Nonviolenza. Femminile plurale. 303



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 303 del 22 marzo 2011

 

In questo numero:

1. A come acqua

2. A come apocalisse atomica

3. A come arsenico

4. C come che fare

5. G come guerra

6. M come mega-aeroporto

7. U come una sola umanita'

8. Si e' svolto il 20 marzo a Viterbo un incontro di formazione nonviolenta

9. Lea Melandri: Prefazione a "Amore e violenza"

10. Anna Bravo presenta "Amore e violenza" di Lea Melandri

11. Stefania Rossini presenta "Amore e violenza" di Lea Melandri

12. Piera Francesca Mastantuono intervista Clorinde Zephir

13. Anais Ginori presenta le "Lettres" di Marie, Irene ed Eve Curie

14. Elena Ribet presenta "La porta e' aperta. Vita di Goliarda Sapienza" di Giovanna Providenti

 

1. RIFLESSIONE. A COME ACQUA

 

I corpi degli esseri umani soprattutto di acqua son fatti.

L'accesso all'acqua sara' quindi un diritto umano si' o no?

Ai referendum per l'acqua bene comune e diritto umano noi votiamo si'.

 

2. RIFLESSIONE. A COME APOCALISSE ATOMICA

 

La distruzione di Hiroshima e Nagasaki.

La catastrofe di Cernobyl.

Il disastro di Fukushima.

Dovrebbe bastare.

Al referendum per fermare la criminale follia nucleare noi votiamo si'.

Si' alla civilta' umana.

Si' a un mondo senza nucleare.

Si' a un pianeta vivibile, per le presenti e le future generazioni.

 

3. RIFLESSIONE. A COME ARSENICO

 

L'arsenico e' un veleno.

Vorremmo che l'acqua che beviamo non ne contenesse.

E' forse chieder troppo?

 

4. RIFLESSIONE. C COME CHE FARE

 

Il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti.

Il sostegno ai movimenti nonviolenti in lotta contro l'oppressione.

L'accoglienza e l'assistenza ai profughi e ai migranti.

La pace con mezzi di pace.

La democrazia costruita con la democrazia.

La giustizia che salva le vite.

Il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.

La parola veritiera.

L'agire responsabile.

 

5. RIFLESSIONE. G COME GUERRA

 

La guerra consiste nella commissione di omicidi.

La guerra e' il peggiore dei crimini.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

6. M COME MEGA-AEROPORTO

 

Lo ripetiamo una volta di piu': la realizzazione del mega-aeroporto nel cuore dell'area archeologica, naturalistica e termale del Bullicame a Viterbo avrebbe come immediate e disastrose conseguenze:

a) lo scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi si trovano;

b) la devastazione dell'agricoltura della zona circostante;

c) l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse termali;

d) un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico di grave nocumento per la salute e la qualita' della vita della popolazione locale (l'area e' peraltro nei pressi di popolosi quartieri della citta');

e) il collasso della rete infrastrutturale dell'Alto Lazio, territorio gia' gravato da pesanti servitu';

f) uno sperpero colossale di soldi pubblici;

g) una flagrante violazione di leggi italiane ed europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel territorio.

Quell'area va invece tutelata nel modo piu' adeguato: istituendovi un parco naturalistico, archeologico e termale; e fin d'ora respingendo ogni operazione speculativa, inquinante, devastatrice, illecita.

 

7. RIFLESSIONE. U COME UNA SOLA UMANITA'

 

Una sola umanita'.

Plurale.

 

8. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 20 MARZO A VITERBO UN INCONTRO DI FORMAZIONE NONVIOLENTA

[Riceviamo e diffondiamo]

 

Domenica 20 marzo 2011 presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo si e' svolto un nuovo incontro del percorso di formazione e informazione nonviolenta che prosegue settimanalmente dal 2009.

L'incontro si e' aperto con l'esame degli ultimi sviluppi della questione della presenza di arsenico nelle acque destinate al consumo umano; si e' confermato l'impegno per la prosecuzione dell'iniziativa per ottenere la completa dearsenificazione dell'acqua da bere, e in particolare per ottenere che in tutti i Comuni in cui l'acqua erogata nelle case supera la concentrazione di arsenico di 10 microgrammi per litro di acqua (ovvero supera il limite massimo consentito dalla legge in vigore), le amministrazioni comunali si impegnino immediatamente a: 1. emettere ordinanze di non potabilita', affinche' i cittadini non si avvelenino; 2. realizzare al piu' presto impianti di dearsenificazione che dearsenifichino alla fonte tutte le acque che giungono nelle case come potabili; e' possibile farlo con risultati adeguati, in tempi brevi e con costi contenuti; 3. durante la realizzazione dei dearsenificatori fornire acqua con autobotti all'intera popolazione, agli esercizi produttivi, ai servizi; 4. informare finalmente in modo onesto la popolazione: l'arsenico e' un veleno; la legge e' tassativa nel vietare l'erogazione di acqua con presenza di arsenico superiore a 10 microgrammi per litro; e l'obiettivo finale delle istituzioni deve essere fornire acqua del tutto priva di arsenico.

E' stata quindi rinnovata una addolorata riflessione sulla catastrofe giapponese e si e' successivamente ragionato sulle iniziative da condurre perche' vadano a buon fine il referendum contro il nucleare e quelli per l'acqua come bene comune e diritto umano.

Gran parte della riunione e' stata dedicata alla riflessione sulla tragedia bellica in corso. E' stato confermato l'impegno contro la guerra e contro il razzismo, di solidarieta' con profughi e migranti e di sostegno ai popoli in lotta per la democrazia con la scelta della nonviolenza.

Contro la guerra, ed in particolare per l'immediata cessazione della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan e in Libia, nei prossimi giorni ci si impegnera' a promuovere tutte le iniziative nonviolente possibili.

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Le persone partecipanti all'incontro

Viterbo, 21 marzo 2011

 

9. LIBRI. LEA MELANDRI: PREFAZIONE A "AMORE E VIOLENZA"

[Da Lea Melandri, Amore e violenza. Il fattore molesto della civilta', Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. 7-11.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

 

Il sussulto di dignita' e l'invito che oggi, da schieramenti diversi, viene rivolto alle donne, affinche' si ribellino all'immagine degradante con cui sono rappresentate dalla pubblicita' e dalla televisione, non deve trarre in inganno. Il corpo femminile occupa la scena mediatica da molti anni, l'immaginario pornografico ha contaminato ormai ogni ordine di discorso e di linguaggio, l'esibizione e il voyeurismo, sapientemente amalgamati dai reality show, sono subentrati, se mai e' esistita, alla fruizione passiva dello spettatore. Il risveglio improvviso di coscienze morali offese, di intelligenze femminili "umiliate" dalla mercificazione che si fa del loro sesso, e' venuto al seguito di vicende che non potevano lasciare indifferenti, perche' avevano come protagonista una delle maggiori cariche dello Stato, il presidente del Consiglio, e come materia scottante le prestazioni sessuali scambiate indifferentemente con denaro, carriere politiche o televisive.

