Nonviolenza. Femminile plurale. 302



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 302 del 21 marzo 2011

 

In questo numero:

1. Il 20 marzo da Viterbo "opposizione integrale alla guerra"

2. Floriana Lipparini: Dire la verita'

3. Hannah Arendt: Ma questo trionfo

4. Franca Ongaro Basaglia: Finche' esiste uno schiavo

5. Simone Weil: Il grande errore

6. Veronika Mariaux ricorda Katharina Rutschky

7. Traudel Sattler ricorda Katharina Rutschky

8. Letizia Tomassone ricorda Mary Daly

9. Barbara Verzini ricorda Louise Bourgeois

 

1. INIZIATIVE. IL 20 MARZO DA VITERBO "OPPOSIZIONE INTEGRALE ALLA GUERRA"

 

Domenica 20 marzo 2011 presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo si e' svolta una assemblea pubblica contro la guerra.

All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.

E' stata analizzata la situazione attuale ed e' stata espressa una netta, argomentata, persuasa "opposizione integrale alla guerra" (utilizzando la formula della carta programmatica del Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini).

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La guerra e' un crimine contro l'umanita'.

Cessi la guerra in Afghanistan.

Cessi la guerra in Libia.

L'umanita' ha bisogno di pace, disarmo, smilitarizzazione dei conflitti.

Occorre riconoscere tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

Occorre accogliere ed assistere tutti i profughi e i migranti.

Occorre opporsi alle dittature con la democrazia.

Occorre opporsi alle persecuzioni con la solidarieta' che salva le vite.

Si sostengano i movimenti nonviolenti ovunque i popoli lottano per la democrazia. E soprattutto si sostengano i movimenti di solidarieta' e di liberazione delle donne.

Si rispetti la Costituzione della Repubbica Italiana che esplicitamente afferma che "L'Italia ripudia la guerra".

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: DIRE LA VERITA'

[Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at fastwebnet.it) per averci messo a disposizione questo intervento scritto per "Il paese delle donne" dal titolo "Alba dell'Odissea? Ma la guerra e' un'odissea senza fine".

Floriana Lipparini, giornalista, ha lavorato per numerosi periodici, tra cui il mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia. Impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del pacifismo, dell'interculturalita', dell'opposizione nonviolenta attiva alla guerra. E' autrice del libro Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, edito nel 2005 in Croazia da Shura publications in edizione bilingue, italiana e croata, e nel 2007 pubblicato in Italia da Terrelibere.org in edizione riveduta e ampliata. Si veda anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 389]

 

Sono tra quelle che firmarono la lettera di protesta che stigmatizzava con pesante ironia gli inviti del rais a italiche fanciulle pagate per ossequiarlo e farsi indottrinare, e scrissi anche un articolo sul "Paese delle Donne" per dire la mia opinione sulle cosiddette "amazzoni" al servizio del dittatore.

Chiaro quindi che sto dalla parte di chi si ribella e vuole diritti e liberta'.

Ma questo significa forse dover accettare le follie belliciste di alcuni leader europei pronti a scatenare ancora una volta l'inferno con la scusa delle operazioni umanitarie, eteroguidati dal Nobel "per la pace" Obama?

Da un momento all'altro, senza nessuna possibilita' di dibattito partecipato, hanno trascinato l'Italia in guerra e nemmeno hanno il pudore di ammettere che stanno violando l'articolo 11 della nostra Costituzione, tanto inutilmente e ipocritamente sbandierata negli ultimi tempi. Nessuno ricorda piu' nemmeno che questo articolo esiste.

Perche' non si sono esplorate tutte le strade diplomatiche, tutti i colloqui, tutte le mediazioni possibili? Si sentono soltanto proclami guerrafondai. Eppure, quale paese europeo ha la coscienza pulita, rispetto a Gheddafi? Accordi oscuri sul petrolio, forniture di armi, partecipazioni finanziarie...

Ancora una volta l'establishment geopolitico mondiale - quel coacervo di maschi protervi che vediamo periodicamente riuniti in lugubri consessi dove si decide sulle nostre teste e della nostra vita - risponde alla guerra con la guerra, ancora una volta la risposta alla violenza e' la violenza. Non conta che qui e la' vi siano donne in posizioni di potere, perche' il modello e' pur sempre lo stesso, eterno modello machista con le sue protesi armate.

Allora, bisogna permettere a Gheddafi di massacrare i ribelli della Cirenaica? Nemmeno per sogno, al contrario occorre fare di tutto per  difendere la vita dei civili, ma questo vero e proprio atto di guerra non difende affatto i civili. Come in Iraq, come in Jugoslavia, come in Afghanistan saranno le bombe l'unica forma di "peacekeeping" (!) che la comunita' internazionale e' capace di mettere in atto. Cosa c'e' di umanitario in una bomba? Quando saranno comunque i civili a venire colpiti si parlera' di "danni collaterali", come se fosse la prima volta, come se fosse accettabile... E dov'e' finito quel concetto di risoluzione dei conflitti chiamato "interposizione fra contendenti"? Perche' non si vede praticamente mai applicare?

