Minime. 625



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 625 del 31 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Contro le provocazioni, la nonviolenza
2. 4 novembre. Ogni vittima ha il volto di Abele
3. Aldo Capitini: Il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta
nonviolenta
4. Giuliana Sgrena: Aisha lapidata
5. Manuela Cartosio: Cibo, non acciaio
6. Marinella Correggia: I semi fanno scuola
7. Marinella Correggia: Tre progetti
8. Letture: Fabio Mini, Soldati
9. Letture: Rete di donne per la pace di Venezia-Mestre, Interrogare il
reale
10. Letture: Robert Sheckley, La variante di Carmody
11. Riedizioni: Thomas S. Kuhn, La rivoluzione copernicana. La struttura
delle rivoluzioni scientifiche. La tensione essenziale e altri saggi
12. Riedizioni: Arthur Schopenhauer, Il mondo come volonta' e
rappresentazione
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. CONTRO LE PROVOCAZIONI, LA NONVIOLENZA

Evocate o invocate ex alto, le provocazioni sono giunte. E con esse le teste
rotte, il sangue versato.
Vi e' un solo modo per impedire l'escalation della violenza: la scelta della
nonviolenza.
La scelta consapevole, meditata, persuasa della nonviolenza.
Che non e' la vilta' della fuga o dell'astensione, della rassegnazione o
dell'indifferenza. E' l'esatto contrario: e' la scelta di lottare contro
l'ingiustizia senza commettere ingiustizia. E' la scelta di opporsi al male
senza lasciarsene contaminare. E' la scelta di opporsi alla violenza nel
modo piu' nitido e piu' intransigente.
*
Ma la pratica della nonviolenza non e' ne' spontanea ne' banale.
Richiede riflessione, preparazione, addestramento.
Richiede coraggio, fermezza nella verita'. Richiede scienza e coscienza.
Nel vivo del conflitto politico e sociale in corso per opporsi alla guerra e
al razzismo, a politiche inique e devastanti, ai poteri criminali e a quelli
corruttivi, occorre disporsi allo studio della nonviolenza, occorre
promuovere training di formazione alla  nonviolenza, occorre diffondere la
cultura teorica e pratica della nonviolenza.
E' necessario, ed e' urgente.

2. INIZIATIVE. 4 NOVEMBRE. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE
[Riproduciamo ancora una volta un estratto da un comunicato del "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo del 2002. E' nostra intenzione riproporre ed
estendere quest'anno l'iniziativa del 4 novembre di pace, in memoria delle
vittime, contro le guerre, le armi e gli eserciti; la nostra proposta
nonviolenta consiste in una cerimonia silenziosa di deposizione di un
omaggio floreale ai monumenti che ricordano le vittime della guerra, in
orario diverso e distante dai chiassosi ed offensivi "festeggiamenti" delle
forze armate]