Di donne-oggetto, donne-immagine, donne-ornamento, chiunque abbia dato un'occhiata alla televisione, ne ha viste transitare sui teleschermi a flusso continuo, in fasce di orario protette e non protette, trasmissioni colte o di intrattenimento, filogovernative o di opposizione. L'uso del corpo femminile come abbellimento estetico o solleticazione erotica, da affiancare a una parola che resta pur sempre quella dell'uomo, si riconosce, al di la' delle appartenenze politiche, per quel marchio d'origine che lo colloca, inequivocabilmente, dalla parte del sesso vincente. Eppure, e' come se l'evidenza che passa sotto gli occhi di tutti, quando per strada o alle fermate della metro alziamo gli occhi su un muro, quando accendiamo la televisione o sfogliamo un giornale, avesse avuto bisogno, per rendersi visibile, di una scossa dall'esterno, dal mondo stesso che la produce. Tale e' stata la vicenda che ha visto implicati Silvio Berlusconi, veline ed escort. Per chi ha alle spalle un percorso ininterrotto di cultura e pratica femminista, e' irritante sentir parlare di "silenzio delle donne", ma bisogna anche avere il coraggio di porsi interrogativi scomodi e imbarazzanti su quella che oggi appare vistosamente come una contraddizione: un movimento che ha dato alle donne una circolazione e una cittadinanza nel mondo finora sconosciute, ma che le ritrova inspiegabilmente "adattabili", poco inclini ad aprire conflitti, acrobate protese a sorreggere l'impossibile conciliazione tra due realta' fatte per restare separate, la casa e la polis, il corpo e il pensiero, la femminilita' e la durezza virile, gli affetti e la complessita' della vita sociale.

Lo spazio pubblico, che ha nel suo atto fondativo l'esclusione delle donne, si e' andato sempre piu' femminilizzando, ma sembra al medesimo tempo diminuita progressivamente la conflittualita' tra i sessi, proprio la' dove l'impatto con saperi e poteri marcatamente maschili - l'economia, la politica, la scienza ecc. - faceva pensare che sarebbe riemersa con forza. Permangono pressoche' inalterati luoghi storici, come la scuola e i servizi sociali, dove una predominante presenza femminile e' garantita dalla continuita' con quella "naturale" o "divina missione", che vuole la donna "madre per sempre, anche quando e' vergine" (Paolo Mantegazza), oblativamente disposta alla cura, anche fuori dalle mura domestiche. Ma la femminilizzazione e' andata oltre, spingendosi fin nelle pieghe del tessuto sociale, esaltata come fattore di innovazione e risorsa preziosa da un sistema economico, politico, culturale che risente del declino di antichi steccati tra sfera privata e sfera pubblica, natura e cultura, sessualita' e politica: quelle linee di demarcazione che hanno permesso finora alla comunita' storica degli uomini di pensarsi depositaria di un marchio di umanita' superiore.

Sui giornali piu' vicini alla Confindustria, come "Il Sole 24 Ore", non c'e' giorno che non si elogi il valore D, il contributo di qualita' relazionali che le donne possono portare ai livelli alti del management, in soccorso di un sistema produttivo sempre piu' flessibile e immateriale. Nelle professioni, e in generale nei rapporti di lavoro, si celebrano esempi eroici di "supermamme", capaci di eccellere allo stesso modo nella cura di un figlio e nella carriera. Ma dove il "femminile" e' esploso, cogliendo di sorpresa chi aveva previsto un lento e faticoso approssimarsi delle donne all'autonomia da modelli imposti, e' stato nei mezzi di comunicazione, in particolare nella televisione, nell'industria dello spettacolo e nel mercato pubblicitario.

Il dibattito che si e' acceso sulle veline e sulla folta schiera di avvenenti intrattenitrici che si muovono intorno a uomini di potere, flessibili al punto da passare con noncuranza da concorsi di bellezza alla Camera dei deputati, ha fatto gridare alla barbarie, temere la fine o il fallimento di un secolo di emancipazione. Anche in questo caso si tratta di giudizi approssimativi, lontani dalle analisi che il pensiero delle donne e' venuto facendo su cio' che permane degli stereotipi di genere, al di la' di cambiamenti evidenti del contesto sociale. Liberta', diritti acquisiti, non sembrano aver scalfito alla radice l'aspetto piu' accattivante dei ruoli sessuali, la complementarita', "quel profondo, benche' irrazionale istinto" - come ha scritto Virginia Woolf - a favore della teoria che solo l'unione dell'uomo e della donna, del maschile e del femminile, "provoca la massima soddisfazione", rende la mente "fertile e creativa". Di questo ideale ricongiungimento di nature diverse si alimenta l'amore di coppia e il suo antecedente originario, la relazione madre-figlio. Poco o per nulla indagate, queste zone piu' intime del rapporto tra i sessi ricompaiono oggi deformate sotto la maschera di una emancipazione che stentiamo a riconoscere come tale.

Al posto della rincorsa omologante a essere come l'uomo, sono gli attributi tradizionali del femminile - le "potenti attrattive" della donna, di cui parlava Rousseau, e cioe' la maternita' e la seduzione - a essere impugnati come rivalsa, appropriazione di potere, scalata sociale.

Se l'emancipazione del passato poteva essere vista come fuga da un femminile screditato, oggi e' il femminile - il corpo, la sessualita', l'attitudine materna - a emanciparsi come tale e a prendere nello spazio pubblico il posto che compete a un complemento indispensabile della cultura maschile.

Il patriarcato sta divorando se stesso, scricchiolano le impalcature su cui si e' costruita la polis, alle donne, le escluse-incluse di sempre, si offre l'occasione per portare allo scoperto quel potere di indispensabilita' all'altro di cui si sono fatte forti finora solo nel privato.

La femminilizzazione della sfera pubblica ammorbidisce il conflitto tra i sessi e come nell'illusione amorosa fa balenare la possibilità di una "tregua". Ma, proprio come per l'amore, lascia aperto il dubbio che sia invece, come ha scritto Pierre Bourdieu, "la forma suprema, perche' la piu' sottile, la piu' invisibile" del potere dell'uomo sulla donna.