Non riesco a credere che si possa fare giustizia e difendere le vite e i diritti delle popolazioni con questo evidente spirito di punizione e vendetta, naturalmente non volendo pensare ad altre, inconfessabili motivazioni. Immagino che il petrolio della Cirenaica non conti niente, e nemmeno conti il fatto che li' gli Stati Uniti non siano riusciti finora ad avere alcuna presenza...

E come mai la risoluzione di intervento questa volta all'Onu e' passata, mentre in altri casi di gravissime violazioni da anni e anni non si riesce a ottenere alcuna decisione anche solo di condanna?

E si e' pensato all'inevitabile effetto di crociata religiosa, di guerra fra Occidente e Islam che questo gesto produce?

Fare la guerra, ecco l'unico modo che questo vetusto potere patriarcale conosce per affrontare i problemi e risolvere i conflitti. Come in una perenne infanzia che non avra' mai fine, non c'e' evoluzione, non c'e' maturazione, non c'e' nessun superamento della primordiale legge della giungla.

Quando scatenarono le guerre "umanitarie" dell'Iraq, della Jugoslavia, dell'Afghanistan, guerre bugiarde la cui falsa retorica e' stata gia' ampiamente smascherata, e le cui disastrose conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, molte donne nel mondo e anche in Italia sono state in grado di guardare gli eventi con spirito libero, hanno fatto sentire la propria voce, hanno condannato l'inganno e il ricorso alla violenza.

Cosi' come occorre condannare le violenze di Gheddafi e mobilitare tutto il mondo per trovare i mezzi diplomatici per fermarle, dovremmo allo stesso modo dire la verita' sull'intervento armato che i nostri paesi stanno compiendo, diventati d'improvviso sensibili rispetto a ingiustizie di cui si dichiarano inorriditi. Eppure, chi li ha inventati i Cie dove ammassare clandestini senza colpe, provenienti proprio da quei paesi le cui rivoluzioni ora vogliamo difendere a suon di bombe?

Altro che "alba dell'Odissea". Lo spirito di guerra e' un'odissea senza fine.

 

3. MAESTRE. HANNAH ARENDT: MA QUESTO TRIONFO

[Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, p. 304.

Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005; Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

 

Ma questo trionfo dei finanzieri bramosi di profitti fu temporaneo, ed essi vennero debitamente imbrogliati quando qualche decennio piu' tardi incontrarono i protagonisti del gioco del totalitarismo, un gioco che si svolgeva senza moventi di profitto e quindi con tale efficienza omicida da inghiottire persino quelli che l'avevano finanziato.

 

4. MAESTRE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: FINCHE' ESISTE UNO SCHIAVO

[Da Franca Basaglia Ongaro, Una voce. Il Saggiatore, Milano 1982, p. 126.

