Voci e volti della nonviolenza. 383



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 383 del 29 luglio 2011

 

In questo numero:

1. Movimento Nonviolento: Mozione del popolo della pace: ripudiare la guerra, non la Costituzione

2. Sette domande a Massimo Bonfatti

3. Sette domande ad Antonio Parisella

4. Raffaello Saffioti: Cosa direbbe Aldo Capitini?

 

1. DOCUMENTI. MOVIMENTO NONVIOLENTO: MOZIONE DEL POPOLO DELLA PACE: RIPUDIARE LA GUERRA, NON LA COSTITUZIONE

[Riproponiamo il seguente appello del Movimento Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org)]

 

Marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli Perugia - Assisi, 25 settembre 2011

Mozione del popolo della pace: ripudiare la guerra, non la Costituzione

"Una marcia non e' fine a se stessa; continua negli animi, produce onde che vanno lontano, fa sorgere problemi, orientamenti, attivita'" Aldo Capitini (1962)

Quando Aldo Capitini scriveva queste parole a commento della "Marcia per la  pace e la fratellanza tra i popoli" del 1961 era consapevole di aver aperto un  varco nella storia del '900 attraverso il quale per la prima volta era entrato in scena ed aveva preso la parola, in prima persona, il "popolo della pace" che, convocato in una "Assemblea itinerante" partita da Perugia e giunta alla Rocca  di Assisi, approvava la Mozione del popolo della pace.

Da quel settembre di 50 anni fa il popolo della pace non e' piu' uscito di scena e non ha piu' rinunciato al diritto alla parola. Molte altre volte si e' riconvocato in assemblea ed ha marciato da Perugia ad Assisi, ponendo problemi, indicando orientamenti, promuovendo attivita'.

L'onda prodotta dalla prima Marcia e' ora giunta fino a noi. Noi ci assumiamo la responsabilita' di convocare ancora il popolo della pace, non solo perche' c'e' da celebrare il suo cinquantesimo anniversario, ma soprattutto perche' e' necessario che esso faccia sentire ancora la sua voce, approvi oggi una  nuova Mozione del popolo della pace. Faccia ancora sorgere problemi, orientamenti, attivita'.

Il problema fondamentale che vuole far sorgere il popolo della pace, nel 50mo anniversario della prima Marcia per la pace e nel 150mo anniversario dell'Unita' d'Italia, e' il rispetto integrale della Costituzione della Repubblica italiana.

La Costituzione e' da tempo sotto attacco sotto molteplici aspetti, ma sotto uno in particolare e' gia' profondamente e dolorosamente lacerata, anzi ripudiata. I padri costituenti hanno accuratamente selezionato le parole con le quali scrivere il Patto fondativo della nazione e solo nei confronti della guerra  hanno usato, all'articolo 11, il verbo "ripudiare" - che vuol dire rinnegare,  sconfessare, respingere - non solo "come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli", ma anche "come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Da tempo ormai, attraverso l'artificio retorico dell'"intervento umanitario", e' invece questo articolo della Costituzione ad essere stato ripudiato (rinnegato, sconfessato, respinto) e la guerra e' tornata ad essere strumento e mezzo accettato, preparato e utilizzato. Inoltre la preparazione di questo mezzo risucchia la parte piu' consistente della spesa pubblica che non puo' essere utilizzata ne' per garantire i diritti sociali affermati dalla stessa Costituzione, ne' per costruire e sperimentare altri mezzi di risoluzione delle controversie internazionali coerenti con la lettera e lo spirito della Costituzione.

Questo e' il problema fondamentale che pone il popolo della pace e riguarda le basi stesse del nostro ordinamento democratico, del nostro patto civile nazionale: occorre ripudiare la guerra, non la Costituzione.

Il popolo della pace non si limita a denunciare il problema, ma indica un orientamento per la sua soluzione: la nonviolenza. Che non e' principio astratto ma concreta ricerca di mezzi alternativi alla violenza e alla guerra.

Mentre i padri costituenti sanciscono il ripudio della guerra come "mezzo" di  risoluzione delle controversie, i padri e le madri della nonviolenza si concentrano proprio sulla ricerca dei "mezzi" per affrontare e trasformare positivamente i conflitti. "Nella grossa questione del rapporto tra il mezzo e il fine, la nonviolenza porta il suo contributo in quanto indica che il fine della pace non puo' realizzarsi attraverso la vecchia legge 'Se vuoi la pace,  prepara la guerra', ma attraverso un'altra legge: 'Durante la pace prepara la  pace'", scrive Aldo Capitini. Perche', come spiega Gandhi, "tra mezzo e fine vi e' lo stesso inviolabile nesso che c'e' tra seme e albero".

L'orientamento che indica il popolo della pace e' di investire le risorse pubbliche non piu' per le ingenti, e sempre crescenti, spese militari e per armamenti, ma per ricercare, promuovere e sperimentare efficaci strumenti e mezzi di pace. Sia sul piano culturale di una diffusa educazione alla pace e alla nonviolenza, volta a rivitalizzare sentimenti di responsabilita' individuale, di partecipazione democratica, di apertura alla convivenza. Sia sul piano dell'organizzazione sociale, economica ed energetica fondata sulla  sostenibilita', la semplicita', i beni comuni. Sia sul piano dell'approntamento degli strumenti non armati per gli interventi veri e propri nelle situazioni di  oppressione e di conflitto, interni e internazionali.