E' necessario percio' tornare a scavare la' dove si arresta il viaggio di Freud, l'"avventuriero dell'anima", il grande indagatore della felicita': in quella "roccia basilare" che e' il "rifiuto della femminilita'", l'inspiegabile intreccio di Eros e Thanatos, l'odio che nasce ogni volta dall'amore, nella vita personale come nella sfera pubblica.

Gli scritti che fanno parte di questo libro sono nati, come quasi tutte le mie pubblicazioni precedenti, dall'incontro non fortuito tra la ricerca personale e la riflessione collettiva, un bene prezioso oggi purtroppo in disuso, ma che sopravvive, in attesa e in preparazione di tempi migliori, nella costellazione tutt'altro che "silenziosa" delle migliaia di gruppi che hanno dato seguito, in Italia come in altri paesi, al risveglio della coscienza femminile degli anni Settanta.

 

10. LIBRI. ANNA BRAVO PRESENTA "AMORE E VIOLENZA" DI LEA MELANDRI

[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La Stampa" del 5 marzo 2011.

Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia,  Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008. Si veda anche l'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 353]

 

Chi non conosce il lavoro di Lea Melandri trovera' nel suo nuovo libro Amore e violenza una buona occasione per fare amicizia. O magari inimicizia. Perche' l'autrice ha idee forti, e applicandole al "fattore molesto" della storia umana (il nesso amore/potere/violenza nel rapporto uomo/donna) accetta il rischio di apparire a sua volta "molesta" per lesa superficialita'. Lo scempio del corpo femminile e' ormai ospite fisso nella cronaca, e una schiera di esperti ci invita a vederlo come un raptus, quasi che l'uomo fosse stato "rapito" da un estemporaneo Mister Hyde. Melandri risale invece alla "preistoria" di quella distruttivita', l'antica e conflittuale dipendenza dalla madre, che nell'uomo si perpetua a dispetto delle negazioni, degli ausili psicologici e dei motti di spirito sulle mamme nazionali, italiana, ebrea, black e cosi' via.

Composto di ampi saggi dai titoli un po' rituali, ricco del pensiero psicanalitico e del patrimonio femminista, Amore e violenza affronta il suo tema muovendosi fra il vicino e il lontanissimo, fra la contemporaneita' e lo spazio/tempo delle origini, per mettere a fuoco le teorie e le pulsioni sottese al binomio questione maschile/questione femminile.

Puo' cosi' rivitalizzare le domande classiche sul rapporto fra i sessi, compresa la piu' classica, spostata all'oggi: cosa chiede a una donna il civilizzato uomo moderno o postmoderno (parlo di un modello, non di individui). O anche: di quante donne ha bisogno il clan degli uomini per la propria manutenzione? Per esempio, sentiamo continuamente esaltare le doti femminili dell'empatia, della duttilita', del pragmatismo, come strada maestra verso un lavoro umanizzato: e' la donna creativa. Se non che, quando qualcuna prova ad applicare quei talenti, spesso incontra ostacoli tali da farle ridimensionare le aspettative: e' la donna "normalizzata". Poi ci sono l'ancella, la manager-immagine e la manager addetta o costretta allo sfoltimento del personale; e altre ancora. Ne parla Luisa Pogliana in Donne senza guscio (Guerini, 2009).

Ma il punto e', spiega Melandri, che non basta aprire un ambito alle donne per femminilizzarlo, cosi' come nel '68 non e' bastato dare valore al personale per femminilizzare la politica. Sara' difficile cambiare finche' si permette agli uomini di pensarsi, sotterraneamente, come gli eredi universali della razionalita'. Visione pessimista? Per verificarla e' sufficiente scorrere gli organigrammi aziendali, politici, accademici. Sara' difficile cambiare finche' la conflittualita' femminile resta debole.

E qui scatta il nesso con la preistoria: titolare originaria dell'umanizzazione e' la figura materna, accogliente, paga del suo ruolo. La madre mette ordine nei cassetti del marito/figlio, non decide l'ordine delle sue giornate; e non per questo apre un contenzioso con lui. Antico modello duro a morire, in particolare in Italia, dove l'espressione Madre Coraggio non evoca l'arcitruffatrice di Grimmelschausen e Brecht, ma un prototipo di madre eroico/oblativa.

Grazie al suo sguardo lungo, Melandri puo' dipanare l'intreccio fra nuovo, falsonuovo, vecchio, similvecchio, che segna tutte le trasformazioni, ma in questo caso e' complicato dal fatto che il rapporto uomo/donna sta nel tempo lineare della storia e contemporaneamente nel tempo ciclico della ripetizione. Con effetti a volte sconcertanti.

Oggi da un lato si ripropone l'esempio dell'emancipata anni Cinquanta, portatrice di una femminilita' rispettabile, contenuta, dotata di un cuore non troppo piccolo ma neppure tanto grande, scrive Carolyn Heilbrun, da sconfinare oltre il recinto familiare. E' la donna affidabile, che presiede alla versione moderna del focolare e in piu' porta a casa lo stipendio.

Al polo opposto, avanzano figure che investono sulla bellezza e l'eta' giovane, offrono sesso in cambio di benefici privati (e pubblici), e dicono di aver fatto una scelta libera. Melandri le prende sul serio, si chiede cosa significhi l'adesione programmata al modello "riposo del guerriero". E la vede come un tentativo di volgere a proprio vantaggio, oltre che la legge dello spettacolo, la dilagante bramosia di giovinezza; come "una forma di emancipazione", sia pure perversa e discutibile. E' il "femminile" che si emancipa "estremizzando il ruolo che si e' visto assegnare: sessualita' di servizio, ornamento, passatempo, attestato di potenza; il femminile" che si prende la sua rivalsa entrando nella sfera pubblica con una immagine vistosamente sessuata, eccessiva, impresentabile.

Fra i due poli ci sono molti altri modi di essere donna, e questa analisi della femminilita' "a disposizione" non e' il clou del libro. Ma va meditata, perche' non e' da tutti riconoscere il nuovo quando e' sgradito, dozzinale e per di piu' alquanto triste. Che un vecchio carico di denaro e potere compri uno stock di 100 collane identiche per le sue ragazze non e' solo questione di cattivo gusto; e' la conferma della loro interscambiabilita'.

