio e
all'aria, finiscono sporcati la storia, la cultura e l'antropologia di
un'intera regione. Muoiono la terra, l'aria e l'acqua, e muore con loro la
dignita' di quelle persone che sul lavoro dei campi e l'allevamento del
bestiame fondano non soltanto la propria, scarsa, ricchezza, ma anche il
senso della propria vita. Abbiamo iniziato a vedere queste orrende
storpiature quando e' scoppiato il "caso rifiuti" in Campania, quando le
troupe televisive, con i loro reportage, hanno documentando la distruzione
del paesaggio e la condanna a morte di un pezzo d'Italia.
Ha contribuito anche il successo, del libro prima e del film poi, di
"Gomorra", e anche se in misura minore il documentario "Biutiful Cauntri"
(regia e sceneggiatura di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio, Giuseppe
Ruggiero) presentato e premiato all'ultimo Festival di Torino. Da essi sono
ripresi i dati citati nel presente articolo.
Entrambi puntuali nelle loro ricostruzioni, con le accuse circostanziate e
le dimostrazioni inattaccabili. Ricordano fin dall'inizio che la
proclamazione dello stato di emergenza nella zona data dal 1994, e che i
commissari straordinari avvicendatisi nel tempo sono ormai sette. Ma intanto
i rifiuti hanno continuato ad accumularsi e le discariche abusive a
moltiplicarsi, senza contare i 35 milioni di metri quadrati occupati da
"ecoballe" che non possono essere smaltite perche' contengono materiali
tossici. Le ha prodotte la ditta vincitrice dell'appalto per la raccolta e
il trattamento dei rifiuti (con una proposta economica incredibile), la
quale non solo non ha mai fatto quello che aveva promesso, ma si trova
attualmente coi suoi dirigenti sotto processo, assieme ai maggiori
rappresentanti politici locali, tutti rinviati a giudizio.
1.200 le discariche abusive di rifiuti censite nella regione Campania (in
realta' probabilmente molte di piu', perche' spuntano come funghi), e sullo
sfondo una camorra imprenditrice che usa camion e pale meccaniche al posto
delle pistole. Una camorra, quindi, comprensiva di colletti bianchi,
imprenditoria deviata ed istituzioni colluse, protagonista di un'attivita'
violenta che sta provocando piu' morti, lente nel tempo, di qualsiasi altro
fenomeno criminale.
L'intero hinterland napoletano di Acerra, Qualiano, Giugliano e Villaricca
si e' trasformato negli anni (nei decenni) in una specie di grande cloaca;
vero smaltimento abusivo dei rifiuti provenienti dal cinismo imprenditoriale
del nord Italia.
E' un quadro apparentemente disarmante, eppure non c'e' solo rassegnazione;
c'e' una realta' locale che giornalmente si oppone al piano criminoso che
sta alle spalle dello smaltimento dei rifiuti nel napoletano, piano
criminoso che intreccia camorra, imprenditori, personaggi degli apparati
pubblici e che conta un giro d'affari miliardario. E c'e', piu' in generale,
da ripensare un modo di produrre e consumare che non solo oramai soffoca
(non solo metaforicamente) le nostre citta', ma che e' alla base delle
poverta' di interi popoli e conseguentemente anche delle migrazioni di
massa.