"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).
1. Il 4 novembre e' un giorno di lutto, e nelle vicende umane anche
l'elaborazione del lutto per coloro che non solo piu' conta. E conta
altresi' il ricordo di coloro cui e' stata tolta la vita con la violenza.
Non ricordarli sarebbe come volerli cancellare, quasi ucciderli una seconda
volta.
Chi defini' la prima guerra mondiale con la formula lapidaria "inutile
strage" colse un punto decisivo: fu una orribile strage; e - di contro alle
retoriche dei potenti che mandarono al macello tanta povera gente - non ebbe
alcuna ammissibile utilita', poiche' le stragi non sono mai utili (se non al
trionfo del male ed alla sofferenza dell'umanita'), sono stragi e basta, e
tutti quelli che pensano che si possa costruire qualcosa dando ad altri la
morte commettono uno sciaguratissimo e infame errore di ragionamento, oltre
che un abominio morale, che li rende promotori o complici del piu' orrendo
dei crimini.
La memoria delle vittime e' uno degli elementi su cui e con cui costruire
l'impegno per la difesa e la promozione dei diritti umani di tutti gli
esseri umani (sulla memoria delle vittime ed anche sui possibili rischi di
un uso distorto e strumentale di essa ha scritto pagine indimenticabili
Tzvetan Todorov, ad esempio in Memoria del male, tentazione del bene).
2. Ebbene, la ricorrenza del 4 novembre, fine della prima guerra modiale
(per l'Italia), e' stata fin qui strumentalizzata proprio dai poteri
militari, che in questa giornata, loro si', "festeggiano" le forze armate,
cioe' scherniscono quei poveri morti che loro stessi comandi militari hanno
fatto morire. Lo troviamo ripugnante.
3. Sic stantibus rebus, non convincono le iniziative subalterne, e non
convince il lasciar stare, il far finta di niente. Cosicche' abbiamo pensato
(anche sulla base di esperienze del passato) che il 4 novembre non debba
essere lasciato come irridente e iniquo monopolio delle gerarchie militari e
di quella retorica pseudopatriottica che il dottor Johnson qualche secolo fa
definiva "l'ultimo rifugio delle canaglie"; non debba essere lasciato alle
loro menzogne ed alla loro propaganda necrofila.
4. di qui la proposta: in quella data le persone e le istituzioni amanti
della pace e fedeli al diritto internazionale e alla legalita'
costituzionale non permettano che prevalga la sciagurata finzione che la
guerra sia bella e che le vittime debbano essere contente di essere state
trucidate, ma oppongano alla menzogna la verita', e all'ipocrisia la pieta'.
In quella data si ricordino le vittime per affermare che la guerra, del cui
orrore la loro morte testimonia, ebbene, la guerra e' un crimine che mai
piu' deve darsi.
"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell).

3. MAESTRI. ALDO CAPITINI: IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE
DIRETTA NONVIOLENTA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo dodicesimo, Il Manuale
di Charles C. Walker (1961), del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della
nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967 (poi ristampato da Linea d'ombra,
Milano 1989; e successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla
nonviolenza, Protagon, Perugia 1992). L'opuscolo di Walker, Manuale per
l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato
successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei
"Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto; e' un materiale
di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo
anche piu' volte riprodotto sul nostro quotidiano elettronico, da ultimo ne
"La domenica della nonviolenza" n. 187]

Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta
nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della
nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Frémont lo ha tradotto in francese.
L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue,
Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il
confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione
nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi
campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove.
Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni
bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu'
rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
*
1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando
rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del
pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo
continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata,
indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi
il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi
e associazioni che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le
azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere
apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne
deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere
largamente.
*
2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime,
stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente
all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere
preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative,
assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in
comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
*
3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche,
implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei
vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di
ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche
date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione
importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per
rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare
tutti gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza
rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
*
4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne
nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film,
fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di
realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro,
raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli
individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra
l'addestramento generale e quello per determinate azioni.
*
5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un
comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e
comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per
stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio
preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio
giuridico).
*
6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale
pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai
funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni
pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere,
anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per
affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella
zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione:
telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni
appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare
manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo).
*
7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza
legale.
*
8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
*
9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi
biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla
stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi,
visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli
di giornali.
*
10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano
dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni
(alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai
comitati).
*
11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo
gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta
e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie.
Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli
avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni),
e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in
quanto possibile, un silenzio assoluto.
*
12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal
disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso
l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con
la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio
posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della
prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di
ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e
in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano
e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le
sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza
accumulatosi da tanto tempo).
*
13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle
rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al
corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita'
eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli
aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far
agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
*
14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in
gruppo.
*
15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni:
l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per
arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una
trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della
giustizia e dell'onesta' umana).