Nel porre il problema del ripudio della guerra, e non della Costituzione, nell'indicare l'orientamento alla nonviolenza e ai mezzi non armati per la risoluzione dei conflitti, il popolo della pace promuove le attivita' e le campagne necessarie: il disarmo e la costituzione dei corpi civili di pace.

La guerra, comunque aggettivata - umanitaria, preventiva, giusta, chirurgica  ecc. - e' un costo insostenibile sia in termini di vite umane e sofferenze per le popolazioni, sia in termini di tenuta del patto democratico, sia in termini di  bilanci economici. Mentre tutti i settori della spesa pubblica subiscono pesanti e continue contrazioni, mentre i settori produttivi risentono delle crisi finanziarie internazionali, solo il settore delle spesa pubblica militare lievita incessantemente e solo il settore dell'industria degli armamenti diventa piu' florido. In questo preparare quotidianamente, ed economicamente, il mezzo della guerra, la Costituzione e' gia' ripudiata. L'invio dei bombardieri ne e' solo la tragica ma inevitabile conseguenza. Percio' la condizione preliminare e necessaria per il ripudio della guerra e' il disarmo. In tempo di crisi, l'invito del presidente Pertini e' sempre piu' attuale: "Svuotare gli arsenali e riempire i granai": questa e' la prima attivita'.

La seconda attivita' e' darsi i mezzi e gli strumenti necessari per intervenire all'interno dei conflitti, come prevedono sia la Costituzione italiana che la Carta delle Nazioni Unite, ossia costituire i Corpi Civili di Pace nazionali e internazionali. Dotare il nostro Paese, e orientare in questo senso le Organizzazioni internazionali, di Forze disarmate costituite da personale formato ed equipaggiato, presente nei luoghi dei conflitti prima che questi degenerino in guerra. Corpi civili esperti nella complessa ma indispensabile arte della prevenzione, mediazione, interposizione e riconcliazione tra le parti.

Significa costruire un nuovo ordine internazionale fondato sulla nonviolenza. Se poi tutti gli interventi civili messi in campo, fino in fondo, all'interno di un conflitto non saranno stati efficaci e sara' necessario un intervento, limitato e circoscritto, di una forza armata, sara' compito della Polizia internazionale al servizio delle Nazioni Unite. La quale, come tutte le polizie, non fara' guerre e bombardamenti ma separera' i contendenti, neutralizzando i soggetti piu' violenti e arrestando chi si rende responsabile di crimini.

Per il popolo della pace questo e' il nuovo varco da aprire oggi nella storia.

Questa la sua mozione: ripudiare la guerra, non la Costituzione.

Per questo marcera' ancora una volta da Perugia ad Assisi

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Il Movimento Nonviolento

Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, sito: www.nonviolenti.org, e-mail: azionenonviolenta at sis.it

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A MASSIMO BONFATTI

[Ringraziamo Massimo Bonfatti (per contatti: info at mondoincammino.org) per questa intervista.

Massimo Bonfatti vive e lavora a Carmagnola (To). Impegnato da decenni in campo sociale, alterna la sua attivita' in campo sanitario con quella nell'ambito del volontariato. Giornalista pubblicista, diplomato in lingua russa ed esperto di tematiche dell'Europa centro-orientale e dello spazio post-sovietico, ha fondato nel 2005 l'organizzazione di volontariato per la solidarieta' "Mondo in cammino", di cui e' presidente. Al di la' dei riconoscimenti e dell'affermazione, continua a sostenere che il volontariato debba essere fatto con i piedi, ovvero con la costante presenza nei territori sedi dell'intervento previsto. Per questo ha svolto, e continua a svolgere, diverse missioni in Bielorussia, Russia, Ucraina, Ossezia del Nord, Inguscezia e Cecenia, e ha dato vita a diverse iniziative innovative in campo cooperativo e solidaristico nell'Est Europa, fra cui l'accoglienza cooperante e il Progetto Humus per le vittime del fallout di Chernobyl e, nell'ambito del Progetto Kavkas, la campagna "Tutti figli di Noe'" e la prima esperienza mondiale di accoglienza interetnica e interreligiosa dal Caucaso del Nord. Fra le iniziative e progetti ideati: "Generazione senza mine" per i minori vittime di mina antiuomo in Cecenia, e "Il laboratorio delle idee", laboratorio per la riconciliazione interetnica ed interreligiosa nel distretto conteso del Prigorodni, fra Ossezia del Nord ed Inguscezia. Dal 2010 ha ideato "Dar voce alle voci", eventi itineranti per dar voce ai testimoni di verita', ai difensori dei diritti umani, ai perseguitati e alle vittime, dirette e indirette, delle violazioni dei diritti umani. Cfr. anche l'intervista in "Coi piedi per terra", n. 386]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Massimo Bonfatti: Avere tenuto sempre acceso un punto di riferimento nell'alternarsi degli anni del benessere, del terrorismo, del menefreghismo, della crisi finanziaria e cosi' via. La pace come valore stabile, costante e non vendibile. La pace non come slogan o,  peggio ancora, come "optional" da esaltare o mortificare, o da "usare" in base alla fase storica o alla convenienza sociale.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Massimo Bonfatti: La consapevolezza (o almeno, la speranza della consapevolezza) che ognuno di noi fa parte del tutto e che il tutto e' fatto da ognuno di noi. Solo questa consapevolezza (faticosa e difficile da conquistare e interiorizzare) puo' essere il tracciante per il futuro (non per il domani, ma per il futuro infinito dell'umanita' e di tutto il cosmo).

