Minime. 583



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 583 del 19 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Geremia Cattristi: Vicenza oggi e' per tutti una speranza
2. Il silenzio delle vittime
3. "Peacereporter": Anche oggi la solita strage "per sbaglio"
4. Presentazione di "Controparola"
5. Marina Verzoletto: Arturo Toscanini
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. LE ULTIME COSE: GEREMIA CATTRISTI: VICENZA OGGI E' PER TUTTI UNA SPERANZA
[In vista del referendum del 5 ottobre a Vicenza per impedire la
realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin" anche il nostro vecchio
amico Geremia Cattristi ha scritto queste righe di amicizia e sostegno alle
persone vicentine impegnate per la pace, la legalita' costituzionale, il
diritto alla vita dell'umanita' intera (per informazioni sul referendum del
5 ottobre a Vicenza si visiti il sito: www.dalmolin5ottobre.it]

Vicenza oggi e' per tutti una speranza
di opporre pace e bene a guerre e stragi.
Se il 5 ottobre fermera' la danza
macabra del riarmo, e dei malvagi

seminator di morte la baldanza,
sara' quel voto il miglior dei presagi
di una civile convivenza, usanza
dono piu' grande di quei dei re magi.

Vicenza che resistere ha saputo
a chi voleva farne un arsenale
e la spelonca da cui esce il bruto

a far scempio del mondo e sparger male,
Vicenza al male opponga il suo rifiuto
e salvi col suo voto cio' che vale.

2. EDITORIALE. IL SILENZIO DELLE VITTIME

Poiche' le persone assassinate non possono piu' parlare, e' cosi' facile
dimenticare le vittime.
*
Come le vittime della guerra terrorista e stragista in Afghanistan. Le
vittime della guerra cui l'Italia partecipa in flagrante violazione della
nostra legge fondamentale, la Costituzione della Repubblica Italiana. Le
vittime uccise anche dalla nostra complicita' con la guerra, dalla nostra
indifferenza per i massacri, dalla nostra quieta ferocia.
*
Cessi la partecipazione italiana alla guerra.
Cessi la nostra violazione del diritto internazionale e della legalita'
costituzionale.
Cessi la nostra complicita' con le stragi.

3. AFGHANISTAN. "PEACEREPORTER": ANCHE OGGI LA SOLITA STRAGE "PER SBAGLIO"
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riportiamo la seguente
"breve" del  18 settembre 2008 col titolo "Governatore di Chora ucciso per
sbaglio dalla Nato"]

La polizia afghana ha accusato oggi la Nato di aver ucciso il governatore
del distretto di Chora, nella provincia di Oruzgan, nel sud
dell'Afghanistan. La Nato assicura che indaghera' sull'accaduto. Il
portavoce della polizia provinciale Gulab Khan ha fatto sapere che il
governatore Rozi Khan e altre due persone, che erano con lui, sono stati
uccisi da colpi di arma da fuoco mentre andavano in aiuto di un loro amico,
convinto che la casa fosse stata circondata dai talebani. I soldati delle
forze internazionali hanno scambiato il governatore e gli altri due uomini
per dei talebani e hanno sparato contro di loro. "Indagheremo
sull'incidente", si e' limitato a dire un responsabile dell'Isaf nel
quartiere generale di Kabul. "E' una grave perdita" frutto di un "malinteso
tra i militari afghani e le truppe internazionali", ha dichiarato il
presidente Karzai. L'incidente rende ancora piu' aspra la polemica tra le
autorita' afghane e la Nato e le forze internazionali sotto la guida Usa
sull'aumento degli "errori" commessi dalle truppe internazionali in
Afghanistan.

4. ESPERIENZE. PRESENTAZIONE DI "CONTROPAROLA"
[Dall'utile sito "Controparola. Donne per..." (www.controparola.it)
riprendiamo la seguente breve scheda di autopresentazione]

Chi siamo
Di fronte alle vecchie ingiustizie e alle nuove discriminazioni, di fronte
alle vecchie intolleranze ideologiche e alle nuove disparita' sociali, di
fronte a una strisciante misoginia dai tratti apparentemente innocui e
festosi che si sta diffondendo nel mondo intero, un gruppo di donne che ha
in comune lo strumento della parola scritta, decide di coalizzarsi per
creare una forza di reazione, di analisi comuni e di proposte che possano
servire da traino per un mondo femminile spesso troppo frammentato e
insicuro, poco fiducioso nelle proprie idee e nei propri pensieri.
Controparola vuole proporre parole e pensieri che si riconoscano autonomi e
reattivi, al di la' di ogni ideologia, di ogni norma, di ogni pregiudizio,
per una presa di coscienza femminile che e' conquista della memoria e
testimonianza della propria identita'. Vuole essere osservazione sul campo e
denuncia dei ritardi e delle umiliazioni che le donne devono affrontare per
farsi strada in un mondo ancora dominato da ingombranti padri simbolici.