 

11. LIBRI. STEFANIA ROSSINI PRESENTA "AMORE E VIOLENZA" DI LEA MELANDRI

[Dal settimanale "L'Espresso" dell'11 febbraio 2011.
"Stefania Rossini, giornalista, laureata in storia moderna, dopo alcuni anni di ricerche e pubblicazioni sulla storia del Novecento, opta per il giornalismo. Nel 1978 comincia a scrivere per la terza pagina del "Messagero" e dal 1980 e' al settimanale "L'Espresso" dove sara' redattrice di cultura, caposervizio di societa' e infine inviata speciale di attualita'. Autrice di programmi televisivi e radiofonici, ha anche scritto alcuni libri (per Rizzoli e Frassinelli) su temi psicoanalitici accettando la sfida della divulgazione non banalizzata. Dal 2002 tiene un dialogo con i lettori dell'Espresso attraverso la rubrica della Posta che, da quando e' anche on line, e' diventata un impegno quotidiano...". Tra le opere di Stefania Rossini: Dieci psicanalisti spiegano i temi centrali della vita, Rizzoli, 1985; con Luigi Cancrini, Date parole al dolore, Frassinelli, 1996; con Simona Argentieri, La fatica di crescere. Anoressia e bulimia: i sintomi del malessere di un'epoca confusa, Frassinelli, 1999; con Adolfo Pazzagli, Il cuore in gabbia, Frassinelli, 2002]

 

Perche' le donne, pur vivendo in uno spazio pubblico che si e' andato sempre piu' femminilizzando, hanno dimenticato il conflitto? Perche' si piegano a sorreggere la conciliazione tra la casa e la polis, il corpo e il pensiero, la femminilita' e la durezza virile, gli affetti e la complessita' della vita sociale? I corpi che vediamo in scena, compresi quelli di veline ed escort che scambiano sesso con carriere, sono di donne che si sono appropriate della loro vita o di schiave volontarie che si illudono di usare a proprio vantaggio la loro storica minorita' sociale e politica?

Bisogna aver molto osservato e pensato la contemporaneita' per rispondere a queste domande scrivendo un saggio su un tema abusato come quello della violenza maschile sulle donne, e dicendo cose nuove e convincenti. Ma Lea Melandri il pensiero sul mondo e sul suo mutamento lo ha coltivato fin da quando, negli anni Settanta, accompagno' Elvio Fachinelli nella creazione della rivista "L'erba voglio", affinandolo poi nell'esperienza femminista e nella competenza psicologica. E' per questo che il libro che uscira' il 3 marzo per Bollati Boringhieri con il titolo "Amore e violenza. Il fattore molesto della civilta'" propone risposte scomode.

Il protagonismo delle donne nella vita pubblica che ha fatto immaginare il tramonto del patriarcato potrebbe segnare invece il trionfo di un modello femminile che mostra, piu' che nel passato, una duplice funzione del corpo: il "corpo erotico", cioe' la seduzione, e il "corpo materno", inteso non solo come desiderio di maternita' ma come valorizzazione delle "doti femminili". Nella riduzione delle donne in questo doppio, l'uomo fonda il suo potere ma segna la sua condanna alla dipendenza filiale e quindi alla fragilita'. E in quella che la Melandri chiama "l'inermita' armata dell'uomo figlio" irrompe la violenza e il trionfo dell'odio sull'amore.

 

12. PROFILI. PIERA FRANCESCA MASTANTUONO INTERVISTA CLORINDE ZEPHIR

[Dal sito www.noidonne.org riprendiamo la seguente intervista dal titolo "La donna del mese. Clorinde Zephir" e il sommario "Haitiana, fa parte di Wide, Women International Development Europe, ed e' componente della Wilpf, Women International League for Freedom and Peace, di Ginevra".

Piera Francesca Mastantuono scrive su "Noi donne"]

 

Clorinde Zephir e' haitiana. Attualmente fa parte di Wide, Women International Development Europe con sede a Bruxelles, ed e' componente della Wilpf, Women International League for Freedom and Peace, di Ginevra. Nel 1987 ha fondato, e diretto per dieci anni, il Centro nazionale e internazionale di documentazione, d'informazione e di difesa dei diritti delle donne in Haiti "Enfofanm". Clorinde Zephir ha studiato letterature comparate e filosofia a Parigi. Ha intrapreso un viaggio in Europa e in Italia per far conoscere la realta' di un paese devastato dalla "catastrophe", il sisma del 12 gennaio 2010. Il terremoto ha provocato 230.000 morti e 300.000 feriti, mentre oltre un milione di persone vivono ancora nelle tendopoli di Port-au-Prince e a sud di Haiti. Secondo Amnesty International, nei primi 150 giorni dopo il terremoto sono stati segnalati oltre 250 stupri. Un anno dopo, quasi ogni giorno viene segnalato un abuso.

La storia haitiana, dalla sua scoperta da parte di Colombo nel 1492, alla conquista da parte degli spagnoli, dei francesi, passando per l'indipendenza che la rende la prima Repubblica Nera nel 1804, fino alle ultime elezioni presidenziali in corso, e' una storia complessa e travagliata.

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- Piera Francesca Mastantuono: Qual e' il ruolo delle donne ad Haiti?

- Clorinde Zephir: Una delle vittorie del movimento femminista haitiano e' stata la conquista del voto per le donne nel 1956, anno in cui venne pero' eletto il futuro dittatore Francois Duvalier che rimarra' in carica fino al 1971, garantendo poi la successiva presidenza al figlio Jean-Claude che rimase al potere fino al 1986. I loro governi saranno caratterizzati dalla violenza e dalla repressione di dissidenti e movimenti. Oggi l'Enfofanm e la Wilpf, due importanti movimenti a tutela delle donne, rappresentano un punto di riferimento molto importante, anche come legame con la comunita' internazionale. Purtroppo il sisma del 2010 ha distrutto la sede dell'Enfofanm portando via con se' quattro donne dell'associazione. Nonostante cio', siamo riuscite, orgogliosamente, a far uscire cinque numeri del nostro giornale "Haiti femmes", fondato nel 1991. Ora la maggior parte delle nostre energie sono indirizzate al reperimento di risorse per realizzare le iniziative ed i progetti. Tra i nostri obiettivi prioritari c'e' quello di cercare di garantire alle donne il diritto sul proprio corpo e sulla proprieta' della terra; inoltre, aumentarne la scolarizzazione e incrementarne l'impiego a livelli dirigenziali. Attualmente infatti la maggior parte di loro lavorano nel settore domestico oppure nel piccolo commercio ambulante. L'autonomia personale delle donne passa innanzitutto per l'autonomia lavorativa: avere una disponibilita' economica implica che le donne non debbano avere la necessita' di prostituirsi per mantenere se stesse e le famiglie numerose delle quali fanno parte, come purtroppo spesso accade. Per quanto riguarda la violenza di genere, e' del 2005 un decreto legge che ha introdotto la pena fino a 10 anni per il reato di stupro. Purtroppo dopo il sisma e' aumentato drammaticamente il numero di donne violentate anche a causa della promiscuita' nelle affollatissime tendopoli sorte dopo la catastrofe, e dei numerosi problemi ad essa collegati.

