Coi piedi per terra. 754



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 754 del 25 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di ottobre 2000 (parte seconda)

2. Appello del collettivo di lotta nonviolenta del Csoa "Valle Faul" di Viterbo

3. Un'opinione sulla marcia del 24 settembre

4. Cinque tesi

5. Da Assisi a Praga e oltre

6. La nonviolenza contro nazismo e terrorismo, ieri a Viterbo

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI OTTOBRE 2000 (PARTE SECONDA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di ottobre 2000.

 

2. APPELLO DEL COLLETTIVO DI LOTTA NONVIOLENTA DEL CSOA "VALLE FAUL" DI VITERBO

[Il "collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu'" e' un gruppo di lavoro del C.S.O.A. (centro sociale occupato autogestito) "Valle Faul" di Viterbo; sorto nell'agosto 1998, ha svolto un ampio studio sui diritti umani e la loro protezione legislativa, sulla condizione degli immigrati in Italia e in Europa, sulla riduzione in schiavitu' di cui sono vittima tante persone, soprattutto immigrate, costrette a subire disumane condizioni di violenza e sfruttamento. Il collettivo ha anche effettuato, e prosegue tuttora, un approfondito lavoro di studio ed accostamento alla nonviolenza ed un prolungato training di addestramento alle tecniche della lotta nonviolenta; ed ha deciso di utilizzare come suo unico metodo di intervento la nonviolenza, per questo si e' denominato "collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu'". Di seguito riproduciamo un'autopresentazione e la prima parte del documento programmatico del collettivo, elaborato nel 1998 con la tecnica della scrittura collettiva al termine di una prolungata serie di incontri]

 

Presentazione del collettivo

Nessuno e' libero in una societa' che ammette la schiavitu'.

Il "Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu'" presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, promuove una mobilitazione contro la schiavitu' tuttora esistente in Italia, di cui sono vittime soprattutto persone immigrate.

Il Collettivo propone una campagna di solidarieta' con le vittime di schiavitu', per la loro liberazione, contro il racket che le schiavizza e contro la complicita' diffusa.

Propone inoltre un impegno sociale, legislativo ed amministrativo in tal senso, che assicuri in primo luogo la restituzione dei diritti civili alle vittime: innanzitutto un reale diritto di residenza in Italia, la difesa da ulteriori violenze, assistenza sociale ed economica.

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Documento programmatico

Anche in Italia molte persone sono tuttora vittime di schiavitu'.

Noi siamo contro la schiavitu'. Ogni tipo di schiavitu'. Qualsiasi forma di schiavitu'.

Combattere la schiavitu' significa innanzitutto liberare e aiutare le vittime.

Combattere la schiavitu' significa anche lottare contro il razzismo, l'oppressione e lo sfruttamento; contro l'indifferenza, l'ignoranza e l'egoismo; contro la discriminazione sessuale; contro la violenza.

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La schiavitu' in Italia e in Europa

In Italia, ed in Europa, vittime di schiavitu' sono soprattutto persone immigrate, ed in particolare donne e bambini. Sono vittime di schiavitu' ad esempio i bambini cinesi impiegati in Italia in industrie nelle mani del racket; sono vittime di schiavitu' tutti i bambini che subiscono abusi sessuali; sono vittime di schiavitu' tutti gli uomini e le donne costretti alla prostituzione.

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Perche' vogliamo lottare contro la schiavitu'?

Per difendere e realizzare la dignita' e la liberta' di ogni persona umana; per difendere e costruire un'autentica democrazia fondata sul diritto, la liberta', l'uguaglianza, la solidarieta'; per lottare contro l'ingiusto rapporto Nord/Sud (anche la migrazione coatta e' conseguenza della rapina coloniale e neocoloniale delle risorse del Sud del mondo da parte delle transnazionali del Nord del mondo); per lottare contro il razzismo che in Europa si sta istituzionalizzando seguendo l'infame modello dell'apartheid; per lottare contro il sessismo (l'oppressione dell'uomo sulla donna, che ancora continua); per lottare contro i poteri criminali (e contrastare certe azioni razziste delle istituzioni che di fatto danneggiano ancor piu' le vittime e favoreggiano i poteri criminali); per lottare contro la violenza sessuale (e sui bambini); per lottare contro lo sfruttamento disumano, per lottare contro la violenza.

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Che fare?

In primo luogo bisogna liberare le vittime, aiutare le vittime a liberarsi, restituire ad esse pieni diritti civili.

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Quali interventi servono?

Occorre quindi chiedere ed ottenere interventi sia legislativi che amministrativi contro la schiavitu' e per liberare le vittime; cio' significa chiedere un intervento delle istituzioni pubbliche (quindi uscire dalla logica della filantropia ed affermare quella del diritto).

