Nonviolenza. Femminile plurale. 284



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 284 del 14 ottobre 2009

In questo numero:
1. Gabriella Bonacchi: Un incontro a Roma
2. Iaia Vantaggiato intervista Luisa Muraro
3. Catrin Dingler: Un incontro a Roma
4. Cettina Militello intervista Cristina Carnicella (2003)

1. RIFLESSIONE. GABRIELLA BONACCHI: UN INCONTRO A ROMA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 ottobre 2009 col titolo "Taci, anzi
parla"]

Erano state prudenti le organizzatrici dell'incontro di ieri a Roma su
"Sesso e politica nel post-patriarcato". Molto prima dell'inizio la Casa
internazionale delle donne era cosi' gremita da scatenare una corsa
all'accaparramento di tutte le sedie. Non si viveva da tempo un'atmosfera
cosi' tesa e nello stesso tempo festosa: un accumulo di energie umane e
politiche insieme memore del passato e in attesa di un non so quale futuro.
E' un'alchimia che ricorda le tappe piu' significative del movimento delle
donne. Dico "alchimia" per descrivere una pratica che, rispetto alle
consolidate prassi della comunicazione politica e culturale, si e' sempre
collocata di traverso, cercando di cogliere cio' che a quelle prassi
sfuggiva e sfugge.
Non che manchino insidie e trappole comunicative anche nel discorso pubblico
tra donne. Come si e' visto nel dibattito dei mesi scorsi su giornali e siti
web. Il principale dispositivo da disinnescare e' lo slogan, usato e
abusato, del "silenzio delle donne", un silenzio da rompere, aggirare e
cancellare, magari gettandosi - mani e cuore - nella piazza piu' grande
della capitale d'Italia. Ma in tutta questa storia del sesso e del potere le
donne non hanno affatto taciuto, anzi: dalle protagoniste in interiore
hominis, fino a chi ha saputo ascoltare, interpretare e accogliere la loro
sconvolgente denuncia. E' un punto da ribadire con forza: dopo il femminismo
non esistono piu' donne umiliate, condannate ad un umiliante silenzio.
Abbiamo imparato da tempo a interpretare l'"obiezione della donna muta":
colei, ad esempio, che negli anni di piombo non parlava perche' non trovava
un linguaggio con cui esprimere la sua protesta.
E abbiamo imparato, da Carla Lonzi, che e' "bello essere/ quello che si e'/
anche se si e'/ poco pochissimo/ niente". Questo niente e' molto piu' di
quella "meta' di niente" a cui Veronica Lario si e' sentita ridotta dal
marito/padrone/capo del governo. Non dimentichiamo che e' da questa presa di
parola che tutto e' cominciato: prima della girandola di denunce e
controdenunce, domande senza risposta e risposte sbagliate, atti mancati e
lodi respinti al mittente.
E' la singolarita' delle protagoniste di questa intricata vicenda a
mostrarci la vitalita' del metodo inaugurato da Lonzi: ci sono ed esisto non
"attraverso la ribellione e la partecipazione negativa", e neppure nei
"gesti discostati dalla norma", bensi' nel dialogo autentico con un'altra
singolarita' che mi assomigli. Ed e' grazie alla pratica di relazioni tra
donne singole che e' stata spezzata la contrapposizione tra un io senza
porte e un noi senza finestre. La stessa che ha paralizzato la nostra
migliore tradizione politica.
Ci si e' lasciati cosi', uomini e donne presenti all'incontro. Con la
sensazione di trovarci di fronte a un "passaggio di esperienza" che manda
definitivamente in soffitta le contrapposizioni - passivita'/attivita',
io/noi, silenzio/parola - del secolo scorso.

2. RIFLESSIONE. IAIA VANTAGGIATO INTERVISTA LUISA MURARO
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 ottobre 2009 col titolo "Ci siamo e
ci saremo" e il sommario "Nelle pieghe del Berlusconigate, quello che accade
fra sessualita' e politica e che la politica non vede. In centinaia alla
Casa delle donne di Roma. Luisa Muraro: 'Il movimento femminista non e' a
disposizione della sinistra'"]

Chiediamo a Luisa Muraro di commentare con noi alcuni dei numerosi temi che
sono stati affrontati ieri, a Roma, nel corso del convegno svoltosi alla
Casa internazionale delle donne su "Sessualita' e politica nel
post-patriarcato".
*
- Iaia Vantaggiato: E' l'inizio di un nuovo movimento?
- Luisa Muraro: No. Siamo di fronte a un gesto di orgoglio che dice che ci
siamo state, ci siamo e ci saremo.