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- Piera Francesca Mastantuono: Cosa pensa delle elezioni elettorali in corso e che vedono la candidatura di Mirlande Manigat?

- Clorinde Zephir: Le elezioni presidenziali sono particolarmente controverse e violente, anche a seguito delle accuse di brogli elettorali, poi sconfessati. Ed e' uno dei motivi per cui l'opposizione continua a chiederne l'annullamento, ed il problema e' rilevante poiche' l'opposizione rappresenta la societa' civile dopo la caduta di Duvalier. Inoltre l'affluenza al voto e' stimata sotto il 50%. Nonostante cio' le elezioni continuano e al ballottaggio di fine marzo per la presidenza si presentano la candidata Mirlande Manigat e il cantante Michel Martelly (il cosiddetto "candidato del popolo", ndr). La mia opinione sulla candidatura di una donna e' che Mirlande Manigat tiene molto a questo ruolo (Mirlande e' la moglie dell'ex-presidente Leslie Manigat, ndr).

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- Piera Francesca Mastantuono: Cosa puo' fare il popolo delle donne europee per le donne haitiane?

- Clorinde Zephir: Tutte le donne possono senz'altro far conoscere la situazione haitiana. La diffusione dell'informazione e' fondamentale, a tutti i livelli, nazionale e internazionale. Uno dei nostri obiettivi e' quello di creare una rete tra le donne che si fondi sui mezzi di comunicazione, tale da permettere di portare avanti iniziative, progetti e quant'altro a livello internazionale realizzando cosi' un gruppo che collabori per il medesimo obiettivo. Occorre raccontare per informare.

 

13. LIBRI. ANAIS GINORI PRESENTA LE "LETTRES" DI MARIE, IRENE ED EVE CURIE

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano riprendiamo la seguente recensione originariamente apparsa sul quotidiano "La  Repubblica" del 20 marzo 2011 col titolo "Centenario del secondo Nobel a Marie Curie. Le tre ragazze Curie. Mamma Nobel scrive alle figlie".

Anais Ginori e' nata a Roma nel 1975, di madre francese, e' giornalista a La Repubblica. Dopo gli studi di Scienze Politiche all'universita' La Sapienza, ha fatto tirocini a Parigi all'Agence France Presse, a Le Monde e a Radio France Internationale. Nel 1996 ha cominciato a lavorare nel quotidiano La Repubblica, passando due anni nella cronaca locale di Firenze. Dal 2000 e' alla redazione Esteri. Scrive di politica internazionale, cultura e costume. Ha pubblicato Le Parole di Genova (Fandango) sul movimento che ha manifestato contro il G8 nel luglio 2001, e Non calpestate le farfalle (Sperling & Kupfer) sul regime dei khmer rossi e i ricordi di un ex bambino-soldato al servizio di Pol Pot. Pensare l'impossibile. Donne che non si arrendono (Fandango), il suo ultimo libro, e' un viaggio intorno alla condizione femminile in Italia attraverso storie e testimonianze. Vive tra Roma e Parigi. Opere di Anais Ginori: Parole di Genova, Fandango, 2002; Non calpestate le farfalle, Sperling & Kupfer, 2007; Pensare l'impossibile. Donne che non si arrendono, Fandango, 2010.

Su Marie Curie dalla Wikipedia riprendiamo la seguente scheda: "Maria Sklodowska, meglio nota come Marie Curie (Varsavia, 7 novembre 1867 - Passy, 4 luglio 1934), e' stata una chimica e fisica polacca, naturalizzata francese. Nel 1903 fu insignita del premio Nobel per la fisica (assieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel) e nel 1911 del premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sul radio. Nata a Varsavia, figlia di Wladyslaw Sklodowski (1832-1902) e di Bronislawa Boguska (1834-1879), in Polonia inizio' gli studi con il padre, da autodidatta, proseguendoli poi a Varsavia ed infine all'Universita' della Sorbona di Parigi, laureandosi in chimica e fisica. Maria fu la prima donna ad insegnare nell'universita' parigina. Alla Sorbona incontro' un altro docente, Pierre Curie, che poi sposo'. Insieme al marito Pierre Curie e ad Antoine Henri Becquerel, Maria Sklodowska-Curie ricevette - prima donna della storia - il premio Nobel per la fisica nel 1903: "in riconoscimento dei servizi straordinari che essi hanno reso nella loro ricerca sui fenomeni radioattivi". Otto anni dopo, nel 1911, fu insignita di un altro premio Nobel, questa volta per la chimica: "in riconoscimento dei suoi servizi all'avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, l'isolamento del radio e lo studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento". La vita di Maria Sklodowska-Curie fu dedicata all'isolamento ed alla concentrazione del radio e del polonio, presenti in piccolissime quantita' nella pechblenda proveniente da Jachymov. Si tratta di un minerale radioattivo ed e' una delle principali fonti naturali di uranio. I coniugi Curie-Sklodowska notarono che alcuni campioni erano piu' radioattivi di quanto lo sarebbero stati se costituiti di uranio puro; cio' implicava che nella pechblenda fossero presenti altri elementi. Decisero cosi' di esaminare tonnellate di pechblenda riuscendo cosi', nel luglio del 1898, ad isolare una piccola quantita' di un nuovo elemento dalle caratteristiche simili al tellurio che fu chiamato polonio. Il resoconto di tale lavoro, unitamente a quello immediatamente successivo che porto' alla scoperta dell'ancor piu' radioattivo radio, divenne la tesi di dottorato di Maria Sklodowska. Con una mossa insolita, la Sklodowska-Curie intenzionalmente non deposito' il brevetto internazionale per il processo di isolamento del radio, preferendo lasciarlo libero affinche' la comunita' scientifica potesse effettuare ricerche in questo campo senza ostacoli, in maniera tale da favorire il progresso in questo settore scientifico. Maria Sklodowska-Curie fu la prima persona a vincere o condividere due premi Nobel. Oltre a lei soltanto un'altra persona sino ad ora ha ricevuto due premi Nobel in due campi differenti: Linus Pauling. Altri ne hanno ricevuti due nello stesso settore: John Bardeen (entrambi in fisica) e Frederick Sanger (entrambi in chimica). Durante la prima guerra mondiale Maria Sklodowska-Curie sostenne l'uso delle unita' mobili di radiografia come mezzo di diagnosi per i soldati feriti. Nel 1921 effettuo' un viaggio negli Stati Uniti per raccogliere i fondi necessari a continuare le ricerche sul radio; ovunque fu accolta in modo trionfale. Nel 1909 fondo' a Parigi l'Institut du radium, oggi noto come Istituto Curie e, nel 1932, un altro analogo istituto a Varsavia, anch'esso successivamente rinominato Istituto Curie. Negli ultimi anni della sua vita fu colpita da una grave forma di anemia aplastica, malattia quasi certamente contratta a causa delle lunghe esposizioni alle radiazioni di cui, all'epoca, si ignorava la pericolosita'. Mori' nel sanatorio di Sancellemoz di Passy (Alta Savoia) nel 1934. Ancora oggi tutti i suoi appunti di laboratorio successivi al 1890, persino i suoi ricettari di cucina, sono considerati pericolosi a causa del loro contatto con sostanze radioattive. Sono conservati in apposite scatole piombate e chiunque voglia consultarli deve indossare abiti di protezione. Altri riconoscimenti: assieme al marito Pierre Curie ricevette la Medaglia Davy nel 1903 e la Medaglia Matteucci nel 1904. Il 20 aprile 1995 le sue spoglie (insieme a quelle del marito Pierre) sono state trasferite dal cimitero di Sceaux al Pantheon di Parigi: e' stata la prima donna della storia ad avere ricevuto questo onore per meriti propri. Per il timore di contaminazioni radioattive la sua bara e' stata avvolta in una camicia di piombo. Una moneta da 100 franchi francesi ed una banconota da 20.000 zloty polacchi che la raffigurano furono emesse negli anni Novanta. Ai coniugi Curie e' stato dedicato un asteroide, il 7000 Curie, ed un minerale di uranio: la curite. A Maria-Sklodowska e' stato dedicato un altro minerale di uranio: la sklodowskite, oltre all'unita' di misura della radioattivita': il curie. La figlia maggiore, Irene Joliot-Curie, ricevette anch'essa un premio Nobel per la chimica (insieme al marito Frederic Joliot-Curie) nel 1935, l'anno successivo la morte della madre. La secondogenita, Eve Denise Curie, scrittrice, fu tra l'altro consigliere speciale del Segretariato delle Nazioni Unite e ambasciatrice dell'Unicef in Grecia]