Franca Ongaro Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno civile, pensatrice di profondita', finezza e acutezza straordinarie, insieme al marito Franco Basaglia e' stata tra i protagonisti del movimento di psichiatria democratica; e' deceduta nel gennaio 2005. Tra i suoi libri segnaliamo particolarmente: Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio perche'?, Emme Edizioni, Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il Saggiatore, Milano 1982; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui medesimo, Editori Riuniti, Roma 1987; in collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante, Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato anche a L'istituzione negata, Che cos'e' la psichiatria, e a molti altri volumi collettivi. Ha curato l'edizione degli Scritti di Franco Basaglia. Dalla recente antologia di scritti di Franco Basaglia, L'utopia della realta', Einaudi, Torino 2005, da Franca Ongaro Basaglia curata, riprendiamo la seguente notizia biobibliografica, redatta da Maria Grazia Giannichedda, che di entrambi fu collaboratrice: "Franca Ongaro e' nata nel 1928 a Venezia dove ha fatto studi classici. Comincia a scrivere letteratura infantile e i suoi racconti escono sul "Corriere dei Piccoli" tra il 1959 e il 1963 insieme con una riduzione dell'Odissea, Le avventure di Ulisse, illustrata da Hugo Pratt, e del romanzo Piccole donne di Louise May Alcott. Ma sono gli anni di lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si sta raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, a determinare la direzione dei suoi interessi e del suo impegno. Nella seconda meta' degli anni '60 scrive diversi saggi con Franco Basaglia e con altri componenti del gruppo goriziano e due suoi testi - "Commento a E. Goffman. La carriera morale del malato di mente" e "Rovesciamento istituzionale e finalita' comune" - fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell'ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos'e' la psichiatria (1967) e L'istituzione negata (1968). E' sua la traduzione italiana dei testi di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, editi da Einaudi rispettivamente nel 1969 e nel 1971 con saggi introduttivi di Franco Basaglia e Franca Ongaro, che traduce e introduce anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni '70 Franca Ongaro e' coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), da Crimini di pace (1975) fino alle Condotte perturbate. Nel 1981 e 1982 cura per Einaudi la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca Ongaro e' anche autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, la condizione della donna, le pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali, i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (Einaudi, Torino 1979), raccolta delle voci di sociologia della medicina scritte per l'Enciclopedia Einaudi; Una voce. Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, Milano 1982) che include la voce "Donna" dell'Enciclopedia Einaudi; Manicomio perche'? (Emme Edizioni, Milano 1982); Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui medesimo (Editori Riuniti, Roma 1987). Tra i saggi, Eutanasia, in "Democrazia e Diritto", nn. 4-5 (1988); Epidemiologia dell'istituzione psichiatrica. Sul pensiero di Giulio Maccacaro, in Conoscenze scientifiche, saperi popolari e societa' umana alle soglie del Duemila. Attualita' del pensiero di Giulio Maccacaro, Cooperativa Medicina Democratica, Milano 1997; Eutanasia. Liberta' di scelta e limiti del consenso, in Roberta Dameno e Massimiliano Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella societa' contemporanea, Angelo Guerrini, Milano 2001. Dal 1984 al 1991 e' stata, per due legislature, senatrice della sinistra indipendente, e in questa veste e' stata leader della battaglia parlamentare e culturale per l'applicazione dei principi posti dalla riforma psichiatrica, tra l'altro come autrice del disegno di legge di attuazione della "legge 180" che diventera', negli anni successivi, testo base del primo Progetto obiettivo salute mentale (1989) e di diverse disposizioni regionali. Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health, e nell'aprile 2001 l'Universita' di Sassari le ha conferito la laurea honoris causa in Scienze politiche. E' morta nella sua casa di Venezia il 13 gennaio 2005"]

 

Il patrimonio che ci proviene, in quanto donne, dalla conoscenza sofferta della nostra schiavitu', ci da' la consapevolezza del fatto che, finche' esiste uno schiavo, nessuno puo' essere libero. Cio' significa sapere che lo stesso concetto di "liberta'", cosi' come lo conosciamo nella nostra cultura, e' falso e inquinato, perche' implica qualcuno che paghi per la liberta' dell'altro. Ed e' per una liberta' diversa che le donne stanno lottando.

 

5. MAESTRE. SIMONE WEIL: IL GRANDE ERRORE

[Da Simone Weil, L'ombra e la grazia, Edizioni di Comunita', Milano 1951, Rusconi, Milano 1972, 1996, pp. 177-178 (la traduzione e' di Franco Fortini).

Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

 

Il grande errore dei marxisti e di tutto il XIX secolo e' stato quello di credere che camminando diritti dinnanzi a se' si salga in aria.

 

6. MEMORIA. VERONIKA MARIAUX RICORDA KATHARINA RUTSCHKY

[Dalla rivista della comunita' filosofica Diotima, "Per amore del mondo", fascicolo "Nel mondo comune" dell'estate 2010 (disponibile in rete nel sito: www.diotimafilosofe.it), riprendiamo il seguente necrologio.

Veronika Mariaux, saggista, lavora all'universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile Diotima. Tra le opere di Veronika Mariaux: con Andrea Guenter, Papierne Maedchen, Dichtende Muetter. Lesen in Der Weiblichen Genealogie, 1994.

Katharina Rutschky (1941-2010), pedagogista e saggista tedesca di intenso impegno civile. Tra le opere di Katharina Rutschky: Schwarze Paedagogik. Quellen zur Naturgeschichte der buergerlichen Erziehung, 1977, 2001; Deutsche Kinder-Chronik: Wunsch- und Schreckensbilder aus vier Jahrhunderten, 1983, 2003; Deutsche Schul-Chronik: Lernen und Erziehen in vier Jahrhunderten, 1991; Erregte Aufklaerung: Kindesmissbrauch: Fakten & Fiktionen, 1992; Handbuch sexueller Missbrauch, 1994; Emma und ihre Schwestern. Ausfluege in den real existierenden Feminismus, 1999; Der Stadthund: von Menschen an der Leine, 2001]

 

Improvvisamente, il 14 gennaio di quest'anno e' morta la nostra amica Katharina Rutschky.

Avevamo gia' programmata la sua partecipazione al "ritiro" di Diotima per questa estate, per lei un'occasione di incontrare le amiche italiane, partecipare al nostro lavoro teorico e fare alcuni giorni di vacanza a Verona oppure a Orvieto, ospite di Lisa e di Veronika.