*
- Iaia Vantaggiato: Femminista, teologa e filosofa. Cosa ti ha spinto a
riflettere su questi argomenti: D'Addario, Lario e Berlusconi?
- Luisa Muraro: A colpirmi e' stato il loro aspetto simbolico. Il "che cosa"
accade - in questo momento - nel gioco, nel linguaggio e nelle posizioni che
tra uomini e donne, tra uomini e uomini e tra donne e donne si danno.
*
- Iaia Vantaggiato: Ma quando e come e' scattato il tuo interesse?
- Luisa Muraro: Con la vicenda di Noemi. Io sono una lettrice di cronaca e
dentro la cronaca ci metto anche il gossip che poi, peraltro, si e' rivelato
essere anche e soprattutto politica. In un primo tempo ho pensato che quelle
di Berlusconi fossero semplici affermazioni contro le donne, affermazioni
disinvolte attribuibili a un lombardo un po' greve che crede di essere
spiritoso. Poi ho capito che si trattava di una vera patologia. L'uomo e'
malato.
*
- Iaia Vantaggiato: L'ha detto anche Veronica Lario.
- Luisa Muraro: Quello di Veronica Lario e' stato l'intervento di una nuova
figura femminile che non e' femminista ne' ha recitato la parte della donna
tradita. Semplicemente si è limitata a dire la verita' - "Stategli vicino" -
e insieme si e' vibratamente preoccupata del fatto che il presidente del
consiglio offrisse posti di lavoro in cambio di prestazioni sessuali.
*
- Iaia Vantaggiato: Ieri, nel corso del convegno, c'e' chi ha detto che il
ruolo delle donne nei partiti - Berlusconi a parte - e' stato
insignificante.
- Luisa Muraro: Se ti riferisci all'intervento - come sempre vivo e
icastico - di Alessandra Bocchetti posso solo dire che le donne di partito
sono e restano donne di partito. Per quanto mi riguarda preferisco rimanere
all'ascolto delle donne comuni.
*
- Iaia Vantaggiato: Non ti interessa la politica istituzionale?
- Luisa Muraro: No, e' la "politica prima" che mi interessa, la conquista
del senso di liberta' e di coscienza. E non si puo' semplificare dicendo,
"questo l'abbiamo gia' ottenuto, ora passiamo ad altro". Il femminismo non
e' li' per sostenere la carriera di nessuna ma per sostenere i desideri di
ciascuno e di ciascuna. Non si puo' usare il movimento femminista per una
politica di sinistra. Rosy Bindi ha detto al presidente del consiglio di non
essere a sua disposizione. Bene, io dico che il movimento delle donne non e'
a disposizione della sinistra.
*
- Iaia Vantaggiato: Una critica non troppo velata, la tua, alle politiche di
genere?
- Luisa Muraro: Le politiche di genere non hanno niente di "schifoso" in se'
ma sono politiche di partito. Anzi sono la risposta che alcuni partiti hanno
dato alla richiesta di alcune donne.
*
- Iaia Vantaggiato: Ieri sono intervenuti molti uomini.
- Luisa Muraro: Gli uomini non trovano la giusta lunghezza d'onda per
parlare. Vanno all'appuntamento con un evento storico che e' la signoria
femminile - un impensato che e' ormai inscritto nella storia - e riescono a
mancarlo. Guarda Lerner. E' sincero quando dice - parlando degli uomini -
"mi vergogno". Ma perche' lo fa? Non certo perche' vede e riconosce che c'e'
una rivoluzione simbolica in atto che alle donne da' signoria ma solo
perche' cavalca un'altra onda, quella dell'emergenza di una crisi del
maschile.
*
- Iaia Vantaggiato: Anche quella di Veronica Lario e' signoria femminile?
- Luisa Muraro: La signoria femminile preferisco commentarla nel quotidiano,
sul lavoro, tra le donne della mia famiglia o nei gesti e nelle pratiche
della bidella Adelina, E' li' che mi piace guardare la signoria femminile.
*
- Iaia Vantaggiato: Discorsi, i nostri, che ad alcuni uomini cominciano ad
interessare assai.
- Luisa Muraro: Si', anche se resta una differenza. Il loro istintivo
affidarsi alle parole delle donne, la loro continua ricerca di mediazione
con quanto noi diciamo. Va detto. Forse il loro registro e' piu' semplice e
forse noi dobbiamo accettare che lo sia. Quello che io vedo? Inadeguatezza e
schematismo, il gusto per l'aspetto dottrinario, l'imprecisione. Nel lavoro
sulla fine materia della soggettivita' non ci raggiungono.
*
- Iaia Vantaggiato: Questi sono i colti. Gli altri?
