Telegrammi. 235



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 235 del 28 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Contro la guerra e contro il razzismo
2. Una diffida al Ministro dei Trasporti
3. Si e' svolto il trentesimo incontro del percorso di formazione e informazione nonviolenta al centro sociale "Valle Faul" a Viterbo
4. Norberto Bobbio: Non uccidere
5. Aldo Capitini: Dieci principi di Danilo Dolci
6. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
7. "Azione nonviolenta"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. CONTRO LA GUERRA E CONTRO IL RAZZISMO
 
Contro la guerra e contro il razzismo, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, la nonviolenza e' la via.
 
2. INIZIATIVE. UNA DIFFIDA AL MINISTRO DEI TRASPORTI
[Riceviamo e diffondiamo]
 
Il Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo ha predisposto un atto di diffida nei confronti del Ministro dei Trasporti.
Con il formale documento, che verra' reso pubblico all'inizio della settimana entrante, il comitato diffida il Ministro dal commettere ulteriori atti di favoreggiamento della realizzazione a Viterbo di un'opera nociva, devastante e fuorilegge come il mega-aeroporto; atti in relazione ai quali si chiedera' l'intervento di tutte le competenti magistrature.
Il comitato denuncia che il perseverare da parte di pubblici amministratori insipienti ed irresponsabili con piu' atti esecutivi del medesimo disegno criminoso nel voler realizzare una palese violazione delle leggi, un disastro ambientale, una distruzione di insostituibili beni pubblici ed un avvelenamento della popolazione, portera' inevitabilmente alla denuncia, all'incriminazione ed alla successiva condanna di quanti si faranno complici della lobby speculativa, truffatrice e vandalica che intende devastare la preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame realizzando nel suo cuore un insensato ed illegale, devastante ed inquinante mega-aeroporto.
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Il Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 27 giugno 2010
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org
 
3. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL TRENTESIMO INCONTRO DEL PERCORSO DI FORMAZIONE E INFORMAZIONE NONVIOLENTA AL CENTRO SOCIALE "VALLE FAUL" A VITERBO
[Riceviamo e diffondiamo]
 
Domenica 27 giugno 2010 si e' svolto il trentesimo incontro del percorso di formazione e informazione nonviolenta presso il centro sociale "Valle Faul" a Viterbo.
Il pomeriggio si e aperto con un momento di convivialita' tra i partecipanti all'incontro.
Si e' rinnovato l'impegno da parte di tutti i presenti per la salvaguardia dell'area del Bulicame da ogni aggressione speculativa e devastatrice, e si e' concordato l'invio di una lettera alla Ministra dell'Ambiente.
Giunti all'ottavo mese di questo cammino di accostamento alla nonviolenza si e' colta l'occasione per una riflessione su cio' che hanno significato per ogni partecipante questi trenta appuntamenti domenicali.
Ogni persona presente, valorizzando il metodo del consenso, ha espresso il proprio apprezzamento riguardo i contenuti, il metodo, le relazioni, le abilita', le capacita' introspettive che durante il percorso sono stati condivisi, acquisiti, migliorati.
Il prossimo appuntamento e' per domenica 4 luglio 2010, alle ore 15,30, sempre presso il centro sociale "Valle Faul", in strada Castel d'Asso snc, a Viterbo.
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Le persone partecipanti all'incontro
Viterbo, 27 giugno 2010
Per informazioni e contatti: viterbooltreilmuro at gmail.com
 
4. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: NON UCCIDERE
[Il testo seguente, che nuovamente riproponiamo, e' quello del discorso pronunciato a conclusione del dibattito sull'omonimo film di Claude Autant-Lara (Torino, 4 dicembre 1961), pubblicato in "Resistenza", XV, n. 12, dicembre 1961, p. 4; successivamente ristampato in Norberto Bobbio, Il terzo assente, Edizioni Sonda, Milano-Torino 1989, pp. 139-142.
Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909 ed e' deceduto nel 2004, antifascista, filosofo della politica e del diritto, autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace, e' stato uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani del XX secolo. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli, Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi, Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000; AA. VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, Roma-Bari 2005; AA. VV., Norberto Bobbio maestro di democrazia e di liberta', Cittadella, Assisi 2005; AA. VV., Lezioni Bobbio, Einaudi, Torino 2006. Per la bibliografia di e su Norberto Bobbio uno strumento di lavoro utilissimo e' il sito del Centro studi Piero Gobetti (www.erasmo.it/gobetti)]
 
