[Nonviolenza] Telegrammi. 2022



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2022 del 22 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Non c'e' bisogno di dirlo

2. "Azione nonviolenta"

3. Il Centro studi "Sereno Regis" di Torino

4. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

5. Enrico Peyretti: Pier Cesare Bori. Vita, studi, morte di un sapiente (2012)

6. Per Jean-Paul Sartre, a centodieci anni dalla nascita

7. Angela Dogliotti Marasso presenta "La conta dei salvati" di Anna Bravo

8. Angela Dogliotti Marasso presenta "Raccontare per la storia" di Anna Bravo

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. NON C'E' BISOGNO DI DIRLO

 

Che le persone non vanno uccise ma aiutate, non c'e' bisogno di dirlo (e invece c'e' bisogno).

Che il razzismo e' un crimine contro l'umanita', non c'e' bisogno di dirlo (e invece c'e' bisogno).

Che la guerra sempre e solo consiste nell'uccisione di esseri umani, non c'e' bisogno di dirlo (e invece c'e' bisogno).

*

L'Italia rispetti le sue leggi: e quindi soccorra, accolga ed assista tutte le persone in fuga dalla fame e dalla guerra, dalle persecuzioni e dalle devastazioni.

L'Italia rispetti le sue leggi: e quindi cessi di sperperare 72 milioni di euro al giorno del pubblico erario per la guerra, per gli strumenti della guerra, per la preparazione della guerra; ed utilizzi invece queste ingenti risorse finanziarie per salvare le vite, per assistere le persone bisognose di aiuto, per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione, la giustizia, la difesa e la promozione dei diritti umani, la protezione della biosfera.

L'Italia rispetti le sue leggi: e quindi adempia agli impegni giurati nella Costituzione della Repubblica Italiana: pace e diritti umani, rispetto della vita e della dignita', giustizia e solidarieta'.

*

Al Parlamento italiano ancora una volta chiediamo:

a) riconoscimento a tutti gli esseri umani del diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro;

b) abolizione delle anticostituzionali, scellerate, criminali e criminogene misure che nel nostro paese hanno imposto e favoreggiano il razzismo, l'apartheid, la schiavitu';

c) riconoscimento immediato del diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti: "una persona, un voto";

d) concreto e coerente impegno a salvare le vite anziche' sopprimerle: e quindi provvedimenti per soccorrere, accogliere ed assistere le persone bisognose di aiuto; e quindi cessazione della partecipazione alle guerre, cessazione della produzione e del commercio di armi assassine, progressivo smantellamento dell'apparato militare sostituendolo con la Difesa popolare nonviolenta e con i Corpi civili di pace.

*

Che al male ci si possa opporre solo con il bene, non c'e' bisogno di dirlo (e invece c'e' bisogno).

Che per contrastare ed estinguere la violenza occorre la nonviolenza, non c'e' bisogno di dirlo (e invece c'e' bisogno).

Che vi e' una sola umanita', e che tutti gli esseri umani ne fanno parte, non c'e' bisogno di dirlo (e invece c'e' bisogno).

 

2. RIVISTE. "AZIONE NONVIOLENTA"

 

"Azione nonviolenta" e' la storica rivista del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964.

Recapito postale: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax: 0458009803, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

3. RIFERIMENTI. IL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO

 

Il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e' uno dei maggiori centri di studi, ricerche e iniziative nonviolente in Italia.

Recapito postale: via Garibaldi 13, 10022 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: http://serenoregis.org

 

4. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

5. AMICIZIE. ENRICO PEYRETTI: PIER CESARE BORI. VITA, STUDI, MORTE DI UN SAPIENTE (2012)

[Dal sito di Peacelink riprendiamo il seguente scritto di Enrico Peyretti del novembre 2012.

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68.

