Minime. 591



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 591 del 27 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Si fa ma non si dice
2. Il 2 ottobre si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza
3. Il 5 ottobre a Vicenza
4. Mao Valpiana: Il 5 ottobre a Vicenza per il vivere civile e in pace
5. Emily Dickinson: Non conoscendo quando verra' l'alba
6. Si e' svolto il 25 settembre a Viterbo un incontro di studio
7. Lorenzo Ferrero: Olivier Messiaen
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. SI FA MA NON SI DICE

Si fa ma non si dice.
La guerra in Afghanistan.
La guerra terrorista e stragista in Afghanistan.
La guerra in violazione del diritto internazionale e della legalita'
costituzionale.
Non si dice ma si fa.
*
Cessi la partecipazione italiana alla guerra.
S'impegni l'Italia per la pace con mezzi di pace.
S'impegni l'Italia per il disarmo e la smilitarizzazione del conflitto.
*
"L'Italia ripudia la guerra", recita la legge a fondamento del nostro
ordiamento giuridico.
Opporsi alla guerra, alle armi, agli eserciti e' il primo dovere per salvare
le vite, per difendere la dignita' umana, per inverare la democrazia e il
diritto.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. INIZIATIVE. IL 2 OTTOBRE SI CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA
NONVIOLENZA

Dallo scorso anno l'assemblea generale dell'Onu ha dichiarato "Giornata
internazionale della nonviolenza" il 2 ottobre, anniversario della nascita
di Gandhi.
In questa occasione si svolgeranno molte iniziative anche in varie citta'
italiane.
Ovunque possibile si promuovano incontri, e particolarmente nelle scuole.

3. INIZIATIVE. IL 5 OTTOBRE A VICENZA

Si svolgera' il 5 ottobre a Vicenza il referendum per impedire la
realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin".
Sosteniamo l'impegno della popolazione vicentina per la pace, l'ambiente, la
democrazia, la legalita', i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Per informazioni e contatti: www.dalmolin5ottobre.it

4. EDITORIALE. MAO VALPIANA: IL 5 OTTOBRE A VICENZA PER IL VIVERE CIVILE E
IN PACE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: mao at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo
intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel
Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo
ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e
uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo
profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su
nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in
cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre
2007]

"Conoscere per deliberare": e' la condizione necessaria per poter utilmente
celebrare una consultazione popolare. Il referendum che si svolgera' a
Vicenza sulla base militare Dal Molin, e' di grande importanza. Quella base
e' stata imposta, e' frutto di accordi e strategie internazionali, e'
volonta' di uno stato estero che impone la propria politica militare; si
tratta di un vero e proprio sequestro di territorio che viene sottratto alla
pubblica e civica amministrazione per essere militarizzato.
I cittadini di Vicenza hanno finalmente l'opportunita' di esprimere il loro
parere. Ma per farlo, in coscienza e conoscenza, e' necessario che essi
abbiano tutte le informazioni utili. Fino ad ora chi ha sostenuto e voluto
la base si e' trincerato dietro il "segreto militare", nascondendo cifre e
progetti, facendo strage di verita'.
La campagna referendaria, qualunque sia il risultato, ha un grande pregio:
quello di far conoscere a tutti come stanno realmente le cose, quanto
costerebbe la base, quali inquinamenti provocherebbe, quanto territorio
verrebbe militarizzato, e soprattutto quali sono le vere funzioni di questa
base militare americana che sarebbe la piu' grande in Europa.
Questa e' una base di guerra, uno di quegli strumenti che la guerra rendono
possibile. E' il motivo fondamentale, che da solo si giustifica, per non
volere quella base e impegnarsi con il "si'" affinche' il territorio di
Vicenza resti a disposizione dei vicentini, per il vivere civile e in pace.

5. MAESTRE. EMILY DICKINSON: NON CONOSCENDO QUANDO VERRA' L'ALBA
[Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 1527.
Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886;
molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo
originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni:
Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo
segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante:
Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e
Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario
curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni,
Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua
figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto
dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei
sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002]

Non conoscendo quando verra' l'alba,
io spalanco ogni porta.
O forse piume avra' come un uccello,
onde come una riva?

6. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 25 SETTEMBRE A VITERBO UN INCONTRO DI STUDIO
[Riportiamo il seguente comunicato del 26 settembre 2008 dal titolo completo
"Si e' svolto il 25 settembre a Viterbo un incontro di studio del comitato
che si oppone al devastante mega-aeroporto"]

Si e' svolto il 25 settembre 2008 a Viterbo, presso la sede dell'Arci, un
incontro di riflessione e di approfondimento del comitato che si oppone
all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di
tutti.
L'incontro, che era anche occasione di verifica dell'attivita' svolta ad un
anno dalla nascita del comitato, e' stato aperto dalla portavoce Antonella
Litta che ha ricostruito alcuni momenti salienti dell'esperienza condotta e
le ragioni dell'impegno in difesa dell'ambiente, della salute dei cittadini,
della legalita'.