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Massimo Bonfatti: Debole. Bisogna insistere sempre di piu' ad abbinare i concetti di pace con quelli della nonviolenza: molti non li fanno coincidere, o non vogliono farli coincidere, anche perche'  la parola "pace" possa (nell'intento di molti politici e strateghi) sdoganare il concetto di guerra: le guerre in nome della pace. Bisogna culturalmente e sempre piu' sostituire all'aggettivo "pacifico" quello di "nonviolento" (invece di marcia "pacifica", marcia "nonviolenta", per esempio).

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Massimo Bonfatti: Il Movimento Nonviolento deve essere un luogo di confronto, ma il problema non e' il ruolo da svolgere, ma la presenza e l'impegno del numero degli attivisti della nonviolenza che si possono impegnare a fare rete. Bisogna affinare le competenze di fund raising per dare la possibilita' e le modalita' di agire allo scopo di esaltare le potenzialita' presenti nel movimento, a volte mortificate dall'impossibilita' pratica di agire.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Massimo Bonfatti: Egitto escluso (su cui ho delle riserve), non ho elementi che mi rendano, al momento, molto ottimista. Forse rimanere in rete mi aiutera' ad essere piu' ottimista. Questo atteggiamento non mi impedisce, in ogni caso, di sperare e di agire in senso positivo.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Massimo Bonfatti: Cercherei di fare in modo che la crisi economica possa essere considerata un alleato positivo per farci capire quanto le spese militare incidano ed incrementino la nostra poverta'. Di fronte, inoltre, alla missioni di guerra dell'Italia all'estero (considerate "missioni di pace"), comincerei anche ad agire sul piano culturale per sostituire gradatamente, ma sempre piu' con maggiore convinzione, la parola "pace" con la parola "riconciliazione".

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Massimo Bonfatti: Farei presente la mia inadeguatezza e di rivolgersi all'amico Nanni Salio (per amicizia e contiguita' territoriale) e a voi. Nel frattempo potrei indicargli alcuni libri in merito della mia biblioteca.

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE AD ANTONIO PARISELLA

[Ringraziamo Antonio Parisella (per contatti: antonio.parisella at unipr.it) per questa intervista.