Pier Cesare Bori e' nato a Casale Monferrato il 3 febbraio 1937 ed e' deceduto a Bologna il 4 novembre 2012; docente universitario di filosofia morale, di storia delle dottrine teologiche, di diritti umani, ha insegnato nelle universita' di diversi continenti; ha lavorato nel campo dei diritti umani e collaborato con Amnesty International e varie esperienze ed iniziative pacifiste e nonviolente; figura di profonda spiritualita', uno dei maggiori maestri del pensiero nonviolento. Tra le molte opere di Pier Cesare Bori segnaliamo particolarmente: (con Gianni Sofri), Gandhi e Tolstoj. Un carteggio e dintorni, Il Mulino, Bologna 1985; Tolstoj oltre la letteratura, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; Per un consenso etico tra culture, Marietti 1991; L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1995; (con Saverio Marchignoli), Per un percorso etico tra culture, Carocci, Roma 1996, 2003; Pluralita' delle vie. Alle origini del Discorso sulla dignita' umana di Pico della Mirandola, Feltrinelli, Milano 2000; Universalismo come pluralita' delle vie, Marietti 1820, Genova-Milano 2004; CV 1937-2012, Il Mulino, Bologna 2012. Ha anche curato due importanti convegni di cui sono stati pubblicati gli atti: La pena di morte nel mondo, Marietti, Casale Monferrato 1983; e L'intolleranza: eguali e diversi nella storia, Il Mulino, Bologna 1985. Un'ampia bibliografia di Pier Cesare Bori (ovviamente da aggiornare) e' nel n. 112 del 5 febbraio 2001 de "La nonviolenza e' in cammino"]

 

Ricevo, lunedi' 5 novembre, la notizia della morte di Pier - prevedibile a breve, ma e' sempre troppo presto - mentre vedo le Alpi gia' tutte bianche, splendenti in un sole lucidato dal vento. Immagine dell'immensita'.

Un sms di Elena: "Pier e' nella pace". Ora, invisibile, rimane con noi, amico vibratile di sentimenti fini e grandi, di ricerca inesausta e sofferta, di cammino senza posa, di sete e passione di cio' che e' piu' vero e puro.

Scriveva agli amici nell'ultima sua mail, del 24 ottobre: "Eccomi! Mi commuove sentire la sollecitudine di tanti cari, vecchi amici, per la mia salute. Devo affrontare una recidiva del mesotelioma (tumore causato dall'amianto respirato in gioventu'), provando con una seconda chemioterapia, il cui esito non e' affatto certo. Questa chemio - oppure la malattia in se' - comporta vari malesseri e disagi fra cui un grande gonfiore del ventre. Quando ho saputo della recidiva, da cui non si guarisce, anche se si puo' provare a curare, ho scritto un testo autobiografico, che ho chiamato CV, curriculum vitae, con ironia. Se qualcuno di voi non ce l'ha e lo vuole, gli mando un  Pdf. Uscira' presto da Il Mulino, e ci sara' anche un Dvd, con molte mie foto. In tutto c'e' molto 'io' e 'mio', ma affidati e come dissolti in una quantita' di rapporti e di amicizie.

Non mi mancano le risorse spirituali per affrontare queste difficolta': la semplice preghiera di invocazione, la meditazione che ti aiuta a sorridere delle cose che passano. Ma ci sono e ci saranno momenti di angoscia e o di paura o di dolore fisico in cui e' difficile attingere a quelle risorse, mentre vorrei vivere al meglio anche quei momenti. Forse qualcuno di voi ha dei suggerimenti da darmi... Comunque, forza a noi tutti!  Un saluto caro a tutti, Pier Cesare".

Tengo in cuore l'immagine del 14 settembre, quando passai a casa sua: Elena preparava le pizze per tutti, Pier coi suoi compagni di lavoro e allievi in cerchio - c'ero anch'io sulla porta - consegnava, in qualche modo, l'eredita' della sua vita, illustrando il suo CV in bozze. Non lo perdiamo, noi suoi amici. I morti cari li abbiamo cosi' vicini che non si vedono.

Altri ricostruira' il suo cammino di studioso, ricercatore accurato sul piano storico e filologico, e mostrera' l'ampiezza dei suoi interessi religiosi, morali, nonviolenti. Bastino qui pochi cenni: la chiesa delle origini e la patristica, la storia dell'interpretazione biblica, il consenso etico tra le culture, la pluralita' delle vie, i diritti umani, l'opposizione alla pena di morte, la spiritualita' americana, cinese, giapponese (viaggio' e insegno' in questi continenti), la Bibbia, il movimento dei quaccheri (al quale appartenne senza rinnegare il cattolicesimo; diceva che quella dei quaccheri era "l'unica forma decente", o la piu' decente, di cristianesimo), il dialogo con l'islam, la pratica buddhista, Pico della Mirandola, Freud, Tolstoj, Gandhi, Simone Weil, Schweitzer... Guardando la sua bibliografia si vedra' quante finestre ha aperto a chi era in contatto con lui.