6. LIBRI. EVA CANTARELLA PRESENTA "IL MONDO CLASSICO" DI ROBIN LANE FOX
[Dal "Corriere della sera" del 21 novembre 2007 col titolo "Se il mondo
classico spiega la democrazia e la Guerra Fredda" e il sommario "Storia.
Robin Lane Fox e l'attualita' del pensiero greco e latino".
Eva Cantarella, docente universitaria di diritto romano e di diritto greco;
ha pubblicato molte opere sulla cultura antica ed e' autrice di fondamentali
ricerche sulla condizione della donna nelle culture antiche.
Dall'enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo la
seguente scheda: "Nata nel 1936 a Roma, Eva Cantarella si e' laureata in
giurisprudenza nel 1960 presso l'universita' di Milano. Ha compiuto la
propria formazione postuniversitaria negli Stati Uniti all'Universita' di
Berkeley e in Germania all'universita' di Heidelberg. Ha svolto attivita'
didattica e di ricerca in Italia presso le universita' di Camerino, Parma e
Pavia e all'estero all'Universita' del Texas ad Austin ed alla Global Law
School della New York University. E' professore ordinario di Istituzioni di
diritto romano presso la facolta' di giurisprudenza dell'universita' di
Milano, dove insegna anche diritto greco. Partendo dalla ricostruzione delle
regole giuridiche, le ricerche di Eva Cantarella, sia in campo romanistico
che grecistico, tendono da un lato a individuare la connessione tra le
vicende politiche ed economiche e la produzione normativa, e dall'altro a
verificare la effettivita' delle norme stesse, analizzando lo scarto tra
diritto e societa', la direzione di questo scarto e le ragioni di esso". Tra
le opere di Eva Cantarella: La fideiussione reciproca, Milano 1965; Studi
sull'omicidio in diritto greco e romano, Milano 1976; Norma e sanzione in
Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco, Giuffre', Milano 1979;
L'ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell'antichita' greca e
romana, Editori Riuniti, Roma 1981; Tacita Muta. La donna nella citta'
antica, Editori Riuniti, Roma 1985; Pandora's Daughters, Bpod, 1987; Secondo
natura. La bisessualita' nel mondo antico, Editori Riuniti, Roma 1988; I
supplizi capitali in Grecia e a Roma, Rizzoli, Milano 1991; Diritto greco,
Cuem 1994; Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, Feltrinelli,
Milano 1996; (con Giulio Guidorizzi), Profilo di storia antica e medievale,
Einaudi Scuola, 1997; Pompei. I volti dell'amore, Mondadori, Milano 1998;
(con Luciana Jacobelli), Un giorno a Pompei. Vita quotidiana, cultura,
societa', Electa, Napoli 1999; Storia del diritto romano, Cuem, 1999;
Istituzioni di diritto romano, Cuem, 2001; (con Giulio Guidorizzi), Le
tracce della storia, Einaudi Scuola, 2001; Itaca. Eroi, donne, potere tra
vendetta e diritto, Feltrinelli, Milano 2002; (con Lorenzo Gagliardi,
Marxiano Melotti), Diritto e sessualita' in Grecia e a Roma, Cuem, 2003;
(con Giulio Guidorizzi), L'eredita' antica e medievale, Einaudi Scuola,
2005; L'amore e' un dio, Feltrinelli, Milano 2006; Il ritorno della
vendetta, Rizzoli, Milano 2007; altre opere a destinazione scolastica: (con
Giulio Guidorizzi), Corso di storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con
Giulio Guidorizzi), Il mondo antico e medievale, Einaudi Scuola; (con Giulio
Guidorizzi), La cultura della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola; (con
Giulio Guidorizzi), Lo studio della storia. Laboratorio, Einaudi Scuola;
(con Giulio Guidorizzi), Storia antica e medievale, Einaudi Scuola; (con
Giulio Guidorizzi), Antologia latina, Einaudi Scuola; (con Giulio
Guidorizzi, Laura Pepe), Letteratura e storia di Roma antica. Antologia
degli autori latini, Einaudi Scuola; (con G. Martinotti), Cittadini si
diventa, Einaudi Scuola; (con E. Varni, Franco Della Peruta), La memoria
dell'uomo, Einaudi Scuola.
Robin Lane Fox e' docente di storia antica ad Oxford e scrittore. Tra le
opere di Robin Lane Fox: Pagani e cristiani, Laterza, 1991; Alessandro
Magno, Einaudi, 1997; Il mondo classico. Storia epica di Grecia e di Roma,
Einaudi, 2007]