Antonio Parisella (Roma 1945) e' professore ordinario di Storia contemporanea all'Universita' di Parma, presidente del Museo storico della Liberazione in Roma, vicepresidente dell'Istituto nazionale di sociologia rurale. Gia' impegnato nei movimenti terzomondisti e in esperienze di solidarieta' sociale ed educativa nella periferia romana e nei movimenti studenteschi e politici universitari degli anni '70. Ha partecipato a incontri e confronti internazionali sulle riforme agrarie e sulla questione contadina. Ha fatto parte della segreteria nazionale del movimento dei Cristiani per il socialismo. E' stato collaboratore della rivista interconfessionale "Com-nuovi tempi", de "Il tetto", "Testimonianze", "Idoc-internazionale". Dagli anni '80 si e' impegnato nelle iniziative culturali, educative e d'aggiornamento didattico dell'Istituto romano per la storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza (Irsifar) e della rete degli istituti federati con l'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione (Insmli) sui temi della Resistenza, dei diritti civili e della pace. Dal 1993, con Giorgio Giannini, Anna Bravo, Tonino Drago, Lidia Menapace ed Enrico Peyretti, e' stato tra i promotori - inizialmente inascoltati ed ostacolati - dello studio e della ricerca in Italia sulla lotta non armata nella Resistenza (detta anche Resistenza civile), oggi divenuta elemento imprescindibile dei nuovi orientamenti scientifici e didattici sul tema. Suoi scritti al riguardo sono in vari volumi con atti di convegni promossi dal Centro studi difesa civile e dal Comitato scientifico della Difesa popolare nonviolenta. Come presidente del Museo storico della Liberazione, ha promosso in Italia con Amnesty International la campagna contro la tortura "Mai piu' un'altra Via Tasso". Tra le opere di Antonio Parisella: Gerardo Bruni e i cristiano-sociali, Edizioni Lavoro, Roma 1984; Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della Resistenza a cinquant'anni dalla Liberazione, Gangemi, Roma 1997; Cattolici e Dc in Italia. Analisi di un consenso politico, Gangemi, Roma 2000; Cultura cattolica e Resistenza nell'Italia repubblicana, Ave, Roma 2005. Si veda anche l'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 346]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Antonio Parisella: L'essere un appuntamento costante che ha tentato di legare lo spirito originario capitiniano alle emergenze che nel momento scuotevano le societa', le politiche, le pubbliche opinioni. Talora e' sembrato che vi fosse un eccesso di presenzialismo di leader politici e che le realta' contingenti premessero eccessivamente, ma nel complesso lo spirito e' stato salvato. Purtroppo, pero', gli effetti mediatici sono stati negativi e cio' ha un po' appannato il senso e il valore di un movimento autonomo e di massa.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Antonio Parisella: Come da tempo, la contraddizione tra il bisogno di sostegno e di difesa che indubbiamente hanno coloro che lottano contro regimi oppressivi e la sola risposta militare che gli Stati e la comunita' internazionale riescono a dare, soprattutto i bombardamenti, spesso aggiungendo danno a danno e - come l'Iraq e l'Afghanistan mostrano - facendo moltiplicare, anziche' debellare, i movimenti terroristici.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Antonio Parisella: Non vorrei essere provocatorio. Ne parlano in molti - soprattutto politici e giornalisti - ma quasi sempre a sproposito. Ritengono che si tratti del non far nulla, dello stare a vedere, del delegare alle istituzioni: e questa e' opinione diffusa anche in tanti appartenenti a movimenti importanti. Invece occorre chiarire e far capire che la nonviolenza (senza stacco) e' legata al concetto di azione e di lotta per non lasciare le cose come stanno. "Non conformatevi" diceva Martin Luther King in un suo sermone, "azione pratica e morale liberatrice" la definiva Helder Camara.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Antonio Parisella: Il principale problema e' quello di rapportarsi con apertura e spirito di comprensione ai movimenti "ad un solo scopo" che si sviluppano in Italia e in Europa. Non per sovrapporre proprie ad altre iniziative, ma per far interferire positivamente le proprie culture e le proprie elaborazioni con quelle degli altri. C'e' oggi un gap di generazioni difficile da colmare. Tra i quadri delle organizzazioni, tra i docenti, tra gli operatori dei media, ecc. vi e' una generazione trenta-quaranta che nella maggior parte dei casi non ha un retroterra di formazione e di cultura come la generazione precedente e quindi non sempre riesce a trasmettere alle generazioni piu' giovani esperienze, culture e storie dei movimenti e delle lotte nonviolente. Ci si e' molto preoccupati - giustamente - di far entrare nelle universita' tematiche come peace-keeping e peace-building in tanti corsi di laurea, di perfezionamento e di master. Invece oggi c'e' da recuperare i livelli piu' elementari per riproporre in corsi di aggiornamento e perfezionamento esperienze, culture e storie della nonviolenza: tradizionali, forse, ma necessari ed utili come la calce ed i mattoni lo sono per costruire.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Antonio Parisella: Non c'e' dubbio che i grandi movimenti pacifici e di massa del mondo arabo abbiano un grande significato che li trascende e che non puo' essere ignorato da nessuno, pur con tutte le loro contraddizioni. Informarsi ed informare sulla loro realta' mi pare sia indispensabile. Poi mi pare indispensabile - so di rasentare l'impopolarita' - una riflessione seria e non conformista sui danni pesanti che recano ai movimenti azioni violente preordinate. Chi ha fatto esperienza delle lotte degli anni '70, a seguito delle quali si sviluppo' una riflessione (ora del tutto dimenticata) sulla violenza, che parti' dal movimento delle donne e si protrasse fino al movimento della Pantera del 1989, avrebbe qualcosa di positivo da mettere in comune. In terzo luogo, mi pare che gli eventi tragici della Norvegia e la virulenza diffusa della ripresa dell'estremismo di destra, imponga di considerare se cio' non abbia riflessi e quali sull'azione nonviolenta.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Antonio Parisella: Siamo stati incapaci di rispondere alla provocazione Gelmini-La Russa sull'insegnamento della cultura militare nelle scuole, con corredo di divise e tiri a segno. Eppure, organizzazioni di massa, sindacali e d'altro tipo, ong e onlus, movimenti piu' o meno organizzati avrebbero potuto contrapporvi spazi formativi per trasmettere la cultura della pace, ma soprattutto quella della nonviolenza. Dentro le organizzazioni e dentro le associazione e i movimenti ritengo che questo sia un impegno prioritario. L'altro e' quello di mettere l'attenzione su cio' che succede a proposito della Difesa civile non armata, che da esigenza posta dal movimenti e tradotta in legge non si sa bene cosa sia diventata. Mi sembra di indicare queste come due esigenze comuni. Per il resto, ogni organismo ha suoi impegni e suoi orientamenti e non mi sento di dare lezioni e dritte a nessuno.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Antonio Parisella: Darei l'indirizzo de "La nonviolenza e' in cammino" e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo e quello di Antonino Drago.

 

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. RAFFAELO SAFFIOTI: COSA DIREBBE ALDO CAPITINI?

[Ringraziamo Raffaello Saffioti (per contatti: rsaffi at libero.it) per questo intervento del 14 luglio 2011 dal titolo completo "La marcia per la pace Perugia-Assisi e il Movimento Nonviolento. Cosa direbbe Aldo Capitini? Invito alla riflessione".

Raffaello Saffioti, amico della nonviolenza, infaticabile promotore di iniziative di pace, solidarieta', cultura, e' animatore dell'esperienza della Casa per la pace "Domenico Antonio Cardone" di Palmi, collabora con il Centro Gandhi di Pisa e i "Quaderni Satyagraha".

Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org]

 

Verso il 25 settembre

Mentre si avvicina il 25 settembre, data della Marcia per la Pace Perugia-Assisi, prosegue la preparazione punteggiata da seminari, convegni, documenti vari. La Marcia del Cinquantenario, organizzata quest'anno dalla Tavola della Pace in collaborazione con il Movimento Nonviolento, viene colta come occasione per "riscoprire la figura e il messaggio di Aldo Capitini" (Mao Valpiana - Flavio Lotti) e per evitare  che "questa storica Marcia rischi di diventare una ritualita' o una tradizione" (Mao Valpiana).

