[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 55



 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 55 del 21 agosto 2015

 

In questo numero:

1. Tre pilastri per l'impegno per la pace e i diritti umani

2. Dieci criteri utilizzabili per l'impegno per la pace e i diritti umani

3. Maria G. Di Rienzo (a cura di): Manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte seconda)

4. In memoria di Piero Martinetti

 

1. REPETITA IUVANT. TRE PILASTRI PER L'IMPEGNO PER LA PACE E I DIRITTI UMANI

 

L'impegno di pace si concretizza e si articola in iniziative di pensiero ed azione sui tre pilastri:

- l'opposizione alla guerra e a tutte le uccisioni e le devastazioni;

- l'opposizione al razzismo e a tutte le persecuzioni e le segregazioni;

- l'opposizione al maschilismo e a tutte le oppressioni e le violenze (il maschilismo essendo effettualmente la prima radice antropologica di tutte le altre violenze storiche).

Da questi tre pilastri consegue l'impegno in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani e l'impegno per la salvaguardia della biosfera.

Questo impegno invera coerentemente i principi della Costituzione della Repubblica Italiana e della Dichiarazione universale dei diritti umani.

 

2. REPETITA IUVANT. DIECI CRITERI PER L'IMPEGNO PER LA PACE E I DIRITTI UMANI

 

1. Pace e' opposizione alla guerra e alle violenze, alle uccisioni e alle persecuzioni, alle devastazioni ed alle deprivazioni, alla riduzione in schiavitu' e all'abbandono nella solitudine, nella miseria e nella disperazione.

2. Pace e' responsabilita' per l'altro: riconoscimento, rispetto e difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani; in primo luogo dei piu' fragili, dei piu' sofferenti, dei piu' bisognosi.

3. Pace e' condivisione dei beni e dei diritti, impegno per il bene comune; e quindi opposizione ad ogni potere che sottrae ad altri quel che occorre per vivere una vita degna, sobria, solidale; pace e' convivenza e dono.

4. Pace e' difesa della biosfera, casa comune dell'umanita' e mondo vivente di cui l'umanita' stessa e' parte; e quindi e' custodia dell'ecosistema nel rispetto della pluralita' e della diversita' delle vite, del diritto all'esistenza non solo degli esseri umani ma anche degli altri esseri viventi; e' prendersi cura del mondo.

5. Pace e' opposizione alla menzogna, che nega la dignita' umana in cio' che le e' piu' peculiare: la capacita' di comprendere; e' quindi anche empatia, capacita' di comprensione non solo concettuale ma anche affettiva, riconoscimento e rispetto dell'altro, atteggiamento costantemente dialogico.

6. Pace e' lotta contro l'ingiustizia, poiche' l'ingiustizia nega l'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani; pace e' riconoscimento ad un tempo dell'eguaglianza di diritti e della peculiare diversita' di ogni persona, e pertanto essa afferma ad un tempo la giustizia e la liberta' connesse in un sinolo indissolubile; e' la compassione che mai nega ascolto ed aiuto.

7. Pace e' anche educare alla pace: si educa comunicando sapere e saggezza; nutrendo la consapevolezza, l'autonomia e la responsabilita'; dando l'esempio; compiendo l'azione buona.

8. Pace e' comunicazione e cooperazione, ascolto reciproco ed agire comune riconoscendo e valorizzando il contributo di ciascuno: da ciascuno ricevendo secondo le sue capacita', a ciascuno donando secondo i suoi bisogni.

9. Pace e' innanzitutto e fondamentalmente opposizione alla dominazione maschilista, che e' la radice di tutte le altre violenze.

10. Per tutto quanto precede pace e' dunque innocenza che agisce, ricerca e adesione alla verita', operare per salvare le vite, costruzione del bene comune, etica e politica della solidarieta' che ogni essere umano riconosce, raggiunge, sostiene. Racchiudendo tutti questi significati in un solo concetto, in una parola sola, in un unico impegno, diremo dunque che - nella sua concretezza, nella sua irradiazione, nella sua dinamica, nella sua pienezza - pace e' nonviolenza.

 

3. STRUMENTI. MARIA G. DI RIENZO (A CURA DI): MANUALE PER L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA (PARTE SECONDA)

[Riproponiamo questo manuale curato da Maria G. Di Rienzo che ha avuto ampia circolazione nello scorso decennio nei movimenti ecologisti, femministi, nonviolenti.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

Il processo del consenso condiviso

Il consenso condiviso e' una forma per prendere decisioni di modo che esse siano cooperative e non coercitive. Sebbene sia in se' piuttosto semplice, di solito richiede qualche sforzo per essere capito e praticato, e un po' di esperienza per funzionare bene. In breve: un gruppo di persone si riunisce, solleva una questione, la discute, ipotizza varie soluzioni e sceglie quella che soddisfa l'intero gruppo.