Non e' facile leggere un saggio di storia con il piacere con cui si legge un
bel romanzo: anzi, e' molto difficile. Ma e' quel che capita a chi inizia a
leggere il nuovo libro di Robin Lane Fox, docente di storia antica a Oxford
e gia' noto al pubblico italiano per il saggio su Alessandro Magno,
pubblicato da Einaudi, su cui si basa il film del 2004 di Oliver Stone. Il
titolo del libro e' Il mondo classico. Storia epica di Grecia e di Roma.
Nella prefazione, Fox ricorda che, per i romani, i classici erano i
cittadini iscritti nella prima classe del censo: e ancora oggi, commenta,
l'arte e la letteratura, il pensiero, la filosofia e la vita politica dei
greci e dei romani sono "di prima classe". Vien da pensare, leggendolo, che
la miglior definizione di classico la diede Tucidide, quando defini' la sua
opera ktema es aei, una ricchezza, un bene destinato a durare per sempre.
Il mondo classico e' quello al quale continuiamo a rivolgerci perche',
ponendo domande sul presente, aiuta a leggerlo (anche se ovviamente in
prospettiva diversa a seconda dei punti di vista dell'interprete). Un
esempio, forse il migliore: la guerra del Peloponneso. Durante la Guerra
Fredda, la contrapposizione Atene-Sparta era la lente abituale per esaminare
la situazione politica. Di recente, e' stata usata per giustificare la
guerra preventiva e discutere la possibilita' di "esportare la democrazia".
Ma torniamo a Fox: una storia del mondo classico non e' impresa da poco, e
spesso e' di lettura non facilmente digeribile.
La storia di Fox invece appassiona: a scriverla e' un grande narratore, e a
rendere la sua lettura un vero romanzo (senza nulla togliere alla
scientificita' della ricerca) contribuisce la scelta del metodo. Dopo aver
individuato tre temi cari agli antichi - liberta', giustizia e lusso - Fox
segue la loro evoluzione da Omero in avanti, concentrando l'attenzione
sull'Atene del V e IV secolo a.C. e su Roma al tempo di Giulio Cesare e
Augusto. A legare il tutto, il rapporto tra il mondo classico e l'imperatore
piu' classicheggiante, Adriano.
La liberta', dunque: cominciamo da questa. In Omero significava non essere
vinti e asserviti dai nemici; nelle costituzioni cittadine diventa,
all'interno della comunita', lo status privilegiato di alcuni, per questo
diversi dagli schiavi. Ma cosa voleva dire essere liberi? Avere liberta' di
parola, o di religione, o di vivere come si voleva? In questo caso, entro
quali limiti? Ai tempi di Adriano si discuteva questo tema, controverso non
meno di quello della giustizia. Cosa fosse "giusto" fu tema ampiamente
dibattuto dai filosofi, cosi' come il sistema che poteva farsene garante: la
democrazia ateniese, che la affidava a giurie di cittadini scelti a sorte, o
un governante, magari imperatore, come Adriano? E il lusso?
Nonostante le leggi che cercarono di limitarlo, il lusso crebbe nel corso
dei secoli: con l'aiuto dell'archeologia, dice Fox, a partire dal lusso si
potrebbe scrivere un'intera storia dei cambiamenti culturali. E a proposito
di lusso si diverte chiedendosi cosa sarebbe successo se invece del pio,
morigerato (e noiosissimo) Augusto, avesse vinto Marco Antonio: Orazio non
sarebbe stato costretto a scrivere le sue poesie moraleggianti, Ovidio non
sarebbe morto in esilio... Fox puo' permettersi anche di divertirsi con la
storia fatta con i "se". Ma attenzione, non scrive solo di lusso e delle
elite. I mondi presi in esame sono analizzati da molti punti di vista. Del
mondo arcaico, ad esempio, non illustra solo pratiche aristocratiche come il
simposio o la pederastia. Descrive la nascita delle colonie greche,
soffermandosi sulla cultura e la mentalita' di chi le abitava, sui loro
culti. Parla dei tiranni e delle prime leggi.
Ultima osservazione: a differenza dalle storie che, in misura diversa,
presentano il mondo classico in una sorta di vuoto, che cancella i molti
debiti verso le altre civilta', quella di Fox inizia ricordando che "i greci
e i romani presero molte cose in prestito da altre culture, l'iraniana, la
fenicia, l'egizia e l'ebraica, per citarne alcune". Piace particolarmente,
una simile posizione, in un momento in cui una parte sia pur minoritaria
della storiografia sul mondo antico e' passata dal rifiuto di ammettere i
debiti verso l'Oriente, all'eccesso opposto di diminuire (nei casi estremi
negare) la grandezza delle conquiste intellettuali della Grecia e di Roma.

7. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "EVA E ADAMO" DI KURT FLASCH
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 15 settembre
2007, col titolo "Qui si scagiona la povera Eva" e il sommario "Quando nella
Genesi Dio proibisce di 'mangiare la mela', si rivolge ad Adamo, lei ancora
non e' stata creata: un saggio di Flasch che va ben oltre il peccato
originale".
Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a
Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce
letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio
speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa"
e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il
rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti
e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del
premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena
Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini
& Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani,
Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le
altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; con Giulio Busi
ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal
III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando
l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis
Ginzberg.
Kurt Flasch e' professore emerito di filosofia all'Universita' di Bochum e
membro dell'Accademia dei Lincei. Tra le opere di Kurt Flasch: Agostino
d'Ippona. Introduzione all'opera filosofica, Il Mulino, Bologna 1983;
Introduzione alla filosofia medievale, Einaudi, Torino 2002; Niccolo' Cusano
e il suo tempo, ETS, Pisa 2005; Eva e Adamo, Il Mulino, Bologna 2007]