Dobbiamo riflettere, per non tradire il messaggio capitiniano e lo spirito originario della Marcia.

Per riflettere, e far riflettere, ci facciamo guidare, soprattutto, dalle opere di Aldo Capitini. Seguiamo anche i numeri di quest'anno della rivista "Azione nonviolenta".

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La "Mozione del popolo della pace"

Certamente uno dei documenti piu' importanti e' quello pubblicato da "Azione nonviolenta" (numero 6, giugno 2011)  col titolo "Mozione del popolo della pace: Ripudiare la guerra, non la Costituzione", con il richiamo alla prima Mozione letta da Capitini e approvata dal "popolo della pace", "assemblea itinerante" giunta sul prato della  Rocca di Assisi, il 24 settembre del 1961.

E' da evidenziare la conclusione della nuova "Mozione" che, volendo spiegare quanto detto in precedenza sull'attivita' da svolgere "per intervenire all'interno dei conflitti", cosi' recita: "Significa costruire un nuovo ordine internazionale fondato sulla nonviolenza. Se poi tutti gli interventi civili messi in campo, fino in fondo, all'interno di un conflitto non saranno stati efficaci e sara' necessario un intervento, limitato e circoscritto, di una forza armata, sara' compito della Polizia internazionale al servizio delle Nazioni Unite. La quale, come tutte le polizie, non fara' guerre e bombardamenti ma separera' i contendenti, neutralizzando i soggetti piu' violenti e arrestando chi si rende responsabile di crimini".

Come interpretare questo testo?

Se esso viene confrontato con i  cinque "principi" e le dieci "applicazioni concrete" della Mozione della prima Marcia (in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Perugia, Protagon, 1992, pp. 244-46), puo' essere inteso come un suo coerente sviluppo e aggiornamento?

Cosa direbbe Aldo Capitini?

Il problema della costruzione di un nuovo ordine internazionale si pone oggi in termini nuovi rispetto a cinquant'anni fa. Come si costruisce oggi un nuovo ordine internazionale e come si risolvono i conflitti, nazionali e internazionali?

Ma intanto ricordiamo la Mozione della Marcia del 1961: "La pace e' troppo importante perche' possa essere lasciata nelle mani dei soli governanti; e' percio' urgente che in ogni nazione tutto il popolo abbia il modo di continuamente e liberamente informarsi, e sia convocato frequentemente ad esprimere il proprio parere" (terzo dei principi della Mozione della Marcia del 1961, in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, cit., p. 245).

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1. Leggere Capitini

Piccola guida alla Marcia Perugia-Assisi

Il mondialismo di Aldo Capitini. Le ragioni della nonviolenza

"... a proposito dell'attuale mondialismo la nonviolenza da' un'ottima guida. Non si oppone, sia perche' c'e' tanta gente che in quella forma esprime per ora quello che vuole la nonviolenza, sia perche' c'e' sempre qualche cosa di educativo in questo dirsi 'cittadini del mondo', tanto piu' in presenza a tanti persistenti nazionalismi alquanto morbidi: una prima purificazione puo' essere quella di dire, 'conveniamo tutti insieme nel mondo', vediamo di intenderci, ascoltiamo e parliamo. La' dove la nonviolenza interviene e' nel primato da dare; il mondialismo dice: facciamo un'assemblea mondiale e un governo, e un codice, e una polizia mondiale; la nonviolenza dice: persuadiamoci dell'interna ragione dell'unita' umana attraverso l'impegno nonviolento, poi vedremo le forme sociali che ne conseguono. Il mondialismo sembra piu' concreto, ma corre il rischio di mantenere la violenza e di appoggiarsi a un impero vincente, e tutto resta quasi come prima; diminuira' qualche guerra, perche' il diritto di farla rimane al centro dell'impero, ma e' grave l'inconveniente che se questo governo mondiale fa ingiustizia, non c'e' scampo (mentre ora, almeno, si puo' mutare Stato). Il mondialismo sembra troppo facile accettarlo (e questa facilita' dovrebbe rendere attenti). La nonviolenza pone impegni precisi, chiede fede; e' difficile, ma va in profondo, si occupa della radice: ha fiducia di trarre da se' e dalla trasformazione che porta nuovi modi anche sociali, diversi dai vecchi del codice, dello Stato, della polizia, della distruzione repressiva.

La nonviolenza, per quello che vede finora, considera ogni rapporto non in senso di autorita', potere, repressione, ma in senso federativo, orizzontale, aperto. Per questo nella societa' circostante porta un modo diverso che agisce sia direttamente per le persone che coltivano in se' questo senso orizzontale, fraterno (e che ne sono trasformate), sia indirettamente per le persone che ricevono questo nuovo agire nonviolento" (da Religione aperta, 1964, ristampata in Aldo Capitini, Scritti filosofici e religiosi, Perugia, Protagon, 1992, p. 552).