Mi propongo di chiarire il significato storico e il significato attuale dell'obiezione di coscienza. Parto dalla definizione piu' generale: l'obiettore di coscienza e' colui che rifiuta incondizionatamente la guerra. Si badi: incondizionatamente, cioe' senza condizioni. In altre parole: e' colui che non accetta nessuno dei tentativi che sono stati fatti per giustificare la guerra.
Si dira': nulla di nuovo. Tutti condannano la guerra. La condannano, ma la fanno. E poi, e' vero che tutti condannano la guerra? Siamo proprio sicuri di essere tutti d'accordo che la guerra e' cosa da condannarsi incondizionatamente?
Guardiamo la storia, la storia della nostra civilta' cristiana, illuministica, umanitaria. Abbiamo sempre giustificato la guerra. Moralisti, filosofi, teologi sono andati a gara a escogitare teorie per giustificare la guerra. E la guerra, sinora, c'e' sempre stata. Noi l'abbiamo giustificata proprio perche' c'e' sempre stata. E, del resto, come e' possibile resistere alla tentazione di dare una giustificazione di quello che e' un elemento costitutivo, essenziale, della nostra storia? Poiche' parte della storia e' storia di guerre, se noi non riuscissimo a giustificare la guerra, la storia ci apparirebbe o come un immenso errore o come una assurda follia. Per non dover credere che la storia umana sia una storia sbagliata o assurda, filosofi, moralisti e teologi hanno dovuto giustificare la guerra.
E' stata giustificata in tanti modi. Ne indico quattro.
Anzitutto con la distinzione, accolta per alcuni secoli dalla teoria del diritto internazione, tra guerre giuste e ingiuste. Si dice: non tutte le guerre sono uguali; vi e' guerra e guerra. Alcune guerre sono un male, altre non lo sono. Sono un male, per esempio, soltanto le guerre di conquista, non le guerre di difesa.
Seconda giustificazione: la guerra e' un male minore. Tutte le guerre sono un male, ma vi possono essere malanni peggiori della guerra, la perdita della liberta', dell'onore nazionale, della fede avita. Qui siamo di fronte a un conflitto di valori. La guerra rappresenta solo la negazione di un valore, quello della pace. Ma la pace e' il valore supremo? Non vi sono altri valori piu' alti della pace? La liberta', la giustizia, l’onore, la religione?
Terza giustificazione: la guerra e' un male (non si dice se maggiore o minore, e non si fa piu' un confronto con qualche altro valore) ed e' un male necessario. Necessario perche' senza guerra non c'e' progresso, non c'e' sviluppo storico. La storia procede per affermazioni e negazioni: se non ci fosse la negazione, non ci sarebbe neppure l'affermazione. E' la concezione dialettica della storia, oppure la concezione della guerra come molla del progresso. Il pacifista Kant aveva fatto l'elogio dell'antagonismo e della guerra. Chi volesse raccogliere un bel florilegio di elogi della guerra come momento necessario dello sviluppo storico, non avrebbe che l'imbarazzo della scelta.
Quarta giustificazione: la guerra non e' ne' un bene ne' un male. E' un fatto. Essendo un fatto, e' quello che e'. Non si discute: lo si accetta. Fa parte del nostro destino o se volete, del disegno della provvidenza. Anche Croce si inchinava alla tremenda maesta' della guerra, e l'immanentista Gentile la chiamava "dramma divino". Se la guerra e' inevitabile, non possiamo far nulla contro di essa. Magari non provocarla, ma quando scoppia per ragioni imprevedibili e insondabili, bisogna fare il proprio dovere. Riflettiamo su questa frase: fare il proprio dovere. Fare il proprio dovere significa in questo contesto accettare il proprio destino, accettare la condanna di essere uomini.
Ho voluto soffermarmi brevemente sulle principali ideologie della guerra, perche' solo cosi' entriamo nel vivo del problema agitato dagli obiettori di coscienza. In termini generali, si puo' dire che l'obiettore di coscienza e' colui che non accetta in principio nessuna di queste, e di altre possibili giustificazioni. L'obiettore di coscienza e' colui che, affermando che la guerra e' violenza e che la violenza e' un male assoluto, conclude che la guerra e' un male assoluto.
Primo: per l'obiettore non vi sono guerre giuste e ingiuste. E la guerra di difesa? Anche la guerra di difesa e' violenza. E poi chi ha il diritto di distinguere la guerra di offesa da quella di difesa? Esiste nella storia dei rapporti tra gli stati l'innocente? Chi e' stato il primo colpevole? Chi sara' l'ultimo innocente? O non e' forse vero che la ferrea catena di guerre, in cui consiste la nostra storia, ci rende impossibile risalire alla prima radice del male? E allora non bisogna spezzare questa catena? Ma per spezzarla occorre pure che qualcuno cominci. L'obiettore di coscienza e' colui che dice: comincio io, e accada quel che deve accadere.