Insegnava filosofia morale (diceva: "Faccio scuola elementare universitaria", e qualche accademico credeva che fosse poco) soltanto leggendo e analizzando i testi da tutte le sapienze umane, di ogni tempo, il piu' possibile nelle lingue originali, che imparava. E faceva scuola in carcere, con lo stesso metodo che in universita' (vedi Lampada a se stessi), soprattutto con gli immigrati, i quali spesso scoprivano grazie a lui la dignita' della cultura e della spiritualita' dei propri popoli, e lo ricambiavano di amicizia e fiducia totale.

Pier Cesare e' morto per l'amianto respirato da ragazzo nell'aria di Casale Monferrato, dove abitava allora, e poi non piu'. Dopo piu' di mezzo secolo, il mesotelioma nel giro di due anni gli ha tolto il respiro. E' l'ennesima vittima di quel delitto industriale gia' condannato dal tribunale di Torino, ma ancora operante. E il picco della malattia dei contaminati arrivera' nel 2020. Operato l'anno scorso, con l'asportazione di un polmone, ha avuto una recidiva alcuni mesi fa, non guaribile, come lui sapeva bene.

Sabato pomeriggio Renata e Rino erano da lui. Mi scrive Rino: "Pier ha avuto momenti di sofferenza molto lenita e di bella vigilanza. Ad un certo momento, eravamo tutti piuttosto sereni, abbiamo trovato all'hospice una Bibbia e mi ha detto di leggere la prima lettera di Giovanni. Dopo che sono arrivato a leggere 2,9-11 mi ha detto di fermarmi. 'Di' qualcosa', ha aggiunto. Giro l'invito a tutti noi, per suggerimento di Renata".

Copio questi versetti. Ognuno puo' vedere la parte precedente: "Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, e' ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'e' in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello e' nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perche' le tenebre hanno accecato i suoi occhi" (1Gv 2,9-11).

Per me, Pier e' l'amico che ho sentito piu' prossimo come cammino e ricerca, fin dalla giovinezza, quando, a Roma, ventenni, lavoravamo insieme nella Fuci. Abbiamo continuato a parlarci, io ad imparare. Alla nostra eta' si parte alla spicciolata, ma non ci si perde. Pier amava un altro versetto del vangelo di Giovanni, caro ai quaccheri: "Era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo" (1,9).

*

Un sapiente morire

Il funerale di Pier Cesare, oggi, 7 novembre, e' stato poco funebre, e piuttosto un grato saluto corale, tenendo noi in cuore, con mite letizia, la memoria di cio' che ci ha dato.

Senza alcun segno religioso, e' stato un incontro profondamente religioso, se questa parola, anziche' confessionale, rituale, sacrale, vuol dire intimo, spirituale, se significa la ricerca di quel bene che chiama e unisce gli spiriti nella pluralita' delle vie.

E' stato un sapiente morire, quello di Pier Cesare: per nulla facile, ma consapevole, sereno, calmo, preparato, persino sorridente. Ce lo ha dimostrato in questi ultimi tempi. Ho colto riflesso anche nei suoi cari qualcosa di quella pace.

Ho portato a Elena anche il pensiero degli amici che non hanno potuto venire. Ma eravamo tanti all'Archiginnasio. La Bologna della cultura e dell'umanita' ha dato un saluto amichevole e autorevole a Pier, nella piu' bella semplicita' e amicizia.

Pier aveva chiesto dieci minuti di silenzio (secondo il culto dei quaccheri, senza nominarli), che sono stati di intensa comunione fra i presenti, aperta a quel mondo di relazioni larghe, nel tempo e nello spazio, che Pier Cesare ha vissuto. L'amicizia e' stata la preghiera che ha unito tutti, chi prega e chi non prega, chi prega in un modo e chi in un altro.

Come nel necrologio familiare, cosi' oggi la figlia Caterina ha denunciato che e' stato l'amianto respirato da giovane a Casale Monferrato, nel liceo vicino alla Eternit, che gli ha tolto il respiro, dopo tanto tempo. A Casale c'e' una vera epidemia ancora in corso.