*
Il gruppo Controparola e' nato nel 1992. All'inizio eravamo un piccolo
nucleo di giornaliste e scrittrici appassionate, allora come oggi, ad un
argomento che ci sta molto a cuore: donne e comunicazione. Il nucleo
iniziale era composto da Daniela Brancati, Maria Rosa Cutrufelli, Elena
Doni, Elena Gianini Belotti, Laura Lilli, Dacia Maraini, Anna Maria Mori,
Elisabetta Pandimiglio, Loredana Rotondo, Cristiana di San Marzano, Paola
Sensini, Chiara Valentini. Altre se ne sono aggiunte poco dopo: Paola
Gaglianone, Lia Levi, Carla Ravaioli, Mirella Serri, Marina Addis Saba,
tuttora presenti; e poi Anna Maria Guadagni, Sandra Petrignani, Rossella
Lama, Gabriella Turnaturi, Waleska von Roques, che non sono piu' venute per
ragioni diverse, mentre una se n'e' andata per sempre, Marisa Rusconi,
scomparsa immaturamente. Negli ultimi anni sono arrivate a Controparola
Giuliana Sgrena, Nadia Pizzuti, Maria Serena Palieri, Simona Tagliaventi,
Francesca Sancin.

5. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: ARTURO TOSCANINI
[Dal mensile "Letture", n. 618, giugno-luglio 2005, col titolo "Arturo
Toscanini" e il sommario "Talento musicale precoce, nella sua lunga carriera
porto' a livelli altissimi le istituzioni musicali da lui guidate. Anche
grazie al suo focoso temperamento, che non ammetteva compromessi con la
purezza dell'arte"]

Qualche sociologo della musica dovrebbe indagare sulle ragioni per cui
l'Italia, paese del melodramma che sconta un pesante ritardo quanto a
cultura sinfonica, e' stata ed e' ancora fucina di grandi direttori
d'orchestra. Nella storia dell'interpretazione, iniziatore e protagonista
dell'epoca moderna e' un italiano: Arturo Toscanini. Oggi non e' facile
percepire la modernita' di Toscanini, proprio perche' lo ascoltiamo avvezzi
a prassi per noi ovvie, ma che tali non erano affatto prima che egli le
imponesse. Ancor piu' difficile e' un giudizio estetico documentato ed
equilibrato su un'avventura musicale straordinaria per durata e densita'.
Possiamo ricostruirne le vicende esteriori, ma ci sfugge la pienezza
dell'arte, perche' fissata su disco e' soprattutto l'ultima fase, e comunque
con strumentazioni tecniche che non hanno salvato la qualita' del suono,
eccezionale secondo fonti non sospettabili di piaggeria ne' di incompetenza.
Altro tratto moderno di Toscanini fu il coinvolgimento nella realta' storica
e politica. Fanaticamente devoto alla missione musicale, con la stessa
energia morale posta nella ricerca della perfezione esecutiva rifiuto' ogni
compromesso che asservisse l'arte sua a un potere irrispettoso dell'uomo.
Magnanimita' che permette indulgenza per le mediocrita' che pure non
mancano, la fragilita' passionale, il temperamento collerico, la precaria
moralita' della sua vita sentimentale e familiare.
*
Un esordio romanzesco
I grandi maestri dell'area germanica, dove la musica classica e' parte
essenziale del patrimonio culturale condiviso, venivano spesso da un milieu
familiare di alta borghesia intellettuale: Furtwaengler, per esempio, era
figlio di un celebre archeologo. Nell'Italia dell'Ottocento, invece, i
musicisti professionisti erano perlopiu' reclutati tra le classi popolari:
nei ceti superiori non si riteneva dignitoso andare al di la' del
dilettantismo, pur inteso nel senso migliore del termine. A distanza di
oltre mezzo secolo l'uno dall'altro, affinita' biografiche non casuali
legano il piu' grande compositore italiano, Verdi, e il suo massimo
interprete.
A Verdi, per vicinanza geografica oltre che per i successivi meriti del
direttore, si pensa subito quando si cerca di delineare l'ambiente nel quale
Toscanini fu educato alla musica. Ma il quadro e' piu' complesso e
articolato. A Parma il melodramma giocava certamente un ruolo primario e
senza sorprese apprendiamo che a quattro anni il piccolo Arturo ebbe il suo
battesimo teatrale assistendo alla rappresentazione di Un ballo in maschera.