- Luisa Muraro: Sono degli sfruttatori. Vanno a prostitute per farsi dire
cose positive e di "maternage". Il sesso, nel rapporto che gli uomini hanno
con le prostitute, e' il meno. La prostituzione si esercita soprattutto per
confortare gli uomini, non per la prestazione sessuale.

3. INCONTRI. CATRIN DINGLER: UN INCONTRO A ROMA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 ottobre 2009 col titolo "Dopo il
patriarcato. Le armi pericolose di un potere senza eros" e il sottotitolo
"Il convegno di Roma"]

Tre sale piene, e anche le scale debordanti. Donne per due terzi, di tre
generazioni diverse, dalle femministe "storiche" alle studentesse. Ma anche
molti uomini, giovani e meno giovani, alcuni allenati al rapporto con la
politica delle donne nei gruppi di autocoscienza maschile come "Maschile
plurale" che si sono aggregati nell'ultimio decennio. E' stata davvero
straordinaria la partecipazione all'incontro su "Sessualita' e politica nel
post-patriarcato" promosso ieri alla Casa internazionale delle donne di Roma
da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi,
Grazia Zuffa sulla base del testo pubblicato sul "Manifesto" del 26
settembre (ora in www.ilmanifesto.it). Ascolto attento, malgrado
l'affollamento: sara' stato la scossa del caso Bindi. O piuttosto per il
sollievo di potersi riappropriare di un discorso fin qui troppo
"sequestrato" dai mass media. Dominijanni e Boccia lo dicono in apertura: si
tratta di tornare a declinare il discorso su sessualita' e politica, da cui
parti' il femminismo degli anni '70, in un momento in cui la scena politica
e mediatica ce lo ripresenta nei termini rovesciati dello scambio fra sesso
e potere. Nessun "ritorno" agli anni '70 pero'; piuttosto, l'uso del sapere
guadagnato nel femminismo per mettere a fuoco il rapporto fra i sessi oggi,
in quello che il testo di convocazione dell'incontro definisce
"post-patriarcato".
Questo e' un primo punto di dibattito. Perche' per alcune, invece, nel
Berlusconigate il patriarcato colpisce ancora: dominio maschile,
subalternita' femminile. Ma lo schema non torna, e' gia' frantumato dai
gesti di ribellione di donne come Veronica Lario e Patrizia D'Addario.
Bisogna allora intendersi sui termini: "La legge del Padre - spiega Boccia -
e' in crisi, non fa piu' ordine. Che ne e' della politica, e che ne e' della
sessualita', in questa situazione? Resta un potere maschile senza autorita',
pericoloso". Resta, come dice Paola Bono citando Lacan, "il padre osceno"
che non fa legge, ma ci spinge solo a violarla. Resta, come dice Pitch, il
"celodurismo" di Bossi, la "miseria del maschile" di Berlusconi.
Uomini in crisi di identita'. Ne parla Stefano Ciccone: e' difficile
distinguersi dal modello di virilita' oggi al potere "senza essere accusati
di invidia o di moralismo". E lo scambio fra sesso e potere non riguarda
solo la politica, impronta anche le relazioni personali. Perche', aggiunge
Alberto Leiss, "Il rapporto col potere rimane costitutivo dell'identita'
maschile". Ma senza la forza di un tempo: "Quello che stiamo vedendo nella
telenovela di palazzo Grazioli e' un corpo maschile di totale insignificanza
simbolica, che diventa solo un'arma offensiva, senza eros" (Rosetta Stella).
Slittamenti fra personale e politico: c'e' una degenerazione, di certo un
terremoto, che attraversa tutti e due i campi. Che genera, dice Francesca
Izzo, una "rabbia sorda" in chi ha visto altre stagioni della storia
d'Italia. La politica e' la grande accusata, e non solo di Berlusconi. "La
sinistra non c'e' piu'", constata senza mezzi termini Cecilia D'Elia
(vicepresidente della Provincia di Roma, di Sinistra e liberta'). E quella
che c'e', "deve riguadagnarsi il credito delle donne", incalza Luisa Muraro.
Anche perche' si e' spezzato un legame che in altre stagioni si e' tentato
di intrecciare, fra donne fuori e dentro i partiti: il comportamento delle
donne dei partiti e' diventato, per Alessandra Bocchetti, "scandalosamente
inutile e insignificante". Perche', sostiene Bianca Pomeranzi, si e'
attestato su una "politica di genere" spartitoria e senza frutti.
L'altra grande accusata e' la tv, la politica dell'immaginario
berlusconiana, anch'essa priva di anticorpi nella cultura di sinistra.