Tra i desideri di Pier Cesare per il suo commiato c'e' anche che i suoi amici cattolici, se vogliono, possono ricordarlo in un'eucaristia, in una preghiera.

Come lui ha desiderato, siamo rimasti a lungo nel cortile incontrando in serena conversazione i tanti amici e conoscenti che lui morendo ha radunato.

Per me, quella di Pier e' stata la morte di un sapiente, nel senso piu' sobrio e serio della parola. E' un insegnamento per tutti, specialmente per chi di noi e' piu' avanti nella scuola della vita. Gli ho posato un bacio sulla fronte, per dirgli grazie.

Qualcuno ha notato che oggi, 7 novembre, e' il giorno anniversario della morte del "suo" Tolstoj.

 

6. MAESTRI. PER JEAN-PAUL SARTRE, A CENTODIECI ANNI DALLA NASCITA

 

Ricorreva ieri, 21 giugno, l'anniversario della nascita di Jean-Paul Sartre.

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Nato a Parigi il 21 giugno 1905, a Parigi scomparso il 15 aprile 1980, filosofo, scrittore, simbolo dell'intellettuale impegnato. Nel 1964 rifiuto' il Nobel per la letteratura. Tra le opere di Jean-Paul Sartre: dal punto di vita che qui piu' ci interessa segnaliamo almeno: tra i testi filosofici L'essere e il nulla, L'esistenzialismo e' un umanismo, Critica della ragion dialettica; tra i testi narrativi: La nausea, Il muro, L'eta' della ragione, Il rinvio, La morte nell'anima; tra i testi drammaturgici: Le mosche, Porta chiusa, Morti senza tomba, La sgualdrina timorata, Le mani sporche, Il diavolo e il buon Dio, Nekrassov; tra i testi critici e politici: L'antisemitismo, Che cos'e' la letteratura, Difesa dell'intellettuale; tra i testi autobiografici: Le parole. Tra le opere su Jean-Paul Sartre: per la biografia cfr. Annie Cohen-Solal, Sartre, Il Saggiatore, Milano 1986; ovviamente si veda anche la vasta opera memorialistica di Simone de Beauvoir; per un'introduzione al pensiero filosofico cfr. Sergio Moravia, Introduzione a Sartre, Laterza, Bari 1973; cfr. anche Ornella Pompeo Faracovi, Sartre. Una battaglia politica; Sansoni, Firenze 1974.

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Anche nel ricordo di Jean-Paul Sartre proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione da tutte le oppressioni.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

7. LIBRI. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO PRESENTA "LA CONTA DEI SALVATI" DI ANNA BRAVO

[Dal sito del "Centro studi Sereno Regis" di Torino riprendiamo questa recensione del 2013.

Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Angela Dogliotti Marasso segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004. Un'ampia intervista ad Angela Dogliotti Marasso e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 220; due piu' recenti interviste sono nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 345 e n. 439.

Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Tra le opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia,  Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008; (con Federico Cereja), Intervista a Primo Levi, ex deportato, Einaudi, Torino 2011; La conta dei salvati, Laterza, Roma-Bari 2013; Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014]

 

Anna Bravo, La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato, Laterza, Roma-Bari 2013.

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L'ultimo libro di Anna Bravo, La conta dei salvati, appena pubblicato da Laterza, e' stato presentato lunedi' 3 giugno [2013] al Centro Studi Sereno Regis.

Il sottotitolo gia' dice che cos'e' il libro: uno sguardo sulla storia del Novecento dal punto di vista del mantenimento della pace, alla ricerca del "sangue risparmiato". Un vero ribaltamento di prospettiva. Non il ridimensionamento della guerra nella storia, ma nemmeno l'accettazione acritica della sua presenza come fatto ineluttabile, pervasivo, periodizzante, "come se la pace fosse un dono della fortuna o un vuoto tra una guerra e l'altra, mentre e' il frutto di un lavorio umano, e' quel lavorio stesso" (p. 14). Lavorio che non solo e' essenziale vedere, ma al quale e' importante dedicarsi. Anche con una ricerca come questa. Secondo una visione del mondo che non attribuisce alla violenza il primato nelle civilta' umane, perche', se cosi' fosse, come scrive Gandhi, non ci sarebbe piu' un solo uomo vivo oggi (1).