Sono poi seguiti interventi di approfondimento che hanno analizzato alcuni
dei principali aspetti della scandalosa vicenda del devastante
mega-aeroporto, con specifico riferimento agli aspetti sanitari, ambientali,
giuridici, amministrativi, culturali, sociali ed economici.
Dall'approfondito esame della questione e' emersa sia l'assoluta illegalita'
che l'assoluta irrazionalita' ed irrealizzabilita' del devastante
mega-aeroporto per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma che
condannerebbe Viterbo a un disastro ambientale e sanitario.
E' emersa anche la necessita' e l'urgenza di un piu' complessivo impegno per
la riduzione del trasporto aereo in generale; cosi' come e' emersa la
necessita' di promuovere nell'Alto Lazio il trasporto ferroviario, vero
fulcro di un modello di mobilita' coerente e adeguato a un modello di
sviluppo che inveri i diritti della comunita' locale e salvaguardi e
valorizzi le reali risorse del viterbese: i beni ambientali e culturali, il
termalismo, l'agricoltura di qualita', e tutte le autentiche vocazioni
produttivo del territorio.
Nel corso dell'incontro si sono anche valutate le piu' opportune forme di
intervento della societa' civile in difesa della legalita' e dei diritti dei
cittadini, in difesa del bene comune, in una logica di rigoroso impegno per
la verita' e la giustizia, e dal punto di vista non solo locale ma globale.
Tra le iniziative in programma nuovi incontri di studio di alto profilo
scientifico e nuovi interventi di informazione, sensibilizzazione, denuncia
e documentazione rivolti sia alla cittadinanza che alle istituzioni.

7. PROFILI. LORENZO FERRERO: OLIVIER MESSIAEN
[Dal mensile "Letture", n. 586, aprile 2002, col titolo "Olivier Messiaen" e
il sommario "Organista a Parigi per 65 anni, morto nel 1992, Messiaen era un
innovatore e non piaceva ai tradizionalisti. Era comunque un grande. Per la
sinfonia Turangalila, per il San Francesco e tante altre composizioni"]

Se esiste un cliche' di cristianesimo problematico e tormentato e' quello
del Novecento. Scienziati, scrittori, compositori, quanto piu' hanno cercato
di credere tanto piu' hanno mostrato un rapporto conflittuale con la fede, e
ancor piu' spesso con l'insegnamento tradizionale della Chiesa. Messiaen e'
invece un cristiano tranquillo, tanto da sembrare fuori dal tempo. E' stato
organista della parrocchia della Trinite' a Parigi per 65 anni: potrebbe
essere una definizione da enciclopedia per qualche oscuro compositore del
Settecento. Ci si aspetterebbe un catalogo pieno di Messe, Gloria,
Magnificat, Passioni. Invece, tranne una Messa della Pentecoste per solo
organo, non ci lascia niente di tutto cio'. La sua religiosita' e' intima e
sobria al punto da non trovare mai sbocco nel confronto con le grandi forme
della musica sacra. Si esprime piuttosto nell'amore per la natura, in una
ferma, solida discrezione.
Nella cultura francese, segnata in tema di religione dalle cannonate sparate
nei duelli tipo Gide-Claudel, l'eco dell'organo di Messiaen arriva sommessa
ma persistente, come se avesse sempre saputo che quelle accese discussioni
si sarebbero presto coperte di polvere. La figura di Messiaen si presta
ancor meno ai modelli musicali novecenteschi. Nessuno puo' seriamente
sostenere che non fosse un innovatore e ai tradizionalisti non e' mai
piaciuto. Troppo arduo, troppo complesso, troppo serio. Non ha mai concesso
un palmo al disincanto un po' snob, al gusto del divertissement che tanto
era diffuso in Francia dal tempo del Gruppo dei sei (Poulenc, Milhaud,
Auric, Durey, Honegger, Tailleferre). Ma non ha mai nemmeno corteggiato le
avanguardie, anche se e' stato il maestro di qualche loro esponente (Boulez,
Xenakis, Stockhausen) e persino l'ispiratore di certe tecniche seriali.
Essere fuori dagli schemi gli e' costato l'isolamento, o perlomeno molti
malintesi, quando schieramenti diversi hanno tentato di farne la propria
bandiera. La musica di Messiaen non urta l'ascoltatore, non lo scuote, ma
non per questo lo mette a suo agio. In qualche modo, e' esotica. Ma non puo'
essere ascoltata con la superficialita' che talvolta l'esotismo concede.
Forse e' anche un fatto generazionale. Troppo giovane per appartenere ai
grandi del primo Novecento, tutti nati a fine '800, e abbastanza vecchio per
essere gia' un maestro per la generazione del secondo dopoguerra. Nato nel
1908, aveva 16 anni meno di Milhaud e 26 meno di Stravinskij. Ai suoi tempi
si studiava organo e improvvisazione con Marcel Dupre' e composizione con
Paul Dukas. Ai tempi di Boulez, che aveva 17 anni di meno, si studiava gia'
con Messiaen. Era nato ad Avignone. Suo padre Pierre era un anglista,
traduttore di Shakespeare. Sua madre era la nota poetessa Cecile Sauvage. Un
ambiente in cui non mancavano certo gli stimoli culturali.