Il consenso non e' unanimita': la decisione finale, di solito, non coincide con la prima preferenza di ciascun individuo del gruppo, e ci saranno persone a cui il risultato finale non piacera' parzialmente o del tutto, ma sara' una decisione a cui tutti avranno acconsentito e a cui ciascuno sara' disposto, a livelli diversi, a cooperare.

Se non c'e' l'onesta volonta' di venirsi incontro, il consenso condiviso non funziona. Non funziona quando vi sono individui che vogliono mantenere posizioni di potere, che non possono o non vogliono cooperare. Il consenso condiviso e' un processo che permette a ciascun individuo del gruppo di partecipare e di lavorare e prendere decisioni insieme agli altri, in maniera nonviolenta: un risultato di vera democrazia, che di solito attrae molto la gente che ha sofferto a causa di dominio od oppressione. Il consenso da' alla gente il potere di prendere decisioni, e allo stesso tempo richiede a ciascuno di assumere responsabilita' per tali decisioni. Non rinuncia al potere (e' potere-insieme), non chiede di trasferire responsabilita' su rappresentanti, ma domanda che noi la si assuma completamente.

L'alternativa e' il voto, ma il voto e' qualcosa di diverso da un processo di incontro: e' piuttosto una procedura. Il voto implica che una parte del gruppo non sara' assolutamente soddisfatta, e non portera' il proprio contributo all'azione comune o lo portera' in misura molto minore di quanto avrebbe potuto. Anche il voto puo' produrre decisioni finali soddisfacenti, ove ci si trovi in presenza di un gruppo in cui ciascun individuo e' sereno e tollerante, o dove l'opinione sulla questione sia unanime, ma questa e' una situazione limite, difficile da sperimentare: e' piu' facile che ci si trovi invece in presenza di competizione per il potere nel gruppo, con la conseguente frattura in fazioni ed il rischio di coercizione.

Se il processo del consenso e' agito bene, ciascun membro del gruppo potra' esporre le sue idee, le sue preoccupazioni e le sue opinioni. A differenza del voto, il consenso da' valore al sentimento, all'emozione, al come-ci-si-sente, perche' questo, nell'azione diretta nonviolenta, fa la differenza. (Nessuno avrebbe potuto ordinare a centinaia di persone, a Seattle, di farsi arrestare perche' la maggioranza aveva votato e deciso, ma centinaia di persone motivate dal processo del consenso hanno deciso volontariamente di patire l'arresto: responsabilmente, e sostenute dai gruppi di supporto).

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Passi del consenso:

Questione portata alla ribalta: qual e' il problema?

Chiarificare il problema, metterlo nel contesto.

Discussione finalizzata a tirar fuori idee, preoccupazioni, prospettive.

Notate i consensi e i disaccordi su ciascuna proposta e le ragioni che li sostengono. Discutete queste ragioni.

Sintetizzate le idee/soluzioni proposte, vedete se e' possibile una terza via che comprenda anche soluzioni apparentemente non conciliabili.

Valutate le differenti idee finche' una sembra incontrare il favore del gruppo. A questo punto ciascuno dovra' esprimere chiaramente il proprio consenso.

Stabilite ora come la decisione diventera' azione concreta: chi fara' che cosa e dove e quando.

Assicuratevi che nulla sia lasciato in sospeso. Ribadite i punti essenziali dell'azione che e' stata decisa prima di chiudere.

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Esempio: "Il caso del ristorante cinese" (di Susan Sandler)

Otto persone vogliono andare a mangiare insieme in un ristorante. Bisogna decidere quale.

Unanimita': accade che la prima preferenza espressa da tutti e tutte sia un ristorante messicano (bello se succede, ma come sapete non accade molto spesso tranne che fra due persone).

Seguire il/la leader: una persona vuole andare ad un ristorante veneto tipico e gli altri/le altre vogliono fare cio' che questa persona desidera piu' di quanto vogliano mangiare il cibo che preferiscono; oppure, credono che questa persona sappia meglio di loro qual e' il bene per tutti (la decisione viene presa facilmente, ma si basa sulla bassa autostima delle persone e sul "culto della personalita'" del/della leader).

Compromesso: alcuni vogliono andare a mangiare la pizza, altri vogliono andare in un ristorante che serva pesce, altri ancora vogliono andare al ristorante vegetariano. Si decide che questa volta si andra' a mangiare la pizza, la prossima a mangiare pesce, e la prossima ancora al ristorante vegetariano (nessuno ha veramente quello che voleva, ma ognuno ha almeno una parte di cio' che voleva).

Maggioranza: Se cinque persone vogliono andare a mangiare pesce, due vogliono andare al ristorante vegetariano, e una vuole la pizza, si decide di andare a mangiare pesce, perche' e' questo che la maggioranza vuole (soddisfa la maggioranza delle persone, ma la minoranza si sente frustrata e puo' allontanarsi se continua a perdere troppe volte).