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Nonviolenza e societa'

"... anche la societa' mondiale va considerata investita da questo dinamismo della nonviolenza, specialmente se noi sapremo 'coordinare' la nonviolenza nel mondo. La cosa prima che ne subisce l'azione e' l'esercito (e l'armamento). Qui si e' fuori del sottilizzare sulla nonviolenza personale, sui diversi 'casi', su quelli tormentosi, ecc.; qui siamo davanti ad un fatto enorme, che e' la violenza con un'organizzazione poderosa, con una campagna psicologica imponente, con uno sviluppo impersonale: i nemici molte volte si distruggono senza nemmeno vedersi in faccia. E' il trionfo piu' brutale dello 'schema'. Contro di cui bisogna svolgere una duplice azione: obbiezione di coscienza contro il servizio dell'uccisione militare; educazione dei popoli alla resistenza nonviolenta (metodo gandhiano) da applicare nel caso che il territorio venisse invaso; e cosi' non ci sarebbero piu' gli equivoci che ci sono ora su difesa-offesa; e avverrebbe uno spianamento dei turgori difensivi-offensivi attuali. Questo e' il primo e il piu' urgente scopo dell'azione nonviolenta da concordare mondialmente.

"Da quello che si e' detto risulta chiaramente che la nonviolenza tende anche a trasformare le strutture della comunita', e stabilire rapporti diversi da quelli repressivi. Tuttavia si puo' osservare che l'azione dell'organo di polizia in una comunita' e' lontana da quegli eccessi di distruzione e di eccitazione psichica e di impersonalita' che ci sono per gli eserciti e la guerra: quell'azione e' circoscritta, diretta specificamente contro chi porta violenza e con lo scopo piu' di distogliere dalla tentazione che altro. Naturalmente il nonviolento tende ad altro, e a smobilitare polizie e prigioni, ed ha fiducia che questo sia possibile, perche' crede alla superabilita' del male e all'attuabilita' di migliori rapporti umani; e per intanto compie un'opera instancabile perche' la repressione sia umana e non torturatrice, educatrice e non vendicatrice, ma cooperante al bene anche del criminale stesso. Ma si rende conto che e' l'ultimo organo a cui una comunita' rinuncia, e solo quando ci sia un ampio sviluppo di modi nonviolenti di convivenza. Il nonviolento si dedica a questo, specialmente con l'apertura verso il problema violento, rimovendo le cause, rafforzando l'unita' sociale gia' nell'intimo" (Aldo Capitini, Religione aperta, in Scritti filosofici e religiosi, cit., p. 553).

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"La pace e' sempre in pericolo". Durante la pace preparare la pace

"Una rivoluzione e' una serie di atti, di solito collettivi, rivolti a cambiare il possesso del potere, a trasformare le strutture sociali e politiche, a influire sugli animi delle persone. Ma ogni rivoluzione ha un suo carattere. E quella che noi sosteniamo ha il carattere di essere la piu' totale che sia stata proposta, non solo per gli animi nel profondo e per le strutture che debbono essere adeguate ad una societa' veramente di tutti, ma soprattutto per la convocazione di tutti ad operare il nuovo corso...

"La lotta per la pace tende a creare una permanente mobilitazione di tutti per controllare la politica estera, la politica militare, la politica scolastica, e denunciare gli errori, le colpe, le storture, le alleanze dei conservatori, degli imperialisti, dei capitalisti, dei nazionalisti per conservare il potere e il profitto a danno della maggioranza della popolazione.

"La pace e' l'ideale e l'interesse che puo' oggi unire di piu' le popolazioni, e la lotta per la pace deve essere severa contro i mascheramenti dei vari imperialismi, contro le crociate verso un popolo o l'altro, contro le seduzioni del benessere per addormentare il popolo...

"A noi pare che ci siano due posizioni sbagliate: a) quella di coloro che dicono di volere la pace, ma lasciano effettivamente la societa' attuale com'e', con i privilegi, i pregiudizi, lo sfruttamento, l'intolleranza, il potere in mano a gruppi di pochi; b) quella di coloro che vogliono trasformare la societa' usando la violenza di minoranze dittatoriali e anche la guerra, che puo' diventare atomica e distruttiva per tutti.

"Per noi il rifiuto della guerra e della sua preparazione militare, industriale, psicologica, e' una componente fondamentale del lavoro per la trasformazione generale della societa'. Percio' lavoriamo in queste due direzioni: 1. spingere a costituire dappertutto forme di controllo dal basso; 2. orientare e alimentare questo controllo con idee e iniziative contrarie al capitalismo, al colonialismo, all'imperialismo" (Aldo Capitini, Il potere di tutti, Firenze, La Nuova Italia, 1969, pp. 158-59).

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La denuncia dei gruppi religiosi

La coscienza religiosa dei pacifisti deve denunciare "lo scandalo dell'Occidente che si dice cristiano per bocca dei suoi capi, guidatori di guerre, di sfruttamenti, di oppressioni", ed essere "oltremodo severa verso i cappellani giustificatori degli eserciti, e profondamente decisa a non bruciare il granello d'incenso sull'altare dei nuovi imperatori del mondo o di altri che mai appaiano... una nuova vita religiosa" costituisce "una tensione complessa e profonda, capace di attirare a se' gli insufficienti rivoluzionari, che restano sul piano politico e sociale" (Aldo Capitini, Il potere di tutti, cit., p. 432).

