Minime. 804



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 804 del 28 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: No agli F-35, no a tutte le armi assassine
2. Enrico Piovesana intervista Walter Bovolenta
3. Stefano Ferrario: Produzioni di morte
4. "Famiglia cristiana": E se rinunciassimo a 131 aerei cacciabombardieri?"
5. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
6. Giulio Vittorangeli: In memoria di Primo Levi
7. Gemma De Magistris: La scuola e' anche questo
8. Luisa Muraro: Una lettera aperta a Serena Palieri e Alessandra Bocchetti
9. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
10. Arturo Colombo presenta "Dizionario minimo" di Salvatore Veca
11. Simonetta Fiori presenta "Mussolini e Hitler. La Repubblica sociale
sotto il Terzo Reich" di Monica Fioravanzo
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NO AGLI F-35, NO A TUTTE LE ARMI ASSASSINE

La decisione governativa - che coinvolge il governo in carica e quelli che
lo hanno preceduto, e relativi partiti che li sostenevano e sostengono - di
sperperare una montagna di pubblico denaro per costruire nuovi
cacciabombardieri, i famigerati F-35, e' un crimine e una follia.
Essa va rovesciata con la forza del diritto, con la forza della democrazia.
Va rovesciata in nome dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica
Italiana, che ripudiando la guerra implica altresi' il ripudio di armi di
aggressione - anche nucleare - intese a scatenare e condurre nuove guerre
che possono distruggere l'intera civilta' umana.
Essa va rovesciata in nome del diritto di ogni essere umano a non essere
ucciso.
Essa va rovesciata con la presa di coscienza delle persone e delle
istituzioni, con la fedelta' alla Carta delle Nazioni Unite che si apre con
l'impegno dei popoli a contrastare la guerra, con la fedelta' alla
Dichiarazione universale dei diritti umani, con la fedelta' a tutte le
grandi tradizioni di pensiero che si fondano sul principio che e' alla base
della civilta' umana, dell'umana convivenza: tu non uccidere.
*
La pace si costruisce con la pace.
La sicurezza si costruisce nella solidarieta' che ogni essere umano
raggiunge.
Il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti sono la scelta oggi
necessaria e urgente.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. RIARMO. ENRICO PIOVESANA INTERVISTA WALTER BOVOLENTA
[Dal sito di "Peacereporter" riprendiamo la seguente intervista del 20
aprile 2009 dal titolo "Contro gli F-35. Intervista a Walter Bovolenta,
dell'Assemblea Permanente No F-35"]

- Enrico Piovesana: Perche' siete contrari al programma di riarmo F-35 Joint
Strike Fighter?
- Walter Bovolenta: I caccia-bombardieri F-35 rappresentano il primo sistema
d'arma concepito per rispondere alle esigenze della nuova "gendarmeria
mondiale" rappresentata dalla Nato. L'Italia produrra' e si dotera' di un
aereo militare ideato non per difendere il nostro spazio aereo nazionale, ma
per partecipate a future missioni di guerra all'estero, per andare a
bombardare in giro per il mondo, seminando morte, distruzione e sofferenza.
Oltre a queste ragioni di principio, siamo contrari agli F-35 anche per
ragioni di ordine economico: questa impresa costera' ai cittadini italiani
almeno 13 miliardi di euro. Una cifra impressionante, soprattutto in tempi
di crisi economica, che potrebbe essere investita per migliorare le
condizioni di vita di tutti, per redistribuire il reddito, per sviluppare
fonti di energia rinnovabili o per tutelare il nostro territorio.
*
- Enrico Piovesana: A proposito di territorio, perche' giudicate negativo
l'impatto dello stabilimento di Cameri dove verranno prodotti gli F-35?
- Walter Bovolenta: L'aeroporto militare di Cameri, a due passi da Novara e
Varese, diventera' il centro di collaudo di tutti i velivoli che verranno
prodotti e in futuro aggiornati nello stabilimento di Finmeccanica
all'interno della base. Questo significa che per i prossimi decenni i nostri
cieli saranno continuamente solcati da questi caccia, che producono un
enorme inquinamento ambientale e acustico, con le relative gravi conseguenze
per la salute e la qualita' della vita degli abitanti della zona. Non
dimentichiamo che Cameri si trova ai confini del Parco del Ticino. Inoltre,
la nascita di uno stabilimento militare di importanza internazionale
produrra' un'ulteriore militarizzazione del nostro territorio, su cui gia'
gravano le grandi basi militari di Solbiate Olona e di Bellinzago.
*
- Enrico Piovesana: Quando e come e' nata la vostra associazione contro gli
F-35?
- Walter Bovolenta: L'adesione iniziale dell'Italia al progetto Joint Strike
Fighter risale al 1996 ed e' stata successivamente confermata da tutti i
governi, sia di centrodestra che di centrosinistra. Ma la firma definitiva
dell'accordo e' avvenuta solo nel febbraio 2007, quando il sottosegretario
alla Difesa del governo Prodi, Lorenzo Forcieri, ha incontrato a Washington
il suo collega statunitense Gordon England. E' stato allora che diversi
gruppi e associazioni locali presenti sul territorio novarese si erano unite
in un Coordinamento contro gli F-35. Nel 2008, con l'adesione di alcuni
gruppi lombardi contrari al progetto Joint Strike Fighter, il Coordinamento
si e' trasformato in "Assemblea Permanente No F-35".
*
- Enrico Piovesana: Come mai l'opposizione a questo progetto, vecchio di
tredici anni, si fa sentire solo adesso?
- Walter Bovolenta: Il consenso "bipartisan" di tutto il mondo politico
italiano su questo programma di riarmo e il conseguente assoluto silenzio
mediatico verso questa faccenda hanno fatto si' che il movimento pacifista
non si sia mai mobilitato in merito. Finora abbiamo fatto tutto da soli.
*
- Enrico Piovesana: Quali azioni di protesta avete organizzato finora?
- Walter Bovolenta: Abbiamo informato e sensibilizzato la popolazione
locale, interessata dal futuro stabilimento di Cameri, organizzando
incontri, manifestazioni, presidi e mettendo in piedi un sito internet con
documenti e notizie, abbiamo scritto lettere e appelli alle autorita'
locali, nazionali e perfino al presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
Ora stiamo organizzando una grande manifestazione di protesta a Novara per
sabato 30 maggio: l'appuntamento e' alle ore 15, davanti alla stazione
ferroviaria in piazza Garibaldi. Da li' partiremo per percorrere le strade
della citta' e per gridare forte la nostra opposizione a questa ennesima
impresa di morte.