4. MONDO. GIULIANA SGRENA: AISHA LAPIDATA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 ottobre 2008 col titolo "Lapidazione
allo stadio" e il sommario "Somalia. A Chisimaio le Corti islamiche
applicano la Sharia, come i taleban. Giovane accusata di adulterio colpita a
sassate davanti ai parenti"]

Aisha Ibrahim Dhuhulow, una donna di 23 anni e' stata lapidata a Chisimaio,
nel sud della Somalia, a circa 500 chilometri da Mogadiscio. E' l'ultimo
atto delle Corti islamiche guidate da Hassan Turki e dai miliziani Shabab
che hanno conquistato il controllo della citta' lo scorso 22 agosto,
strappandola al governo provvisorio qui rappresentato dal clan dei Marehan
appoggiato dalle forze etiopi. La donna e' stata condannata per adulterio.
Questa la pena prevista dalla sharia, la legge coranica secondo
l'interpretazione fondamentalista. La giovane con un velo verde e il viso
coperto da un drappo nero e' stata portata sul luogo dell'esecuzione,
avvenuta lunedi' sera in uno stadio, a bordo di un furgone. Poi, mani e
piedi legati, e' stata sepolta fino al collo e colpita a morte con le pietre
da una cinquantina di uomini. Quando un parente ha cercato di intervenire i
miliziani hanno sparato uccidendo un bambino. Migliaia gli spettatori di una
atroce esecuzione avvenuta, secondo le Corti islamiche, dopo la confessione
della ragazza. Tutto lascia supporre che la ragazza non avesse altra scelta
e a nulla sono valse le proteste della famiglia che hanno invocato una
corretta applicazione della sharia che richiederebbe la presenza di
testimoni. "L'islam, ha affermato uno dei parenti, non permette che una
donna sia messa a morte per adulterio se non sono presentati pubblicamente
l'uomo con cui ha avuto rapporti sessuali e quattro testimoni del fatto".
L'esecuzione, avvenuta davanti a migliaia di testimoni costretti ad
assistere alla morte atroce della ragazza, ricorda le esecuzioni dei taleban
nello stadio di Kabul. La scuola e' la stessa. La fine del regime dei
taleban nel 2001 non ha rappresentato la fine del talebanismo che ha trovato
numerosi seguaci non solo in Asia. Gli Shabab al potere a Chisimaio sono
considerati legati ad al Qaeda, comunque sia la loro interpretazione
dell'islam e' tra le piu' oscurantiste: ogni svago e' proibito perche'
considerato blasfemo. E quando si parla di svago in un paese travolto da
vent'anni di guerra e poverta' e' difficile immaginare qualcosa di blasfemo.
Sono state vietate le riprese per la prima lapidazione di Chisimaio alla
quale tuttavia hanno assistito giornalisti locali. Era dal 2006, da quando
le Corti islamiche sono state allontanate da Mogadiscio, che non si
assisteva a simili atrocita'.
Gli Shabab, che figurano sulla lista dei gruppi terroristi stilata dagli
Stati Uniti, hanno respinto anche l'accordo raggiunto dal governo somalo con
i gruppi islamisti "moderati" con la mediazione delle Nazioni Unite che
prevede un ritiro delle truppe etiopiche dal territorio di Mogadiscio entro
il 5 novembre e da Beledweyne entro il 21 novembre. Questi territori
passeranno sotto il controllo dell'Amisom (Unione delle truppe africane in
Somalia). "Abbiamo respinto la conferenza e gli accordi. Ribadiamo che non
li accetteremo. Continueremo la nostra battaglia contro i nemici di Allah",
ha affermato Mukhtar Robow, un portavoce degli Shabab.
Tutto lascia prevedere che la situazione non migliorera' in Somalia,
soprattutto a Chisimaio, in particolare per le donne. L'applicazione della
sharia infatti vede soprattutto nelle donne il primo obiettivo da colpire.
Il modello degli Shabab non si discosta da quello dei taleban, del resto e'
la stessa matrice wahabita (dell'Arabia Saudita) a ispirarli. Anche dove le
Corti islamiche non sono al potere e' l'Arabia Saudita a gestire tutti i
servizi che un governo ininfluente non riesce a garantire. La penetrazione
saudita e' iniziata fin dalla caduta di Siad Barre, nel 1991, con l'arrivo
di organizzazioni "umanitarie", si e' poi accentuata dopo la partenza delle
truppe internazionali di Restore hope. Il numero delle moschee si e'
moltiplicato, cosi' quello degli orfanotrofi, al posto delle scuole sono
state costruite le madrasa (scuole coraniche, dove le bambine sono coperte
da tuniche pesanti che le coprono dal capo ai piedi fin da piccole), i
programmi scolastici sono quelli arabi e la lingua del corano ha sostituito
quella somala. In Somalia non si studia piu' la lingua somala e nemmeno la
storia della Somalia ma quella della penisola arabica. I tribunali sono
stati sostituiti dalle Corti islamiche e accanto alle carceri sono sorti i
centri di rieducazione o di implementazione della sharia, dove le famiglie
possono rinchiudere figlie o figli ribelli, o semplicemente parenti scomodi.
In un paese in guerra, senza un governo che controlli la situazione, prevale
la legge del piu' forte.