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La politica della nonviolenza e l'Onu

"Direi che l'Onu e' un esempio culminante di uno sforzo giuridico, che va scrutato e animato diversamente. Cosi' come essa e', rischia sempre di essere sottoposta ad un tipo di interessi economici e ideologici, ad un tipo di struttura sociale e di profitto... La politica della nonviolenza parte da un altro principio: che il vero 'basso', quello da interpretare e rendere coerente, quello che e' delle popolazioni del mondo, e' nello stesso tempo per la libera espressione, per l'organizzazione socialistica, per la compresenza di tutti gli esseri. Da questo punto di vista, ben si scorge il pericolo che l'Onu sia portata a fare da alone o da decorazione dell'impero americano, che non ammette forme politiche e sociali diverse dalle proprie... Una struttura giuridica puo' essere... associata alla volonta' di potenza e di preminenza del proprio sistema ideologico-economico, con una boria che potrebbe assomigliarsi all'ottusaggine dei romani che, in nome dell'esser loro i guardiani del mondo, sterminavano i compagni di Spartaco e davano i cristiani in pasto alle belve" (da La nonviolenza oggi, in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, cit., p. 143).

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Si può affermare, come fa la nuova "Mozione del popolo della pace", che "sara' necessario un intervento, limitato e circoscritto, di una forza armata", quando "tutti gli interventi civili messi in campo, fino in fondo, all'interno di un conflitto non saranno stati efficaci"?

Allo scoppio della seconda  guerra mondiale Capitini scriveva: "Non c'e' situazione avversa in cui non resti sempre qualcosa da fare" (in Nuova socialita' e riforma religiosa, Torino, Einaudi, 1950, p. 16).

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2. Una pericolosa proposta di legge

Un importante seminario nazionale della Tavola della Pace, in preparazione della Marcia, ha avuto luogo ad Assisi (15-16-17 aprile). Il seminario era un'ottima occasione per discutere la proposta di legge, approvata all'unanimita' dalla Camera dei Deputati e quindi passata al Senato, nella disinformazione generale, su "Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura della difesa attraverso la pace e la solidarieta', n. 2596-3287-A". Finalita' della legge: "rendere consapevoli i cittadini delle politiche di sicurezza e di difesa della nazione e dell'azione delle Forze armate" e far si' che "le amministrazioni pubbliche promuovano iniziative sui temi oggetto della cultura della difesa", soprattutto nelle scuole nell'ambito della "Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace".

Con questa proposta di legge la guerra diventa "cultura della difesa".

Serviva diffondere la notizia per creare un fronte di opposizione del movimento pacifista e nonviolento all'approvazione definitiva della legge. Per questo, prima del seminario, ho scritto a Flavio Lotti e Mao Valpiana chiedendo l'aggiornamento del programma del seminario stesso con il tema della proposta di legge.

Analoga richiesta era avanzata piu' autorevolmente da Rocco Altieri che col Centro Gandhi e con tanti altri soggetti si era molto impegnato a Pisa nella opposizione alla cosiddetta "Giornata di solidarieta'" dei bambini in caserma (leggere "Il Comune di Pisa arruola i bambini in caserma", di Rocco Altieri, in "Azione nonviolenta", n. 6, 2011).

Nel suo messaggio Altieri aveva segnalato come quella "non fosse una manifestazione estemporanea degli amministratori di Pisa, ma fosse un segnale profondo della deriva della cultura politica italiana che vuole di proposito confondere la pace con la guerra, accreditando di nuovo gli eserciti e gli armamenti... si tenta ora, sull'esempio di Pisa, di coinvolgere tutte le scuole italiane in una smaccata e subdola azione promozionale per le Forze armate, attraverso la proposta di una legge nazionale... Vi supplico, percio', di attivare tutte le strade possibili perche' sia scongiurato, proprio nel cinquantesimo anniversario della marcia Perugia-Assisi, un simile smacco alla memoria di Aldo Capitini". Altieri ha poi illustrato questi argomenti partecipando personalmente al seminario.

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3. Per attualizzare Capitini

Capitini e' stato un profeta ed e' la sua profezia che lo rende attuale.

"Il carattere peculiare dell'opera capitiniana risiede nell'unione, meglio nella fusione, di religione e politica" (Norberto Bobbio, nella Introduzione di A. Capitini, Il potere di tutti, Firenze, La Nuova Italia, 1969, p. 16).

"La dimensione religiosa e' cio' che accomuna la prassi rivoluzionaria di tutti i grandi profeti della nonviolenza (Tolstoj, Gandhi, Capitini, King), e volerla elidere porterebbe a uno snaturamento e a una riduzione della nonviolenza ad antimilitarismo, o a tecnica strumentale della politica per conseguire alcuni risultati" (Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 1998, p. 9).

Nei cinquant'anni che sono passati dalla Marcia del 1961 il mondo e' profondamente cambiato. Non c'e' piu' la divisione del mondo in due blocchi contrapposti e non c'e' piu' la guerra fredda. Nel 1989 e' caduto il Muro di Berlino senza violenza. La nonviolenza ha fatto un lungo cammino, ma le guerre non sono finite. Abbiamo contato cinque guerre negli ultimi venti anni: Golfo Persico, Kosovo, Iraq, Afghanistan, Libia.

La guerra in Libia e' in corso ed ha acceso un dibattito sul "nuovo pacifismo".

La cultura del dominio opera non solo con le armi tradizionali, ma anche con la manipolazione e perversione del senso autentico delle parole "guerra" e "pace", fino a parlare di "guerra umanitaria". Ma la pace con le armi e' una follia! "Bellum alienum a ratione" (Giovanni XXIII).

I tempi sono cambiati, ma  rimane "l'opposizione integrale alla guerra", affermata nel primo punto della "Carta" del Movimento Nonviolento.