Avevo conosciuto Katharina in occasione di un convegno femminista, a Kassel in Germania, al quale partecipai assieme a Traudel Sattler nell'ormai lontano 1994. Mi colpi' la sua liberta' assieme al coraggio di affrontare un contesto sicuramente non favorevole ad una lettura di Camille Paglia che confermava la tesi dell'autrice americana circa l'assenza storica delle donne dalla produzione culturale. Non che fossi d'accordo con lei, ma percepii la sua ricerca di uno spazio di liberta' di pensiero che andasse oltre le ovvieta' di un femminismo prevalentemente rivendicativo, come lo era quello tedesco in quel periodo. Esercitava il fascino della provocazione, inseparabilmente collegato al libero pensiero e lo incarnava perfettamente, con i suoi capelli grigi cortissimi, labbra e unghie rosso fiammante su un elegante completo giacca-pantalone. Abituata agli attacchi di un pubblico ostile a tanta liberta' ed eleganza, rimase incuriosita dalle mie domande che dimostravano un reale interesse, anche se critico, e dopo la sua conferenza ci incontrammo per un bicchiere di vino.

I nostri racconti del femminismo italiano, della Libreria delle donne di Milano e di Diotima dovevano aver svegliata la sua curiosita' se la mattina seguente si fermo' a sentire la nostra relazione al convegno, nonostante avesse gia' un impegno di lavoro a Berlino per quella mattinata.

Cosi' e' nato un legame che e' durato sedici anni, con vari suoi interventi pubblici anche in Italia, per esempio nel grande seminario di Diotima, nell'istituto di Germanistica dell'Universita' di Verona e sulla rivista "Via Dogana", dove furono pubblicate le sue "Lettere antifemministe da Berlino". Amava stare nella compagnia ospitale delle donne italiane, cosi' aperte e curiose nei confronti di una pensatrice straniera a loro sinora sconosciuta. Questa pratica di ospitalita' e di amicizia in un contesto estraneo rendeva a lei facile, nonostante la lingua poco familiare, l'ascolto di un pensiero nuovo. Da antica studiosa di Freud apprezzo' il nostro lavoro attorno alla figura materna, un nodo che il femminismo tedesco non aveva ancora voluto e potuto affrontare. E' stata quella ricerca radicata in una convinta pratica di relazione a ispirarle un'aspra critica del femminismo rivendicativo, il che a sua volta fece di lei un'"antifemminista" agli occhi di molte donne tedesche.

Nata durante la seconda guerra mondiale Katharina aveva, come molti studenti negli anni Sessanta, abbracciato la causa della liberazione dai vecchi regimi sociali e politici, il che significo' per i giovani tedeschi una resa dei conti con il nazismo della generazione dei genitori. Cosi' Katharina si trovo' a ribellarsi a un mondo autoritario e dell'antiautoritarismo fece la sua bandiera, dopo il '68 vissuto all'interno dell'Sds, la lega degli studenti socialisti. Dopo gli studi di pedagogia e sociologia curo' negli anni '70 il volume Schwarze Paedagogik (Pedagogia nera) che sarebbe diventato un classico per diverse generazioni di studenti di scienze dell'educazione in Germania. Assieme al marito Michael era una delle figure di spicco dell'intellighenzia tedesca, tutti e due liberi scrittori che vivevano per la conoscenza e lavoravano scrivendo, liberi da condizionamenti istituzionali. Cio' ha significato una vita senza compromessi per facili ricchezze, ma vicina agli ideali di uguaglianza degni di una convinta socialdemocratica. Infatti, Katharina viveva a Kreuzberg, quartiere popolare di Berlino, in un tipico appartamento dalle stanze grandi e luminose con soffitti alti e piene di libri, assieme a Michael e all'amatissimo cocker spaniel e alla loro gatta. L'amore per i cani l'aveva portata addirittura a scrivere un libro sui cani in citta': Berlino ha un lunga tradizione in questo senso, essendo una citta' fatta di parchi e laghi. Questi parchi e questi laghi erano la sua delizia quotidiana che frequento' nelle lunghe passeggiate.

Le molte amiche e amici in questa citta' come in tutta la Germania rimasero increduli quando sentirono della sua scomparsa: sembrava che stesse di nuovo bene, a Natale aveva fatto progetti di viaggi per la primavera successiva, e in gennaio era morta.

Ci mancherai molto, Katharina, con il tuo sguardo ironico, la tua lingua forbita, la tua grande cultura e il tuo grande cuore che credeva nell'illuminazione delle menti.

 

7. MEMORIA. TRAUDEL SATTLER RICORDA KATHARINA RUTSCHKY

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente ricordo del gennaio 2010.

Traudel Sattler, impegnata nell'esperienza della Libreria delle donne di Milano e nella riflessione del femminismo della diffeenza, cura per la rivista "Via Dogana" i profili delle autrici e degli autori degli articoli pubblicati dalla rivista; traduce dal tedesco, sua lingua madre, all'Italiano, e viceversa, testi, saggi, articoli, mettendo a confronto la politica delle donne in Italia e quella in Germania]

 

Il 14 gennaio 2010 e' morta a Berlino Katharina Rutschky, amica, giornalista e scrittrice.