5. MONDO. MANUELA CARTOSIO: CIBO, NON ACCIAIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 ottobre 2008 col titolo "India: cibo,
non acciaio"]

Giovedi' scorso dalla base di Sriharot, nello stato dell'Andra Pradesh,
l'India ha mandato in orbita la sua prima sonda lunare. Qualche giorno
prima, nello stato del Jharkhand, migliaia di contadini adivasi, "armati" di
archi e falcetti, avevano manifestato contro la costruzione sulle loro terre
di una mega-acciaieria. E ieri a Dhinkia, nello stato dell'Orissa, centinaia
di contadini, donne e studenti hanno ribadito il loro no a un'altra grande
acciaieria, progettata dalla sudcoreana Posco. Si tratta del piu' grande
investimento estero in India: 12 miliardi di dollari. La Corte suprema
indiana ad agosto ha dato il suo ok al progetto della Posco, ma la sentenza
non ha fermato una protesta che va avanti dal 2005.
Definire l'India il paese dei contrasti e' un luogo comune terribilmente
vero. "Vogliamo cibo, non acciaio", e' lo slogan delll'ultimo conflitto che
in India vede contrapposte le popolazioni contadine, in questo caso tribali,
agli insediamenti industriali. La Tata ha appena gettato la spugna nel
Bengala Occidentale (la produzione della low cost Nano e' stata trasferita
altrove) e subito inizia un braccio di ferro con l'altro gigante indiano, il
gruppo Mittal che, dopo l'acquisizione della francese Arcelor, e' diventato
il numero uno mondiale della siderurgia. Arcelor Mittal progetta di
costruire nel Jharkhand un impianto in grado di sfornare 12 milioni di
tonnellate d'acciaio l'anno. Costera' oltre 8 miliardi di dollari e
occupera' una superficie di 4.450 ettari. I soldi da investire non sono un
problema per Mittal. Il problema e' la terra da cui le popolazioni tribali
non vogliono separarsi.
"Non daremo un pollice di terra a Mittal", afferma la signora Dayamani
Barla, leader del movimento contro la mega-acciaieria. In tutte le sedi, e
di recente anche in Svezia dove ha partecipato a un incontro sui diritti
delle popolazioni indigene, Dayamani Barla ripete che non e' una questione
di prezzo o di congrui indennizzi. "Per una comunita' tribale la terra non
e' un bene da alienare, ma un'eredita' da proteggere e da passare alle
future generazioni". Da quei 4.450 ettari di campi e foreste gli abitanti di
una quarantina di villaggi non ricavano solo sostentamento, traggono da li'
anche "identita', dignita', autonomia". Accettare d'essere spostati altrove
equivarrebbe a spezzare il rapporto con la terra degli avi. Per questo nel
conflitto contro Arcelor Mittal sono disposti a mettere in gioco tutto,
"compresa la loro vita".
Parole pesanti e intenzioni drastiche che mal si conciliano con l'ottimismo
del Partito del Congresso del Jharkhand, favorevole all'insediamento
dell'acciaieria. "Creera' molti posti di lavoro, quando le popolazioni
locali vengono informate dei benefici che ne deriveranno smettono
d'osteggiare il progetto", sostiene un parlamentare locale del Congresso.
Mittal, per ora, non sembra intenzionata a forzare i tempi. "Non vogliamo
rubare la terra a nessuno", assicura un portavoce del gruppo interpellato
dalla Bbc, "aspetteremo finche' il problema verra' risolto".
La protesta anti-Mittal, come quella anti-Tata, e' guidata da una donna (a
proposito di contrasti: nell'India che seleziona i nascituri in base al
sesso c'e' una forte tradizione di donne al comando). Ma mentre Mamata
Bannerjee, che ha costretto la Tata ad abbandonare il Bengala Occidentale,
e' una politica scafata dotatasi di un partito personale, Dayamani Barla e'
la portavoce di un movimento dal basso. Di umili origini, e' diventata la
prima giornalista adivasi nello stato del Jharkhand. Si guadagna da vivere
gestendo un piccolo tea shop.

6. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: I SEMI FANNO SCUOLA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 ottobre 2008 col titolo "I semi fanno
scuola" e il sommario "Terra Madre a Torino. Si conclude l'incontro mondiale
delle 'comunita' del cibo'. Cosa mangeremo domani? Da Torino a Maputo,
coltivatori, salvatori di semi, cuochi, ricercatori che coltivano alimenti
nutrienti e salutari con metodi sostenibili, hanno discusso dei cibi piu'
adatti al futuro: consci di dover combattere contro titaniche minacce"]

"Non dobbiamo vivere tutti allo stesso modo ma nessuno dovrebbe inquinare e
distruggere risorse piu' degli altri": questa frase, sulla rivista
"Silence!", dell'ecologista francese Francois Schneider ben traduce la
varieta' culinaria, agricola, biologica e umana, all'insegna pero' di
un'unica sostenibilita' salvatrice, espressa dalle "comunita' del cibo"
incontratesi per la terza volta a Torino a "Terra Madre": un concentrato di
mondo, con coltivatori, salvatori di semi, cuochi, ricercatori.
Da Torino e da Maputo, dove negli stessi giorni si e' svolta la Conferenza
internazionale di Via Campesina, pur nelle differenze di soggetti c'e' un
messaggio condiviso: braccia e risorse vanno strappate alla finanza,
all'economia epulona e all'agricoltura globalizzata per restituirle alla
terra e alla Terra. O a causa della crisi alimentare, climatica, energetica,
finanziaria, domani ci sara' ancor meno nutrimento.
Cosa mangeremo domani? Le Comunita' del cibo di "Terra madre" coltivano
alimenti nutrienti, salutari, curativi, coltivati e conservati con metodi
sostenibili e al tempo stesso adatti a un futuro che va salvato. Sono adatti
al futuro i frutti (e gli altri prodotti forestali non legnosi: erbe
medicinali, caucciu') che potrebbero salvare la foresta dell'Amazzonia
rendendo remunerativo un prelievo che lascia in piedi alberi e
biodiversita'. Osias Silva, nello stato di Amapa', raccoglie i frutti
proteici dell'enorme albero castanheira: "Pero' il lavoro e' troppo scarso.
Tanti parlano di Amazzonia, ma noi, il popolo della foresta, vogliamo
viverci; anche noi giovani perche', come dice una poesia di Raimunda che
raccoglie noci da 40 anni, 'siamo noi a difendere il Brasile'".
Onore ai raccoglitori e soprattutto alle raccoglitrici, il mestiere piu'
antico del mondo ancora vivo in tante comunita', perfino negli Usa, con le
comunita' dei cercatori di erbe o di fichi selvatici, in Russia, in Austria
dove ci si arrampica su solitari alberi di sorbo vecchi duecento anni.
Formule nuove: John Wachira, del Network for ecofarming in Africa, spiega
che "nell'area di Embu a ridosso della foresta gruppi di donne raccolgono ed
essiccano foglie di ortica, delicata e nutrientissima per donne incinte,
puerpere e bambini. Ma la novita' e' che cerchiamo di coltivarla, nei
villaggi e nelle scuole".
Sono adatti al futuro i versatili legumi; ad esempio gli orientali fagioli
wing, che in Indonesia il signor Kharisma cerca di far coltivare nelle
scuole: "Se ne ricava una bevanda sostitutiva del latte; come quello di
