Telegrammi. 752



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 752 del 27 novembre 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Danilo Dolci: La nostra Costituzione

2. Lea Melandri e Maria Grazia Campari: Perche' il 25 novembre non sia solo una ricorrenza. Violenza di genere: dal privato alla sfera pubblica

3. Segnalazioni librarie

4. La "Carta" del Movimento Nonviolento

5. Per saperne di piu'

 

1. MAESTRI. DANILO DOLCI: LA NOSTRA COSTITUZIONE

[Da Danilo Dolci, Processo all'articolo 4, Einaudi, Torino 1956, Sellerio, Palermo 2011, p. 347. E' un frammento da una lettera alla stampa del 30 marzo 1956.

Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Recente e' il volume che pubblica il rilevante carteggio Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. i dvd di Alberto Castiglione: Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, e Verso un mondo nuovo, 2006. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.org, www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.inventareilfuturo.com, www.cesie.org, www.nonviolenti.org, www.fondodanilodolci.it]

 

Basta con le ipocrisie sistematiche; rifiutiamoci di obbedire quando ci comandano dei delitti: oggi la nostra Costituzione e' l'unica legge della quale non ci dobbiamo vergognare.

 

2. APPELLI. LEA MELANDRI E MARIA GRAZIA CAMPARI: PERCHE' IL 25 NOVEMBRE NON SIA SOLO UNA RICORRENZA. VIOLENZA DI GENERE: DAL PRIVATO ALLA SFERA PUBBLICA

[Riproponiamo ancora il seguente appello di Lea Melandri e Maria Grazia Campari, dell'Associazione per una Libera universita' delle donne di Milano (sito: www.universitadelledonne.it), appello che ha gia' ricevuto numerosissime adesioni.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'".

Maria Grazia Campari e' una prestigiosa giurista e intellettuale femminista, impegnata nei movimenti per la pace e i diritti; dal medesimo sito riprendiamo la seguente scheda: "Maria Grazia Campari, avvocata, appartiene all'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano e all'Associazione Rosa Luxemburg di Firenze. Ha scritto per varie riviste (Democrazia e diritto, Quale giustizia, Il diritto delle donne, Reti, Alternative, Sottosopra, Il paese delle donne...) e collabora al sito sui temi del diritto sessuato, della violenza sessista, della rappresentanza politica e sociale, della cittadinanza femminile e delle problematiche di bioetica. Ha partecipato alla scrittura di alcune opere collettanee: Donne e diritto. Lessico politico delle donne; Percorsi del femminismo milanese a confronto; L'eredita' del femminismo per una lettura del presente; Ai confini dello stato sociale; Con Rosa Luxemburg - politica, cultura, impegno contro la guerra; Donne e uomini nella politica: rappresentanza, partecipazione, conflitti"]

 

Il problema della violenza maschile sulle donne - in particolare quella che avviene in ambito domestico (maltrattamenti, stupri, persecuzioni, omicidi, ecc.) - e' stato, negli ultimi sei anni, al centro di grandi manifestazioni nazionali, oggetto di dibattiti, appelli, documenti, ricerche, iniziative cittadine, da parte delle componenti piu' varie dell'impegno femminile. Il fenomeno, come apprendiamo purtroppo dalle cronache quotidiane, non e' diminuito, anzi, e' aumentato sommandosi alla violenza omofobica contro la liberta' di scelta sessuale, mentre e' invece inspiegabilmente scomparso dall'agenda del movimento delle donne nel momento stesso in cui stanno per essere chiusi, per mancanza di finanziamenti, alcuni centri antiviolenza.

Senza aspettare che sia la ricorrenza del 25 novembre a ricordarcelo, e' percio' necessario che il tema venga ripreso e affrontato per la gravita' che riveste e l'ampiezza delle implicazioni,  private e pubbliche, che vi sono connesse.

Nella speranza che il movimento nato dalle piazze del 13 febbraio non voglia attestarsi soltanto su posizioni rivendicative, cancellando il mutamento profondo che dagli anni '70 in avanti il femminismo ha portato alla concezione tradizionale della politica, e' importante percio' che, prima di definire un'agenda fatta di obiettivi, proposte specifiche, articolate su diversi piani, si faccia chiarezza sulle interpretazioni che hanno impedito finora di affrontare in tutta la sua complessita' e ambiguita' una violenza che sembra legata fatalmente alle vicende piu' intime del rapporto tra i sessi (sessualita', amore, maternita', affetti famigliari):

1. la lettura in chiave di devianza o patologia individuale, e non come residuo dell'antico potere patriarcale di vita e di morte su donne, schiavi e figli;

2. l'uso in chiave sicurezza pubblica e di conflitto di civilta', cioe' contro i costumi barbarici di questo o di quello "straniero";

3. l'idea che si possa arginarla con politiche di tutela familiare, senza tener conto che sono proprio i vincoli familiari a tenere ambiguamente confuse protezione e aggressivita'.

Un altro passaggio importante e' non isolare la violenza nelle sue forme manifeste da quella che passa e si perpetua invisibile attraverso la cultura maschile dominante - istituzioni, saperi, linguaggi, habitus mentali, norme morali, mezzi di comunicazione, ecc. -, una rappresentazione del mondo che le donne stesse hanno, loro malgrado, interiorizzata e fatta propria. Rientra nella violenza simbolica o culturale anche la difficolta' a vedere il rapporto di potere tra uomo e donna per la valenza politica che ha in se', per cui persiste la tendenza a porlo come "questione femminile": le donne viste come un gruppo sociale omogeneo, portatore di uno "svantaggio" storico da colmare, o di un "talento" da valorizzare quanto merita. In altre parole: un sesso debole da tutelare, o una risorsa salvifica, una visione tutta interna alle "differenze di genere" cosi' come sono arrivate fino a noi, le stesse sulla base delle quali e' avvenuta la divisione tra privato e pubblico, la complementarizzazione e la subordinazione del ruolo femminile a quello maschile.