 

Marie Curie et ses filles, Lettres, 2011, a cura di Helene Langevin-Joliot.

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"Mia piccola Irene, ti mando un grande bacio da Stoccolma, pregandoti di darlo da parte mia anche alla tua sorellina Evette".

Lo scarabocchio di un'equazione sul polonio, l'ultima relazione sulla deviazione magnetica, ma anche parole d'amore e raccomandazioni alle sue bambine, mi mancate tanto, ricordatevi di fare i compiti, attenzione in bicicletta. Le passeggiate in compagnia di Albert Einstein, le cene insieme al presidente Hoover alla Casa Bianca, l'incontro con Edison, le fotografie ufficiali delle conferenze scientifiche d'inizio Novecento.

Barbe, giacche, pantaloni. E solo una sottana, la sua. Sguardo dolce e malinconico, lo chignon arruffato di chi non ha tempo di curare le apparenze, di chi ha gia' troppi pensieri. "Sarete fiere di sapere che vostra madre non fa mai scena muta durante le riunioni, anzi. Prendo spesso la parola e sono convinta che sia di qualche utilita' per far avanzare il lavoro di tutti". Marie Curie era una mamma come tante, Nobel a parte. Sognava il meglio per le sue figlie, le accudiva con apprensione, aveva slanci amorosi ma anche giudizi severi. "Cerca di studiare meglio musica e tedesco, ti mandero' presto il riassunto di algebra". Temeva di trascurarle e si sentiva in colpa quando non poteva stare con loro. "Purtroppo non riusciro' a raggiungervi al mare perche' devo rimanere in laboratorio. Cercate di essere prudenti".

E' un ritratto inedito quello che ci consegna la corrispondenza privata Marie Curie et ses filles. Oltre duecento lettere, pubblicate per la prima volta, che gettano una luce nuova sulla prima scienziata ad aver ottenuto due volte il Nobel, nel 1903 con il marito Pierre Curie e Henri Becquerel, poi di nuovo nel 1911, da sola; la prima ad aver ottenuto una cattedra alla Sorbona, la prima ad essere sepolta nel Pantheon per meriti propri e non solo perche' "moglie di". Il rapporto epistolare con le figlie inizia nell'estate del 1906. Le bambine passano le vacanze dai parenti a Zakopane, in Polonia, mentre Marie Curie resta a Parigi a lavorare.

"Me'", la sua firma nei messaggi, e' rimasta da poco vedova. Pierre Curie e' morto investito da una carrozza. Irene ha solo nove anni ed Eve ne ha appena compiuti due. Subito dopo il lutto, Marie confessa a un'amica: "La mia vita e' distrutta. Faro' degli sforzi enormi affinche' le mie figlie crescano sane e forti". Per cancellare i dolorosi ricordi, affitta una casa fuori citta', dove le bambine possano giocare all'aria aperta. E' lei che insegna loro la matematica, con un metodo innovativo, basato su esempi concreti, piuttosto che lezioni teoriche. Ogni giorno, deve fare lunghi tragitti fino al suo laboratorio, nel quinto arrondissement. La governante polacca si occupa di Irene ed Eve quando la madre e' costretta ad andare all'estero per partecipare a conferenze, ritirare onorificenze, cercare fondi per le sue ricerche.

Nonostante la fama mondiale, e' difficile per lei acquistare il pechblenda, il metallo da cui estrarre il radio per i suoi studi. Negli Stati Uniti, l'amica giornalista Marie Meloney lancia una sottoscrizione per raccogliere cinquantamila dollari, pari a un grammo di radio. Viene invitata anche a Washington dal presidente Herbert Clark Hoover, nel pieno della Grande crisi. "La catastrofe finanziaria, che si e' scatenata qui, pare si sia calmata - spiega alle figlie - I governi e le banche, che hanno acquistato ingenti quantita' di azioni, hanno probabilmente fatto un buon affare, riuscendo a fermare il panico. Ho visitato la Casa Bianca, mi hanno regalato un piccolo elefante, l'animale simbolo del partito repubblicano. La Casa Bianca e' piena di elefantini di ogni dimensione, da soli o in branco".