In Germania era molto conosciuta come giornalista critica e acuta.

Vivendo in un paese dove, soprattutto negli anni '80 e '90, e' stato piuttosto forte il femminismo delle rivendicazioni e dei diritti, Katharina, libera pensatrice, nemica del vittimismo e convinta che la differenza sessuale sia una cosa da coltivare e non da cancellare, in Germania era presto diventata un'antifemminista.

Entrata in contatto con il pensiero e la pratica della differenza in Italia, e soprattutto frequentando la comunita' filosofica Diotima (e' intervenuta anche nei grandi Seminari), ha trovato un femminismo che le andava a genio: l'espressione libera e originale dell'essere donna, in aperta polemica con chi rivendica la parita' e compensazioni per donne infelici. Si', a lei piaceva la polemica: allegra, ironica e autoironica, ha fatto vedere come si puo' confliggere con gusto e sviluppare una vera propria "cultura del conflitto".

Ricordiamo i suoi articoli su "Via Dogana" tra il 1995 e il 1998, tra cui le sue "Lettere antifemministe da Berlino".

L'ultimo testo di Katharina Rutschky pubblicato in Italia, "La realta' cifrata", si trova nel volume: Diotima, Immaginazione e politica. La rischiosa vicinanza fra reale e irreale. Liguori 2009.

 

8. MEMORIA. LETIZIA TOMASSONE RICORDA MARY DALY

[Dalla rivista della comunita' filosofica Diotima, "Per amore del mondo", fascicolo "Nel mondo comune" dell'estate 2010 (disponibile in rete nel sito: www.diotimafilosofe.it), riprendiamo il seguente necrologio.

Letizia Tomassone, pastora valdese, gia' impegnata nell'esperienza di Agape, e' una delle figure piu' prestigiose dell'impegno per la pace, di solidarieta', per i diritti umani.
Su Mary Daly cfr. i materiali in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 21; e cfr. anche la scheda biobibliografica in fondo al presente necrologio]

 

Mary Daly e' morta il 4 gennaio 2010.

La malattia e la morte fanno certamente parte di quella struttura patriarcale del mondo per la quale non siamo capaci di vivere in armonia con il cosmo e di fare balzi temporali nella gioia, guidati dalla sorellanza. Mary Daly sperava che i suoi scritti sarebbero serviti a cambiare il mondo e a far sparire questo patriarcato feroce che continua a uccidere la vita delle donne e degli animali, delle piante e del pianeta intero.

Sono certa che il suo pensare e il suo vivere aiutano ad avvicinare il tempo dell'armonia.

La lotta per rimuovere la rimozione della sua liberta' di donna ha pero' schiacciato anche lei, mostrando che passa proprio attraverso i nostri corpi la creazione di un cosmo liberato. Siamo talmente schiacciate dalla rimozione della nostra liberta' che dobbiamo fare uno sforzo che prende tutte le nostre energie per vivere in questa stessa liberta'.

Mary Daly da' un nome a questa pratica: "archeologia del futuro". Molto del suo lavoro e' consistito nel dare nomi nuovi alle pratiche intraviste dalle donne. Proprio questa capacita' di inventare un linguaggio e l'audacia di farne addirittura un dizionario, di disegnare un mondo nuovo, e' uno degli aspetti scandalosi del lavoro di Mary Daly.

Lei non si e' limitata a pensare nuovi paradigmi, ha provato a viverli e trasmetterli.

Cattolica di provenienza, teologa di formazione, la sua battaglia di pensiero e di pratiche, dal Concilio Vaticano II, l'ha portata a uscire dal cristianesimo e a proclamarsi post-cristiana.

Nelle sue ricerche e nelle sue analisi sempre molto provocanti e appassionate, ha mostrato il lato oscuro del cristianesimo nei confronti delle donne: le violenze della caccia alle streghe e la subordinazione alle gerarchie ecclesiastiche, il ruolo di vittima sacrificale attribuito alle donne senza che queste possano aggiungere a questo il titolo di vittime innocenti, che spetta solo al Cristo. Colpevoli sempre, le donne, anche quando sono vittime, nel pensiero teologico e nella pratica pastorale delle chiese cristiane.

Mary Daly e' stata una grande maestra, scomoda e scandalosa, ma essenziale nel cammino delle donne dentro e fuori le chiese.