L'identificazione della donna con il corpo, la funzione sessuale e riproduttiva, e quindi la sua cancellazione come persona, e' la ragione prima della sua esclusione dalla polis, ma a sua volta e' la violenza implicita in questa privazione di spazi essenziali di liberta' e di potere decisionale ad avere pesanti ricadute negative sulla vita delle donne: dai gesti quotidiani di disvalore alla persecuzione violenta di quelle che tentano gesti di autonomia.

*

Misure efficaci

Lo svantaggio sociale femminile cristallizzato nella famiglia tradizionale e' all'origine della violenza maschile che alligna nel privato e si espande nel pubblico anche grazie alla mercificazione mediatica del corpo femminile, usato come elemento eccitante di promozione vendite in senso lato.

Lo svantaggio politico percepibile in una democrazia a-partecipata e monosessuata determina il quadro e lo completa.

Ecco perche' la violenza sessista, anche domestica, non puo' mai essere un fatto privato, ma e' un'indecenza pubblica che le istituzioni non possono ignorare o mistificare attraverso la scorciatoia dell'utilizzo del diritto criminale come risposta esclusiva o preponderante.

A ben altri livelli occorre agire per sradicare questo grumo di violenza ancestrale, sedimentato nell'immaginario maschile, che va contrastato a partire dai primissimi messaggi che i bambini ricevono dalla famiglia, dalla scuola e dalla societa'.

Le misure suggerite dall'esperienza ben piu' seriamente strutturata in altri Paesi europei (vedi legge spagnola del 2004) partono appunto da un piano di acculturamento e sensibilizzazione fin dalla prima infanzia per il cambiamento delle relazioni fra donne e uomini, in ogni contesto del vivere associato.

Si sviluppano attraverso piani scolastici multilivello e una legislazione onnicomprensiva che evidenzia l'origine sessista e discriminatoria della violenza contro le donne e la previene attivamente, contrastando esclusioni e pregiudizi.

Si concretano attraverso una vigilanza costante e un monitoraggio dei risultati, attivando interventi correttivi e provvidenze pubbliche adeguate.

Prevedono, oltre alla visibilita' del problema, ritenuto di interesse generale, ruoli attivi delle istituzioni pubbliche centrali e locali,  gravate delle connesse responsabilita'.

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Proposte iniziali

In concreto, sull'esempio di cio' che si fa in altri Paesi, pensiamo si debba promuovere un piano nazionale di sensibilizzazione e prevenzione della violenza di genere, incentrato su specifiche iniziative, tra cui qui citiamo:

- un programma di educazione/formazione sull'esercizio di diritti e obblighi uguali fra maschi e femmine nell'ambito sia privato che pubblico che si sviluppi fin dal livello scolastico elementare;

- il lancio di campagne pubbliche di sensibilizzazione contro gli stereotipi dei ruoli familiari femminili;

- la promozione di azioni positive per la eguaglianza di genere in tutti i campi del vivere associato (politico, economico, culturale), da rispettare rigorosamente (e la cui inosservanza venga sanzionata);

- il reintegro dei fondi incredibilmente sottratti ai Centri antiviolenza e alle Case delle donne, fondi che andrebbero al contrario  aumentati per rafforzare le equipe che vi operano con varie professionalita' a collaborazione integrata;

- l'istituzione di un Osservatorio indipendente di monitoraggio sui diritti delle donne e di vigilanza sui mezzi di informazione e pubblicita', a garanzia di un trattamento conforme ai valori costituzionali e alla dignita' personale delle donne.

Riteniamo dovere principale di tutti gli schieramenti politici e dei singoli che si candidano per ruoli istituzionali in Italia e in Europa l'elaborazione e il perseguimento concreto di un piano integrato per la soluzione di questa incancrenita piaga sociale. Ma quel che ci preme di piu' e' la presa di responsabilita' da parte di tutte le donne impegnate in un ruolo istituzionale: a loro chiediamo esplicitamente di proporre, seguire e curare a ogni livello le misure necessarie a questa improrogabile svolta di civilta'.

Anche su questa base,  che intendiamo verificare nelle fasi di ideazione e di realizzazione, si decideranno le nostre scelte politiche future.

*

Per adesioni: e-mail: appello at zeroviolenzadonne.it, sito: www.zeroviolenzadonne.it

 

3. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Samuel Johnson, Storia di Rasselas principe di Abissinia, Sellerio, Palermo 1993, pp. 264.

- Paul Scarron, Romanzo buffo, Sellerio, Palermo 2005, pp. 404.

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Riedizioni

- Anton Cechov, Il monaco nero e altri racconti, Il sole 24 ore, Milano 2011, pp. 80, euro 2 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").

- John Cheever, Fall River e altri racconti, Il sole 24 ore, Milano 2011, pp. 78, euro 2 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").

- Henry Fielding, Tom Jones, Feltrinelli, Milano 1964, 1991, 2010, 2 voll. per complessive pp. XXXII + 710, euro 17,50.

- Henry Fielding, Tom Jones, Rizzoli, Milano 1964, Rcs, Milano 1999, 2009, 2 voll. per complessive pp. 1076, euro 18.

 

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

5. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 752 del 27 novembre 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

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