Occorrono interventi che risarciscano le vittime per le violenze da esse subite in Italia; interventi che configurino una strategia coerente di aiuto e liberazione delle vittime:

1) riconoscimento dei diritti civili (ed in primo luogo diritto di permanenza in Italia - se desiderata -);

2) assistenza sociale ed economica;

3) difesa da parte dei pubblici poteri rispetto ad ulteriori violenze e rappresaglie da parte dei poteri criminali;

4) diritto allo studio e al lavoro;

5) valorizzare esperienze (sia di soggetti pubblici che del volontariato) gia' in corso (sia di riduzione del danno, sia di costruzione di alternative);

6) lotta contro il racket schiavista ed i suoi complici (applicando finalmente le norme di legge esistenti contro la schiavitu').

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Il nostro metodo di lavoro

Il nostro metodo di lavoro e' quello della lotta nonviolenta, per l'uguaglianza e la dignita' di ogni essere umano.

Ci siamo impegnati a studiare l'argomento della schiavitu' e delle violazioni dei diritti umani in Italia nei loro vari aspetti (culturali, sociali, politici, economici, legislativi, amministrativi); ci siamo impegnati a studiare e conoscere i valori e le tecniche della nonviolenza; stiamo prendendo contatti con altre esperienze impegnate su questi temi.

Nelle nostre assemblee usiamo il metodo del consenso, la scrittura collettiva, ci sforziamo di mettere in pratica l'uguaglianza e il rispetto della dignita' di ogni persona anche nei rapporti interpersonali.

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Per dirla in breve

Nessuno e' libero in una società che ammette la schiavitu'.

Nessuno deve poter comprare una persona; nessuno deve essere messo in condizione di doversi vendere.

A nessuno può essere negata ospitalita' e solidarieta'.

Attraverso questo nostro impegno di verita' e di giustizia vogliamo anche contribuire a costruire la pace: pace e' piu' che semplice assenza di guerra, e' invece una condizione nella quale nessuna persona o gruppo di persone vive nella paura o nel bisogno.

Solo se sono liberi tutti, sono libero anch'io.

Combattere la schiavitu' vuol dire liberare ed aiutare le vittime succubi di terribili tormenti. Tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'. Lottare contro la schiavitu' vuol dire anche dare sicurezza, affetto, autonomia: una via libera e sicura da percorrere. La pace e' di tutti.

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La nostra esperienza

Il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu' nasce all'interno dell'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, in corso da cinque anni.

Attraverso una serie di riunioni di un gruppo di studio che si sono svolte tra agosto e settembre siamo arrivati alla nascita del nostro collettivo.

Il primo documento che abbiamo diffuso e' il comunicato-stampa del 27 settembre 1998.

Nel corso della nostra riflessione e discussione abbiamo ritenuto utile e condivisibile la "carta programmatica" del Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini.

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Adesioni a documenti e proposte

Aderiamo alla campagna contro la schiavitu' promossa dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo.

Aderiamo al documento contro la prostituzione forzata promosso dal Gruppo Abele di Torino.

Aderiamo all'appello per i diritti umani degli immigrati, contro i campi di concentramento, contro la violazione del diritto d'asilo, contro i rimpatri forzati e le espulsioni di massa.

Aderiamo alla proposta dei centri sociali del nord-est e della rete antirazzista per una manifestazione nazionale ed un preciso impegno per i diritti umani di tutti gli immigrati.

Chiediamo che siano valorizzati, attuati e rispettati subito i diritti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, nell'art. 16 della legge 6 marzo 1998 n. 40.

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Ovviamente...

Ovviamente nello spingerci a questo impegno contro la schiavitu' hanno contribuito sia alcuni fatti specifici: come alcuni omicidi e tentati omicidi avvenuti nel viterbese collegati al racket della schiavitu', e come la morte di Semira Adamu in Belgio; sia alcune nostre convinzioni fondamentali: l'amore per la liberta' e l'uguaglianza; il rispetto delle diversita'; la lotta contro l'ingiustizia e lo sfruttamento; il desiderio che sia riconosciuta a tutti, e rispettata in tutti, la piena dignita' umana; il nostro sentimento di responsabilita' rispetto all'umanita', alla civilta' umana, all'ambiente di vita; la lotta contro la violenza che opprime persone e popoli.