Nella sua ricerca su questa strada, Anna Bravo evidenzia due modelli, cosi' semplificati: "la nonviolenza gandhiana, che non fugge il conflitto, non esclude il sangue, guarda lontano; la scelta di salvaguardare l'esistente - persone, rapporti, cose - nell'immediato, dandogli priorita' sull'avvenire" (p. 228).

Due opzioni che, pur non contrapponendosi, coincidono solo in parte, ma che, insieme, contribuiscono a costruire il racconto di una storia "invisibile", da mettere in luce.

"Sarei felice se questi racconti servissero a ribadire due preziose ovvieta': che fare qualcosa o non farlo dipende dai rapporti di forza, ma quasi altrettanto dalla forza interiore, e che il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato" (p. 17).

Il tema del "fare qualcosa" mi sembra il filo rosso che connette tutte le narrazioni e porta in primo piano il ruolo della soggettivita' nella storia, nella convinzione che "la storia non e' il prodotto di forze impersonali, ma del fronteggiarsi fra natura, struttura, soggetti (e caso), dove i soggetti sono il fattore principe" (p. 54).

Siano essi i soldati che fraternizzano nelle trincee della Grande Guerra o gli abitanti dei due villaggi bulgari che proteggono i propri vicini appartenenti alla minoranza cristiana o turco-musulmana, dagli eserciti della propria parte, maggioritaria (capitolo secondo); oppure le donne che in Italia dopo l'8 settembre 1943 praticano un "maternage" di massa procurando abiti civili ai militari dispersi e ricercati dai tedeschi occupanti per spedirli nei campi di prigionia in Germania, o i contadini che nascondono nelle proprie case prigionieri alleati a rischio della vita (capitolo quarto); o ancora i resistenti civili danesi che riescono a far fuggire quasi tutti i "loro" ebrei, sottraendoli alla Shoah (capitolo quinto); o personaggi come il mite Rugova nella resistenza nonviolenta del Kosovo contro l'oppressione serba (capitolo sesto) o il Dalai Lama e i monaci buddisti nella lotta per liberare il Tibet dall'occupazione cinese (capitolo settimo).

Il terzo capitolo, interamente dedicato a Gandhi, e' una rilettura insieme appassionata e critica della figura e dell'operato del Mahatma come fondatore di una nuova politica, che sfugge alle regole del gioco fissate dai colonizzatori e ne inventa di nuove, che fanno della nonviolenza una rivoluzione spirituale, sociale, morale: fatti capire con il tuo stile di vita e il tuo linguaggio; non obbedire a leggi contrarie alla tua coscienza; rifiuta di umiliare l'avversario; dai alla controparte, con il tuo comportamento, il coraggio di cambiare...

Liberando l'iniziativa e il coraggio dal vincolo della violenza, Gandhi ridefinisce cosi' anche i modelli di genere, facendo incontrare "la virilita' con la mitezza e l'energia combattiva con la femminilita'" (p. 62).

Stupende le pagine nelle quali l'autrice racconta la lotta di Gandhi "contro l'India, per gli intoccabili", nella quale egli cerca di rimuovere uno dei flagelli storici della societa' indiana, l'esistenza dell'intoccabilita', e quella "contro l'India, per l'unita'", lotta che culmina nel cosiddetto "miracolo di Calcutta", l'accordo di pacificazione tra indu' e musulmani, siglato pochi mesi prima dell'assassinio del Mahatma ad opera di un fondamentalista indu'.

Ma, sebbene il modo nel quale Gandhi ha condotto l'India alla conquista dell'indipendenza dall'Impero britannico abbia consentito di risparmiare molto sangue, sia indiano, sia inglese, Anna Bravo non nasconde i lati oscuri presenti anche nella nonviolenza gandhiana quando, anziche' risparmiare il sangue Gandhi accetta non solo l'autosacrificio fino alla morte (scelta estrema, e tuttavia in certi contesti comprensibile), ma anche la scelta del satyagrahi di versare il sangue inerme, come potrebbe essere quello del proprio figlio, per la causa.

Molti sarebbero ancora gli spunti e le riflessioni da riprendere. Mi limito a due: una in riferimento al caso danese, l'altra sull'esperienza del Kosovo.