Vorrei tracciare alcuni elementi chiave di questo suo operare. L'impatto che Mary Daly ha avuto in Italia e' forse addirittura maggiore di quello avuto nel suo paese. Da noi infatti le reti di donne hanno una grande sete di pensiero libero e fondato sulla trascendenza femminile. La sua critica alle strutture patriarcali della teologia cristiana aiuta chi vuole liberarsi da un'educazione troppo impastoiata. Le sue invenzioni spingono a sviluppare pratiche diverse tra donne. E con lei la trascendenza assume una dimensione di empatia cosmica che sta diventando essenziale in questo tempo in cui il pianeta sembra essere considerato solo come una enorme riserva di prodotti a nostra disposizione (ricordo quando, all'Universita' di Verona, ospite di Diotima, racconto': "un fiore mi ha parlato").

Il suo scritto teologico originario si intitola Al di la' di dio padre. Mary Daly ebbe a dire in seguito che il titolo sarebbe potuto essere semplicemente Al di la' di dio. Infatti lei mostra come la costruzione stessa di un divino trascendente crei una piramide in cui alcuni dominano e altri sono sottoposti. E' soprattutto l'identificazione di dio con il maschio a creare una piramide sessuata. La sua famosa affermazione: "se dio e' maschio, il maschio e' dio" si inserisce in una riflessione sulla legittimazione del potere maschile nel nostro orizzonte culturale.

Mary Daly propone di togliere a dio tutte le proiezioni antropomorfe. Essenziale e' stato il suo lavoro sul linguaggio, che e' poi sfociato nella creazione di un linguaggio ricreato a partire dall'esperienza femminile. Nei primi passi di questa ricerca Mary Daly propone di riferirsi al divino attraverso le forme verbali: queste esprimono tutta la forza dinamica e mobilitante del divino, mentre un'immagine fissa e oggettivante di dio ingabbia il suo agire. Non so se in dialogo con lei, ma certo nella stessa direzione e nello stesso ambiente culturale, un'altra teologa americana come Carter Heyward parla della forza erotica dello Spirito. Essa mette in relazione e attiva quelle dinamiche di desiderio che permettono di percepire l'altro-l'altra, di entrare in relazioni di empatia, e di agire per trasformare il mondo affinche' ci sia piu' amore e piu' giustizia (1).

Questo modo di pensare dio come la forza della relazione e' molto presente in Mary Daly. E' quasi la base della sua critica alla cristologia che mette al centro un salvatore eroico, uno che, da solo, ha il compito e la pretesa di salvare tutti. Non e' forse questa visione distorta, da supereroe dei fumetti, che fa da modello alla nostra comprensione della societa', dell'economia e della politica? Invece di saper vedere le reti sociali e le collaborazioni che permettono di migliorare il mondo, spesso noi siamo indotte-i a fissare la nostra attenzione su una figura singola, che funge da salvatore. La cristologia basata sulla prestazione eroica di uno solo ci spinge a non voler vedere che ogni cosa avviene solo se c'e' uno sforzo congiunto, se si creano situazioni collegiali, senza caricare di aspettative insopportabili un solo individuo, spingendo verso deleghe totali e derive autoritarie. Per questo Mary Daly smonta la cristologia come una menzogna che allontana il Cristo dal resto dell'umanita' e ferisce su due fronti: crea una solitudine infinita intorno all'uomo Gesu', impedisce al resto dell'umanita' di potersi pensare capaci di redenzione, capaci di trasformare il mondo.

Ri-narrando la dottrina cristiana come un mito assurdo di redenzione a opera di uno solo, in cui le parole chiave sono il sacrificio e la sofferenza della vittima, Mary Daly compie un'opera straordinaria di smascheramento di cio' che non sappiamo piu' vedere perche' ci e' troppo vicino e consueto (2).

A partire da questa critica profonda dell'immaginario cristiano, che Mary Daly fece negli anni '70, si sono sviluppate in ambito femminista molte riflessioni sul tema della rete di relazioni, della comunita', della sorellanza, della chiesa di uguali e del movimento di discepole-i intorno al Gesu' storico. Mary Daly stessa parla della Nuova Venuta delle Donne, identificando l'attesa escatologica della nuova venuta del Cristo nella pienezza in un rovesciamento di valori: non piu' uno solo ma una presenza collettiva, non piu' un divino connotato al maschile ma la sorellanza come forza trascendente.

Mary Daly mostra come la cifra "Padre" attribuita a dio abbia legittimato il potere violento di una trinita' orribile: stupro, genocidio, violenza. Sappiamo che anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, afferma che e' in atto nel mondo una guerra contro le donne, un femminicidio che sembra in diretta continuita' con le atrocita' commesse contro le donne nel Medioevo e in cui sono incappate anche le "magistrae" valdesi di quel tempo. In tutti questi secoli il cristianesimo ha fornito ottimi strumenti di legittimazione patriarcale a questo odio e questa violenza contro le donne, portatrici di un mondo diverso.