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Per non concludere

Nel corso della nostra riflessione e discussione sono emerse molte questioni che dobbiamo ancora approfondire e sulle quali dovremo impegnarci; ne segnaliamo alcune:

1. smascherare le menzogne di governo e mass-media rispetto alla cosiddetta "invasione" di immigrati clandestini nell'estate 1998: questa invasione non c'e' mai stata. Sono giunte in Italia solo poche migliaia di persone, in un paese la cui economia - anche secondo lo stesso governo, e per l'arricchimento dell'Italia, non per fare beneficenza - richiede la presenza ed il lavoro di altre decine di migliaia di immigrati; sono giunte in Italia persone che fuggivano da paesi in cui predominano la fame, la violenza, la negazione dei diritti umani: queste persone hanno diritto ad essere ospitate ed assistite, hanno diritto all'asilo;

2. informare sui grandi vantaggi che l'Italia sta ricavando dalla presenza dei lavoratori stranieri in termini di prodotto interno lordo ed in termini di sostegno al sistema pensionistico;

3. informare sui dati reali dell'immigrazione in Italia;

4. chiedere una regolarizzazione generalizzata per tutti gli immigrati presenti;

5. denunciare gli accordi dell'Italia con alcuni paesi che violano sistematicamente i diritti umani;

6. denunciare il tendenziale regime di apartheid che attraverso gli accordi di Schengen e le legislazioni nazionali i governi dei paesi dell'Europa cosiddetta "comunitaria" stanno cercando di costruire;

7. denunciare l'infame strategia delle multe alle vittime di schiavitu' attuata da alcuni Comuni italiani: in questo modo si opprimono di nuovo le vittime, e si favoreggiano gli schiavisti, gli sfruttatori, i profittatori della schiavitu';

8. studiare i meccanismi della globalizzazione, dell'imperialismo, del neocolonialismo; dello sfruttamento e della rapina delle risorse da parte dei poteri economici dominanti del Nord del mondo ai danni dei popoli del Sud del mondo; e lottare per i diritti umani e dei popoli;

9. impegnarsi per i diritti delle donne, analizzando dal punto di vista del pensiero femminista e della "differenza di genere" tutti i problemi e le contraddizioni sociali;

10. impegnarsi per i diritti dei bambini;

11. impegnarsi contro la violenza sessuale;

12. analizzare come meccanismi di oppressione, di discriminazione, di sfruttamento tendenzialmente schiavista agiscano nella nostra stessa vita, all'interno di noi stessi e nei nostri rapporti interpersonali: tra i materiali di riflessione alla base di questo documento vi e' anche un testo che invita a portare l'analisi su noi stessi: "Io schiavo delle mie paure, dei miei compromessi taciti, del mio orgoglio, delle mie manifestazioni esasperate. Schiavo e giullare con i miei sentimenti, dimenticando o accantonando la razionalita' a volte con presunzione e disonesta' con me stesso. Realmente razionalmente schiavo con la presunzione di non aver bisogno di provare nessun sentimento. Io libero o cosciente, consapevole idiota e servo delle mie paure. Io schiavo ipocrita che non combatto per la mia liberta', giustificandomi per non affrontarmi, posso parlare di liberta' quando sono schiavo di me stesso?";

13. analizzare il rapporto tra armi e fame, e tra sfruttamento, inquinamento e guerra;

14. analizzare il tema dell'uguaglianza e della diversita' (utilizzando anche la riflessione filosofica di Emmanuel Levinas);

15. impegnarsi contro il razzismo (valorizzando in particolare la testimonianza di Primo Levi);

16. impegnarsi contro la devastazione ambientale, contro una gestione delle conoscenze scientifiche e del potere tecnologico che sta producendo mostruosita', violenze, devastazioni forse gia' irreversibili (e valorizzare in particolare la riflessione di Vandana Shiva, di Hans Jonas, di Giuliano Pontara);

17. impegnarsi sulle proposte di lotta per il diritto al lavoro e la riduzione dell'orario di lavoro; per l'economia non profit, equa e solidale; per il reddito minimo garantito (cosiddetto "di cittadinanza"); per un modello di sviluppo ecosostenibile (valorizzando la riflessione di Marco Revelli nei suoi due libri su Le due destre e su La sinistra sociale);

18. sostenere progetti di cooperazione internazionale dal basso e la lotta per i diritti umani, contro la tortura e contro la pena di morte in tutto il mondo;

19. approfondire e sperimentare la nonviolenza come strategia di lotta e come progetto politico-sociale "per un'umanita' di uguali";

20. lottare contro i poteri criminali;

21. impegnarsi per i diritti umani degli immigrati detenuti;

22. impegnarsi perche' sia riconosciuto agli immigrati il diritto di voto.

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Come è stato scritto questo documento

Questo documento e' veramente frutto di una elaborazione collettiva, esso cerca di raccogliere le molte intuizioni, i molti ragionamenti, le molte proposte su cui si e' in vario modo discusso per circa due mesi. Alcune parti di esso sono state scritte con il metodo della scrittura collettiva (come sperimentato nella scuola di Barbiana di don Milani), altre sono frutto del confronto e dell'"assemblaggio" di proposte scritte da varie persone che fanno parte del collettivo; altre derivano da appunti presi da varie persone durante le riunioni e qui riversati. Naturalmente c'e' ancora molto da fare, ma bisogna pur cominciare...