Cosa ha reso possibile, in Danimarca, il salvataggio di quasi tutti gli ebrei presenti nel paese, nonostante l'occupazione nazista? Certo il fatto che la Danimarca fosse un paese con una democrazia matura e coesa, la presenza di un patriottismo costituzionale e l'adesione al primato dei diritti umani. Ma tutto cio' non sembra sufficiente. Anche qui va rilevata la presenza di una personalita' originale come quella del pastore luterano e pedagogista Nikolai Frederik Severin Grundtvig, che a meta' Ottocento e' stato all'origine di un movimento culturale-politico-religioso capace di salvaguardare una cultura popolare autonoma e di concepire una comunita' che non prevale sull'individuo ma ne stimola la consapevolezza e la responsabilita'.

Anche grazie a questa cultura i danesi sono stati capaci di resistere nel Nordschleswig sotto la Prussia, ricavandone due precisi insegnamenti: "il nazionalismo culturale puo' avere successo dove l'esercito ha fallito; la lotta senza armi deve essere onorata con fierezza come (o al posto di) quella armata". "E' una valorizzazione pubblica della combattivita' nonviolenta e una strada per l'identificazione fra ebrei e danesi. Che con l'occupazione si trovano virtualmente senza territorio, minacciati nella loro esistenza autonoma, con la sola risorsa delle loro tradizioni e del loro spirito di gruppo. Massimo esempio di un popolo che ha mantenuto le sue culture, la sua religione, le sue lingue grazie a una millenaria resistenza inerme, gli ebrei sono la prova vivente e confortante che si puo'. Per questa via entrano a pieno titolo nel cerchio del noi" (p. 145).

E' cosi' che si salvano gli ebrei danesi e che la resistenza civile punta soprattutto a limitare la sofferenza della popolazione, a risparmiare quanto piu' sangue possibile. Anche verso il nemico: piu' che aggredirlo e distruggerlo si cerca di contagiarlo, di guardarlo come una "alterita' composita e decifrabile, anziche' come massa indifferenziata" (p. 152). Si evitano le generalizzazioni e la polarizzazione, che incrementa la violenza del conflitto. Non stupisce che la soffiata che permette il salvataggio degli ebrei venga dal campo avverso, degli occupanti: Georg Ferdinand Duckwitz, del commissariato del Reich, e Helmuth von Moltke, membro dell'intelligence militare ed esponente della resistenza tedesca.

Sul Kosovo Anna Bravo mostra e valorizza cio' che la storia ufficiale non ha mai voluto, o non e' stata capace, di vedere: la resistenza nonviolenta come alternativa alla guerra.

Fin dal 1990, anno della riconciliazione contro le faide, promossa dall'antropologo Anton Cetta per convincere che solo il perdono puo' liberare dal peso del sangue e sviluppare una vera coesione, prende piede un movimento di resistenza che ha momenti di alto valore simbolico, come il "funerale della violenza" nel 1991, e culmina nell'organizzazione del governo e delle istituzioni parallele per rispondere alla "serbizzazione" del Kosovo. Solo i movimenti nonviolenti si accorgeranno di questi processi in atto e li sosterranno (Comunita' di Sant'Egidio; Rete delle Donne in nero, Campagna Kosovo, presente con una Ambasciata di pace a Pristina aperta da Alberto e Anna Luisa L'Abate nel 1995).

In questo contesto nasce la leadership di Rugova, il politico mite che non ama definire nemici i serbi e vittime i kosovari e punta piu' che sulla questione "etnica" sulla democrazia e sui diritti umani, su uno stato senza esercito e aperto a tutti.

Nonostante la crisi della nonviolenza dopo gli accordi di Dayton, che non prevedono soluzioni per il Kosovo, le critiche di moderatismo a Rugova, lo sviluppo dell'Uck e l'emarginazione dell'ala nonviolenta a Rambouillet, che avra' come conseguenza la guerra, nelle elezioni del 2000 il partito di Rugova, l'Ldk, conquista 26 municipi su 30 e l'anno dopo lo stesso Rugova e' riconfermato presidente. Come si spiega questo successo?

"Dietro la rinnovata fiducia a Rugova potrebbe esserci proprio l'estremismo con cui lungo dieci anni ha lavorato per un futuro senza sangue - disarticolando il trinomio armi-potenza-potere - ripetendo ai suoi che l'amore al Kosovo non si misura sull'odio per i serbi" (p. 190) e che e' necessario criticare anche il nazionalismo albanese.