L'immagine degradata del femminile e' potente e invasiva. Ma non basta,
secondo Raffaella Lamberti e Maria Nadotti, a cancellare la realta' delle
donne, che non e' fatta solo di tv. Anche se Maria Rosaria Stabile, della
Societa' delle storiche, chiede: dov'eravamo, dov'era il femminismo mentre
questo modello si imponeva?
Si ritesse un filo di discorso. Secondo Francesca Brezzi e altre bisogna
pero' trovare altre forme di visibilita': piazza e istituzioni. Si vedra'.
Ma intanto, sintetizza Grazia Zuffa, abbiamo messo in comune piu' di un
punto. "E' gia' politica", direbbe Carla Lonzi.

4. RIFLESSIONE. CETTINA MILITELLO INTERVISTA CRISTINA CARNICELLA (2003)
[Da "Vita pastorale", n. 6, giugno 2003, col titolo "Donne e teologia.
Cristina Carnicella: Tutto e' comunicazione" e il sommario "Impegnata
nell'insegnamento scolastico e nella ricerca, la teologa pugliese vede il
ruolo determinante dei media nell'evangelizzazione, anche se la riflessione
teologica non ha fatto progressi significativi. Il sostegno della Sirt al
coinvolgimento laicale e femminile in teologia"]

Sono molte le teologhe costrette a sdoppiarsi tra attivita' diverse,
difficilmente compatibili per la totalita' che la ricerca teologica
pretende. Spesso all'insegnamento della teologia si unisce quello della
religione cattolica. Tempo pieno per la scuola; parziale o residuo per la
teologia e la ricerca. Cristina Carnicella e' una di queste. Lei amerebbe
fare del rapporto tra teologia e scienze della comunicazione il suo pane
quotidiano; ma poiche' theologia non dat panem, neanche a questi livelli
avveniristici e sofisticati, non le resta che impegnarsi a far bene
l'insegnante di religione, limitando al tempo libero i suoi veri interessi.
*
- Cettina Militello: Come sei giunta alla teologia?
- Cristina Carnicella: Il mio interesse e' maturato nell'Agesci di Foggia,
ai tempi del liceo. Il mio gruppo aveva degli ottimi adulti-formatori e
c'era tra loro un assistente di notevole apertura mentale e preparazione:
don Teodoro Sannella. Il cammino di studio e approfondimento che aveva
attivato con i ragazzi del noviziato mi ha aperto orizzonti nuovi. Erano gli
anni '70. Ci si muoveva ancora sulla scia della messa in atto-realizzazione
delle prospettive offerte dal Concilio, in un clima di ricerca e riflessione
molto stimolante, in un'ondata di fermento ecclesiale che doveva portare
alla costruzione di una Chiesa rispondente a nuove esigenze e bisogni.
Ricordo la piacevole scoperta di poter vivere come "donna" e "laica", "il
pensare ecclesiale" da protagonista e non "fedele passiva". Nonostante anni
di educazione cattolica e studi fatti in istituti di suore, ho scoperto solo
con questa esperienza cosa fosse la Chiesa e la bellezza dell'essere
cristiano. Solo allora ho acquisito la consapevolezza che essere nella
Chiesa significa contribuire a disegnarne il volto, di fronte al mondo, con
il proprio impegno e la propria testimonianza.
*
- Cettina Militello: Questa scoperta ha comportato anche una lettura critica
della precedente esperienza?
- Cristina Carnicella: Mi sono resa conto di quante approssimazioni fossero
alla base della mia formazione cattolica, creando le condizioni per le crisi
e l'allontanamento dalla Chiesa. Sono stata fortunata a incontrare un aiuto
per superare la crisi e aprirmi nuovi orizzonti. Tanti miei coetanei
abbandonavano la pratica religiosa o sfociavano nel rifiuto netto.
*
- Cettina Militello: E hai scelto gli studi teologici.
- Cristina Carnicella: Nella realta' in cui vivevo erano pochissime le
persone preparate per lavorare con gli adolescenti e i giovani, in grado di
rispondere alle esigenze e aspettative piu' profonde... Quando un docente
della Gregoriana venne a Foggia e in una conferenza accenno' al fatto che le
universita' teologiche erano aperte anche ai laici, ho capito che il mio
impegno nella Chiesa poteva indirizzarsi in questo senso e che lo studio
teologico poteva diventare una componente importante della mia vocazione
laicale. Decisi di studiare teologia per poter offrire da laica un aiuto
nella formazione dei giovani nella mia diocesi. Alla fine degli studi sono
pero' rimasta a Roma. La mia famiglia si era trasferita a Bari. I miei
contatti con Foggia erano diminuiti, mentre aumentava il coinvolgimento
nella realta' romana.
*
- Cettina Militello: Studiando hai avuto difficolta' particolari come donna
e laica?