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Cosa chiediamo ai nostri interlocutori

A coloro che leggeranno questo documento chiediamo consigli, proposte, critiche; chiediamo di poterci impegnare insieme contro la schiavitu', per la liberazione di tutti e di ognuno.

Per contattarci siamo il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitu', c/o centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", via Valle Faul (ex-gazometro), 01100 Viterbo.

 

3. UN'OPINIONE SULLA MARCIA DEL 24 SETTEMBRE

 

A mio giudizio la marcia Perugia-Assisi del 24 settembre e' stata una cosa buona e giusta.

Occorreva indicare una strada a quanti sono impegnati per la pace, a quanti sono impegnati contro la globalizzazione neoliberista, a quanti sono impegnati per impedire la distruzione della biosfera, a quanti vogliono lottare per l'umanita' in modo coerente ed efficace, limpido e persuaso.

La strada e' la scelta della nonviolenza.

Era necessario dirlo, ed era necessario che questa affermazione trovasse un modo concreto di esprimersi: la marcia e' stata questa parola sostenuta dall'andare di tanti; quel cammino comune e' stato piu' che un gesto, e' stato un appello.

Dal mio punto di vista, di camminante ed ascoltatore, la marcia non e' stata una frattura ma una ricomposizione, non un gesto polemico verso altri settori del movimento ma una proposta di muovere tutti verso una collocazione più elevata (visibile e veggente), depurando il discorso da tante scorie, superando piccinerie e caligini che tutti ci danneggiano.

Era necessario essere finalmente chiari: circa vent'anni fa molti si accorsero che la nonviolenza era una "aggiunta" indispensabile alla loro azione politica. In vent'anni quell'acquisto e' stato offuscato, denaturato, ed infine dimenticato. Oggi lo si riafferma e lo si ripropone a tutti: a chi ha ormai i capelli inargentati o una lucida calvizie, ed a chi si affaccia adesso alla lotta.

Era necessario essere finalmente chiari: e rompere ad un tempo due rassegnazioni che sono due complicita': quella di chi non contrasta i potenti, e  quella di chi i potenti per contrastarli li imita e diventa come loro.

Era necessario essere finalmente chiari: contro tutti gli eserciti e le guerre.

Era necessario essere finalmente chiari: o la nonviolenza, o si e' complici.

Chi non ha capito che la nonviolenza e' la discriminante fondamentale, non ha capito il senso della nostra lotta.

Chi dopo Auschwitz ed Hiroshima ancora propugna o legittima l'uso delle armi, l'uso della violenza, come metodo d'azione, non puo' essere un nostro compagno di lotta giacche' e' invece un nostro avversario, checche' ne concioni. Cio' va detto chiaro.

Chi pensa di liberare l'umanita' facendo scorrere il sangue per le strade, non e' una persona confusa, e' un criminale asservito a una logica totalitaria.

Il movimento impegnato per la pace, contro la globalizzazione neoliberista, per la difesa della biosfera, non puo' permettersi di essere ambiguo, pena altre catastrofiche sconfitte: esso deve fare un salto di qualita', decidersi per la nonviolenza.

Chi pensa ancora di fare il furbo, chi si impanca a giustiziere, chi predica bene e razzola male, ma anche chi predica male ancorché razzoli bene, non puo' trovare in noi ne' un uditorio ne' dei compari.

E la marcia queste cose le ha dette. Era ora.

 

4. CINQUE TESI

 

I. Se vuoi la pace, ripudia la guerra. Ma ripudiare la guerra significa ripudiare tutte le guerre; significa contrastarne tutti gli strumenti, gli apparati, le logiche, le complicita' ideologiche e pratiche.

II. Se vuoi la pace, opponiti all'ingiustizia. L'ingiustizia e' infatti uno stato di guerra cristallizzato e permanente, e' l'oppressione del forte sul debole, del ricco sul povero, del malvagio sul mite.

III. Se rivendichi per te il diritto a vivere, a tutti devi riconoscere lo stesso diritto. Mi scrisse una volta Tomaso Serra (il grande anarchico di Barrali, di una infinita bonta'): tutti i problemi del mondo si risolverebbero se si attuasse questo consiglio: "Ama il prossimo tuo come te stesso". E' un antico consiglio cui sarebbe ora di dar retta. Gli anarchici la sanno lunga.