Ma Parma non era solo Verdi e lirica. Era un vivaio di strumentisti,
soprattutto di archi: vi aveva studiato persino Paganini. Le prime parti
dell'ex Orchestra Ducale, che lo stesso Paganini riteneva fra le migliori in
Italia, formavano il corpo docente della Regia Scuola di Musica
(Conservatorio dal 1888), fondata nel 1768 e ospitata nel vecchio convento
del Carmine. Era un piccolo convitto e accoglieva figli di famiglie povere,
ai quali le doti musicali offrivano una prospettiva professionale. Tale era
la condizione di Toscanini, quando nel 1878 vi entro', a seguito di regolare
seppur sgrammaticata istanza del padre Claudio, ex garibaldino in blanda
fama di repubblicano sovversivo, o piuttosto di eccentrico dalla vita
disordinata e avventurosa.
Nella scuola, guidata - nomen omen - da Giusto Severo Pertinace Dacci,
Toscanini rimase fino al 1885, quando ne usci' diplomato con il massimo dei
voti, lode distinta e primo premio in violoncello e in composizione.
Compagni e maestri si erano presto resi conto delle sue doti fuori del
comune: la memoria fenomenale, che gli permetteva di apprendere qualsiasi
partitura con estrema facilita', e lo spirito critico, che gli guadagno' il
nomignolo di "forbson" (forbicione). Nell'ultimo anno di corso Dacci non
esito' ad affidargli l'incarico di insegnante aggiunto di armonia. Intanto
aveva iniziato la professione suonando e dirigendo composizioni proprie e
altrui. E fu un impresario teatrale di Carpi, Claudio Rossi, a reclutarlo,
ancora diciannovenne, per la sua compagnia d'opera in partenza per il
Brasile, come primo violoncello e maestro sostituto del coro. Il fido
maestro sostituto sapeva tutte le partiture a memoria. Ma si puo' dubitare
che Rossi fosse cosi' previdente da sceglierlo per questo. Comunque, non era
un'armata Brancaleone: tra i cantanti figuravano nomi celebri, come Lherie,
il primo Don Jose' nella Carmen.
Nel burrascoso esordio si coglie la sconcertante precarieta' che
caratterizzava il mondo della lirica e del concertismo "ante Toscanini". La
compagnia e il direttore, il brasiliano Leopoldo Miguez, si conobbero a San
Paolo. Niente prove, o quasi. Incompetente e presuntuoso, Miguez si scontro'
con i musicisti italiani; il pubblico passo' dall'iniziale freddezza alla
contestazione aperta. A Rio, dopo un'Aida e un Faust tempestosi, Miguez
diserto' la successiva replica verdiana, contando sulla solidarieta'
patriottica per gustarsi la vendetta contro gli "stranieri". In effetti il
sostituto Superti non riusci' nemmeno a dare l'attacco, sommerso dai fischi.
Restava quel giovane violoncellista, che nelle ripetizioni al pianoforte
accompagnava i cantanti a memoria. "Ch'al vaga su lu, Toscanen!", supplico'
la corista Leoni. La sorpresa per il ragazzo sul podio ottenne quel tanto di
silenzio che basto' per far partire la musica e per passare dal fiasco
all'apoteosi.
*
Un talento incontentabile
Promosso sul campo direttore per il resto della tournee, tornato in Italia
Toscanini non cesso' di considerarsi, come si sarebbe poi definito,
l'"eterno principiante": si mise a cercare un posto di violoncellista in
un'orchestra. Furono due cantanti di Rossi, il russo Nikolaj Figner e la
moglie Medea Mej, a riportarlo verso il podio, organizzandogli un'audizione
alla Scala, presenti il direttore Franco Faccio, l'editore Giulio Ricordi e
l'impresario Carlo D'Ormeville. Sempre i Figner lo presentarono a Giovannina
Lucca, che come editrice rivale di Ricordi stava conducendo la difficile
battaglia per far conoscere Wagner in Italia. E di Wagner Toscanini,
malgrado il retaggio verdiano, era innamorato. Figner ottenne per Toscanini
un secondo, piu' prestigioso debutto: dirigere al Carignano di Torino Edmea,
opera quasi nuova di Alfredo Catalani, astro nascente del melodramma
italiano e cavallo di razza della scuderia Lucca. Fu l'inizio di un'amicizia
durata fino alla precoce scomparsa del compositore (1893); e fu il vero
lancio della carriera di Toscanini.