Ecco perche' Mary Daly propone e attua l'uscita dal cristianesimo, liberando cosi' le energie represse e nascoste delle donne. Una delle ultime pubblicazioni e' un suo libro visionario centrato intorno alla convenzione cosmica degli elementi e alla dimensione del tempo che fa andare in avanti, verso un futuro liberato, e indietro, verso un tempo umano pre-patriarcale. Si tratta di Quintessenza... Realizzare il futuro arcaico (3), che ha avuto ampia risonanza in Italia, anche perche' l'autrice stessa e' venuta piu' volte a proporne la lettura nei luoghi di donne.

Strenuamente separatista in un tempo in cui il separatismo e' poco accettato persino nel movimento delle donne, lesbica e mossa da forti passioni, Mary Daly ha aperto per noi un mondo libero.

Certamente i suoi testi segnano la teologia di questi ultimi quarant'anni. Anche chi non e' abituato a entrare in contatto seriamente con il pensiero delle donne, non puo' ignorarne la presenza.

La sua critica teologica e' entrata profondamente nel dna delle teologie femministe in ogni parte del mondo.

Il fatto che con il suo pensiero e la sua pratica Daly sia uscita dal cristianesimo non diminuisce il suo impatto sulla teologia. Questo pone anzi con piu' radicalita' le domande essenziali alle chiese e in generale alle religioni:

- sono in grado di rivedere la propria storia a partire dalle domande scomode poste dalle donne?

- sono in grado di offrire quelle radici nel futuro e quelle prospettive di liberta' che donne e uomini vanno cercando?

- fanno almeno qualche tentativo per inventare un nuovo linguaggio che esprima il divino fuori da categorie patriarcali?

Leggere la produzione di Mary Daly significa entrare in contatto con una energia immaginativa che smaschera la  violenza di genere nel presente e disegna nuovi mondi, mondi di armonia e di pace anche con il pianeta. Senza dimenticare lo scandalo provocato dalla pratica della liberta' femminile e offrendo l'energia necessaria per affrontare i conflitti nel presente.

*

Nota bio-bibliografica

Mary Daly (1928- 2010), di famiglia irlandese, filosofa, teologa, femminista radicale, e' tra le piu' potenti creatrici di pensiero, linguaggio e visione, generate dal movimento femminista degli anni Settanta.

Conseguito il primo Ph.D. in Religione presso il Saint Mary's College a Notre Dame, Indiana, per specializzarsi in teologia - studio ancora precluso alle donne in quegli anni negli Stati Uniti - si iscrisse all'Universita' di Friburgo, in Svizzera, dove ottenne una seconda laurea (summa cum laude) in Teologia. Rimase ancora a Friburgo per conseguire la sua terza laurea in Filosofia e segui' il Concilio Vaticano II. Tornata negli Stati Uniti, ebbe l'incarico di Assistant Professor al Boston College, gestito dai Gesuiti.

Dopo la pubblicazione, nel 1968, di La Chiesa e il Secondo Sesso, fu licenziata nella primavera del 1969. Quattro mesi di proteste studentesche, una petizione firmata da 2.500 persone, una tavola rotonda di sette ore, la decorazione notturna con brillanti graffiti rossi dell'edificio dell' amministrazione centrale del Boston College, provocarono la revoca del licenziamento e il suo rientro con la promozione a ordinario di cattedra nel giugno dello stesso anno.

Seguirono le pubblicazioni di: Al di la' di Dio Padre. Verso una filosofia della Liberazione delle donne (1973), Gyn/Ecology: the Metaethics of Radical Feminism (1978), Pure Lust: Elemental Feminist Philosophy (1984), Webster's' First New lntergalactic Wickedary of the English Language (1987), Outercourse: the Be-Dazzling Voyage (1992) e Quintessenza... Realizzare il Futuro Arcaico (1998).

Licenziata definitivamente nel 1998, a causa del suo rifiuto di tenere lezioni in una classe mista, continua a scrivere e a viaggiare negli Stati Uniti e in Europa, tenendo conferenze e presentando le traduzioni dei suoi libri. Nel 2006 ha pubblicato ancora Amazon Grace. Re-Calling the Courage to Sin Big. E' deceduta il 4 gennaio 2010

*

Note

1. Carter Heyward, Al principio e' la relazione, in Luce Irigaray (ed.), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1997, p.115-126.

2. Mary Daly, Al di la' di Dio padre, Editori Riuniti, Roma 1990.

3. Mary Daly, Quintessenza... Realizzare il Futuro Arcaico , Venexia 1998.

 

9. MEMORIA. BARBARA VERZINI RICORDA LOUISE BOURGEOIS

[Dalla rivista della comunita' filosofica Diotima, "Per amore del mondo", fascicolo "Nel mondo comune" dell'estate 2010 (disponibile in rete nel sito: www.diotimafilosofe.it), riprendiamo il seguente necrologio.