soia, ma a differenza di quest'ultima, i wing sono adatti a piccole
superfici... cosi' chi consuma e chi produce possono esere la stessa
persona". Sono adatti al futuro i proteici frutti in guscio (mandorle,
pistacchi, noci, nocciole, pinoli, noce brasiliana ecc.), alimenti
fondamentali nella storia umana in tutti continenti; alcuni di questi
sopportano le peggiori siccita', altri prosperano nell'umida foresta. E del
futuro saranno i vitaminici e mineralizzanti frutti adatti all'essiccazione
solare (albicocche, datteri, manghi, uva, fichi).
Adatti al futuro con una popolazione in aumento, gli alimenti naturali ma
concentrati. Come la spirulina, alga di acqua dolce che cresce spontanea
sulle rive del lago Chad ma si puo' coltivare ovunque purche' faccia caldo.
Minacce attuali e future: clima, guerre, siccita', brevetti, chimica,
globalizzazione. Ma quelli di "Terra Madre", come quelli di Via Campesina,
sanno di dover combattere contro titaniche minacce. Intanto i cambiamenti
climatici - in particolare la siccita' - sono un problema per il complesso
della produzione alimentare e percio', come recita il Manifesto sul clima e
il futuro della sicurezza alimentare presentato da Vandana Shiva, "occorrono
un'agricoltura e sistemi alimentari locali, basati su biodiversita',
sostenibilita', salubrita' e democrazia partecipativa".
Altra croce delle comunita' del cibo: le guerre. Una persiana Guida
all'agricoltura del XIV secolo elogiava il ricco patrimonio di varieta' di
fruttiferi in Afghanistan. Giuggiole e uvetta, mandorle e pistacchi a
foreste, le more di gelso raccontate ne Il cacciatore di aquiloni, e mele e
fichi. Nel deserto dell'Iraq, dopo le piogge, si raccoglievano funghi e
tartufi e qualcuno ancora lo fa.
Anche i brevetti sui semi minacciano il cibo per il futuro. E' il caso della
stevia, la hierba dulce, pianta originaria del Paraguay che sostituisce i
dolcificanti sintetici ma, come ci spiega Ignacio Fontelara, "un suo
derivato curativo e' minacciato di brevettazione dopo essere stata
boicottata dalle multinazionali della dolcezza artificiale".
Altro problema, la chimica: molti piccoli produttori di aree povere si
avvelenano usando i fitofarmaci dei poveri, quelli vietati altrove.
Planetaria la tragedia delle api: "Da noi ai confini con l'Amazzonia, dove
l'inquinamento elettromagnetico non c'e', questi insetti preziosi muoiono, e
le nostre acque di fiume diventano imbevibili, perche' l'ormai diffusa
coltura del mais e' irrorata a piu' non posso", dice l'apicoltore peruviano
Silverio Trejo Pradom. Che vi aggiunge un'altra minaccia, la speculazione
sui suoli: "Siamo riusciti con grandi mobilitazioni a fermare un decreto
governativo che favoriva l'accaparramento di terre comunitarie da parte di
multinazionali".
E come possono i produttori e i prodotti locali fronteggiare l'altro incubo,
il mercato unico mondiale, la concorrenza schiacciante fatta di una
circolazione forsennata di alimenti? Trasformando localmente, educando chi
mangia, accorciando il piu' possibile i passaggi. Cosi' i mercati contadini
si diffondono ovunque, con varie modalita'.

7. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: TRE PROGETTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 ottobre 2008 col titolo "Tre progetti"
e il sommario "Giovani reti solidali: braccia rubate alla finanza"]

Il rapporto fra giovani e cibo sembra senza speranza a ogni latitudine. Se
si parla di chi produce cibo, ecco che in tutto il mondo i giovani fuggono
dai campi (e se non si usa piu' l'orribile detto "braccia strappate
all'agricoltura", il concetto tuttavia rimane).
E se si parla di consumi alimentari, i giovani di tutto il mondo sembrano
aver dimenticato il patrimonio gastronomico delle loro culture per
abbracciare il cibo spazzatura, hamburger e bibite.
Ma cosi' come Via Campesina lotta per un modello agricolo e rurale che sia
anche "attraente" agli occhi dei piu' giovani, cosi' il neonato Youth Food
Movement (Yfm) di Slow Food riunisce una rete di giovani coltivatori,
cuochi, artigiani, attivisti e studenti che "si impegnano a produrre,
trasformare, consumare cibo pulito, buono e giusto".
Al tempo della crisi alimentare globale, i membri dello Yfm vogliono -
leggiamo nel loro sito - "iniziare attivita' agricole basate su metodi e
pratiche tradizionali e sostenibili; chiedere giustizia alimentare e accesso
equo a cibo buono per le comunita'; iniziare mercati contadini e orti nei
campus; organizaare eventi pubblici a base di cibi sani e giusti; far virare
le caffetterie delle scuole verso prodotti locali e sostenibili; e molto
altro".
Tre i progetti che il movimento ha avviato: una partecipazione organizzata
al circuito di "Terra Madre", con l'impegno ad agire nelle comunita'; i
convivi nelle universita' (Slow Food on Campus, iniziato negli Stati Uniti),
dove maggiore e' in effetti il bisogno e dove si possono raggiungere giovani
di moltissimi paesi; e Pangea, programmi di apprendistato per studenti,
giovani agricoltori e cuochi, presso chi ne sa di piu'.
Il tutto perche' "per allentare la presa dell'industrializzazione sul nostro
sistema alimentare abbiamo bisogno di nuovi agricoltori; molti".

8. LETTURE. FABIO MINI: SOLDATI
Fabio Mini, Soldati, Einaudi, Torino 2008, pp. VI + 128, euro 9. Confidando
che non ci faccia velo l'affetto e la stima che nutriamo per l'autore, e'
questo un libriccino sapido e prezioso, la cui lettura (e discussione,
certo) consigliamo a chiunque e' impegnato per la pace.

9. LETTURE. RETE DI DONNE PER LA PACE DI VENEZIA-MESTRE: INTERROGARE IL
REALE
Rete di donne per la pace di Venezia-Mestre, Interrogare il reale.
Globalizzazione, lavoro, conflitti a partire da noi, Centro Donna - Citta'
di Venezia, Venezia 2007, pp. 162, s.i.p. E' un volume che raccoglie
materiali di riflessione prodotti lungo un arco di tempo che va dal '99 al
2006 dalle donne che hanno dato vita a una preziosa esperienza femminista e
pacifista a Venezia e Mestre. Con una prefazione di Franca Bimbi, saggi e
interventi di Mara Bianca, Cristina Giadresco, Franca Marcomin, Stefania
Minozzi, Tiziana Plebani, e contributi di Monica Lanfranco, Paola Melchiori,
Adriana Nannicini, Gigetta Rizzo Pagnin, Antonella Picchio. Per richieste:
Centro donna, viale Garibaldi 155/a, Mestre-Venezia, tel. 0412690630,
e-mail: cittadinanza.donne at comune.venezia.it