3. RIARMO. STEFANO FERRARIO: PRODUZIONI DI MORTE
[Dal sito di "Peacereporter" riprendiamo il seguente articolo del 20 aprile
2009 dal titolo "Fulmine di guerra" e il sommario "Il caccia F-35 di cui si
dotera' l'Italia e' funzionale all'attuale scenario di guerra permanente"]

Il nuovo "caccia da attacco combinato" (Joint Strike Fighter) F-35
"Fulmine", di cui l'Italia acquistera' 131 esemplari, e' un aereo militare
che, per la sua configurazione, e' predisposto non per giacere in un hangar
o per il controllo dei cieli di un paese, bensi' per compiere azioni di
aggressione - anche con armi nucleari - tipiche dell'attuale scenario di
guerra permanente.
Alenia costruira' 700 esemplari. La costruzione dell'F-35 avverra' negli Usa
(negli stabilimenti della Lockheed Martin in Texas) per le forze armate
nordamericane e britanniche (2.581 aerei), e in Italia (nello stabilimento
Alenia Aeronautica all'aeroporto militare di Cameri, a Novara) per la nostra
aeronautica militare (131 aerei) e per quelle degli altri sei partner
internazionali del progetto: Olanda, Danimarca, Norvegia, Turchia, Canada e
Australia (570 aerei). A questi potrebbero aggiungersi in futuro altri
clienti internazionali: gia' certi Singapore e Israele (con 25 aerei gia'
ordinati piu' 50 in opzione).
13 miliardi solo per cominciare. Il costo dei 131 F-35 per i cittadini
italiani sara' elevatissimo: la cifra di 13 miliardi di euro, che e' solo il
prezzo per l'acquisto dei velivoli, e' destinata ad aumentare poiche' gli
aggiornamenti tecnici di cui questi aerei necessiteranno nel corso degli
anni sono molto costosi.
Questa e' la piu' imponente commessa per Alenia Aeronautica (appartenente al
Gruppo Finmeccanica), che fa gia' affari d'oro con le forniture
all'aeronautica militare italiana dei caccia Eurofighter e con quelle degli
aerei militari da trasporto C-27J "Spartan" alle forze aeree degli ex
satelliti sovietici recentemente entrati a far parte della Nato.
E i risvolti occupazionali? Anche per il programma F-35 si conferma la
scarsissima ricaduta occupazionale per la costruzione di sistemi d'arma in
campo aeronautico rispetto ad analoghi progetti in campo civile. La
differenza di base sta nell'enorme fatturato che garantisce il militare
rispetto al civile. Infatti, sono 2.000 le persone, piu' l'indotto, che gia'
vivono a Cameri sull'industria dei caccia. Potrebbero diventare 2.200, cui
si aggiungerebbero 800 dipendenti dell'indotto, con la partenza del
progetto.