"Chi altri ha avuto il coraggio di dire lo stesso, di opporsi alla mortifera idea di nazione propagandata da Uck, Milosevic, Tudjman, Izetbegovic?" (p. 190) e andare oltre le identita' nazionali, non erigere barriere tra "noi" e "loro": forse il consenso dei kosovari a Rugova deriva proprio dall'aver capito che la pace puo' nascere solo dall'unita' e dall'integrazione, nel rispetto delle differenze.

Perche' questa storia non era mai stata scritta (al di fuori dell'ambito ristretto dei movimenti nonviolenti)? Forse perche' un successo della nonviolenza avrebbe incrinato la visione del mondo (spesso sofferta, detestata, ma potente) secondo cui solo la violenza puo' contrastare la violenza (p. 192).

Potenza delle visioni del mondo!

Finche' prevarranno quelle basate sulla logica della violenza, della lotta per la sopravvivenza e della competizione e non quelle basate sulla consapevolezza dell'interdipendenza e sulla necessaria unita' del genere umano, nella salvaguardia delle differenze (Danesh (2)), sara' difficile far crescere una vera cultura di pace.

Per fortuna ci sono dei passi che vanno in quella direzione.

*

Note

1. "Il fatto che vi sono ancora tanti uomini vivi nel mondo dimostra che questo non e' fondato sulla forza delle armi ma sulla forza della verita' e dell'amore. Dunque la prova piu' grande e inconfutabile del successo di questa forza deve essere vista nel fatto che malgrado tutte le guerre che si sono avute nel mondo, questo continua ad esistere" in M. K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, pag. 65.

2. H. B. Danesh, Education for Peace Reader, Efp Press, Victoria, Canada.

 

8. LIBRI. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO PRESENTA "RACCONTARE PER LA STORIA" DI ANNA BRAVO

[Dal sito del "Centro studi Sereno Regis" di Torino riprendiamo questa recensione del 2014.

Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Anna Bravo, Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976]

 

Anna Bravo, Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014, pp. 224, euro 18. Traduzione di Jonathan Hunt.

*

Il "Centro internazionale di studi Primo Levi" ha da poco pubblicato, per i tipi di Einaudi, la "lezione Primo Levi" di Anna Bravo "Raccontare per la storia".

Il testo si articola in due parti: la lezione della storica torinese su alcuni aspetti significativi, per la storia, dell'opera di Primo Levi, e un'Appendice che raccoglie i testi dell'autore cui si fa riferimento nella lezione e testi di altri autori/autrici su temi analoghi a quelli affrontati da Levi, in termini simili o opposti.

Il titolo, apparentemente enigmatico, e' in realta' una chiara esplicitazione del rapporto tra memoria e storia nel racconto di Primo Levi: un racconto "per" la storia della Shoah e per la costruzione di una memoria pubblica capace di riflettere sulla condizione umana proprio a partire da eventi estremi come l'esperienza di Auschwitz.

Anna Bravo sceglie tre temi, tra le tante lezioni che Primo Levi ha offerto alla riflessione storica:

la deportazione per motivi razzisti, la "zona grigia", la violenza dei "giusti".

La storiografia del dopoguerra, fortemente attratta dall'esperienza della Resistenza come "embrione di una societa' diversa" aveva trascurato la storia della deportazione. Il deportato, il prigioniero e, a maggior ragione, l'ebreo, ultimo degli ultimi nella gerarchia dei prigionieri, sono figure oscurate dal primato del combattente in armi, e cio' bene evidenzia il legame che si stabilisce nella memoria pubblica tra cittadinanza e uso delle armi (chi meglio rappresenta il "cittadino" e' il soldato combattente, almeno dalla rivoluzione francese in poi...). Levi, invece, mette in primo piano non l'epica del guerriero ma la condizione di chi, nell'ordine aberrante del lager, si ritrova ad occupare l'ultimo gradino a causa di una ideologia razzista.

E' questa la prima lezione che egli offre alla storia.

La seconda lezione sta nel coraggio di proporre categorie nuove per rileggere la Shoah: una di queste e' il concetto di "zona grigia", realta' ambigua "dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi", "classe ibrida dei prigionieri-funzionari". Di qui si sviluppano diverse questioni che Anna Bravo analizza, anche nelle banalizzazioni che il concetto ha subito in seguito o nella sua trasformazione da concetto a metafora, usata per rappresentare "ogni realta' che appare opaca, nascosta, mal definita" (p. 73), perdendo cosi' molto del suo significato originario e dei suoi caratteri fondanti.