10. LETTURE. ROBERT SHECKLEY: LA VARIANTE DI CARMODY
Robert Sheckley, La variante di Carmody, Mondadori, Milano 2008, pp. , euro
3,90. Volume n. 1537 di "Urania" questo volumetto che reca un romanzo breve
accompagnato da una raccolta di racconti (inediti l'uno e gli altri in
italiano) forse non aggiunge granche' alla fama di un autore che sempre
molto amammo, ma ci reca ancora di lui una scintilla, un ricordo, e gia'
questo ce lo rende caro.

11. RIEDIZIONI. THOMAS S. KUHN: LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. LA STRUTTURA
DELLE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE. LA TENSIONE ESSENZIALE E ALTRI SAGGI
Thomas S. Kuhn, La rivoluzione copernicana. La struttura delle rivoluzioni
scientifiche. La tensione essenziale e altri saggi, varie edizioni Einaudi,
Torino, Mondadori, Milano 2008, pp. X + 836, euro 12,90 (in supplemento a
vari periodici Mondadori). Anche chi non si occupa di filosofia della
scienza conosce almeno le tesi principali de La struttura delle rivoluzioni
scientifiche: e volerne cogliere articolazioni ed implicazioni e' gia' una
buona ragione per leggere o rileggere le pagine riproposte in questo volume.
Chi poi come noi essendo di quelli che sempre un'infiammata passione
nutrirono per le teorie e le pratiche dei mutamenti e per quella canoscenza
senza di cui virtute e' cieca e muta, di Kuhn lettore fervido non essere non
puote (e di Feyerabend, se ci si passa l'aggiunta).

12. RIEDIZIONI. ARTHUR SCHOPENHAUER: IL MONDO COME VOLONTA' E
RAPPRESENTAZIONE
Arthur Schopenhauer, Il mondo come volonta' e rappresentazione, Mondadori,
Milano 1989, 2008, pp. XLVIII + 804, euro 12,90 (in supplemento a vari
periodici Mondadori). Die Welt als Wille und Vorstellung prima di essere
l'opera di una vita e' l'opera di un giovane, e tutti i giovani entrando
nella vita sono schopenhaueriani e leopardiani. E se ha nuociuto alla
carriera di S. il confronto con Hegel in vita (duello che forse invece ha
assai giovato all'opera sua), alla fortuna - alla gloria - del suo sistema
di pensiero (ovvero della sua arte) ha nuociuto sia la curvatura data
dall'esaltazione nietzscheana della terza Inattuale (e dalla temperie
wagneriana), sia il confronto con Leopardi nei termini in cui lo pose De
Sanctis in quel saggio che tutti abbiamo letto e mai piu' dimenticato,
confronto in cui il "pessimismo" di Schopenhauer e' destituito di rigore e
fecondita' proprio per la sua sistematicita' che in qualche modo e misura lo
ribalta altresi' in una sorta di sinecura ovvero in una specie di preventiva
e onnivora delusa rassegnazione. Ma queste letture - per dense e preziose e
affascinanti che siano - non rendono giustizia al filosofo di Danzica. E ben
prima di divenire - se pur effettualmente lo divenne, o volle sembrarlo (ed
al riguardo utili materiali sono ad esempio la raccolta di testimonianze
presentata da Anacleto Verrecchia presso Rizzoli e i carteggi familiari
curati da Ludger Luetkehaus presso Sellerio) - il dispeptico vecchiaccio
reazionario della macchietta cui lo riduce la vulgata, Schopenhauer e' stato
ben altro, e ben altro resta per noi e per chiunque abbia letto il Mondo e i
Parerga und Paralipomena: davvero ancora un educatore con cui i conti sono
sempre aperti.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 625 del 31 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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