- Cristina Carnicella: La teologia richiede lavoro, dedizione e passione
come qualsiasi altro tipo di studio. Le difficolta' nascono perche' nelle
pontificie universita' i laici sono una minoranza. Di fatto gli studi
universitari, nell'iter di vita di una persona, rappresentano un momento
molto importante, sia per i rapporti di amicizia che si instaurano, sia per
lo scambio continuo di idee e prospettive che si sviluppa, sia per la
crescita individuale. Non e' per niente facile gestire il processo di
maturazione personale quando il 95% dei tuoi colleghi ha fatto scelte
vocazionali differenti come sacerdoti, monaci o suore. I laici, d'altra
parte, devono maturare e crescere rispondendo alla loro vocazione, in un
ambiente in cui sono pochissimi i docenti laici con cui confrontarsi e da
cui trarre modelli di riferimento. Gli studi teologici inoltre sono molto
gravosi. Inevitabilmente assorbono notevoli quantita' di tempo ed energie e
percio' si riducono le possibilita' di impegni di altro tipo. Infatti per
poter studiare ho dovuto abbandonare la mia attivita' nell'Agesci.
*
- Cettina Militello: Parliamo della tua esperienza di teologa.
- Cristina Carnicella: Fare della ricerca in teologia significa dover
investire molto tempo ed energie nello studio. Non lo si puo' fare con la
preoccupazione di doversi mantenere, e non e' facile entrare nelle
Universita' pontificie come docente, specialmente se si e' laici. Sono stata
fortunata. Insegno religione cattolica in un liceo e questo mi permette di
stare a contatto con gli adolescenti, di calare lo studio teologico in un
contesto pratico, di confrontarmi in continuazione con un pensiero in
costruzione. La scuola pero' assorbe tantissimo. Si riducono notevolmente
gli spazi dedicati all'approfondimento e alla ricerca e, dunque,
all'insegnamento della teologia vera e propria. Bisogna fare i conti con le
proprie capacita' ed energie e bisogna operare scelte, a volte anche
frustranti, ma necessarie se si vuole salvaguardare la qualita' del proprio
lavoro.
*
- Cettina Militello: Sei in bilico tra due mondi non facilmente
conciliabili.
- Cristina Carnicella: Si'. E questo mi costringe a essere selettiva nella
scelta degli impegni di insegnamento o nella partecipazione a convegni o
conferenze che mi vengono proposti. Devo limitare l'insegnamento teologico a
seminari o a corsi minimi, facilmente gestibili. La mia produzione teologica
resta poi molto circoscritta e limitata, potendo utilizzare per lo studio e
la ricerca solo le vacanze.
*
- Cettina Militello: Ma le teologhe che contributo peculiare possono dare?
- Cristina Carnicella: E' molto difficile per una donna far parte a pieno
titolo del panorama teologico, almeno in Italia. Ma penso sia indispensabile
cercare di mantenere al massimo una presenza. E' un'apertura irrinunciabile
per la Chiesa stessa: per la sua capacita' di crescita e maturazione e nello
stesso tempo per la sua capacita' di dialogo con il mondo. Se dovessi
individuare l'apporto che le donne portano alla teologia focalizzerei i
termini "concretezza" e "inculturazione". Credo che il carisma per il quale
la teologia fatta "al femminile" si caratterizza e' appunto questo ponte di
unione tra il pensiero teologico e il vissuto all'interno del quale questo
pensiero va calato e va fatto divenire pratica. Cio' comporta una
particolare assunzione del sensum fidelium e delle esigenze del mondo e
dell'epoca in cui si vive, alla luce del filtro evangelico che si trasforma
prima in un processo di analisi e poi in una riflessione sintetica.
Lasciando da parte le polemiche e le contestazioni, oggi la partecipazione
dell'umanita' femminile in tutti i settori della vita non dovrebbe essere
messa in discussione, ma essere un fatto acquisito; dovrebbe far parte di
quel processo di civilta' e sviluppo che dovrebbe caratterizzare la realta'
contemporanea - vedi quanti "dovrebbe"! -. I dati, purtroppo, ci smentiscono
e, con mio sommo dispiacere, nel processo di sviluppo ecclesiale, siamo
ancora a livelli embrionali. In teoria si e' parlato tanto e nessuno mette
piu' in discussione la partecipazione femminile a determinati settori della
vita ecclesiale e della ricerca teologica. Ma in pratica siamo ancora ad
anni-luce di distanza. A volte penso che sia cambiata l'etichetta esterna,
ma la realta' sia sempre la stessa.
*
- Cettina Militello: Mancheranno grandi contributi femminili nella ricerca
teologica?