*
Studia i canti degli uccelli
In piu', il giovane Olivier dimostra un talento precoce per la musica. Per i
suoi dieci anni chiede in regalo la partitura del Pelleas di Debussy. A
undici entra al Conservatorio di Parigi dove supera rapidamente ogni tipo di
esame. Non contento, studia la musica tradizionale indiana, il canto
gregoriano (allora meno popolare di oggi, ancora una curiosita' da topi da
biblioteca), la musica greca, i canti degli uccelli. A 23 anni trova posto
come titolare all'organo della Trinite', dove prestera' servizio, come
sappiamo, per la maggior parte della sua vita. Tra l'altro il mestiere di
organista consiste anche nell'arte dell'improvvisazione. Molti fedeli
andavano in quella chiesa per ascoltare il giovane virtuoso, purtroppo in un
periodo in cui i registratori non circolavano. Possiamo soltanto immaginare,
ascoltando le sue prime composizioni.
Le Banquet celeste e' il primo lavoro che attira l'attenzione su di lui. E'
del 1928, precedente all'incarico presso la Trinite'. L'ombra del grande
Franck si allunga su qualche passaggio, ma con Les Offrandes oubliees (1931)
abbiamo gia' tutto Messiaen, che si rivela ulteriormente nelle quattro
meditazioni sull'Ascensione (1932), e nelle tensioni innovatrici della
Nativite' du Seigneur (1935). In cosa consistano le tensioni innovatrici e'
difficile dire a un semplice ascolto. La ragione sta probabilmente nella
nostra scarsa dimestichezza con le fonti di ispirazione della sua ricerca.
Mentre nella musica di certe avanguardie storiche ci e' facile, anche se non
necessariamente gradito, trovare l'immagine angosciosamente deformata della
musica romantica, le macerie di un mondo rinnegato e rimpianto, qui dobbiamo
riconoscere una sensazione di spaesamento.
Sicuramente c'e' molto Debussy in forme che nascondono le loro simmetrie
interne piuttosto che imporle, c'e' quella sorta di vaghezza tutta francese
che troviamo gia' in Couperin e Rameau. Soprattutto c'e' un senso della
melodia e del ritmo che non trova la sua radice nella continuita' storica
dei modelli compositivi, ma guarda altrove, nel tempo e nello spazio, verso
il canto gregoriano e la musica tradizionale indiana. A entrambi Messiaen
riconosce un punto in comune, da cui e' affascinato: la liberta' del metro,
non soggetto alla schiavitu' della battuta. Si interessa perfino a formule
numerologiche, come il numero nove, simbolo della maternita', per la
Nativite' du Seigneur. Della musica indiana gli interessano le complesse
formule ritmiche, i cicli talvolta cosi' lunghi da andare oltre le normali
capacita' di percezione e memoria. Del gregoriano gli interessa la purezza
del respiro melodico, lontana dalle complessita' armoniche raggiunte tra la
fine dell'Ottocento e il primo Novecento.
L'armonia per lui e' soprattutto libero e puro colore, sull'esempio
dell'ultimo Debussy. La testimonianza di Yvonne Loriod, sua allieva, sua
fedelissima interprete e sua sposa dal 1961, riassume bene le preoccupazioni
e le prospettive estetiche della musica di Messiaen: "...Era un uomo sempre
tormentato dal ritmo. La sua opera e' una curva, piegata da questa
inquietudine ritmica. Cercava dei veri ritmi, elastici e liberi, come quelli
del vento, delle onde, dei canti degli uccelli, del canto gregoriano. Per
lui l'anti-ritmo era paradossalmente la marcia militare, che sottomette la
melodia a una struttura rigida. Al contrario per lui il ritmo doveva
piegarsi alle esigenze della melodia, una melodia che voleva ampia, come
quella della natura, che non cessava di ascoltare con meraviglia, o del
canto gregoriano, la sola musica valida ai suoi occhi, di una leggerezza
assoluta, apparentemente senza inizio ne' fine, ma che per cio' stesso
conduceva al sentimento del sacro. Cercava i colori cercando le armonie, e
cercava le armonie vedendo dei colori".
*
Il Quartetto scritto in prigionia
Questa testimonianza (Couleurs de la cite' celeste. Colloquio con Yvonne
Loriod su "Classica" n. 14, luglio-agosto 1999), che riprenderemo piu'
avanti, non deve farci pensare a un mistico lontano dal mondo. Anzi, la sua
attivita' degli anni Trenta si estende alla promozione della musica moderna.