Le tappe seguenti si succedettero rapide, sullo sfondo dell'Italia di fine
Ottocento, tra il vecchio Verdi e il giovane Puccini, Wagner faceva meno
paura e s'affacciava Richard Strauss. Tra il 1886 e il 1895 si colloca
un'intensa gavetta, tra citta' importanti e compagnie di provincia in tutta
Italia e anche al Liceu di Barcellona. Maturo' fin da allora la
determinazione a battersi contro tutte le forme di malcostume imperanti nel
mondo della lirica. Una determinazione che si inscriveva in una personalita'
indomita, che di fronte al solo Verdi pote' sentire qualche timore
reverenziale; non, per esempio, di fronte al pur famoso Mascagni. Basta
leggere la lettera aperta pubblicata sulla "Tribuna di Roma" nel 1892,
quando Toscanini debutto' al Costanzi: "Il 'Fanfulla' vorrebbe far credere
che sono stato io a offrire spontaneamente al Mascagni l'onore di dirigere I
Rantzau (nuova opera di Mascagni, in prima locale a Roma, ndr). Cio' non e'
vero. Questo onore, lungi da cederlo, io l'avrei tenuto e mi sarei sentito
in grado, e cio' senza nessuno sforzo, di corrispondere pienamente, anche
data la ristrettezza del tempo; ma il Mascagni ha voluto riserbare a se'
l'onore delle prime tre rappresentazioni. Dal canto mio lo prego a volerselo
riserbare anche per le successive" (p. 33 dell'epistolario a cura di Harvey
Sachs; d'ora in poi citato come Lettere). L'episodio puo' aiutare a capire
perche', molti anni dopo, Toscanini ricordasse: "Allora nessuno mi voleva
come direttore d'orchestra, e passavo lunghi mesi inoperoso per gli altri...
Non mi negavano un certo talento - ma li spaventava il mio caratteraccio e
la mia incontentabilita'" (Lettere, pp. 35-36).
Il "caratteraccio" non impedi' a Toscanini di farsi strada, cogliendo
clamorosi successi, come la prima dei Pagliacci di Leoncavallo (Teatro Dal
Verme di Milano, 1892). Gli "anni di galera" possono considerarsi conclusi
nel 1895, quando assunse la carica che oggi diremmo di direttore artistico
al Teatro Regio di Torino. Significativa fu l'opera scelta per inaugurare la
"sua" stagione: Il crepuscolo degli dei di Wagner, alla prima
rappresentazione da parte di una compagnia italiana. A favore dei progetti e
della nomina torinese di Toscanini gioco' un ruolo importante Giuseppe
Depanis, avvocato e critico musicale, figlio dell'impresario Giovanni, che
nel 1886 aveva affidato al giovane maestro l'Edmea. Giuseppe Depanis era
consigliere comunale e in tale veste si batte' perche' l'amministrazione
cittadina approvasse la costituzione di un'orchestra municipale e chiamasse
Toscanini a selezionarne i membri e a dirigerla. A spese pubbliche venne
anche restaurato il teatro: il direttore si preoccupo' personalmente
dell'impianto di illuminazione e della fossa per l'orchestra, novita' per
l'Italia. Tutto andava in direzione di una riforma dello spettacolo lirico
secondo la nuova estetica wagneriana. Non senza incontrare ostilita' e
incomprensioni, Toscanini avrebbe imposto il buio (e quindi il silenzio) in
sala, l'orchestra nascosta agli occhi del pubblico, la limitazione o il
divieto dei bis che minano continuita' e verosimiglianza, la cura maniacale
di ogni dettaglio musicale e scenico.
Il breve e intenso periodo torinese, che vide Toscanini imporsi anche come
direttore sinfonico ed esordire in concerto alla Scala, ebbe il suo episodio
culminante nella prima rappresentazione assoluta della Boheme di Puccini. Il
legame con il compositore toscano avrebbe poi attraversato fasi alterne, ma
i dissidi vennero sempre ricomposti e Puccini resto' l'unico esponente della
"Giovane Scuola" italiana che Toscanini dirigesse regolarmente, laddove non
ebbe altrettanta stima per gli autori piu' tipicamente "veristi", come
Mascagni o Leoncavallo.
*
La Scala, morti e resurrezioni
I successi di Torino fecero di Toscanini il piu' autorevole candidato al
compito di far rinascere il Teatro alla Scala, che attraversava una delle
piu' gravi crisi della sua storia movimentata (nulla di nuovo sotto il
sole!). I problemi erano in primo luogo di natura finanziaria. Nel 1897 il
Governo del Regno d'Italia aveva ceduto alla citta' di Milano l'onore e
l'onere della proprieta'; questo significo' la fine delle sovvenzioni
pubbliche e la chiusura di quello che Stendhal aveva definito nel 1817 "il
primo teatro del mondo". La reazione orgogliosa dei milanesi salvo' la
Scala, sottraendola al sistema ottocentesco degli appalti agli impresari per
inaugurare un moderno stile di gestione artistica e imprenditoriale. Con il
contributo accresciuto dei palchettisti e ridotto del Comune si costitui' il
capitale per una societa' anonima. Venne creato un consiglio
d'amministrazione, sotto la presidenza di Guido Visconti di Modrone e la
vicepresidenza del compositore e librettista Arrigo Boito. Un direttore
generale e un direttore d'orchestra avrebbero condiviso la responsabilita'
artistica degli spettacoli. Caldeggiati da Boito, vennero accettati dopo
vivace discussione i nomi di Giulio Gatti-Casazza e di Arturo Toscanini.