IV. La menzogna e' una forma di oppressione. Essa umilia la persona cui e' destinata, ne denega la dignita', pretende di trasformarla in oggetto, in utensile da manipolare, cancellandone la qualita' di essere senziente e pensante. Ma umilia anche la persona che la usa, poiche' la falsifica e diminuisce, la sfigura e costringe all'inautenticita', a vivere nella confusione, ad essere agente di caos di contro all'esigenza, sua e comune, di limpidezza e coscienza.

Il segreto e' una forma della menzogna: esso offende, avvilisce, opprime l'ignaro, e grava il portatore di un peso in precario equilibrio, lo rende cattivo (che in radice vuol dire: prigioniero).

La manipolazione, la mistificazione, la propaganda intesa come gioco del persuadere evidenziando alcuni argomenti ed occultandone alcuni altri, sono forme della menzogna, e dunque dell'oppressione, sull'altro e su di se'.

V. La nonviolenza, che Capitini chiariva essere anche e sempre nonmenzogna, e' il tentativo intellettuale e morale, teoretico e politico, di uscire da tanto dolore e vergogna: di contrastare l'inganno e l'oppressione, di opporsi alla guerra e all'ingiustizia, di affermare la dignita' propria e di tutti, di inverare quel che afferma una delle strazianti dolcissime voci ad un tempo angeliche ed interiori di Umberto Saba: "esser uomo tra gli umani, io non so piu' dolce cosa".

 

5. DA ASSISI A PRAGA E OLTRE

 

La lettera di Sergio e straordinariamente ricca e sollecitante, sia perche' vi traspare pienamente la qualita' della persona - lucida e appassionata nella sua generosa militanza per la pace e la giustizia, per la solidarieta' e la dignita' umana -, sia per la precisione e l'apertura con cui pone una serie di questioni che non possono essere eluse, e su cui e' necessario discutere.

Sono d'accordo con Sergio, le assenze dispiacciono sempre e richiedono un di piu' di riflessione sui nostri limiti e i nostri difetti. E mi pare che Lanfranco Mencaroni, nel suo nitido intervento di qualche giorno fa, cogliesse al riguardo un aspetto di grande interesse su cui occorre interrogarci.

Ma occorre altresi' saper relativizzare e procedere; sono cosi' tante le cose che ci uniscono con gli altri amici della nonviolenza che il fatto di non esserci incontrati per le strade dell'Umbria quel giorno mi pare poco rilevante. Mi basta pensare a tutte le iniziative alle quali non ho preso parte, e che pure ritenevo di grande valore, per concluderne che non e' significativo fare la conta di chi una domenica era in un posto e di chi era in un altro; cio' che veritieramente conta e' tutto il resto: la marcia il 24 settembre cominciava, non finiva. La sua utilita', il suo significato, e' qui.

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Due parole su un equivoco

Spendo due  parole sulla questione della presenza alla marcia degli amici del "campo antimperialista" (con cui sono in profondo disaccordo su un punto decisivo, va da se'), poiche' e' stata occasione di alcuni piccoli equivoci che meritano di essere chiariti, o perlomeno esplicitati e bene hanno fatto Enrico Peyretti, Sergio ed altri ad esaminare la cosa senza infingimenti.

Sulla bizzarra forma di partecipazione degli amici del "campo antimperialista" mi permetto tre rilievi di fatto:

- il primo, che e' strano che si aderisca ad una marcia per la nonviolenza senza essere d'accordo sull'unico punto del suo programma, cioe' la nonviolenza. Se non mi interessano le corse automobilistiche (e di fatto non mi interessano) non vado ad annoiarmi ed irritarmi al gran premio di Imola.

- Il secondo, a me non e' affatto piaciuta tutta la lunga commedia degli equivoci precedente la marcia (una commedia che ritengo non ingenua; come si dice tra noi spazzacamini: sono vecchio del mestiere e certe pratiche le conosco); non ci torno sopra poiche' ne ho gia' scritto a suo tempo (per gli antiquari: in uno dei  fascicoli di "In cammino verso Assisi").

- Il terzo, la presenza degli amici del campo antimperialista sara' stata anche sicuramente assai visibile (anche perche' rumorosa, a dispetto di quanto richiesto dagli organizzatori della marcia), ma era non solo numericamente esigua (lo rilevo solo perche' Sergio ha avuto una impressione opposta, ma dopo decenni che frequento e organizzo manifestazioni pubbliche ho il riflesso condizionato di contarle le rappresentanze, e qui si trattava di dieci-venti persone su alcune migliaia: una goccia nel mare, sebbene tra cimbali e stendardi alquanto comparisse a detrimento degli altri tutti) ma anche per nient'affatto rappresentativa della marcia del suo insieme.