Con il suo quasi coetaneo Andre' Jolivet e altri due compositori forma il
gruppo Jeune France, il cui proposito e' tra l'altro di reagire alla musica
"oggettiva" allora di moda. In Germania veniva chiamata "nuova
oggettivita'", in Francia era quel gioco disincantato in cui erano maestri
certi esponenti del Gruppo dei sei. Gioco con il passato, con la musica
popolare, quel rifuggire da ogni tensione espressiva che caratterizzava
anche il "neoclassico" di Stravinskij.
Messiaen e i suoi amici erano abbastanza giovani da non aver piu' paura del
romanticismo. Il nazismo irrompe nella vita operosa di Messiaen, come in
tante altre vite del tempo. E' prigioniero di guerra per due anni a Goerlitz
(1940-42): uno choc che portera' alla maturazione ulteriore del suo stile.
Per evitare la promiscuita' dei dormitori chiede di essere assegnato alla
guardia notturna. Il freddo pungente e le terribili condizioni di vita non
gli impediscono di cercare la serenita' nello sguardo sulla natura e nella
composizione. Un ufficiale gli offre un po' di carta da musica e la
possibilita' di essere chiuso nella toilette (sic!) per comporre
indisturbato.
Si arriva cosi' a una delle piu' toccanti prime esecuzioni della storia
della musica: Messiaen seduto a un pianoforte verticale di cui per il freddo
non funzionano nemmeno tutti i tasti e tre compagni di prigionia al
clarinetto, violino e violoncello. Le pagine che nascono dall'estremo dolore
spesso mancano dell'equilibrio che ne fa dei capolavori, ma questa e'
un'eccezione. Il quartetto, significativamente intitolato Quatuor pour la
fin du temps, vale ancora come perfetta testimonianza del suo tempo, e
commuove piu' di tanti rumorosi requiem di guerra.
*
I ricordi del viaggio di nozze
Negli anni '43-'50 Messiaen, tornato a Parigi, sviluppa e in qualche modo
radicalizza il suo stile. Sono gli anni delle Visions de l'Amen, per due
pianoforti e delle Trois Petites Liturgies de la Presence Divine, per coro
femminile, pianoforte, ondes Martenot (strumento elettronico inventato da
Maurice Martenot nel 1928, progenitore delle attuali tastiere) e orchestra.
Lo scandalo suscitato da queste ultime fanno di lui, uomo mite, un punto di
riferimento per le nuove generazioni. Al Conservatorio viene creata per lui
una classe di analisi e di estetica musicali, frequentata fra gli altri dal
giovane e agguerritissimo Pierre Boulez. E' il suo punto di contatto con la
nuova generazione che aveva trovato nei Ferienkurse di Darmstadt il suo
luogo di elaborazione delle nuove idee. Suscita molto interesse l'approccio
personalissimo ai problemi compositivi esposto nella Technique de mon
langage musical (1944), in un periodo il cui il grande dibattito si esauriva
fra i sostenitori della dodecafonia e quelli della tonalita', che avevano
preso a modello Schoenberg da un lato e Strawinski dall'altro.
Interessa ancora di piu' un breve pezzo, intitolato Modes de valeurs et
d'intensites, secondo dei Quatre etudes de rythme per pianoforte, del
1949-50. Qui Messiaen, sempre appassionato dalle speculazioni ritmiche,
tratta due scale di valori ritmici (valeurs) e di dinamiche (intensites)
come se fossero dei "modi" melodici, delle scale musicali per intenderci.
Fra i giovani che ai Ferienkurse teorizzavano l'applicazione dell'idea di
"serie" dodecafonica a tutti gli aspetti del suono, questo pezzo sembro'
l'indicazione e insieme la conferma della strada da percorrere.
Per Messiaen invece il pezzo era poco piu' che semplice testimonianza e fu
quasi infastidito che un breve esperimento facesse quasi dimenticare lavori
che considerava ben piu' importanti, come il Livre d'Orgue (1951). D'altra
parte, pur seguendo con attenzione gli sviluppi della nuova musica, i suoi
interessi andavano in direzione piuttosto lontana dal culto della rarefatta
perfezione di Webern. In questi anni vedono la luce i Vingt regards sur
l'enfant Jesus (1944) per organo, ma anche e sorprendentemente un trittico
dedicato all'amore umano e terrestre, tra uomo e donna, che comprende il
ciclo di canti Harawi (1951), i Cinq rechants per piccolo coro (1949) e
soprattutto il lavoro piu' famoso, quella Turangalila-Symphonie che nel
corso del tempo ha appassionato molti grandi direttori d'orchestra e ha
trovato un pubblico entusiasta.