Gatti-Casazza, ingegnere convertito alla musica, aveva fatto esperienza di
direzione teatrale solo a Ferrara; ed era ancora piu' giovane di Toscanini:
ventinove anni contro trentuno. Ai consiglieri d'amministrazione della Scala
di allora non mancava il coraggio del nuovo.
Il "matrimonio" fra Toscanini e la Scala fu alquanto burrascoso. Ancora una
volta, per la prima inaugurazione (26 dicembre 1898) scelse Wagner, I
maestri cantori. Anche a Milano impose le riforme "wagneriane", dal buio in
sala al sipario che scorreva lateralmente. Innovazioni negli allestimenti,
scelte di repertorio (nel 1899, inaugurazione con la prima italiana del
Sigfrido, seguito dal Lohengrin; nel 1900, Tristano e Isotta), opposizione
al divismo dei cantanti crearono nel pubblico e nella critica partiti
contrapposti. Lo schieramento anti-Toscanini pote' presto contare su un
leader molto influente e prestigioso: l'editore Giulio Ricordi, che si
atteggiava a paladino della tradizione italiana e verdiana contro le
diavolerie novatrici e germanizzanti. La battaglia condotta da Ricordi sulle
pagine della sua "Gazzetta musicale di Milano" giunse fino a coinvolgere il
vecchio Verdi, che, senza aver sentito il Falstaff diretto da Toscanini
(1899), prese per buone le critiche del suo storico editore scrivendogli:
"Quando ho incominciato io a scandalizzare il mondo musicale con i miei
peccati, vi era la calamita' dei rondo' delle prime donne, ora vi e' la
tirannia dei direttori d'orchestra! Male male! Pero' meno male il primo!".
L'ostilita' di Ricordi culmino' nel tentativo di impedire, in quanto
titolare dei diritti come editore, la rappresentazione del Trovatore, che
Toscanini aveva messo in cartellone per la sua quarta stagione scaligera.
Dopo tanto Wagner e dopo aver frequentato soprattutto il Verdi tardo di
Otello e Falstaff, il direttore intendeva ripulire il Verdi piu' "popolare"
dalle incrostazioni accumulate dalla presunta "tradizione esecutiva":
correzioni arbitrarie della linea melodica e dei colori espressivi a uso dei
cantanti, sciatteria approssimativa nell'accompagnamento orchestrale,
noncuranza della messa in scena di quella che non era vista come "opera
d'arte totale" ma come semplice palestra di esibizionismo canoro. Alla fine
Ricordi dovette cedere e la rappresentazione si risolse in un trionfo. Ma i
rapporti tra Toscanini e la Scala si deteriorarono presto. Per ragioni
economiche, in primo luogo: si era permesso di chiedere che il suo stipendio
passasse da dodicimila a ventimila lire a stagione. Una precisazione, per
capire l'entita' del problema: un soprano come Emma Carelli prendeva
trentaseimila lire a stagione... C'era poi lo scandalo pubblico della
relazione tra Toscanini (sposato con Carla De Martini dal 1897) e la
cantante Rosina Storchio, dalla quale aveva anche avuto un figlio. C'era la
controversia sulla concessione dei bis. Toscanini tronco' bruscamente con il
teatro al termine della stagione 1902-1903. Ma vi ritorno' dal 1906 al 1908,
guidando tra l'altro le "prime" italiane di due capolavori del Novecento, la
Salome' di Strauss e Pelleas et Melisande di Debussy. Venne poi l'avventura
americana, l'incarico al Metropolitan di New York, con la collaborazione
manageriale del fido Gatti-Casazza e la coabitazione con Gustav Mahler:
coabitazione non semplice, perche' Toscanini, che del Mahler compositore
aveva una pessima opinione, neppure accettava l'idea di lasciargli tutto il
repertorio "tedesco", ossia l'amatissimo Wagner. A parte il rapporto con
Mahler, che la malattia e la morte di questi avrebbero presto risolto, e i
contrasti con i finanziatori privati, fenomeno tipicamente americano, a New
York Toscanini ebbe i soliti problemi con il divismo dei cantanti, nonche'
con il suo debole (ricambiato) per le cantanti, vittima di turno la
bellissima Geraldine Farrar.