Barbara Verzini, filosofa e critica d'arte, insieme a Diana Sartori coordina la rivista on-line della comunita' filosofica Diotima "Per amore del mondo".
Su Louise Bourgeois dalla Wikipedia riprendiamo per stralci la seguente notizia: "Louise Bourgeois (Parigi, 25 dicembre 1911 - New York, 31 maggio 2010) e' stata una scultrice e artista francese. Si formo' come scultrice alla Ecole des Beaux-Arts di Parigi, per poi approdare a New York nel 1938. Acquisi' la cittadinanza degli Stati Uniti nel 1951, dopo esser stata indagata da Joseph McCarthy, e partecipo' a diversi correnti artistiche, dapprima sotto l'influenza del surrealismo degli emigrati dall'Europa e dedicandosi, a partire dagli anni Sessanta, alla lavorazione del metallo realizzando tra l'altro delle installazioni. La sua popolarita' aumento' con la partecipazione alla Documenta nel 1983 ed alla Biennale di Venezia nel 1993. Negli anni più maturi, l'artista si occupa in maniera approfondita di temi come la sessualita', la famiglia e la solitudine, rappresentando immagini trasfigurate del membro maschile nelle sue installazioni e celebrando il concetto di maternita' con enormi sculture filigrane a forma di ragno; si tratta di opere di carattere onirico spesso ripetute per essere poi installate in diverse citta', dell'altezza di una decina di metri. La Tate Modern di Londra le ha dedicato un'ampia retrospettiva in occasione del suo novantacinquesimo compleanno (2007), destinata a continuare in diverse sedi di prestigio tra cui il Centre Pompidou. E' scomparsa nel 2010 a New York all'eta' di 98 anni. Dal 5 maggio al 19 settembre 2010 e' stata aperta al pubblico una retrospettiva a Venezia a cura di Germano Celant, presso la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, che presenta la produzione quasi sconosciuta di opere realizzate in stoffa. Scritti di Louise Bourgeois: Distruzione del padre / Ricostruzione del padre. Scritti e interviste, Macerata, Quodlibet 2009"]

 

"My childhood never lost its magic, never lost its mistery, and never lost its drama" (Louise Bourgeois)

*

Il 31 maggio 2010 a 98 anni e' morta Louise Bourgeois, scultrice di fama internazionale dotata della profonda capacita' di stupire ed emozionare continuamente.

Femme-maison, Toi et moi, Lairs, Cells, Spiders, sono solo alcune delle sue opere che hanno lasciato un segno indelebile nell'arte del '900.

Sarebbe una ricerca senza fine tentare di decifrare ed esaurire il suo lavoro che ricopre praticamente tutto il secolo passato.

Credo importante ricordare che nella sua infanzia il padre era proprietario di un negozio di restauro di arazzi; per questo sin da bambina fu costantemente circondata e immersa nell'arte.

Da piccola imparo' a disegnare nel laboratorio del negozio dove aiutava i genitori occupandosi del ripristino delle parti mancanti.

Questo primo approccio all'arte ha un valore dal quale tutte le opere della Bourgeois rimarranno indissolubilmente impregnate.

Lei stessa raccontava della fortuna di venire da un ambiente in cui aveva potuto apprendere l'arte di riparare gli arazzi; poiche' questa azione, l'azione del riparare e del prendersi cura, rimase profondamente radicata dentro l'artista.

"Le cose possono essere riparate. Io non credo nella Fenice, che le cose possano morire e resuscitare... ma ho fede nell'azione simbolica".

Ed infatti le sue sculture sono la rappresentazione incarnata di una continua, instancabile ed incessante azione simbolica, di cura, di guarigione, di liberazione.

L'arte puo' trasformare ed esprimere non solo le proprie idee ma anche le ansie, le paure, la sofferenza.

Il lavoro dell'arte per Louise Bourgeois e' stato quindi quello di dare una forma esterna ad un'interiorita' aggrovigliata tra i ricordi ed il presente spesso in una dimensione fantasmatica per poi riuscire a modificarla, spezzarla o ricostruirla.

Questo e' anche lo stesso lavoro della lingua, nominando riesce a dipanare la matassa dell'inconscio, essendo quest'ultimo strutturato come il linguaggio.

Nominare una paura permette di renderla visibile, circoscriverla, metterti in condizione di affrontarla.

All'interno di questa funzione riparatrice dell'arte un'altra immagine forte a cui l'artista faceva riferimento e' quella delle lame usate per riparare gli arazzi, queste agiscono come la memoria, hanno entrambe la funzione del taglio, il presente che ghigliottina il passato.

Questa azione e' assolutamente necessaria perche' non puo' esistere, non c'e' lo spazio, per il ricordo senza l'oblio.

Per dimostrare la profonda fiducia della Bourgeois nell'opera salvifica dell'arte basti pensare che su molti suoi lavori si puo' leggere la scritta "art garantees sanity".

E lei ne e' stata sicuramente una indimenticabile garanzia.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 302 del 21 marzo 2011

 

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