Iniziata nel 1946 e completata nel 1948, la Turangalila-Symphonie ha avuto
la sua prima a Boston nel 1949, sotto la guida del giovane Leonard
Bernstein. Il titolo e' preso a prestito dal sanscrito ed e' composto dalle
parole "lila", che significa gioco della creazione e della distruzione,
gioco dell'amore e della morte e "turanga" che indica il movimento, il ritmo
del tempo che scorre. Come ha scritto lo stesso Messiaen e' un "canto
d'amore, un inno alla gioia". Un amore colorato dal misticismo delle grandi
storie fatali, come quella di Tristano e Isotta. E' una composizione
estremamente complessa, composta di dieci movimenti a cui quattro idee
ricorrenti, una delle quali non melodica ma accordale, cercano di dare la
necessaria unita'. Se si esclude il decimo movimento, che e' semplicemente
il finale, gli altri movimenti sono raggruppabili per tre, riferiti a stadi
diversi dello sviluppo dell'amore (e della morte), e tutti insieme si
rifanno a quel numero nove che gia' lo aveva affascinato nella Nativite' du
Seigneur. Certi sottotitoli parlano da soli: Canto d'amore, Gioia del sangue
e delle stelle, Giardino del sonno d'amore, Sviluppo dell'amore.
I mezzi orchestrali sono enormi e, oltre a una falange di strumenti,
comprendono anche il pianoforte trattato spesso solisticamente e le ondes
Martenot. Si va dal piu' puro e soave lirismo ai piu' scatenati ritmi
dionisiaci, a momenti di cupa tragedia in relazione al tema della
distruzione e della morte. E' un lavoro di grande fascino, che puo'
infastidire qualcuno ma e' pur sempre un labirinto fantastico di temi, di
echi e di sonorita' dove e' un piacere smarrirsi. E' anche difficile da
collocare negli schemi soliti. Il percorso a tema puo' far tornare alla
mente i poemi sinfonici di stampo tardo-romantico, le suggestioni poetiche
possono far pensare all'impressionismo francese, nel cui grembo Messiaen ha
per cosi' dire succhiato il latte materno, la soluzione dei temi ricorrenti
si puo' far risalire perfino a Franck. Ma l'ardua modernita' di certi
passaggi ci riporta senza dubbio a tempi piu' vicini alla data di
composizione e anche oltre. Le facili etichette non fanno per Messiaen in
generale. Certamente l'autore di pur bellissime pagine per organo ci
sorprende qui come lussureggiante orchestratore, memore della lezione di
Debussy e Ravel, e di molta musica tedesca, eppure sempre personalissimo per
l'inconfondibile colore armonico.
Dopo tanto accecante fulgore, Messiaen senti' probabilmente il bisogno di
cambiare pagina. Altre Turangalila sarebbero state inutili repliche. E
d'altra parte il fascino delle sonorita' pungenti e rarefatte delle piu'
giovani generazioni si faceva sentire. Per Messiaen era venuto il tempo di
trovare nuovi e personalissimi orizzonti. Li trova, ancora una volta, nella
natura e precisamente nel canto degli uccelli. Armato di penna e matita si
apposta e annota con infinita pazienza. La natura, lo sappiamo, era una
delle sue principali fonti di ispirazione, e spesso anche la sua visione del
divino passava attraverso la natura.
Nel monumentale Catalogue d'oiseaux (1956-58) per pianoforte troviamo il
frutto piu' sistematico dei suoi appostamenti. Di recente e' stato
pubblicato postumo il Traite' de rythme, de couleur et d'ornithologie che
raccoglie in modo piu' sistematico il frutto delle sue ricerche. Il canto
degli uccelli non e' certo una novita' nella storia della musica.
L'imitazione del cucu' ad esempio ha dato origine a brani famosi. Nel caso
di Messiaen pero' il punto non e' tanto la trascrizione del canto come
semplice melodia, ma il tentativo di imitarne il colore, ricorrendo a
straordinarie invenzioni di scrittura pianistica, e arrivando a esiti
interessantissimi sul piano armonico. E' una vera e propria palestra di
scrittura che dal pianoforte passa all'orchestra con Reveil des oiseaux per
pianoforte e orchestra (1953), e allo straordinario Oiseaux exotiques
(1956).
Si tenga conto che Messiaen, diversamente da molti compositori del
Novecento, non scriveva direttamente per orchestra, ma partiva sempre da una
stesura per pianoforte. Per lui il colore orchestrale piu' che il frutto
della combinazione di singoli timbri strumentali, era il risultato
dell'armonia, e quindi poteva essere contenuto, almeno in nuce, nella
scrittura pianistica. Possiamo quindi attribuire i risultati del suo lavoro
sul canto degli uccelli anche a brani che non vi si rifanno direttamente,
come Chronochromie (1960), o buona parte delle composizioni successive.
A partire dalla fine degli anni '60 gli apprezzamenti e gli onori arrivano
copiosi, con inviti e commissioni da parte di grandi orchestre. Al
Conservatorio e' ormai professore di composizione, posto che occupera' fino
al 1978. Nel '67 e' eletto all'Institut de France. Viaggia, invitato in vari
Paesi europei e negli Stati Uniti. Dei suoi viaggi ci lascia due bellissimi
ricordi: i Sept Haikai (1962) per piccola orchestra, poetiche cartoline da
un viaggio in Giappone compiuto con Yvonne Loriod, appena sposata, e Des
canyons aux etoiles (1970-74), magistrale pagina orchestrale con solisti. A
partire dal 1963 riprendono i lavori di ispirazione religiosa. Nello stesso
anno scrive Couleurs de la cite' celeste, per pianoforte, legni e
percussioni e Et expecto resurectionem mortuorum, per legni, ottoni e
percussioni metalliche, dedicato alle vittime della guerra.