Provocata da ragioni artistiche o personali, la fine del rapporto con il Met
coincise comunque con l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale,
durante la quale il figlio della "camicia rossa" Claudio Toscanini mise la
sua arte al servizio dello sforzo bellico, dirigendo concerti di beneficenza
e persino bande militari in prossimita' della linea del fronte. Ma il vero
capolavoro "patriottico" fu la nuova resurrezione della Scala, vittima,
questa volta, della guerra e della crisi postbellica. Per ridare a Milano il
suo teatro il sindaco socialista Caldara e il direttore del "Corriere"
Albertini chiamarono ancora una volta Toscanini, che suggeri' la nuova
struttura di Ente autonomo, concepi' l'idea di una compagnia stabile di
cantanti e si invento' un originale sistema di autofinanziamento: costitui'
una nuova orchestra, selezionando personalmente i migliori strumentisti
italiani, e la guido' in un'epica lunghissima tournee attraverso tutta
l'Italia prima e gli Stati Uniti poi, infine di nuovo in Italia:
centotrentatre' concerti in meno di otto mesi, dal 23 ottobre 1920 al 16
giugno 1921. La Scala, restaurata, riapri' il 26 dicembre con il Falstaff e
negli anni successivi vide una sorta di "assolutismo illuminato", che di
fatto lasciava a Toscanini piena e sovrana responsabilita' decisionale su
qualsiasi aspetto dell'attivita' artistica. Il legame si allento' quando nel
1926 inizio' una regolare collaborazione concertistica con la Filarmonica di
New York; e si spezzo', soprattutto per l'insofferenza nei confronti delle
interferenze fasciste, nel 1929, subito dopo una storica tournee a Vienna e
Berlino. Come nel glorioso Settecento, musicisti italiani facevano scuola
nel mondo germanico: basti la testimonianza autorevole dell'allora giovane
Karajan, studente a Vienna. Il provincialismo culturale fascista avrebbe
tolto all'Italia questo primato. Ma sarebbe toccato ancora a Toscanini, l'11
maggio 1946, celebrare, con un concerto memorabile per significato morale
prima ancora che artistico, la terza resurrezione della Scala, ricostruita a
tempo di record dopo la seconda guerra mondiale.
*
Un ribelle nel Walhalla
Le ascendenze familiari intrise di patriottismo e repubblicanesimo
risorgimentale implicavano anche una certa ingenuita' politica, che si
paleso' nell'entusiasmo per l'impresa dannunziana di Fiume (vi tenne persino
un concerto) e nell'iniziale simpatia per il movimento mussoliniano dei
Fasci di Combattimento. Nel programma di piazza San Sepolcro colse
evidentemente solo le connotazioni confusamente rivoluzionarie,
socialisteggianti, anticlericali e repubblicane: tanto da accettare, nelle
elezioni del 1919, la sollecitazione di Marinetti a candidarsi nella lista
fascista milanese. Non tardo' a rendersi conto della reale natura del
fascismo e ne divenne un deciso oppositore, gia' prima della Marcia su Roma.
Nel 1931, due anni dopo il suo ritiro dalla direzione della Scala, si
verifico' il grave episodio di Bologna. Come altre volte aveva fatto,
rifiuto' di dirigere l'inno fascista Giovinezza, in apertura di un concerto
in memoria di Giuseppe Martucci. Mentre si recava in teatro la sua
automobile venne circondata da una squadraccia che lo aggredi' prendendolo a
schiaffi. Il concerto non ebbe luogo, il maestro e i familiari si videro
momentaneamente ritirare i passaporti e furono sottoposti a sorveglianza di
polizia. Si capisce che Toscanini decidesse di non dirigere mai piu' in
Italia, finche' il fascismo fosse rimasto al potere. E gridare "Viva
Toscanini" dal loggione della Scala divenne pericoloso manifesto di
dissidenza politica, come il risorgimentale "Viva Verdi" era stato vessillo
di sedizione antiaustriaca.
Nel frattempo lui, wagneriano fin dall'adolescenza, era approdato a
Bayreuth, primo direttore non tedesco ammesso a dirigervi. Anche in quel
sedicente "tempio" della musica non era pero' tutto in ordine: almeno, non
abbastanza da accontentare l'incontentabile Toscanini. Vi si era recato come
spettatore per la prima volta nel 1899 e aveva scritto al suo maestro
sostituto Sormani: "Ho sentito una buona esecuzione orchestrale dei Maestri
cantori ma ho dovuto deplorare il nessun affiatamento fra orchestra, cori e
artisti [i cantanti, ndr], i quali in tutta confidenza ti diro' che sono dei
cani. Queste esecuzioni di Bayreuth sono una vera mistificazione per chi
come me spera sempre nella perfezione" (Lettere, p. 108). Per contro,
Siegfried Wagner, figlio di Richard, era sempre stato prodigo di lodi per le
interpretazioni di Toscanini, fin da quando ne aveva ascoltato il Tristano
alla Scala nel 1901; ma le resistenze nazionalistiche non permisero a un
italiano di arrivare sulla "sacra collina" fino al 1930. Celate dalle
fumisterie mistico-ideologiche, il Festival soffriva delle stesse mende di
tutti i teatri lirici, contro le quali Toscanini da sempre lottava. Peggio:
non essendo istituzione stabile, riassemblava di anno in anno la compagnia
di canto, il coro e soprattutto l'orchestra. E per quanto bravi fossero i
singoli strumentisti reclutati tra prestigiose compagini germaniche,
un'orchestra non si improvvisa, tanto meno in condizioni acustiche
particolari come quelle di Bayreuth. Insomma, anche in terra tedesca
Toscanini ebbe motivi per le sue leggendarie scenate di collera. Inoltre,
morto Siegfried, si trovo' invischiato nelle beghe interne alla nuova
gestione del Festival, tra la vedova Winifred, sempre piu' attratta dal
nazismo in ascesa, l'intrigante direttore-manager Heinz Tietjen e Wilhelm
Furtwaengler, tanto geniale quale interprete quanto tormentato e insicuro
come uomo.