Secondo: la guerra non e' un male minore; e' puramente e semplicemente un male. Non bisogna fare il male, ecco tutto. E poi non e' il male minore, perche' tutti i mali si generano dalla violenza. E non vi e' bene che possa essere barattato con la perdita della pace, perche' la pace e' la condizione stessa del fiorire di tutti gli altri valori.
Terzo: la guerra non e' un male necessario. Puo' ben darsi che, dopo la guerra, la storia umana faccia un passo innanzi. Ma quanti ne ha fatti indietro per causa della guerra? Tanto orrenda e' la situazione di guerra, che, tornata la pace, ci sembra di aver fatto un passo innanzi. Ma come possiamo sapere quale sarebbe stato il destino dell'uomo se non ci fossero state guerre? Come possiamo saperlo se le guerre ci sono sempre state? Come possiamo paragonare il progresso storico attraverso le guerre col progresso storico attraverso la pace, se sino ad ora l'umanita' ha conosciuto soltanto il primo e non anche il secondo di questi due corsi?
Quarto: la guerra non e' un fatto inevitabile. Dipende da noi, dalle nostre passioni che possiamo reprimere, dai nostri interessi che possiamo conciliare, dai nostri istinti che dobbiamo correggere e frenare. Se abbiamo saputo eliminare le guerre tra individui, tra comuni, perche' dovrebbe continuare a sussistere la guerra tra gli stati? Perche', dal semplice fatto che un evento e' sempre stato, dobbiamo dedurne che sempre sara'? Dov'e' scritto e chi l'ha scritto?
Ho voluto riassumere brevemente (e imperfettamente) alcuni eterni motivi dell'obiezione di coscienza, perche' oggi ci troviamo di fronte a una situazione nuova, a una vera e propria svolta della storia umana, di fronte alla quale l'obiezione di coscienza, il dir di no alla guerra, assume un significato piu' attuale, piu' vasto, piu' universale. La situazione nuova e' quella che e' determinata dalla corsa spaventosa verso gli armamenti atomici. La situazione e' nuova, perche' per la prima volta nella storia la guerra totale puo' portare all'annientamento della vita sulla terra, cioe' della storia stessa dell'uomo. Ci vuole un certo sforzo d'immaginazione per comprendere che questo puo' accadere: ma questo sforzo dobbiamo farlo.
Di fronte all'evento possibile della distruzione della storia, ogni giustificazione della guerra diventa impossibile. Siamo in una condizione in cui non possiamo piu' accettare la guerra. Il che significa che siamo diventati, che dobbiamo diventare tutti quanti potenzialmente obiettori di coscienza. L'alternativa e' questa: o l'obiezione di coscienza, nel senso di impossibilita' morale di accettare la guerra, o la possibile distruzione del genere umano. Se vi paiono un po' troppo apocalittiche queste mie considerazioni, vi invito a ragionarvi su.
Primo: di fronte alla possibile catastrofe atomica non vi sono piu' guerre giuste o ingiuste; una guerra, qualunque essa sia, che puo' provocare la scomparsa della vita sulla terra, e' ingiusta.
Secondo: e' semplicemente stolto considerare la guerra, che puo' avere una simile conseguenza, come un male minore: non ci sono alternative possibili. Di fronte alle guerre del passato puo' avere ancora un senso parlare di alternativa tra la pace e la liberta', tra la pace e la giustizia, tra la pace e l'onore. Ma di fronte alla guerra atomica, quale alternativa potrebbe ancora concepirsi? O la liberta' o il suicidio universale? Chi beneficerebbe di questa liberta'?
Terzo: la guerra non puo' piu' essere considerata come un male necessario, come uno strumento di bene. Quale bene, se dopo non c'e' piu' nulla? La guerra atomica non e' un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma un fine, anzi, meglio, e' la fine.
Quarto: la guerra non puo' piu' essere considerata come un fatto inevitabile, a meno che si accetti come fatto inevitabile (badate, inevitabile), l'autodistruzione dell'uomo.
Forse qualcuno potrebbe considerare che con questa considerazione io sia andato fuori tema. Ma riflettiamo: obiezione di coscienza significa rifiuto di portare armi. Ora quando nel concetto di arma rientra una bomba che, come si legge nei giornali, ha da sola il potere esplosivo di meta' di tutte le bombe gettate nell'ultima guerra, mi domando se il portar armi non sia diventato un problema di coscienza non solo per l'obiettore che protesta in nome della sua fede religiosa, ma per ciascuno di noi, in nome dell'umanita'. Obiezione di coscienza significa letteralmente quella situazione in cui la nostra coscienza ci vieta col suo imperativo di compiere un'ingiustizia. Se interroghiamo la nostra coscienza, non possiamo piu' rifiutarci di riconoscere che oggi - questa e' dunque la conclusione cui volevo giungere - siamo, almeno in potenza, tutti quanti obiettori.
 