Va da se' che questi amici non privi di meriti hanno diritto di manifestare quando e dove e come vogliono, ma se invito qualcuno ad un matrimonio e poi costui pretende di salire sull'altare e fare il festival della canzonacce da lupanare e da osteria, prima che attacchi a squarciagola con "la societa' dei magnaccioni" devo dirgli francamente che ha sbagliato indirizzo. Si era detto prima, non e' servito, pazienza.

Detto questo, mi ha fatto piacere che quelle persone alla marcia ci fossero, e trovo che abbiano avuto una condotta nell'insieme adeguata: qualche piccola prevaricazione e furberia si puo' anche sopportare con un pizzico d'ironia, altrimenti che amici della nonviolenza saremmo (a me, per esempio, certi trucchi e certe manovrette hanno fatto sorridere; mi chiedevo se gli autori davvero pensassero che eravamo tutti cosi' storditi da non capire il senso di certe zuzzurellonate).

Va da se' che io non avrei accettato un loro intervento dal palco perche' quello sarebbe stato un atto ambiguo: se vado alla marcia per la nonviolenza credo di avere il diritto che coloro che devono dare voce ai sentimenti ed al senso della marcia siano amici della nonviolenza.

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Da Assisi a Praga

Perche' questo conta (ed ho concluso con la Perugia-Assisi e passo alla vicenda di Praga, ed a quella contraddizione intrinseca della presenza dei cosiddetti "blu" - che inquietante esempio di neolingua orwelliana, rivelatrice di orwelliano bispensiero - tra i manifestanti): nessuno e' tanto becero e belluino da non saper stare una giornata senza menar le mani; la cosa decisiva e' che chi organizza una manifestazione stabilisca con chiarezza le regole di condotta, e chi partecipa ad esse si attenga. Questa e' la cosa decisiva, e su questo a Praga gli organizzatori sono stati peggio che ambigui, sono stati complici di azioni inammissibili; lo dico poiche' riconosco e condivido il dovere di manifestare, ma occorre manifestare in modo limpido e coerente, e non subalterno alla violenza dei potenti.

Del resto credo che se si facesse un congresso della societa' antropofagica universale, durante il congresso i partecipanti si limiterebbero a parlare, poiche' quella e' la ragione dell'incontro, e per le loro pratiche culinarie sceglierebbero altri momenti.

E cosi' e' per tutti: anche gli eserciti, quando fanno le parate militari, evitano di sparare sulla folla, sebbene la funzione del militare e' usare le armi, ed usare le armi vuol dire sempre e comunque disporsi ad uccidere, poiche' a quello le armi servono.

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Cio che chiedo

Quando chiedo che si organizzino manifestazioni nonviolente chiedo che si vincolino i partecipanti in quanto e finche' partecipano a quelle manifestazioni nonviolente ad attenersi alle regole di condotta nonviolente. Non mi pare di chiedere troppo.

Chi si e' trovato ad avere la responsabilita' di proporre ed organizzare una manifestazione pubblica sa quanta angoscia provoca la presenza di persone che si sottraggono alle regole di condotta condivise: basta un niente per provocare un disastro.

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Piantiamola di essere timidi

Ancora sulla violenza: piantiamola di essere timidi: diciamolo chiaro che le armi non sono giocattoli, e che chi si dispone ad usarle si dispone ad uccidere; e questa e' l'essenza della scelta militare, quali che siano le sue qualificazioni ulteriori. Ho partecipato alla marcia Perugia-Assisi con convinzione e sollievo proprio perche' affermava questa verita' fattuale: che le guerre sono sempre omicidi di massa, che le armi e gli eserciti servono a uccidere, e che quindi occorre opporsi integralmente alle guerre, alle armi, agli eserciti, senza stare a spaccare il capello in quattro.

Cio' che io radicalmente contesto e' il diritto di chicchessia (esercito, stato, gruppi, persone) ad uccidere. E' tutto qui. E non sono disponibile ad offrir copertura a chi pensa che invece uccidere e', se non addirittura come bere un bicchier d'acqua, una forma consentita e consacrata dell'agire politico. Sono contrario a questa posizione, che trovo raccapricciante sia dal punto di vista intellettuale che dal punto di vista morale.

Ora so bene che un militare o una persona non-nonviolenta (e queste ultime sono forse l'immensa maggioranza dell'umanita', almeno finche' non avranno tutti l'opportunita' di conoscere la riflessione e la prassi nonviolenta) non per questo sono dei sanguinari assassini (ci mancherebbe!); ho moltissimi amici non-nonviolenti ed anche molti amici militari, so che sono delle brave persone ed ho imparato ed imparo molto da ognuno di loro.