Al centro di progressi scientifici epocali, Marie Curie restera' sempre umile, ironica. Durante un viaggio in treno a Berlino e' seduta accanto al pugile Jack Dempsey, campione del mondo. "Quando e' sceso in stazione, la folla era in visibilio. In fondo c'e' una cosi' grande differenza tra acclamare lui o me?". A Birmingham, durante un'importante conferenza, sceglie di stare in disparte. "Stasera lascero' che gli uomini vadano da soli all'universita', non posso sopportare altre conversazioni in mezzo al fumo".

Non ama le mondanita', quasi tutti i suoi amici sono nel mondo scientifico. "Ho trovato con molto piacere Einstein al mio arrivo a Ginevra. Abbiamo preso l'abitudine di vagabondare insieme chiacchierando del piu' e del meno". L'inventore della teoria della relativita' e' come lei amante della montagna, insieme hanno fatto escursioni a Brunico. "E' il miglior scienziato che io conosca", diceva Einstein chiamandola al maschile. Lei lo convince a partecipare alla Commissione internazionale per la cooperazione intellettuale. Creata nel 1922 a Ginevra doveva favorire la pace mondiale e sancire che "la scienza e' un bene comune dell'umanita'". Le riunioni con gli altri scienziati sono spesso complicate ed estenuanti. "Sono uscita a fare una piccola passeggiata in citta' ma e' stata solo una rapida distrazione perche' sono schiava di questa commissione che e' impegnativa almeno quanto il suo nome".

Con le figlie, Marie Curie condivide tutto. Sono il filo rosso della sua vita. Ripete spesso: "Siete la mia piu' grande ricchezza". La primogenita, Irene, comincia presto a frequentare il laboratorio. Eve studia invece musica, ama la letteratura. La madre e' disorientata da questa figlia artista, di una bellezza inquieta. "Bambina mia, ti auguro di superare tutte le tue preoccupazioni e spero che tu riesca a organizzare la tua vita in modo piu' calmo e ragionevole. Forse non sono stata capace di spiegarti cos'e' la felicita', ma so per certo quali sono le vere tragedie". Durante la prima guerra mondiale, madre e figlia cominciano a lavorare insieme. Girano i campi di battaglia a bordo di unita' chirurgiche mobili, chiamate "petites Curie", che permettono di usare i raggi X per localizzare proiettili sul corpo dei soldati. "Figlia mia, sei un'amica eccezionale, rendi la mia vita piu' facile. Pensare al lavoro con accanto il tuo sorriso mi da' coraggio".

Molti dei loro scambi epistolari riguardano la ricerca scientifica. "Dimmi con precisione cosa hai scoperto sulla deviazione magnetica" chiede Marie Curie a Irene. E' una famiglia tutta al femminile, dove il talento si eredita di madre in figlia, generazione dopo generazione. Nel 1935 anche Irene vince il Nobel per la Chimica insieme al marito Frederic Joliot. La loro figlia, Helene, e' diventata un'importante fisica francese e oggi ha deciso di aprire il suo archivio, pubblicando la corrispondenza privata nel centenario del secondo Nobel. "Sono cresciuta con l'idea che la ricerca scientifica non sia fatica, ma piacere" racconta oggi l'ultima rappresentante della stirpe, ottantatreenne, sposata con il nipote del fisico Paul Langevin. "In famiglia abbiamo sempre avuto una concezione umanista della scienza" spiega Helene Langevin-Joliot, militante per l'uso pacifico del nucleare.

"Temo che la scienza possa essere deviata dalle forze regressive", ammoniva gia' nel 1932 Marie Curie, che pero' non ha mai voluto impegnarsi direttamente in politica. Irene, invece, ha sostenuto il movimento antifascista spagnolo, poi e' entrata come sottosegretario nel governo del Fronte Popolare. Eve si e' impegnata nella resistenza francese contro i nazisti, partecipando alle trasmissioni di Radio Londra. La piccola "Evette", attratta piu' dall'arte che dalla scienza, si e' salvata dal destino di sua sorella e sua madre, morte entrambe di una leucemia fulminante per l'esposizione ai materiali radioattivi.

"Ho scritto le mie volonta' testamentarie - avverte Marie Curie nel 1934 - le troverete nel cassetto superiore del mobile del salone". Anche questa volta alle figlie aveva consegnato parole di amore e un'ultima richiesta. Fare buon uso di un grammo di radio appena acquistato, come fosse un terzo figlio.

 

14. LIBRI. ELENA RIBET PRESENTA "LA PORTA E' APERTA. VITA DI GOLIARDA SAPIENZA" DI GIOVANNA PROVIDENTI

[Dal sito www.noidonne.org riprendiamo la seguente recensione dal titolo "Biografia. Goliarda Sapienza" e il sommario "Pubblicato il libro di Giovanna Providenti che indaga con rigore nella vita di una scrittrice eccezionale, dei suoi lutti, dei suoi sogni, dei suoi dubbi, dei suoi riscatti".

Elena Ribet e' nata nel 1973 a Roma, dove attualmente vive e lavora occupandosi della comunicazione per una onlus che promuove l'integrazione delle persone con disabilita' intellettiva. Si interessa di ecumenismo, teologia e integrazione culturale. Ha presieduto il convegno interreligioso Religione, pace e violenza (5 e 6 aprile 2003, Mappano, Torino). Il suo intervento "La Marialis Cultus: una lettura evangelica" e' inserito negli atti del XV Colloquio Internazionale di Mariologia, Patti (Messina), 16 e 18 aprile 2004 (Edizioni Ami, Roma, 2005). Ha partecipato all'allestimento del musical Israel, dove vai? di Daniel Lifschitz sulle vicende e contraddizioni del popolo ebraico nella storia, curandone anche l'ufficio stampa. Collabora con riviste e periodici fra cui il settimanale delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi "Riforma" e il mensile "Noidonne". E' vincitrice del quinto concorso Le donne pensano, le donne scrivono, sezione poesia, promosso dalla Citta' di Torino, VI Circoscrizione, e dal Centro Donna, ed e' stata pubblicata nell'antologia del premio. Tra le opere di Elena Ribet: Diario dei quattro nomi, Edizioni Joker, 2005.

Giovanna Providenti (Messina, 1965) e' ricercatrice nel campo dei peace studies e women's and gender studies, saggista, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due figli. Collabora alle attivita' del Centro studi Montessori e partecipa al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e il volume La nonviolenza delle donne, "Quaderni satyagraha", Firenze-Pisa 2006; ha pubblicato numerosi saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004; Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione. Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005; L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004; il suo libro piu' recente e': La porta e' aperta. Vita di Goliarda Sapienza. Scrive anche racconti, di cui alcuni pubblicati sulla rivista "Marea"; sta preparando un libro dal titolo Donne per, sulle figure di Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori. Si veda anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 399.