- Cristina Carnicella: Mi riesce difficile immaginare un contributo futuro,
viste le difficolta' che le teologhe hanno a offrire un contributo presente,
a essere "teologhe", a uscire dall'anonimato, a mettere in circolo le
proprie idee, a essere voce in capitolo nelle questioni ecclesiali, ad
attivare degli spazi di confronto e di crescita teologica, a pubblicare
anche se non si e' un nome famoso, ad avere uno statuto e un ruolo nei
contesti universitari. Con questo non voglio dire che non ci siano
eccezioni, e che il contributo femminile nel panorama teologico sia
inesistente, ma al contrario voglio dire che questi spazi non sono previsti
e definiti, non fanno parte di una dimensione di normalita', ma sono
faticosamente costruiti dalle teologhe stesse con un lavoro di certosina
pazienza, quasi di costante infiltrazione, di superamento continuo degli
ostacoli, di testardaggine, nel non arrendersi di fronte alle difficolta'.
Sono dovuti piu' alla loro tenacia, che a una "previsione" ecclesiale. Forse
e' proprio in questa funzione profetica della "teologia al femminile" che
possiamo cogliere la presenza dello Spirito Santo che agisce nella Chiesa.
Questo e' il senso del contributo delle teologhe alla teologia. E forse e'
proprio questo il contributo futuro delle donne: di svolgere una funzione
critica, di essere cartine di tornasole del radicamento del Vangelo nel
mondo, pronte a cogliere la direzione e il senso degli eventi, a una lettura
piu' concreta dei fatti, aperte a una visione ottimistica del futuro.
*
- Cettina Militello: Sei specializzata in teologia fondamentale, ma la tua
ricerca e' sul rapporto tra teologia e scienza delle comunicazioni sociali.
- Cristina Carnicella: E' un settore di ricerca nuovo e da esplorare da
parte della teologia, e che necessita di una maggiore attenzione anche da
parte della Chiesa. Penso che per un teologo l'interesse per il mondo della
comunicazione debba essere oggi inevitabile: in primo luogo perche' al
centro della teologia c'e' la Rivelazione, che e' un rapporto di
comunicazione tra Dio e l'uomo, e in maniera particolare tra il Dio
trinitario, che e' in se stesso un processo incessante di comunicazione
d'amore, e l'uomo, chiamato a entrare in dialogo con lui. In secondo luogo
perche' l'esperienza di fede che ogni cristiano vive presuppone una
comunicativita' agli altri. In terzo luogo perche' al centro della missione
della Chiesa c'e' il mandato missionario dell'evangelizzazione che richiede
la comunicazione del Vangelo a tutti gli uomini con tutti i mezzi possibili.
Quando parliamo di evangelizzazione, catechesi, missione, insegnamento,
liturgia, sacramenti non facciamo altro che parlare di ambiti comunicativi
che hanno a che fare con emittenti, messaggi, codici, contesti di messaggio,
con scelte di canali, con effetti sociali e politici prodotti da un
messaggio, con un feed-back. Inoltre l'uomo del nostro secolo comunica e
vive totalmente immerso in una dimensione comunicativa. Si tratta di un
cambiamento epocale, di cui si deve tener conto.
*
- Cettina Militello: Lo aveva capito gia' il Vaticano II. Cosa si e' fatto
da allora?
- Cristina Carnicella: Si', il Concilio con l'Inter mirifica aveva fatto
presente la necessita' per la Chiesa di una riflessione pastorale seria e
approfondita in prospettiva comunicativa e la necessita' di un lavoro di
formazione ponderato e responsabile a tutti i livelli in questo settore, ma
dal Vaticano II a oggi questa esigenza si e' trasformata in un imperativo
categorico, specialmente per il fatto che il fenomeno dei media non
interpella piu' la comunita' in maniera episodica, ma e' diventato una
presenza costante nelle nostre esistenze e un elemento di "formazione di
cultura". La teologia deve farsi carico di questo mutamento epocale e
impegnarsi in una riflessione critica sulla comunicazione in quanto "luogo"
in cui si rivelano e confluiscono i problemi dell'uomo contemporaneo e sulla
possibilita' di "parlare di Dio" oggi, a partire dalle nuove esigenze della
comunicazione umana, usando i nuovi strumenti di cui la comunicazione
dispone. Dal Vaticano II ci sono stati molti passi avanti. Le Pontificie
universita' hanno attivato centri e facolta' di comunicazioni sociali, sia
per preparare i formatori e gli operatori pastorali a una acquisizione
tecnica e a un uso competente degli strumenti della comunicazione, sia per
preparare teologicamente coloro che operano gia' nel settore della
comunicazione. Ma manca ancora tutto il lavoro di riflessione sistematica
sul raccordo teologia e comunicazione. Questo lavoro e' indispensabile e,
direi, fondamentale per sostenere qualsiasi discorso inerente la prassi
comunicativa in prospettiva cristiana.