Ed ovviamente anch'io mi guardo bene dal definirmi nonviolento, contentandomi (e mi pare gia' di esagerare) di definirmi capitinianamente come un "amico della nonviolenza" conscio dell'estrema inadeguatezza della mia condotta ma anche che con questa definizione intendo tracciare una direzione, una rotta, una tensione.

Ma qui stiamo parlando di altro. E stiamo parlando di questo: se nel promuovere un'azione di lotta impegnativa e difficile, in situazioni di tensione, si possa ammettere la presenza di chi consapevolmente opera per provocare lesioni fisiche ad altre persone. Io lo ritengo inammissibile. Ed e' per questo che quando ad Aviano insieme ai Beati i costruttori di pace (che colgo l'occasione per salutare con affetto profondo e verace stima) abbiamo organizzato l'azione diretta nonviolenta del primo maggio '99, abbiamo stabilito regole di condotta rigide chiedendo a chi non aderiva ad esse di non venire quel giorno poiche' sarebbe stato di pericolo per se' e per gli altri.

Tra noi e i picchiatori e i frombolieri (o i teorizzatori e gli agiografi dei picchiatori e dei frombolieri: le parole sono pietre; lo so che c'e' differenza tra commettere il male ed applaudire ad esso, e giustamente la norma giuridica distingue; ma il giudizio morale va oltre la norma giuridica e sa che chi plaude alla violenza la violenza promuove), ebbene, non c'e' un rapporto come di due ali dello stesso movimento, non siamo nello stesso movimento, siamo due culture e due esperienze diverse ed in conflitto: noi siamo un soggetto politico che pensa e dice e fa alcune cose (sapendo di poter sbagliare ma cercando di non far pagare i propri errori agli altri, aborrendo sacrificare l'incolumita' altrui agli errori nostri); loro costituiscono un fenomeno sociale che esprime un disagio autentico, che profondamente ci interpella, che richiede strumenti ermeneutici adeguati, e per dirla tutta: che talvolta (ma raramente) e' animato da una sia pur obnubilata generosita', e che tuttavia commette delle scempiaggini scellerate. Ed alle scempiaggini scellerate occorre opporsi sempre. A Praga come ad Aviano.

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Per non concludere

Per dirla col Poliziano, non ho la pretesa di raddrizzar le cianche ai cani; ma cercar di convincere delle persone ad un atteggiamento responsabile quando vi e' il rischio di provocare lesioni irreversibili ad altri esseri umani, questo credo sia un diritto e un dovere. E' tutto qui. Non mi sembra molto. Ma non e' neppure niente.

Forse fare quello che cerca di acchiappare i ragazzi che cadono nel burrone dal campo di segale e' ridicolo; ma essere quello che ce li butta e' cinico. E siccome di cinici e' pieno il mondo, ed anche quel mondo nel mondo che pomposamente si autodenomina "area antagonista", io a questi atteggiamenti non sono corrivo.

Occorre invitare alla lotta contro l'ingiustizia, questo si'; invitare ambiguamente a correre il rischio di divenire assassini o assassinati, come fosse questioncella di poco conto, questo no.

Ovviamente, e la faccio finita, non si tratta di cambiare la testa alla gente, ma di chiedere a tutti una condotta che rispetti la vita, che consenta la convivenza, che promuova la liberta' e la dignita' di tutti.

Sergio, io e tanti altri lavoriamo per questo. E chiamiamo questa cosa, all'incirca, nonviolenza.

 

6. LA NONVIOLENZA CONTRO NAZISMO E TERRORISMO, IERI A VITERBO

[Ripubblichiamo qui il comunicato-stampa diffuso oggi dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo in relazione agli accadimenti di ieri in citta']

 

Con la nonviolenza contro tutte le violenze.

1. Condanniamo il  grave attentato terroristico avvenuto a Viterbo.

2. Condanniamo le ideologie del terrore e della morte, comunque si mascherino.

3. Ci opponiamo all'orrore neonazista, ai suoi complici ed a chi insensatamente lo imita e se ne fa scimmia e servo.

4. Con la nonviolenza ci opponiamo a tutti i razzismi, a tutte le violenze, per la dignita' di ogni essere umano.

5. Lanciamo un appello a tutti i viterbesi affinche' cessino le violenze squadristiche e dinamitarde a Viterbo.

Venerdi 13 ottobre dinanzi a piazza S. Carluccio con la nostra presenza ed il nostro silenzio abbiamo ricordato, da antirazzisti e nonviolenti, le vittime della shoah, l'orrore dei lager, e con cio' tutte le vittime, in una civile e ferma protesta affinche' mai piu' possa tornare il nazismo, affinche' sia rispettata la legalita' costituzionale, affinche' l'umanita' prevalga sulla disumanita'.