4. RASSEGNA STAMPA. "FAMIGLIA CRISTIANA": E SE RINUNCIASSIMO A 131 AEREI
CACCIABOMBARDIERI?
[Dal settimanale "Famiglia cristiana" n. 17 del 26 aprile 2009 col titolo "E
se rinunciassimo a 131 aerei cacciabombardieri?" e il sottotitolo "Ecco come
trovare i soldi necessari epr la ricostruzione in Abruzzo"]

Gli economisti ne avevano calcolato puntigliosamente i benefici: accorpare
il referendum alle elezioni gia' previste per le europee e le
amministrative, il 6 e 7 giugno prossimi, avrebbe fatto risparmiare circa
400 milioni di euro. Cifra superiore al tetto di spesa per il 5 per mille
(che e' di 380 milioni), e due volte tanto il costo della tanto strombazzata
social card.
Saranno soldi pubblici sciupati malamente, in un momento in cui gli
italiani, con generosita', aiutano con i loro soldi le vittime del terremoto
d'Abruzzo. Uno spreco che i cittadini non capiscono ne' accettano. I
politici potranno arrampicarsi sugli specchi (come stanno facendo), ma non
c'e' una sola "buona ragione" che giustifichi tanto spreco.
O meglio, una ragione c'e': il ricatto della Lega, che tiene sotto scacco il
Governo e il Paese intero. L'ha ammesso il presidente della Camera,
Gianfranco Fini, che pubblicamente ha espresso i suoi dubbi: "Sarebbe un
peccato se per la paura di pochi si rinunciasse a tenere il referendum il 6
e 7 giugno, spendendo centinaia di milioni che potrebbero essere
risparmiati".
Anche la Confindustria e' irritata, e la sua presidente, Emma Marcegaglia,
non e' stata tenera: "Una cosa inaccettabile".
C'e' poi il disarmato sconcerto di chi, semplice cittadino, solidale con i
terremotati, s'e' trovato ad assistere a un altro stucchevole dibattito:
togliere (solo per quest'anno, per carita'!) la possibilita' di destinare il
5 per mille alle organizzazioni di volontariato, che tanto si danno da fare
contro la poverta' e l'emarginazione, sia in Italia che all'estero; anzi,
no, aggiungere una specifica voce "pro terremoto" nella casella del 5 per
mille.
Come dire, "una guerra tra poveri", una sorta di sondaggio se aiutare o no
le popolazioni abruzzesi, in concorrenza con altre "emergenze ordinarie"
(assistenza agli anziani, ai disabili, ai minori...). "Non si puo' mettere
in concorrenza l'associazionismo, il volontariato e l'Abruzzo, quasi fossero
cose opposte o alternative", ha detto il presidente delle Acli, Andrea
Olivero, "quando e' il volto dell'associazionismo e del volontariato il
primo che hanno potuto vedere i terremotati colpiti da questa sciagura".
Oppure (che idea!), sospendere l'8 per mille alle confessioni religiose
(meglio se solo quello alla Chiesa cattolica), dimenticando che la quota che
va allo Stato gia' dovrebbe essere destinata "a scopi di interesse sociale o
di carattere umanitario".
Ci si affanna a cercare fondi per la ricostruzione, senza pesare sui
cittadini con nuove tasse (anche se non sarebbe scandaloso un contributo dei
redditi piu' alti, a cominciare dai parlamentari). Eppure, una soluzione ci
sarebbe. E da sola basterebbe a finanziare la ricostruzione dell'Abruzzo,
oltre a fronteggiare i drammatici effetti della crisi economica, che e' gia'
sparita dalle pagine dei giornali, ma non per questo e' meno grave,
soprattutto per le famiglie.
Si tratterebbe di bloccare la spesa approvata in gran silenzio dalle
Commissioni Difesa della Camera e del Senato per l'acquisto di 131 aerei
cacciabombardieri dal costo di 100 milioni di euro l'uno (con il costo di un
aereo si potrebbero costruire 400 asili nido o pagare l'indennita' di
disoccupazione a 80.000 precari). Visto che la Guerra fredda e' finita e che
non dobbiamo invadere la Cina, rinunciare a questi aerei d'attacco (meglio
noti con la sigla F-35), in grado di trasportare ordigni nucleari, ci
consentirebbe di ricavare risorse per oltre 12 miliardi di euro. Esattamente
il fabbisogno stimato per la ricostruzione in Abruzzo.

5. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

6. MEMORIA. GIULIO VITTORANGELI: IN MEMORIA DI PRIMO LEVI
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

11 aprile 1987, una data apparentemente come le altre, come le tante che
segnano la vita di ogni essere umano e che spesso si incrociano con gli
eventi, i cosiddetti fatti storici.
11 aprile 1987, e ricordo ancora lo sgomento quando giunse la notizia dai
nostri telegiornali: "Primo Levi morto suicida nella sua casa di Torino".
Non e' possibile... solo un anno prima aveva pubblicato I sommersi e i
salvati; un libro fondamentale, letto con grande passione, ci sembrava la
summa delle sue riflessioni suggerite dall'esperienza del lager. "Scriveva
delle sue sofferenze pensando alla vita comune degli uomini, al mondo
pubblico e non si raccontava favole, bugie" (Vittorio Giacopini). Non
comprendevamo percio'... ed aumentava lo smarrimento. Ci lasciava soli uno
dei nostri maestri.
Tanti lo avevano apprezzato ancora quando, dopo i massacri nei campi
palestinesi di Sabra e Chatila (settembre 1982) in Libano, prese
coraggiosamente posizione contro tale orrore. "Gli argomenti che noi ebrei
della diaspora possiamo opporre a Begin sono due, uno morale e l'altro
politico. Quello morale e' il seguente: neppure una guerra giustifica la
protervia sanguinosa che Begin e i suoi hanno dimostrato. L'argomento
politico e' altrettanto netto: Israele sta rapidamente precipitando
nellíisolamento totale (...) Dobbiamo soffocare gli impulsi di solidarieta'
emotiva con Israele per ragionare a mente fredda sugli errori dell'attuale
classe dirigente israeliana. Abbattere questa classe dirigente. Aiutare
Israele a ritrovare le sue origini europee, ossia l'equilibrio dei suoi
padri fondatori, di Ben Gurion, di Golda Meir. Non che avessero tutti le
mani pulite, ma chi ha le mani pulite?" (dall'intervista rilasciata al
quotidiano "La Repubblica" il 24 settembre 1982).
Non so se, come e' stato scritto, Primo Levi e' oggi un "brand" di successo,
un bel santino; considerando che l'industria e l'ideologia della memoria,
producono (alla fine) pensierini edificanti e bei propositi. Forse e' cosi';
ed anche Levi corre il rischio di essere trasformato in un personaggio
"edificante", quasi del tutto avulso dal contesto storico. Del resto non e'
facile analizzare e comprendere come funziona la nostra memoria, personale e
collettiva, come si attiva, quando e perche' si oscura, chi e che cosa la
controlla, la potenzia, la censura o la traumatizza. Certo e' che l'11
aprile 2009 e' passato totalmente inosservato.
Non sembra che nell'Italia attuale, cinica e razzista, ci sia posto per la
figura di Primo Levi, nella sua pienezza, nella sua integrita', nella sua
forte presenza di testimone, che interpella e che chiama alla lotta contro
ogni violenza, contro ogni ingiustizia, contro ogni menzogna, contro ogni
cupo oblio.
Lo abbiamo visto nei festeggiamenti per il 25 aprile, diventato "terra di
nessuno", secondo l'appropriata definizione di Marco Revelli: "Un luogo
della nostra coscienza collettiva vuoto, se ognuno puo' invitarvi chi gli
pare, anche i peggiori nemici della nostra democrazia e i piu' incalliti
disprezzatori della nostra Resistenza".
Cosi' vogliono farci credere che scegliere fra Salo' e la Resistenza era
solo un po' piu' impegnativo che scegliere fra le vacanze al mare o in
montagna. Cercano di convincerci delle ragioni dei lager hitleriani e delle
forche di Salo' equiparati alle ragioni della liberta', della dignita' e
dell'etica della Resistenza. Proporre di apprezzare ugualmente gli ideali di
chi ando' in montagna e di chi invece ando' nelle milizie, per dar la caccia
ai partigiani e agli ebrei e spartirsene le spoglie, e' una operazione cui
nessuno e' legittimato. Coloro che scelsero di schierarsi con le autorita'
di Salo' si posero (ne fossero coscienti o meno) in continuita' con chi
riteneva legittima la rappresaglia sui civili per consolidare il proprio
potere di occupazione; mentre chi fece la scelta opposta si pose (ne fosse
cosciente o meno) a fianco di chi quell'occupazione aveva combattuto.
Per questo non dobbiamo dimenticare che il discrimine vero tra antifascisti
e fascisti sta nel fatto che i secondi difendevano, di fatto, il modello
politico che aveva prodotto le camere a gas ed i forni crematori di
Auschwitz, che i primi invece volevano cancellare dalla faccia della terra.
Per questo rendiamo omaggio, nei nostri immensi limiti, a Primo Levi
ricordandolo con le sue parole: "Penso che chiunque, qualunque essere umano,
possa fare un'opera fondamentale. Non necessariamente un libro... Anzi, sono
un'esigua minoranza coloro che possono scrivere un libro, ma qualcosa pure
si', per esempio educare un figlio, risanare un malato, consolare un
afflitto. Non ho vergogna o ritegno a ripetere frasi evangeliche".