*
- Cettina Militello: Manca dunque una teologia della comunicazione?
- Cristina Carnicella: Anche se si parla ogni tanto di primi tentativi di
elaborarla, non mi pare che sia davvero pienamente nata ne' che si sia
sviluppata, dopo quei primi abbozzi embrionali. Inoltre non sono stati fatti
che passi minimi anche a livello di formazione dei recettori. E' importante
studiare i mezzi e le modalita' attraverso cui affiancare alla lunga
esperienza di espressione e comunicazione mediante l'iconografia, la musica,
l'architettura le piu' moderne forme di arte come la fotografia, il cinema,
l'immagine tridimensionale, la televisione, ed e' importante interrogarsi
sulle implicazioni che le nuove tecnologie (per esempio Internet) sviluppano
per la Chiesa; ma e' ancora piu' importante definire l'ontologia della
comunicazione umana e da questa giungere a una teologia della comunicazione
che applichi la struttura e le categorie comunicative ai luoghi teologici
fondamentali, e rilegga e riproponga questi ultimi secondo un'ottica piu'
vicina alle categorie di pensiero e comprensione dell'uomo contemporaneo che
e' un "homo comunicans".
*
- Cettina Militello: Qual e' stato il momento piu' significativo nel tuo
percorso "teologico"?
- Cristina Carnicella: L'incontro con la Societa' italiana per la ricerca
teologica, nata nel 1989. Ho conosciuto la Sirt, grazie a monsignor Rino
Fisichella, che e' stato mio professore di teologia fondamentale alla
Gregoriana, un anno dopo la sua fondazione e sono rimasta entusiasta di
fronte alla prospettiva di fare teologia "in interdisciplinarieta'" e "in
collaborazione". Una delle maggiori difficolta' trovate, terminati gli
studi, era stata quella di non trovare un ambiente e degli spazi di
confronto teologico. Studiando, era stato facile incontrare altri studenti
per mettere sul tappeto le varie questioni, sviscerarle, discuterle,
contestarle. Ma, fuori dal contesto e dalle possibilita' offerte dalle
universita', questo lavoro era sempre piu' difficile. Mancavano le occasioni
e i tempi per discutere, verificarsi insieme, mettere insieme competenze e
prospettive diverse con altri teologi. I convegni rappresentavano un buon
punto di partenza, ma normalmente lasciavano poco spazio propositivo a chi
era ancora alle prime armi e che molto spesso si trovava a essere intimorito
da chi aveva piu' esperienza o competenze, per cui si finiva con il trovarsi
relegato al mero ruolo di fruitore-spettatore passivo.
*
- Cettina Militello: Cosa ti ha offerto di diverso la Sirt, da innamorartene
ed esserne l'efficiente segretaria per anni?
- Cristina Carnicella: Questa associazione - e cio' offre molte possibilita'
a un teologo alle prime armi - nasceva come laboratorio interdisciplinare,
luogo di dibattito, ricerca in comune, contesto nel quale i giovani teologi
potessero fare esperienza di ricerca, accompagnati e guidati da teologi piu'
esperti. La Sirt, insomma, come luogo di confronto, ma anche di crescita e
maturazione, individuazione e correzione di errori, acquisizione di
consapevolezza e gestione sempre maggiore delle proprie capacita'.
Programmaticamente e statutariamente, nasceva come spazio in cui i giovani
teologi trovavano la possibilita' di pubblicare i risultati delle loro
ricerche, anche se non erano noti. L'esperienza dei simposi della Sirt, in
cui si viveva la dimensione dell'amicizia e della professionalita', si
metteva in comune il proprio lavoro con quello degli altri e ci si aiutava e
stimolava reciprocamente, e' stata decisamente stimolante e proficua. Gran
parte della mia formazione di teologa e' avvenuta grazie alle possibilita'
offerte da questa associazione. Mi e' spiaciuto dover lasciare il posto di
segretaria. Rientra nelle selezioni feroci su cio' che occorre fare. Resto
comunque nel suo direttivo. Penso che oggi sia importante non restare
isolati nel proprio lavoro, e che sia indispensabile mettersi continuamente
in discussione confrontandosi con le altre discipline teologiche e con le
scienze "altre". La Sirt mi ha reso concreta questa possibilita'. Inoltre e'
un'associazione teologica che in percentuale ha una notevole presenza di
donne e laici tra gli iscritti e che presta un'attenzione particolare per
trasformare questa presenza in protagonismo. E anche questo rappresenta
un'occasione privilegiata di incontro e di messa in comune di prospettive e
orientamenti diversi, che, magari, non e' sempre facile gestire, ma vale la
pena di assumere come ricchezza di indiscutibile valore.