- Recando sul nostro petto le fotografie delle vittime della shoah;

- Diffondendo le indimenticabili parole di Primo Levi e di Piero Calamandrei;

- Con la frase di Heinrich Boell: ogni vittima ha il volto di Abele.

1. Condanna di un criminale, scellerato attentato.

Nella notte tra giovedi 12 e venerdi 13 a Viterbo e' stato commesso un attentato con esplosivi che ha danneggiato una centralina elettrica e ha distrutto un'automobile parcheggiata in piazza S. Carluccio, piazza su cui si affaccia un ristorante che il 13 ottobre ha ospitato un raduno neonazista.

Condanniamo con assoluta fermezza l'attentato terroristico.

Gli atti intimidatori, gli atti di violenza, lo spargimento del terrore, devono essere condannati e respinti sempre.

Gli autori di tale attentato col loro gesto si qualificano per sciagurati criminali folli e totalitari.

2. Condanna del raduno neonazista dell'associazione a delinquere Forza Nuova.

Condanniamo con assoluta fermezza altresi' il raduno neonazista a Viterbo promosso da una associazione a delinquere denominata "Forza Nuova" che non fa mistero di essere neonazista, razzista, antisemita: nei giorni scorsi ha inondato le mura di Viterbo di abominevoli manifesti basati su una ignobile caricatura antisemita.

E' del tutto evidente che tale associazione a delinquere e' imputabile di aver violato il dettato costituzionale in quanto ricostituzione di partito fascista.

E' del tutto evidente che tale associazione a delinquere e' imputabile di istigazione all'odio razziale.

Condanniamo altresi' l'atteggiamento a dir poco opaco ed ambiguo di importanti esponenti politici e pubblici amministratori locali che hanno preso parte al raduno, in sfregio ai valori della Costituzione della Repubblica Italiana; condanniamo il fatto che il raduno neonazista abbia potuto essere propagandato con manifestini in cui si affermava che avrebbero preso parte ad esso rappresentanti del Comune.

3. La protesta civile, democratica e nonviolenta della Viterbo antirazzista.

Venerdi 13 decine di donne e uomini viterbesi democratici ed antirazzisti, persuasi della nonviolenza, hanno manifestato dinanzi a piazza S. Carluccio l'opposizione al nazismo ed a tutte le violenze, l'opposizione dell'umano ad ogni ideologia e gesto disumano.

Abbiamo manifestato da antifascisti e da nonviolenti.

Abbiamo manifestato da amici di tutti i popoli e gli esseri umani oppressi.

Abbiamo manifestato come donne e uomini di pace.

* Abbiamo manifestato in silenzio:

affinche' dal nostro silenzio si levasse il ricordo della voce delle vittime dei campi di sterminio, la cui parola e' stata estinta per sempre da chi quelle donne e quegli uomini innocenti ha assassinato nei lager.

* Abbiamo manifestato con il nostro addolorato ricordo:

recando sui nostri petti le fotografie tremende delle vittime di Auschwitz, le vittime della Shoah.

* Abbiamo manifestato dando la parola ai testimoni che non sono piu' vivi:

diffondendo ai cittadini il testo della lapide murata nel Comune di Cuneo dettata dall'illustre giurista Piero Calamandrei: che si conclude con le memorabili parole "Ora e sempre Resistenza".

* Si', abbiamo manifestato dando la parola ai testimoni che non sono piu' vivi:

diffondendo il testo della grande poesia di Primo Levi che apre il libro Se questo e' un uomo.

Primo Levi: il nostro indimenticabile maestro.

* Abbiamo manifestato per coloro che non possono piu' manifestare perche' la loro vita e' stata soppressa:

abbiamo manifestato per tutte le vittime, recando sui nostri cartelli la frase di Heinrich Boell: "Ogni vittima ha il volto di Abele".

* Abbiamo manifestato nel rispetto della dignita' di ogni essere umano:

nessuno di noi ha commesso alcun gesto ostile, nessuno di noi ha pronunciato una parola di insulto. Dinanzi agli scomposti urlacci scagliatici contro da alcuni partecipanti al raduno neonazista, nessuno di noi ha reagito.

* Il nostro silenzio, la voce spenta delle vittime, la memoria della Shoah:

questa e' stata la risposta della Viterbo antifascista e democratica.

4. Cessi la violenza squadristica e dinamitarda a Viterbo.

Viterbo sta imbarbarendo, da alcuni anni si susseguono episodi di violenza inquietanti.

A tutti rivolgiamo un ennesimo appello: cessino le violenze squadristiche e dinamitarde.

Cessi ogni complicita' con chi propugna ideologie dell'odio e con chi commette violenze.

Si ricostruisca una convivenza civile.

Si scelga la nonviolenza come punto di riferimento.

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

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Numero 754 del 25 aprile 2013

 

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