7. UNA SOLA UMANITA'. GEMMA DE MAGISTRIS: LA SCUOLA E' ANCHE QUESTO
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) col titolo "Uccelli migratori" e il
sottotitolo "Una esperienza scolastica. La scuola e' anche questo"]

Corso di filosofia, triennio linguistico: argomento l'identita' dal punto di
vista filosofico per l'acquisizione di strumenti, nella pratica come
costruzione di se'.
Nelle mie classi ci sono anche loro, "gli stranieri", ragazzi e ragazze di
prima o seconda generazione, appena arrivati o nati in Italia con lingua
materna diversa, conosciuta bene, poco o rimossa.
Il periodo tra i 16 e i 19 anni e' denso di domande su una identita' che si
cerca.
Per loro la ricerca e' piu' complessa.
Nasce il laboratorio multiculturale, in gergo scolastico un incontro
settimanale in aula di filosofia con la presenza del mediatore culturale.
Obiettivo: ricerca di un equilibrio tra cultura di appartenenza e cultura
ospitante.
Un piacevole imprevisto: si affacciano all'aula studentesse italiane,
"possiamo partecipare anche noi?".
La straordinaria riflessione di Maria Zambrano, sull'esule come condizione
esistenziale e' illuminante: "Credo che la condizione dell'esule sia una
condizione essenziale della vita umana".
E a proposito dell'ospitalita' sempre la filosofa spagnola: "C'e' stata si'
gente che ci ha aperto la porta, ci ha fatto sedere alla sua tavola, ma
eravamo ospiti, invitati.
"Noi chiedevamo che ci lasciassero dare poiche' portavamo qualcosa che ne'
li' ne' altrove nessuno aveva. Qualcosa che quanti abitano stabilmente non
hanno mai.
"Qualcosa che ha solo l'errante, colui che ha provato il peso del cielo
senza terra che lo sostenga".
Questa ed altre riflessioni provocano parole talvolta pesanti come pietre,
emozioni che stentano ad essere dette: il dolore della separazione, la gioia
del ricongiungimento, le umiliazioni per una parola, uno sguardo, un gesto.
Questo ed altro ancora viene pensato, rielaborato, scritto, disegnato.
Qualche nodo si scioglie, qualche ricordo viene fuori, ci si fa i conti.
Molto adagio si comincia a pensare "si puo' non sentirsi sempre ospiti".
Ma se si pu0' vogliamo raccontarlo ai nostri compagni e compagne, agli
insegnanti ed alle insegnanti, ai genitori ed allora si creano i tabelloni
che costituiranno la mostra "Uccelli migratori".
L'atmosfera e' sempre piu' distesa, ragazze e ragazzi contano su una
relazione, ridono di se', si scambiano battute ironiche, pensano in lingua
materna e si aiutano a tradurre in italiano.
I tabelloni, molto personali, sono fatti di brani, scritti, foto: qualcuna
si ispira ad una poesia per dire i propri sogni, qualcuna scrive una poesia
che dara' il titolo al laboratorio ed alla mostra, qualcuna ripesca
documenti, i primi (quelli dell'arrivo), i successivi. Tutti modi per
ricostruire il viaggio fatto, quello attuale dentro di se', quello
desiderato.
Quando la mostra si inaugura, una studentessa afferma: "durante le ore di
laboratorio, mi sono sentita finalmente libera perche' non dovevo scegliere
se essere straniera o italiana. Ero io".
La curiosita' e l'interesse che i tabelloni provocano negli altri studenti e
studentesse dell'istituto e' una piacevole sorpresa, il sostegno e
l'apprezzamento di alcune colleghe e' rassicurante e lusinghiero.
E il 19 aprile 2009 (due anni dopo) la mostra esce dall'istituto per essere
presentata nell'ambito di una giornata su liberta' e diritti.
E' l'occasione per uscire in pubblico, presentarsi a persone estranee alla
scuola, ridirsi.
Gli "uccelli migratori" si reincontrano, ritrovano la vecchia intesa, tirano
le fila, reciprocamene si restituiscono, mi restituiscono quello che ci
siamo regalate, soprattutto la fiducia necessaria per dirsi.
"Prof., abbiamo avuto la possibilita' di mostrare la nostra identita' e la
nostra diversita'... orgogliosi".
Ed ora "ci pensi prof., pensiamoci tutti, gli uccelli migratori con le nuove
esperienze fatte e le nuove competenze acquisite, possono contribuire con
lei per gli altri e le altre 'stranieri e straniere'".
"Lei lo sa prof., a scuola si puo' fare anche questo".
*
Il testo di un pannello della mostra
Uccelli migratori
Siamo nomadi
erriamo per il mondo,
siamo cocci d'argilla
che assemblati
formano una sorta di vaso sghembo
diverso dagli altri.
Possiamo cercare di mimetizzarci
con i vasi intorno a noi,
ma l'acquirente ci snobbera'
non capira' dapprima perche',
e' automatico,
ci riterra' di poco valore.
Siamo uccelli migratori
che volano da una terra
all'altra
nutrendoci dei sentimenti avversi
ai quali veniamo destinati.
Incompresi e allontanati
siamo additati come diversi,
perche' diversi siamo anche
tra vasi della nostra stessa origine.
Non abbiamo piu' una terra dove tornare
dove sentirci a casa
perche' la nostra casa e' il mondo
i nostri affetti sono i nostri simili
perche' capiscono meglio di altri
quanto il volare sull'oceano
ci completi e ci liberi dalla nostalgia.
(Tatiana C. G.)

8. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: UNA LETTERA APERTA A SERENA PALIERI E
ALESSANDRA BOCCHETTI
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it).
L'intervista cui si fa riferimento e' stata riprodotta anche nelle "Minime"
n. 797]

Care amiche,
siccome ho sentito dei commenti critici che ritengo sbagliati
sull'intervista di Serena ad Alessandra ("La parola femminismo", sul
quotidiano "L'Unita'" del 16 aprile 2009), desidero ringraziarvi per quel
testo che ho apprezzato, al pari di molte altre, naturalmente. Per
cominciare, grazie di non aver fatto vane speculazioni sulla morte di
Roberta Tatafiore, ma grazie anche di averne fatto l'occasione per parlare
con competenza del femminismo italiano, un argomento tanto evocato quanto
misconosciuto dai mezzi d'informazione. Roberta ne sarebbe stata contenta,
io credo, perche' mi pare d'indovinare che, avendo scelto di morire da
filosofa, lucida e consapevole, lei si fosse ripromessa anche qualche
guadagno.
Voler fare la parte di quanto sia vivo e quanto sia morto del femminismo,
come dice Serena Palieri, e' un proposito un po' schematico, e io ringrazio
Alessandra Bocchetti che lo fa presente all'intervistatrice. Il femminismo
di quegli anni, lei lo riassume in queste poche parole: "la nascita di un
soggetto", in polemica con la vulgata delle femministe rabbiose contro gli
uomini. Ci sarebbe da dire anche un'altra cosa e cioe' che troppo spesso
nella cultura di sinistra si confonde i movimenti con le manifestazioni di
piazza. Questo e' sbagliato in generale, secondo me, ma doppiamente
sbagliato nel nostro caso. Il femminismo non e' tutto dentro
(autocoscienza), ma non e' neanche tutto fuori. Per esempio, non mi pare
giusto chiamare "una nuova brevissima fiammata" la manifestazione milanese
del 2006. A quella manifestazione la piu' parte sono andate (e andati, c'era
infatti una minoranza non trascurabile di uomini) con lo spirito del "quando
ci vuole, ci vuole", ci voleva infatti un gesto forte per difendere la legge
194 da persone sconsiderate ma potenti che volevano manometterla. In tal
senso (contingente, "una tantum"), la manifestazione e' stata efficace,
quelle persone si sono zittite.
Grazie soprattutto ad Alessandra per aver risposto con queste parole alla
domanda sulle fasi del neofemminismo: la fase della differenza e' appena
cominciata. Dell'intervista a me piace anche la parte finale sulla
felicita'. Il diritto alla felicita', come espressione, io non la uso, ma
capisco e condivido l'idea che il profondo cambiamento di cui siamo insieme
protagoniste e spettatrici, nella storia umana, donne e uomini, riguarda
proprio l'apparizione di un desiderio femminile di felicita'.

9. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

10. LIBRI. ARTURO COLOMBO PRESENTA "DIZIONARIO MINIMO" DI SALVATORE VECA
[Dal "Corriere della sera" del 26 aprile 2009 riprendiamo presoche'
integralmente la seguente recensione dal titolo "Da liberta' a giustizia, le
parole della convivenza" e il sommario "In Dizionario minimo Salvatore Veca
commenta dodici termini per capire la democrazia"]