Malgrado queste difficolta', e nonostante l'intensita' con cui viveva la sua
missione musicale lo conducesse spesso sull'orlo dell'esaurimento nervoso,
mentre l'eta' non piu' giovane comportava seri problemi fisici (dolori
fortissimi alla spalla e alla schiena), Toscanini, dopo le esperienze del
1930 e 1931, promise infine di tornare a Bayreuth nel 1933, cinquantenario
della morte di Wagner. Nel gennaio di quell'anno pero' Hitler prendeva il
potere in Germania. Nonostante tentativi di mediazione, Toscanini ritenne di
dover prendere posizione contro il nazismo in generale, e in particolare
contro il razzismo antisemita che colpiva tanti suoi colleghi e amici,
rinunciando a quel Parsifal e a quei Maestri cantori che sarebbero stati
strumentalizzati dal nuovo regime.
Negli anni successivi sembro' quasi "assediare" da vicino la Germania
musicale dalla quale, come dall'Italia, si era volutamente escluso,
dirigendo spesso, tra l'altro anche opere di Wagner, in Austria, a Vienna e
al Festival di Salisburgo (le ultime esperienze in teatro). Non si
rassegnava a lasciare il suo amato Wagner ostaggio del nazismo. Quando anche
l'Austria cadde sotto il giogo hitleriano, si sposto' in Svizzera, essendo
tra i promotori di un nuovo festival, non casualmente a Lucerna, citta'
ricca di memorie wagneriane. Sostenne, dirigendone i primi concerti, la
fondazione di una nuova orchestra in Palestina, formata da musicisti ebrei
cola' fuggiti dalle persecuzioni e chiamata poi Filarmonica di Israele.
*
Dischi, radio e tv: e' l'America
Gli spazi di liberta' in Europa si restringevano, restavano gli Stati Uniti.
L'incarico di direttore della Filarmonica di New York era diventato impegno
troppo gravoso e vi rinuncio' nel 1936. Fece anche il nobile gesto di
suggerire Furtwaengler come successore, offrendo al "rivale" - che peraltro
la lascio' cadere - un'alternativa alla permanenza nella Germania nazista.
Ma l'anno dopo si lascio' coinvolgere in un'inedita impresa orchestrale
americana. La proposta venne da David Sarnoff, un russo che in America aveva
fatto fortuna nell'industria dei media diventando presidente della Rca
(Radio Corporation of America) e "inventando" il network radiofonico coast
to coast, la National Broadcasting Company (Nbc). Questi offri' a Toscanini
di creare un'orchestra d'elite con la quale dare concerti radiofonici che la
Nbc avrebbe diffuso su tutto il territorio nazionale a milioni di
ascoltatori. La Nbc Symphony Orchestra divenne cosi' l'ultima e piu'
"personale" delle orchestre di Toscanini, quella che compare nella maggior
parte dei dischi, incisi soprattutto in questi anni o frutto del
riversamento delle registrazioni radiofoniche, e nelle riprese televisive di
dieci concerti trasmesse tra il 1948 e il 1952 e fortunatamente conservate.
Nell'ultima fase della sua carriera Toscanini divenne dunque, suo malgrado
visti i giudizi caustici che aveva sempre espresso riguardo al disco, un
artista "mediatico": un destino forse inevitabile, visto che aveva scelto
gli Stati Uniti come seconda patria. E, in quanto inevitabile, vissuto con
lo stesso impegno posto nel fare musica "dal vivo", ascoltando e
riascoltando, correggendo e rifacendo con infallibile orecchio e implacabile
autocritica ciascuna registrazione prima di avallarne la pubblicazione in
disco.
*
Consigli per la lettura e la discografia
I libri indispensabili per conoscere Toscanini sono quelli del musicologo
americano Harvey Sachs. La monografia Toscanini (1978), edita in Italia
dalla Edt nel 1981, attualmente e' disponibile nell'edizione Il Saggiatore,
Milano 1998. Inoltre, Arturo Toscanini dal 1915 al 1946. L'arte all'ombra
della politica, Edt, Torino 1987. I piu' curiosi di dettagli, anche
piccanti, non si faranno sfuggire Nel mio cuore troppo d'assoluto. Le
lettere di Arturo Toscanini, a cura di Harvey Sachs, Garzanti, Milano 2003.