*
La richiesta di Malraux
Quest'ultima composizione e' richiesta dallo scrittore nonche' attivissimo
ministro della cultura Andre' Malraux, con cui Messiaen, in quel momento
appassionato lettore di san Tommaso, aveva discusso proprio del tema della
resurrezione. Non dimentica l'organo, suo strumento prediletto, con
Meditations sur le Mystere de la Sainte Trinite' (1969) e Le livre du Saint
Sacrement (1984). Nel frattempo, il mondo musicale francese e' in pieno
fermento. Pierre Boulez, ormai compositore e direttore d'orchestra di fama
mondiale, torna in Francia dopo un lungo periodo passato alla testa della
New York Philarmonic. I suoi innumerevoli ammiratori ed epigoni
monopolizzano l'attenzione, e diciamolo pure, un bel po' di risorse
pubbliche destinate alla musica. Nasce il Centre Pompidou e con esso
l'Ircam, il centro di ricerca tuttora attivissimo che nelle intenzioni di
Boulez deve coniugare ricerca musicale e scientifica. Si affaccia una nuova
generazione di compositori, meno interessati al serialismo, e piu'
affascinati dalle ricerche sulla natura del suono, i cosiddetti
"spettralisti" (Grisey, Murail e altri). Questi ultimi guardano a Messiaen
non solo come maestro, ma anche come possibile modello alternativo alla
scuola dei seguaci di Boulez (per i quali per la verita' lo stesso Boulez
non ha mai dimostrato eccessi di simpatia).
Per tutti, Messiaen e' un monumento, un personaggio sempre piu' rispettato
ma sempre meno amato. Il suo ingresso nelle sale da concerto, con le
inconfondibili camicie coloratissime portate sopra il colletto della giacca,
e' accompagnato da saluti deferenti. Ma e' ormai chiaro che pur con molti
punti di contatto con le avanguardie vecchie e nuove, il compositore dei
Modes de valeurs et d'intensites ha continuato per la sua strada, non si e'
mai allineato. E dove si nutrono integralismi di varia natura prima o poi
chi non si allinea e' considerato un nemico. Tutti i malumori si sarebbero
scatenati intorno alla prima ed unica opera lirica scritta dal nostro.
Negli anni Settanta e' direttore dell'Opera un grande organizzatore
culturale, Rolf Liebermann. Il repertorio si svecchia, nuove opere vengono
eseguite. Liebermann ha l'idea di chiedere un'opera nuova anche a Olivier
Messiaen che pero' rifiuta. Liebermann non si da' per vinto e ricorre
addirittura al presidente della Repubblica. I coniugi Pompidou invitano a
cena i coniugi Messiaen, e davanti a tanto alto patronato Messiaen capitola.
Va ricordato che madame Pompidou aveva un grandissimo interesse per le arti
in generale, e che seguiva con affetto anche l'attivita' di Boulez e
dell'Ircam, cosa che ha fatto a lungo anche dopo la morte del marito.
Credo che perfino il lettore totalmente ignaro potrebbe a questo punto
indovinare, come la soluzione di un giallo, quale fu il soggetto scelto da
Messiaen. La fede attraverso la semplicita' del respiro della natura e degli
elementi, attraverso i canti degli uccelli: la risposta non puo' essere che
san Francesco d'Assisi. Dal '75 al '79 Messiaen si mette al lavoro sui testi
dello stesso san Francesco. Compone senza prendersi un giorno di vacanza.
Poi per altri quattro anni mette mano all'orchestrazione, secondo il suo
abituale modo di procedere. Finalmente l'opera, in tre atti e otto quadri,
va in scena sotto l'autorevole direzione di Seiji Ozawa con Jose' van Dam
nel ruolo del titolo. Non manca nemmeno la diretta televisiva per alcuni
Paesi europei. Come sempre quando sono in gioco forze cosi' ufficiali e'
difficile dire quanto il successo di stima da parte di un pubblico di gala
sia sincero. E' comunque accolta con un certo favore, nonostante
l'estenuante durata di cinque ore. Ma il giorno dopo da una parte degli
ambienti musicali, e dei loro portavoce nella critica, si leva la grande
accusa: "reazionario".
A Messiaen si rimprovera di dare troppo spazio al canto, alla melodia, alla
consonanza, alle armonie consolatorie, a qualunque altra cosa che agli eredi
dell'avanguardia potesse sembrare fuori dalla storia, passatista, rivolta
all'indietro. Di quelle polemiche si e' spenta l'eco ed e' facile vedere
oggi come l'opera abbia fatto semplicemente da catalizzatore a malumori che
covavano da tempo. Ma testimoniano che Messiaen era semplicemente andato per
la sua strada, come aveva sempre fatto, senza proclami e con grande
tranquillita' e discrezione.