*
Postilla Prima. Dagli studi filosofici a quelli sulla comunicazione. Tra i
maestri Simonetti e O'Collins
Cristina Carnicella ha conseguito nel 1977 il baccalaureato in filosofia e
nel 1982 il baccalaureato in teologia alla Pontificia universita'
Gregoriana. Nel 1984 ha conseguito la laurea in filosofia all'universita' La
Sapienza di Roma con una dissertazione sulla Lettera ai Galati nei commenti
di Pelagio, dell'Ambrosiaster e di Girolamo, sotto la direzione di Manlio
Simonetti. Nel 1985 ha conseguito presso la Pontificia universita'
Gregoriana la licenza in teologia e nel 1986 il diploma in comunicazioni
sociali; nel 1988, il dottorato in teologia con la tesi "La divina
Rivelazione, la scienza della comunicazione e la teologia", sotto la
direzione di G. O'Collins.
Dal 1982 insegna religione nella scuola pubblica. Dal 1988 e' docente nel
corso istituzionale di teologia fondamentale presso l'Issr "G. Toniolo" di
Pescara. Nel 1988-'89 e 1991-'92 ha tenuto presso l'Issr della Pontificia
universita' Salesiana a Roma il seminario su "La donna nella Chiesa". Presso
il medesimo istituto ha tenuto nel 1989-'90 il seminario su "La figura del
laico nella Christifideles laici". Nel 1991-'92 ha tenuto il corso
semestrale "Informazione religiosa" presso il Cisop all'Angelicum di Roma.
Dal 1994-'95 al 2000 (con cadenza biennale) presso l'Issr del Pontificio
ateneo Antonianum di Roma ha insegnato nel corso annuale di catechesi
fondamentale e nel corso semestrale di escatologia; dal 1995 a oggi (con
cadenza biennale) nel corso annuale di catechesi speciale. Dal 1994-'95 al
2000 ha guidato il seminario di base presso l'Issr della Pug e dal 1995 a
oggi il seminario "Riflessione teologica sulla comunicazione" presso il
Centro di comunicazione sociale della Pug. Dal 1991 e' socio ordinario della
Societa' italiana per la ricerca teologica (Sirt), di cui e' stata
segretaria.
*
Postilla seconda. Nelle sue opere l'importanza dei mass media. La pastorale
ai tempi di internet
La teologa foggiana ha pubblicato il volume Evangelizzazione e
comunicazione, Milano 1998. Tra i contributi a volumi collettanei
segnaliamo: "Il simbolismo della luce e delle tenebre nel capitolo 9 del
vangelo di Giovanni" in Il Toniolo, itinerari di cultura, Pescara 1990, pp.
77-100; "Comunicazione" in Dizionario di teologia fondamentale, a cura di R.
Latourelle - R. Fisichella, Assisi 1990, pp. 199-206; "Chiesa e scienze
della comunicazione sociale", in Antenne e campanili, Atti della XII e XIII
primavera di S. Chiara 1992-1993, Barletta 1994, pp. 135-166; "Comunicazione
donna-uomo nella Chiesa: un esempio di difficolta' comunicativa", in
Comunicare nella Chiesa. Linguaggi maschili e femminili, Padova 1997, pp.
25-40; "Internet e pastorale", in Era mediatica e nuova evangelizzazione (a
cura di T. Stenico), Citta' del Vaticano 2001; "Per una rilettura del
simbolo di fede in chiave comunicativa", in Il credo oggi - percorsi
interdisciplinari (a cura di C. Dotolo), Edb 2001, pp. 163-180.
Tra gli articoli apparsi sull'organo della Sirt, "Ricerche Teologiche":
"Annunciare il Vangelo con il linguaggio dei mass media", 2/1997, pp.
349-370; "Chiesa e scienze delle comunicazioni sociali", 2/1991, pp.
297-315; "Teologia e comunicazione: affinita' e conflitti", 1/1992, pp.
167-196; "Per una teologia comunicativa", 2/ 1992, pp. 311-339; "Mass media
e annuncio evangelico", 1/1993, pp. 101-121; "Cristo perfetto comunicatore",
2/1994, pp. 207-226; "Cristo modello di comunicazione", 2/1994, pp. 191-211;
"Il progetto culturale: alcuni interrogativi", 1/1998, pp. 65-83; "Dal
simbolismo archetipico all'ipersensibilizzazione elettronica: breve
riflessione su una svolta epocale", 1/2001, pp. 161-192.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 284 del 14 ottobre 2009

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