Salvatore Veca, da quando lo conosco, mi e' sempre parso un filosofo che ha
fatto dell'impegno civile una ragione di vita; e lo continua a fare con un
atteggiamento sapientemente socratico, nel senso che non vuole imporre le
proprie idee ma cerca - con un costante invito al dialogo - di far
conoscere, e soprattutto far capire, quali sono le condizioni minime per
riuscire a realizzare una convivenza civile e democratica. Del resto,
l'obiettivo primario, o almeno la ricerca continua verso una societa'
giusta, costruita insieme, attraverso la collaborazione e la solidarieta' di
tutti (indipendentemente dal colore della pelle, dalle differenze di sesso,
dai connotati ideologici), accompagna tutta la sua attivita' e si ritrova in
ciascuno dei suoi libri, dalle pagine di Della lealta' civile (1998) fino a
quest'ultimo, appena uscito.
Si intitola Dizionario minimo (Frassinelli, pp. 192, euro 17,50) e raccoglie
"le parole della filosofia per una convivenza democratica". Parole - ci
spiega lo stesso Veca - che incontriamo tutti i giorni, con le quali
dobbiamo fare i conti; ma soprattutto parole che non costituiscono
espressioni astratte, campate per aria, ma che noi stessi dobbiamo sforzarci
di far diventare fatti o valori, indispensabili per realizzare quella
fondamentale arte della convivenza, tanto indispensabile nell'odierna eta'
della globalizzazione.
Queste parole-chiave sono dodici, talvolta anche antitetiche fra loro (e' il
caso della Liberta' rispetto alla Tirannia); eppure, a seguire le
riflessioni e i suggerimenti di Veca, mi sembra che - pur con molteplici
difficolta' ancora presenti - la Giustizia debba costituire il traguardo
decisivo cui aspira ciascuno di noi. Ma se la Giustizia e' "la prima virtu'
delle istituzioni sociali", come ci ricorda Veca sulla scia di John Rawls,
per raggiungerla, o almeno avvicinarsi, occorre che scompaiano, o si
riducano sempre piu' quelle disastrose zone di Solitudine e Incompletezza,
cui sono tuttora condannati in tanti. Basti pensare alle storie "di bambini
soli e di vecchi soli", che rappresentano "condizioni abituali di solitudine
metropolitana", e ai tanti dannati della terra.
Ha quindi mille ragioni Veca nel ricordarci che di cammino da fare ne rimane
tanto, non solo nel segno della Tolleranza e del Rispetto, ma per
raggiungere quell'ardua, difficile conquista della Liberta' e
dell'Uguaglianza, senza la quale continueranno a incombere gli spettri
dell'inquietudine, del disagio, della sofferenza, dello sfruttamento. Veca
coinvolge nelle sue riflessioni i grandi di ieri e di oggi - da Aristotele a
Stuart Mill, da Dostoevskij fino a Berlin e Bobbio - senza dimenticare, con
un pizzico d'ironia, quella che definisce "la lezione di un maestro come
Giorgio Gaber, quando ci invitava a riflettere sul fatto che 'la liberta'
non e' star sopra un albero... liberta' e' partecipazione'".
Altro che accontentarci dei risultati raggiunti, dunque. La Speranza rimane
l'ultima parola su cui Veca ci esorta a riflettere, anche come antidoto a
quella Incompletezza, che continua a mietere vittime innocenti, a dispetto
di ogni Riformismo...

11. LIBRI. SIMONETTA FIORI PRESENTA "MUSSOLINI E HITLER. LA REPUBBLICA
SOCIALE SOTTO IL TERZO REICH" DI MONICA FIORAVANZO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 25 aprile 2009 col titolo "Il nuovo
volto del duce a Salo'. Alle radici della Repubblica Sociale. Non fu
ostaggio ma complice di Hitler" e il sommario "Nei documenti tedeschi un
profilo diverso dall'uomo spaurito che si sacrifica cedendo al Fuehrer. Un
saggio indaga le gravi responsabilita' della Rsi, mentre una recente
proposta di legge la riabilita. Fin da principio Mussolini era determinato
nel servire il Terzo Reich. Vassallo scontento protesta su tutto tranne che
sulla persecuzione degli ebrei"]