Saint Francois d'Assise e' monumentale, per durata, complessita' e mezzi
impiegati. Non ha una drammaturgia operistica e forse nemmeno teatrale. Non
mette in scena azioni, ma astrazioni: per l'esattezza, secondo la dichiarata
intenzione dell'autore, "i differenti aspetti della grazia nell'animo di San
Francesco" (Programma di sala della prima esecuzione). Non mancano le scene
tratte dalla vita del santo, stimmate incluse, ma il trattamento e' sempre
quello del grande affresco oratoriale. Chiedersi se e' un'opera riuscita e'
perfino una domanda oziosa. E' esigente nel richiedere l'attenzione
dell'ascoltatore quanto un complesso problema teologico. Ma e' anche
possibile lasciarsi andare al suo ritmo senza farsi troppe domande e senza
troppe aspettative preconcette. Allora non e' raro sorprendersi a provare lo
stesso sentimento che si prova davanti a certi capolavori dell'arte sacra, e
risulta straordinariamente accessibile. Anche dal punto di vista del
linguaggio musicale e' un lavoro senza tempo. Racchiude secoli di esperienze
musicali a cui Olivier Messiaen conferisce una sorta di "valore aggiunto"
(un concetto a lui caro) per il solo fatto di essere accostati, sovrapposti,
messi a confronto. Il suo fascino sta nell'aver lanciato e insieme raccolto
una sfida impossibile, e di invitare l'ascoltatore a percorrere la stessa
strada. Il suo stesso assunto esclude la possibilita' di un giudizio
"laico". Chi non lo condivide rimane inevitabilmente escluso dall'accesso
piu' profondo alle ragioni dell'opera. Oggi peraltro si assiste a un
crescente successo dell'opera. Riproposta al Festival di Salisburgo nel '92,
ha entusiasmato il pubblico. E' stata eseguita anche in forma di concerto
(Festival di Edimburgo) e nei prossimi mesi sara' all'Opera di San Francisco
e alla Deutsche Oper di Berlino.
Le accuse seguite alla prima dell'opera, oltre alla fatica per portarla a
termine, hanno provato non poco l'ormai settantacinquenne compositore. Il
ritorno alla composizione avviene ancora una volta attraverso l'organo (Le
livre du Saint Sacrement), con Eclairs sur l'au-dela', per orchestra, finito
nel '91, e altri brani che non aggiungono molto a cio' che gia' sappiamo di
lui. Non ha fatto in tempo ad ascoltare la sua ultima composizione, un
Concerto a quattro, con cui ha voluto rispondere alla richiesta di concerti
solistici da parte di alcuni grandi esecutori che gliene avevano fatto
richiesta, fra cui Rostropovich.
Una domanda ricorrente nei molti saggi e libri dedicati a Messiaen e' se si
possono distinguere diverse fasi, diversi stili del suo percorso creativo.
Sarebbe una questione un po' accademica, se non fosse per il fatto che a
seconda della risposta che si da' si finisce per accreditare un'immagine di
Messiaen "rivoluzionario" per garantirgli accesso al pantheon dei grandi
radicali del Novecento, oppure si prende atto di una verita' piu' complessa,
che vede cambiamenti anche vistosi nel suo modo di comporre come frutto di
una maturazione interna, piu' che della volonta' di salire su questa o
quella barricata. Per Yvonne Loriod, che possiamo considerare almeno in
parte portavoce dei sentimenti del marito, "non ci sono maniere molto
diverse in Messiaen. Dei momenti di ricerca, altri concentrati sul ritmo,
gli uccelli o il gregoriano. E poi l'opera, a parte. Ma tutto e' collegato".
E' probabile che sia vero. Messiaen attraversa indenne le mode culturali
degli anni Trenta, anzi se del caso le contrasta col gruppo Jeune France.
Semmai qualche ricordo di Debussy affiora nei giovanili Preludes del 1928,
cosi' come Cesar Franck si affaccia ancora nelle prime composizioni per
organo.
Tutto assolutamente normale. Il resto dei suoi interessi, canto degli
uccelli incluso, fa gia' parte del suo percorso formativo al Conservatorio
di Parigi. Cio' non toglie che dal punto di vista cronologico si possono
distinguere quattro fasi.
La prima e' interrotta dalla guerra, la seconda culmina con la
Turangalila-Symphonie, la terza con Saint Francois d'Assise, l'ultima e'
quella estrema. Se per un momento lasciamo perdere l'oziosa ricerca di
materiali musicali piu' o meno "avanzati", che e' resa inutile dal fatto che
in ogni fase troviamo momenti piu' o meno distanti o vicini alla tradizione,
possiamo forse lasciarci andare ad una osservazione psicologica.