Goliarda Sapienza (Catania 1924 - Roma 1996), nata in una famiglia di prestigiosi militanti del movimento operaio, attrice teatrale, intellettuale, scrittrice. Tra le opere di Goliarda Sapienza: L'universita' di Rebibbia, Rizzoli, 1984, 2006; Le certezze del dubbio, Pellicanolibri, 1987; Lettera aperta, Sellerio, 1997; Destino coatto, Empiria, 2002; Il filo di mezzogiorno, La Tartaruga, 2003; L'arte della gioia, Nuovi Equilibri, 2003, 2006. Dalla Wikipedia riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Goliarda Sapienza (Catania, 10 maggio 1924 - Gaeta, 30 agosto 1996) e' stata attrice teatrale, attrice cinematografica e scrittrice. Figlia di Giuseppe Sapienza e Maria Giudice (sua madre e' stata la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino), Goliarda crebbe, per volere dei genitori, in un clima di assoluta liberta'... il padre ritenne opportuno non farle nemmeno frequentare la scuola, per evitare che la figlia fosse soggetta a imposizioni e influenze fasciste. A sedici anni si iscrisse all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Roma, dove si era trasferita nel frattempo la sua famiglia. Per un periodo intraprese anche la carriera di attrice teatrale, distinguendosi in ruoli di protagoniste pirandelliane. Lavoro' saltuariamente anche nel cinema, spinta inizialmente da Alessandro Blasetti, ma in seguito si limito' a piccole apparizioni da figurante, spesso non accreditate, come in Senso di Luchino Visconti... Negli ultimi anni della sua vita fu docente di recitazione presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Lascio' la carriera di attrice per dedicarsi alla scrittura... pubblicando pero' molto poco, fatta eccezione per alcune sue opere come Le certezze del dubbio, pubblicato grazie all'incontro con il conterraneo poeta ed editore Beppe Costa, che si batte' a lungo per lei, tentando senza successo (a differenza di Anna Maria Ortese) di farle assegnare il vitalizio della Legge Bacchelli, ne' riuscendo ad ottenere la ristampa delle sue opere, pubblico' pero' con la sua casa editrice Pellicanolibri, Le certezze del dubbio, 1987, premiandola successivamente in occasione del Premio Casalotti 1994. Il suo L'arte della gioia rimase a lungo inedito: rifiutato per vent'anni dalle piu' importanti case editrici italiane, fu infine pubblicato postumo... Opere: Lettera aperta, Garzanti(1967), Sellerio (1997); Il filo di mezzogiorno, Garzanti (1969), La Tartaruga (2003); L'Universita' di Rebibbia, Rizzoli (1983, 2006); Le certezze del dubbio, Pellicanolibri (1987), Rizzoli (2007); L'arte della gioia, Stampa Alternativa (1998), Einaudi (2008); Destino coatto, Empiria (2002), Einaudi (2011); Io, Jean Gabin, Einaudi, 2010; L'isola dei fratelli (testo teatrale inedito); Appuntamento a Positano romanzo inedito; restano ancora da catalogare circa 500 poesie (raccolte in parte nella silloge Ancestrale)"]

 

"La porta e aperta. Vita di Goliarda Sapienza", e' finalmente in libreria.

Quando a luglio di due anni fa, sulle pagine di "noidonne", avevamo chiesto a Giovanna Providenti di parlarci del riconoscimento ottenuto per la biografia inedita su Goliarda Sapienza (il Premio Calvino, ndr), tutte abbiamo iniziato ad aspettare questo momento, che e' arrivato grazie all'editore Villaggio Maori di Catania. E' il libro che assolutamente mancava e che ci fa conoscere le vicissitudini straordinarie di Goliarda e della sua famiglia, esistenze che, come Modesta, protagonista de L'arte della gioia, attraversano la storia del Novecento. Del capolavoro letterario di Goliarda Sapienza, la regista Manuela Vigorita ha detto "Chi l'ha letto ne rimane segnato".

Ne rimane segnato perche' e' scritto da lei, prendendo a prestito le parole della stessa Goliarda, figura "eroica, intelligentissima, torturata, ribelle, stuprata da tutti, lasciata alla fame, tutti addosso, come dice Pirandello, tutti addosso come cani, non mi hanno lasciato nemmeno il vestitino per apparire, ma fate il piacere, via! Ma passare per la donna intelligentissima, la Cassandra che svela la verita' al punto da dovere essere zittita con gli elettroshock, passare per la scrittrice depressa, incompresa, profonda, per carita'... guarda che io non sono cosi'".

Giovanna Providenti indaga con rigore nella vita di una scrittrice eccezionale, nei suoi lutti, nei suoi sogni, nei suoi dubbi, nei suoi riscatti.

"Mi sono innamorata della scrittura di Goliarda Sapienza mentre leggevo il suo romanzo" scrive Providenti nell'epilogo. "Cosi' un pomeriggio, camminando per Villa Glori, il parco di fronte casa sua dove andava a passeggiare, mi sono fermata su una panchina, ho tirato fuori il mio quaderno di appunti e ho cominciato a scrivere questo libro. Ne e' venuto fuori un intreccio tra biografia antologica e romanzo il cui filo conduttore e' la presenza in vita di Goliarda e di sua madre, Maria Giudice, dimenticata personalita' storica del socialismo e sindacalismo italiano cui ho voluto dare uno spazio privilegiato".

Giovanna Providenti, che e' al tempo stesso ricercatrice e scrittrice, ha saputo immergersi totalmente nella lettura, nello studio analitico dei documenti, nelle testimonianze dirette. Ha colto cosi' della donna e dell'autrice Goliarda Sapienza tutte le contraddizioni, l'umanita', l'interezza di un'anima inquieta e straordinariamente vitale, la cui liberta' assoluta e' quella di non sottrarsi mai agli estremi dell'amore e del dolore. In "La porta e' aperta" troviamo sentimenti assoluti, seguendone le tracce attraverso le storie dei fratelli morti o uccisi, dell'impegno politico, della malattia, del lavoro di attrice, del primo viaggio in aereo, dei cinque giorni di carcere, dei tentati suicidi, delle passioni travolgenti, delle ribellioni.

Il libro di Providenti e' corredato di scritti inediti, fotografie, note, cronologia dei fatti, elenco delle opere di Goliarda Sapienza, comprensivo di quelle inedite e delle scritture private, della filmografia e dei ruoli teatrali. Contiene inoltre il saggio di Stefania Mazzone "Goliarda Sapienza: del femminile eversivo della scrittura".

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 303 del 22 marzo 2011

 

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