Nella memorialistica ma anche nella storiografia piu' seria ha attecchito
per anni la leggenda del gesto sacrificale di Mussolini nel dare vita alla
Repubblica di Salo', il 23 settembre del 1943. Lo si ritrae smarrito e
fisicamente depresso, mentre al cospetto di un Fuehrer inferocito cede al
crudele ricatto tedesco - "o accetti di formare un governo fascista o sara'
spietata la nostra vendetta". Tesi resa piu' enfatica e celebrativa nelle
testimonianze littorie, ma in parte accolta da storici rigorosi e non certo
indulgenti nei confronti della Repubblica di Salo' come Pierre Milza e Renzo
De Felice. Se alle fonti di parte italiana si affiancano le testimonianze
tedesche, finora inedite o poco conosciute, la figura di Mussolini acquista
forza e risolutezza nel costruire un regime dal volto ferrigno e
vendicativo, da cui pensava velleitariamente di trarre molti vantaggi. Non
piu' ostaggio di Hitler o spaesato condottiero di Salo': gli archivi di
Berlino, Coblenza, Friburgo e Monaco disegnano un politico combattivo,
collaborativo fin dal primo istante, consapevole di essere soltanto uno
strumento al servizio della grande macchina tedesca, ma non per questo piu'
cauto nell'azione. Non dunque "scudo" per il suo paese - approfondisce una
nuova e interessante ricerca di Monica Fioravanzo - ma al contrario mero
paravento istituzionale della volonta' nazista (Mussolini e Hitler. La
Repubblica sociale sotto il Terzo Reich, Donzelli, pp. 216, euro 16).
Il libro edito presso Donzelli affronta un nodo irrisolto d'un paese che
ancora fatica a fare i conti con l'esperienza della Rsi. Nonostante i libri
fondamentali di Enzo Collotti e Frederick William Deakin, nonostante la
preziosa bibliografia di Giorgio Bocca e nell'ultimo ventennio di Luigi
Ganapini, Lutz Klinkhammer, Michele Sarfatti e molti altri, la memoria di
Salo' e' come avvolta in una nebbia che ne confonde i tratti essenziali,
celebrata dai suoi eredi nostalgici - e' accaduto ieri a Roma con i
manifesti inneggianti alle sue formazioni - e anche inopinatamente
rivalutata nel discorso pubblico grazie a importanti cariche, quali il
ministro della Difesa Ignazio La Russa. "Regime languente e ferito", lo
definisce una recente proposta di legge promossa da parlamentari del Partito
della Liberta', che chiede l'istituzione di un'onorificenza sia per i
partigiani che per i combattenti di Mussolini, con motivazioni a ricalco
della propaganda di Salo'. Proposta di legge che raccoglie i favori anche
del sindaco Gianni Alemanno e dalla sua parte politica nel consiglio
comunale romano.
Che cosa abbia rappresentato quel "regime languente e ferito" nella storia
italiana viene ricordato ora dal saggio della Fioravanzo, che indaga il nodo
fondamentale delle origini della Rsi, rovesciando la tesi del presunto
sacrificio di Mussolini. Alla dolente testimonianza raccolta da Carlo
Silvestri del duce "implorante e umiliato" al cospetto del Fuehrer -
principale fonte di cui si nutre la "tesi sacrificale", documento dimostrato
nella sua sostanziale infondatezza - la studiosa contrappone alcune carte
tedesche, finora sconosciute nella versione integrale, che raccontano nel
dettaglio quel primo incontro a Rastenburg, il 14 settembre del 1943, tra il
capo del Terzo Reich e il duce italiano appena liberato dal Gran Sasso. Il
telegramma scritto dallo staff personale di Heinrich Himmler e la Relazione
sul trasferimento del duce al quartier generale del Fuehrer accreditano un
Mussolini lucido e fattivo, che si mette subito al lavoro, "in una
condizione fisica e spirituale eccellente", come annota Goebbels nel suo
diario. La ricostruzione suggerita da Fioravanzo ritrae un politico
determinato, che caparbiamente sceglie di "tornare al combattimento",
persuaso dell'invincibilita' della Germania. Una scelta velleitaria e
irresponsabile che avra' il solo effetto di fortificare l'occupazione di
Hitler in Italia.
Fin dagli esordi, quella che dal primo dicembre 1943 avrebbe assunto
ufficialmente il nome di "Repubblica Sociale Italiana" mostro' una
sovranita' limitata e un potere del tutto fittizio. "L'alleato occupato", e'
la felice sintesi suggerita da Lutz Klinkhammer. I documenti tedeschi
raccolti in Mussolini e Hitler mostrano il lucido disegno del Fueher di
usare il suo vassallo al fine di sfruttarne le risorse, amministrative e
industriali. Tra i documenti meno noti, figura una missiva riservata spedita
dal ministro Albert Speer a Hitler nel settembre del 1944, dalla quale si
ricava che tra le poche "aree produttive" per il Reich restano in Italia "la
zona a Sud delle Alpi" e "le terre ad Est di Trieste". Di questa "rapina"
Mussolini e il suo entourage sono perfettamente consapevoli. Ma sarebbe
sbagliato - insiste il saggio - ricavarne l'immagine di un duce vittima
inerme di una Fuehrung nazista prepotente e prevaricatrice. "Il gioco era
chiaro fin dall'inizio, e Mussolini accetto' di svolgere una parte in una
piece di cui conosceva bene i ruoli". Fino alla fine fedele al camerata
tedesco.
Vassalli irrequieti e talvolta riottosi, dinanzi all'ingerenza tedesca i
gerarchi di Salo' non rinunciano a un sommesso borbottio. In tutti i campi,
tranne che in uno: la persecuzione degli ebrei. Significativo - sottolinea
Fioravanzo - il silenzio di Mussolini e del suo governo sugli arresti e la
deportazione degli ebrei verso i campi di sterminio. Anzi, dalla meta' di
novembre, nel 1943, superata una prima fase di assestamento, il governo di
Salo' partecipa attivamente alla Soluzione Finale, approntando misure
legislative che raccolgono l'apprezzamento tedesco e mobilitando le proprie
forze di polizia in una campagna di deportazione scientificamente studiata
insieme all'alleato nazista. "La politica antisemita della Rsi", sostiene
Fioravanzo, "fu di fatto l'unica che vide sorgere una fattiva collaborazione
tra tedeschi e fascisti, scevra da motivi seri di tensione". In altre
parole, nella caccia agli ebrei si dispiego' l'unico potere incontrastato di
Mussolini. Altro che "scudo" a protezione dell'Italia. E altro che "regime
ferito e languente", che parte del Parlamento Italiano vorrebbe oggi
celebrare.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 804 del 28 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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