Ogni ciclo viene concluso da un momento di particolare sforzo e
affaticamento creativo (il primo anche dalla guerra), a cui segue una sorta
di depressione, per sfuggire alla quale Messiaen guarda in una nuova
direzione. Dopo la prigionia, e dopo gli anni atroci della guerra, il
compositore reagisce con l'esaltazione dell'amore e con la monumentale
Turangalila-Symphonie, che gli costa un enorme lavoro e lo lascia sfinito.
Cerca allora conforto nel verde, nell'ascolto dei suoni della natura. "E'
molto depresso", ci dice Yvonne Loriod, alla fine della scrittura di Saint
Francois d'Assise, e torna alla scrittura organistica, da cui riparte per i
successivi pezzi orchestrali. Forse le future biografie ci diranno di piu'
sull'argomento. Intanto non possiamo che ribadire le costanti: il senso
religioso dell'esistenza, la contemplazione, la mistica meditazione.
Poi l'utopia di un linguaggio musicale ecumenico e astorico, che unisca la
spiritualita' e la materia, il familiare e l'esotico, collegata
all'interesse per il gregoriano e il ritmo. Infine il sentimento intimo e
"francescano" della natura, il suo amore per i canti degli uccelli, in cui
univa stupore infantile e sofisticate scoperte musicali. Un amore che non e'
mai venuto meno: anche negli ultimi anni della sua vita ha voluto viaggiare
in Terra Santa, per sentire gli stessi canti che avevano accompagnato
l'esperienza terrena del suo Dio.
*
La famiglia importante e la moglie interprete
1908 Il 10 dicembre nasce ad Avignone. Il padre Pierre e' un apprezzato
anglista, la madre Cecile Sauvage una nota poetessa.
1916 A otto anni compone una melodia su un poema di Tennyson.
1919 A undici anni entra al Conservatorio di Parigi, dove studiera' organo
con Marcel Dupre' e composizione con Paul Dukas.
1931 E' nominato organista della chiesa della Trinite' a Parigi.
1935 La nativite' du Seigneur, per organo.
1936-39 Fonda con Andre' Jolivet e altri il gruppo della Jeune France.
1940-1942 E' prigioniero di guerra in Slesia, a Goerlitz, dove compone il
Quatuor pour la fin du temps.
1942 Riprende il suo posto alla Trinite' e inizia il suo insegnamento al
Conservatorio di Parigi.
1943 Visions de l'Amen, per due pianoforti.
1946-1948 Turangalila-Symphonie, per pianoforte, ondes Martenot e orchestra.
1947-1963 Insegna a Budapest, Tanglewood, Darmstadt, Saarbruecken, Buenos
Aires.
1956 Oiseaux exotiques, per pianoforte, legni e percussioni.
1956-58 Catalogue d'oiseaux, per pianoforte.
1961 Sposa Yvonne Loriod. Viaggio in Giappone che portera' alla composizione
dei Sept Haikai.
1964 Couleurs de la Cite' Celeste, per pianoforte, legni e percussioni.
1967 Elezione all'Institut de France.
1970-74 Des canyons aux etoiles, per orchestra.
1978 Cessa l'insegnamento presso il Conservatorio di Parigi.
1975-1983 Saint Francois d'Assise.
1983 Il 10 dicembre la prima all'Opera di Parigi di Saint Francois d'Assise.
1987-1991 Eclairs sur l'au-dela', per orchestra.
1992 Il 27 aprile muore a Clichy.
*
I dischi principali
Quatuor pour la fin du temps, Serkin-Kavafian-Sherry-Stolzman, Rca.
Messiaen par lui-meme, (composizioni per organo), Emi.
Turangalila-Symphonie, Aimard-Kim-Nagano, Teldec; oppure
Loriod-Loriod-Chung, Dgg.
Concert a' quatre, Les offrandes oubliees, ecc.,
Cantin-Holliger-Loriod-Rostropovich-Chung, Dgg.
Saint Francois DíAssise, Upshaw-van Dam-Merritt-Malmberg-Aler-Renard-Nagano,
Integrale in 4 cd, Dgg.
*
Libri consigliati
La musica di Messiaen e' edita da Alphonse Leduc, Paris.
Olivier Messiaen, Technique de mon langage musical, Paris, Leduc, 1946,
1966.
Olivier Messiaen, Traite' de rythme, de couleur et d'ornithologie, 7 voll.,
Paris, Leduc, 1994.
Harry Halbreich, Olivier Messiaen, Paris, Fayard, 1980.
Paul Griffiths, Olivier Messiaen and the Music of Time, London, Faber and
Faber, 1985.
Claude Samuel, Musique et couleurs, nouveaux entretiens avec Olivier
Messiaen, Paris, Belfond, 1986.
Robert Sherlaw Johnson, Messiaen, London, Dent, 1989.
Saint Francois d'Assise (Gesamtaufnahme, Complete Integrale, Integrale).

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 591 del 27 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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