Orientarsi nella sterminata produzione discografica che si fregia del nome
di Toscanini e' impresa difficile. Molti sono i prodotti di qualita' sonora
scadente o addirittura di autenticita' dubbia. E' buona norma affidarsi alle
etichette piu' serie. Le incisioni effettuate ed espressamente approvate per
la pubblicazione dal maestro sono state raccolte dalla Rca/Bmg in una
Toscanini Collection di 82 cd. La Naxos ha una ricca Toscanini concert
edition, in massima parte tratta dalle registrazioni dei concerti
radiofonici della Nbc. Gli autori imperdibili per un primo assaggio sono
Verdi (soprattutto il Requiem e il Falstaff), Wagner, Beethoven (Sinfonie,
Missa solemnis), Debussy (La mer), Brahms (straordinaria l'integrale live
londinese del 1952 delle Sinfonie con la Philharmonia Orchestra, Arkadia
Cdhp 524.3).
*
Una vita sulle due sponde dell'Atlantico
1867 Nasce a Parma, in Borgo Rodolfo Tanzi, il 25 marzo.
1876-85 Studia alla Regia Scuola di Musica di Parma.
1886 Debutta come direttore dirigendo Aida a Rio de Janeiro. Debutto
italiano a Torino il 4 novembre (Edmea di Catalani).
1892 Dirige a Milano la prima dei Pagliacci di Leoncavallo.
1895 Direttore stabile del Teatro Regio di Torino; prima italiana di
Goetterdaemmerung di Wagner.
1896 A Torino dirige la prima della Boheme di Puccini e debutta come
direttore sinfonico.
1898 Lascia Torino per diventare direttore principale alla Scala.
1899 Dirige la prima italiana di Siegfried alla Scala.
1900 Dirige la prima italiana di Eugene Onegin di Cajkovskij.
1901 Dirige la prima stagione a Buenos Aires.
1903-4 Lascia la Scala; dirige a Buenos Aires e Montevideo.
1906 Ritorna alla Scala; dirige a Buenos Aires e Montevideo.
1908 Dirige alla Scala la prima italiana di Pelleas et Melisande di Debussy;
lascia la Scala e diventa direttore principale della Metropolitan Opera
Company di New York.
1910 Dirige la prima mondiale della Fanciulla del West di Puccini a New
York.
1912 Dirige la stagione d'opera al Teatro Colon, Buenos Aires.
1915 Lascia il Metropolitan; dal 1915 al 1918 dirige solo per beneficenza a
sostegno dello sforzo bellico e solo in Italia.
1920-21 Ritorna alla Scala; ne porta la nuova orchestra in tournee in Italia
e Nord America, dove incide i primi dischi.
1921 Riapre la Scala il 26 dicembre con Falstaff di Verdi.
1926 Debutto con la New York Philharmonic; dirige la prima mondiale di
Turandot di Puccini alla Scala.
1929 Porta la compagnia della Scala per la prima volta in tournee a Vienna e
Berlino; si dimette dalla Scala; diventa direttore musicale della New York
Philharmonic.
1930 Porta la New York Philharmonic per la prima volta in Europa; e' il
primo non tedesco a dirigere a Bayreuth.
1931 Aggredito da una squadra fascista a Bologna, rifiuta di dirigere ancora
in Italia; ritorna a Bayreuth.
1933 Rifiuta di dirigere a Bayreuth dopo l'avvento al potere di Hitler;
debutta con i Wiener Philharmoniker a Vienna.
1935 Debutta al Festival di Salisburgo.
1936 Si dimette dalla New York Philharmonic; dirige i Wiener a Vienna e
Salisburgo.
1936-37 Dirige i concerti inaugurali della Israel Philharmonic Orchestra in
Palestina e in Egitto.
1937 Ritorna a New York per dirigere la nuova Nbc Symphony.
1938 Si ritira dal Festival di Salisburgo dopo l'Anschluss; dirige i primi
concerti del nuovo Festival di Lucerna.
1939 Lascia l'Italia e l'Europa e si stabilisce a New York.
1946 Dirige il concerto per la riapertura della Scala l'11 maggio; ultime
presenze al Festival di Lucerna.
1948 Prime trasmissioni televisive con la Nbc Symphony.
1952 Ultime apparizioni in Italia (Scala).
1954 Ultimo concerto, il 4 aprile, con la Nbc Symphony; interrotto per un
vuoto di memoria, ripreso e portato a termine.
1957 Colpito da ictus il primo gennaio, il 16 muore nella sua casa di
Riverdale, New York.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 583 del 19 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it