5. MAESTRI. ALDO CAPITINI: DIECI PRINCIPI DI DANILO DOLCI
[Nuovamente riproponiamo il seguente brano estratto dal libro di Aldo Capitini, Rivoluzione aperta, del 1956.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recente antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007 e Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Recentissimo e' il volume che pubblica il rilevante carteggio Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. i dvd di Alberto Castiglione: Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, e Verso un mondo nuovo, 2006. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.inventareilfuturo.com, www.cesie.org, www.nonviolenti.org, www.fondodanilodolci.it]
 
Danilo Dolci ha cosi' messo praticamente in maggior rilievo ed ha espresso in modo chiarissimo principi ed elementi gia' espressi e praticati nel passato e nel presente, ma che con la sua persona, con la sua ispirazione ed azione incisiva e organica in una situazione cosi' significativa, e' bene che siano messi a contatto di tutti e moltiplicati:
1. Lavorare per una societa' che sia veramente di tutti.
2. Cominciare piu' affettuosamente e piu' attentamente dagli "ultimi".
3. Portare le cose piu' alte a contatto dei piu' umili.
4. Partecipare per comprendere.
5. Superare continuamente i propri possessi dando aiuti.
6. Creare strumenti di lavoro e di civilta' per tutti.
7. Dare amorevolezza a tutte le persone, non considerandole chiuse nei loro errori.
8. Usare nelle azioni e nelle lotte il metodo rivoluzionario nonviolento.
9. Nei casi estremi e nei momenti decisivi offrire il proprio sacrificio (per esempio, il digiuno), prendendo su di se' la sofferenza.
10. Promuovere riunioni e assemblee per il dialogo su tutti i problemi.
 
6. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
7. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riedizioni
- Ugo Foscolo, Poesie. Ultime lettere di Jacopo Ortis, Rizzoli, Milano 1976 e 1949, Rcs - Rizzoli Libri, Milano 2010, pp. 576, euro 7,50 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Lionel Robbins, La natura della scienza economica. La teoria dello sviluppo economico (ma nei frontespizi i titolo completi sono: Sulla natura e l'importanza della scienza economica e La teoria dello sviluppo economico nella storia del pensiero economico), Utet, Torino 1953, 1970, De Agostini, Il sole 24 ore, Novara-Milano 2010, pp. XX + 204 + X + 214, euro 12,90.
 
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
10. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 235 del 28 giugno 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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