Nella storiografia e nella memorialistica della Resistenza il concetto e' stato usato a volte in modo distorto come un "liberi tutti" dalle responsabilita' del passato o per indicare l'attendismo di chi non ha scelto tra resistenza armata e fascismo, dimenticando cosi' la realta', "invisibile" a questi occhiali, dei resistenti senza armi, che "attendisti" non sono, piuttosto resistenti in modo diverso, non armato, ma non per questo meno efficace, all'oppressione nazifascista.

La lezione di Primo Levi si puo' invece ritrovare nelle numerose e recenti ricerche di storia locale sulle stragi nazifasciste, volte ad affrontare "con franchezza il processo che porto' alcune comunita' a trasferire la responsabilita' dai tedeschi ai partigiani" perche', come lui, "conducono un'analisi accurata dei conflitti, paure, rancori innescati o esasperati dalla strage, dei poteri locali" (p. 85).

Infine, il concetto di "zona grigia" consente a Levi di riformulare la questione del giudizio morale sui prigionieri che hanno contribuito al funzionamento del lager, nei confronti dei quali spesso il giudizio e' stato in genere molto duro: in quanto collaboratori sono dei traditori, secondo un'ottica bipartita carnefice/vittima. Attribuendo i "colpevoli" al campo avverso e preservando "l'immagine di purezza assegnata al popolo delle vittime" (p. 87), infatti, si crea una netta separazione tra gli uni e gli altri, che e' certo piu' tranquillizzante, ma meno idonea a cogliere la complessita' del reale.

Riconoscere, invece, l'esistenza di una "zona grigia", lungi dal portare a confondere le due condizioni o ad affermare che viviamo tutti inconsciamente dinamiche di vittima/carnefice, aiuta a vedere il limite presente anche nel comportamento di chi si trova in una posizione di offeso, di vittima (perche' l'innocenza assoluta non e' data), come accade ad esempio nell'episodio raccontato da Levi nel quale egli si sente colpevole di "nosismo" (l'"egoismo esteso a chi ti e' piu' vicino") perche', assetato, ha diviso le poche gocce d'acqua solo con l'amico piu' caro e non con gli altri compagni di squadra. E quindi aiuta ad avere un atteggiamento capace di meglio comprendere anche il "collaboratore", pur distinguendo le varie forme e i diversi tipi di comportamento messi in atto in tale ruolo.

A questo proposito Anna Bravo commenta: "E' vitale stringersi fra simili, movimento istintivo che consente di comunicare e di agire in solido. E' mortifera la trasformazione della comunanza in complicita', degli aggregati in clan belligeranti che vedono in se stessi il luogo dell'umanita', negli altri il luogo della sua negazione" (p. 97).

Ecco un'altra profonda lezione che ci viene da Primo Levi.

Forse, osserva ancora Anna Bravo, l'intero capitolo sulla zona grigia si puo' leggere anche come una difesa/diffida dalle idealizzazioni.

L'ultimo tema scelto da Anna Bravo nella sua lezione su Levi e' quello della riflessione sulla violenza dei "giusti", sulla giustizia punitiva partigiana, sul dolore provocato non solo a chi ne e' colpito ma anche a chi lo esercita.

Anche qui Levi dimostra che "non si passa indenne attraverso il male altrui" e che i dilemmi sul male minore, su come fare la scelta giusta quando nessuna scelta appare veramente tale perche' comporta una uccisione, sono parte viva e sofferta dell'esperienza resistenziale, dilemmi che in quanto tali vanno riportati alla luce come Primo Levi fa limpidamente, con profondita' e concretezza.

E' un'altra sua grande lezione per la storia.

La riflessione di Anna Bravo ce lo ricorda con passione e rigore.

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Benedetto Croce, La mia filosofia, Adelphi, Milano 1993, pp. 380.

- Benedetto Croce, Filosofia poesia storia, Ricciardi, Milano-Napoli 1951, Adelphi, Milano 1996, Biblioteca Treccani - Il Sole 24 ore, Milano 2006, 2 voll. di complessive pp. CXVI + 1296.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2022 del 22 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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