Non si puo' non condividere l'articolo "I primi 50 anni della Marcia Perugia-Assisi e del Movimento Nonviolento" di Mao Valpiana ("Azione nonviolenta", 1-2, 2011). E' anche utile leggere il capitolo "Le marce Perugia-Assisi" in Nonviolenza in cammino, a cura del Movimento Nonviolento, Edizioni del Movimento Nonviolento, 1998 (pp. 187-198). Ma la storia della Marcia ha bisogno ormai di uno studio approfondito.

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Cartelli che dovrebbero scandire il percorso della Marcia

L'organizzazione della Marcia del Cinquantenario e' diversa da quella di cinquant'anni fa, da vari punti di vista. E' anche difficile fare il confronto.

La Marcia del 1961 fu non solo ideata, ma anche organizzata da Capitini con l'aiuto di un comitato.

Chi legge come Capitini organizzo' la Marcia del 1961, nota quanta differenza ci sia tra l'organizzazione di quella Marcia e quella delle altre edizioni, fino a quella di quest'anno (leggere "In cammino per la pace", in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, cit., pp. 221-252).

Quante furono le difficolta',  le incomprensioni, quanti gli ostacoli che incontro' Capitini nella fase preparatoria della Marcia. Soprattutto tra i partiti politici, le amministrazioni comunali, la Chiesa cattolica. Incredibile!

"Le gerarchie ecclesiastiche avevano dato ordine al clero di non partecipare, e nelle chiese era stato detto che quella era una marcia comunista e paracomunista da evitare"(Capitini).

Quella dei cartelli fu "certamente una questione spinosa".

"Mi parve che fossero da chiarire soltanto dei limiti: nessun cartello di tono violento, nessuna scritta contro la Chiesa e contro correnti ideologiche partecipanti alla marcia (per evitare incidenti), controllo dei cartelli stessi...

"Se fossimo stati in molti pacifisti a preparare la marcia, avremmo avuto centinaia e migliaia di cartelli, ma eravamo sopraffatti dal lavoro, non avevamo tanti soldi; aggiungo che molti prendevano volentieri i cartelli preparati da noi, anche se prima non erano del nostro gruppo. Solo che molti di quelli che sono nostri amici, ma non si muovono, avessero creduto piu' in noi e ci avessero aiutato di piu' con l'attivita' e con i denari (l'avvertimento vale per sempre), e avremmo avuto tanti cartelli quanti e piu' di quelli esclusivamente 'politici', il cui elenco mi era stato sottoposto per l'approvazione" (Capitini, Scritti sulla nonviolenza, cit., pp. 236-37).

Quali cartelli dovrebbero scandire il percorso della Marcia di quest'anno?

Ottima sarebbe l'apertura della Marcia con le parole attualissime "Non ci sono guerre umanitarie".

In una foto della prima Marcia (riprodotta sulla copertina del libro di Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita Editore, 2005) si vede Capitini reggere un grande cartello con su scritto "Scuole, non caserme". Un altro cartello di quella Marcia aveva la scritta "Scuole scuole, no armi!"

Lo slogan che ha contrastato la manifestazione del Comune di Pisa prima ricordata, "No ai bambini in caserma", dovrebbe essere ripreso per la Marcia.

Ricordiamo quanto ha scritto Capitini sul Concordato, col quale la Chiesa cattolica ottenne dallo Stato fascista, tra i vari privilegi, anche quello della presenza dei Cappellani militari tra le forze armate, tradendo palesemente il Vangelo della pace. Poiche' anche in questo caso il pensiero di Capitini, pur se scomodo, rivela la sua attualita', un altro cartello dovrebbe dire "No ai cappellani militari".

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4. Dopo l'intervento militare in Libia

Dopo il voto del Parlamento italiano a favore dell'intervento militare nella guerra civile libica, in palese violazione della Costituzione, pur con l'avallo del Presidente della Repubblica, per molti ormai l'appellativo "pacifisti" appare ingannevole e la distinzione dovrebbe essere fatta non fra pacifisti e non-pacifisti, ma tra chi ha fatto la scelta della nonviolenza e gli altri.

Pensiamo ai tanti soggetti che sono coinvolti nella organizzazione della prossima Marcia. Pensiamo ai politici e agli amministratori che fanno parte del Coordinamento nazionale enti locali per la pace. Tra loro, per esempio, quanti sono quelli che hanno condiviso il voto dei loro partiti favorevoli all'intervento militare in Libia?

Quanti sono quelli che hanno approvato la parata militare del 2 giugno?

Quanti sono gli amministratori comunali che hanno promosso manifestazioni come quella dei "Bambini in caserma" del Comune di Pisa, sopra richiamata?

Se la guerra diventa "cultura della difesa", secondo la proposta di legge passata al Senato, non c'e' motivo di allarmarsi?

Se la prossima Marcia non e' colta come occasione di mobilitazione contro l'approvazione di quella proposta di legge, non c'e' motivo di allarmarsi?

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Conclusione

Tutti questi soggetti possono accettare che i cartelli prima proposti scandiscano il percorso della prossima Marcia?

Possono accettare la proposta di emendare il testo della "Mozione del popolo della pace" per adeguarla quanto piu' possibile al pensiero autentico di Aldo Capitini, espresso  dai testi riportati in questo documento?

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 383 del 29 luglio 2011

 

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