Difficile credere che sia solo una questione d'ordine alfabetico. Fatto sta
che, per rispetto di una gerarchia vecchia (quasi) quanto il mondo, la
nominazione della prima coppia umana prevede sempre prima il signore, cioe'
lui: Adamo. Frutto della terra, in ebraico adamah, uomo generato dall'humus,
che significa poi la stessa cosa. Eva invece viene dopo. Forse perche',
proprio lei genitrice di tutta l'umanita' a venire, e' destinata ad arrivare
per buona ultima nella sequenza della creazione. Forse perche', come ci
spiega Kurt Flasch in Eva e Adamo. Metamorfosi di un mito (traduzione di
Tomaso Cavallo per Il Mulino, pp. 152, euro 13), quell'amaro boccone e'
costato molto caro non solo a lei, la prima donna. Ma anche e soprattutto
alle altre che seguirono a miriadi.
Se infatti, come dice Ambrogio Autperto nel secolo VIII, Eva fu l'autrix
peccati - madre non solo di quello ma di tutti i peccati - cio' che
significa che, in senso lato, della donna non ci si puo' fidare. E questo
presupposto ha giustificato, per secoli e millenni, lo stato di sudditanza
in cui le nipoti di Eva hanno vissuto. La presunta inferiorita' della donna,
con tutto cio' che ha comportato in termini di vessazioni, trovo' proprio
nella (breve) storia del paradiso terrestre la sua pezza d'appoggio. Il
libro di Flasch, che e' professore emerito di filosofia all'universita' di
Bochum, e' un ampio excursus in questa storia con un occhio alla teologia e
uno all'arte.
Certo e' che questo episodio biblico e' entrato come nessun altro
nell'immaginario, nella coscienza della cultura occidentale. L'approccio di
Flasch e' interessante proprio per questa sua ampia interdisciplinarieta',
ma anche perche' non fa del peccato originale l'unico nucleo ideologico di
questa storia. Prima e dopo di esso c'e' infatti una sorta di "psicologia
atavica" sulla quale riflettere. Non a caso la tradizione ebraica non danna
affatto la prima coppia, anzi quasi la santifica: dalla loro tomba a Hebron
i corpi di Eva e Adamo emanano un soave profumo, proprio come capita agli
eroi piu' positivi dell'epopea sacra. Il boccone del frutto proibito e' il
presupposto dell'umanita': senza di esso nulla sarebbe successo ed Eva e
Adamo, eterni come il loro giardino, avrebbero finito per annoiarsi. Senza
contare un dato non irrilevante, che scagiona la nostra povera madre da
(quasi) tutte le sue colpe: quando Dio impartisce il divieto di
quell'assaggio ("Tu puoi mangiare di ogni albero del giardino, ma
dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangerai", sta
scritto in Genesi 2, 16-17), lei ancora non esiste. Sara' creata soltanto
qualche versetto piu' in la' e, a distanza di tanto tempo, in fondo, ci si
puo' proprio prendere il lusso di immaginarla mentre spalanca i suoi
innocenti occhi sul mondo che di li' a poco la vedra' combinare un grosso
guaio. Senza farlo apposta, pero'.

8. RILETTURE. ENRICO MASCHERONI: CON GLI OCCHI DEI BAMBINI
Enrico Mascheroni, Con gli occhi dei bambini, Emi, Bologna 2000, pp. 128,
lire 25.000. Con il patrocinio dell'Unicef un libro fotografico che
documenta la drammatica condizione dei bambini nelle aree di crisi del
mondo. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4, 40128
Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it,
stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it

9. RILETTURE. NICOLA SCOGNAMIGLIO: MULTISUD
Nicola Scognamiglio, Multisud. Una classe all'opera tra nuove tecnologie e
nuove educazioni, Emi, Bologna 1999, pp. 128, lire 29.000. Ragazze e ragazzi
di una scuola media superiore realizzano un ipertesto multimediale per
l'educazione interculturale, la comprensione del rapporto nord/sud, scelte
di giustizia e di condivisione. Uno strumento per l'impegno didattico contro
il razzismo. Per richieste alla casa editrice: Emi, via di Corticella 179/4,
40128 Bologna, tel. 051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis at emi.it,
stampa at emi.it, ordini at emi.it, sito: www.emi.it

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 495 del 23 giugno 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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