Intensita' delle preferenze: lo scenario e' quello precedente. Ma le due persone che vogliono andare al ristorante vegetariano sono vegetariane, e si rifiutano di mangiare pesce, mentre quello che vuole la pizza non puo' spendere piu' di 15.000 lire. Le persone che sono vegetariane hanno ragioni molto forti per non andare a mangiare pesce, mentre quelle che lo desideravano non ne hanno di altrettanto forti se non quello di mangiare qualcosa di "diverso dal solito"; pero' la persona che vuole la pizza non puo' permettersi il ristorante vegetariano: cosi', si va tutti a mangiare la pizza (questo e' il tipo di decisione detta "minimo comun denominatore" e di solito non e' del tutto soddisfacente).

Incontrare i desideri di ciascuno, ovvero il consenso condiviso: si decide per un ristorante cinese: e' qualcosa di diverso dal solito, ha piatti di pesce e piatti di verdure, e ciascuno contribuira' a coprire la spesa per la persona che non puo' spendere piu' di 15.000 lire (i desideri di ciascuno sono stati incontrati, si e' trovata una soluzione e tutti sentono che e' la migliore. Non vi e' stato compromesso o amalgama delle preferenze, ma una "terza via").

Notate questo: ciascuna delle decisioni puo' essere presa cooperativamente (tutti sono d'accordo che la soluzione trovata e' la migliore), in modo coercitivo (la gente contraria viene convinta per intimidazione o paura, ecc.), per esaurimento (la gente concorda per stanchezza, perche' non ha piu' voglia di trovare una soluzione, ecc.). Il consenso condiviso e' lo spirito che informa il processo, ovvero la volonta' di venirsi incontro, piu' che la forma del processo stesso. Tenete quindi presente, quando lo usate, che non e' necessario avere "vincitori e vinti" in una discussione: potra' esserci un'idea totalmente nuova che terra' insieme le prospettive ed i desideri di tutti e tutte.

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I problemi piu' comuni durante il processo decisionale (e come superarli)

Scarso ascolto:

Marta dice: "Credo che il convegno dovrebbe avere piu' relatrici, i relatori sono quasi tutti uomini. Ad esempio, invece di Paolo potrebbe parlare Giovanna, che e' dello stesso gruppo".

Enrica risponde: "Non credo che nessuno dovrebbe rimpiazzare Paolo, e' bravissimo, ha fatto tanto nell'ultima azione".

E Riccardo dice: "Io invece sono d'accordo con Marta, neppure a me piace Paolo".

Notate bene: Marta non ha detto ne' che Paolo non sia competente, ne' che Paolo non le piaccia...

Possibili soluzioni: ponete all'attenzione del gruppo il fatto che non ci si sta ascoltando chiaramente, suggerite di lasciare un piccolo spazio di silenzio fra gli interventi, di modo che ognuno possa riflettere su quanto e' stato detto prima di parlare. Lo scarso ascolto puo' essere prodotto da un clima agitato e nervoso: cercate di minimizzare la tensione dando messaggi di empatia e comprensione, anche con linguaggio non verbale.

Mancanza di centratura: Ovvero, la gente parla di istanze differenti o di differenti aspetti della stessa istanza e non si capisce.

Possibili soluzioni: fate una lista delle questioni che ognuno vuole discutere, sistematizzatele in categorie (organizzazione, raccolta fondi, ecc.) e affrontatele una per una. Oppure, dividetevi in piccoli gruppi che siano interessati a parlare di un'istanza specifica o dello specifico aspetto della stessa.

Ripetizioni: la gente continua a ripetersi e pare che non si stia andando verso nessun accordo. Per esempio Marta dice: "Quest'idea non mi piace". E Riccardo risponde: "A me si', penso che sara' divertente". E Marta replica: "Sara' anche divertente, ma a me non piace". E Riccardo: "Dovremmo farlo. E' divertente". E Marta: "Ma a me non piace..." e via di seguito.

Possibili soluzioni: uscite dalla secca cercando di determinare le aree e le ragioni dell'accordo o del disaccordo sull'idea; portate all'attenzione del gruppo che ci si sta ripetendo e chiedete a Marta e Riccardo di tirar fuori altre idee, chiedetelo anche agli altri. Suggerite voi stessi un'altra soluzione, possibilmente inusuale o persino un po' "scema", di modo da stimolare la discussione e la produzione di pensiero. Oppure, suggerite di indirizzare la discussione su un altro punto o su un'altra istanza.

Competizione per l'idea migliore: la gente tenta di dimostrare che la propria idea e' migliore delle altre, di solito sminuendo o deprecando le idee altrui.

Marta: "Credo che la mia soluzione sia quella giusta, non costa molto".

Riccardo: "Io credo che la mia sia migliore, a livello di qualita'".

Enrica: "Be', io vedo falle in entrambe le vostre opzioni. La mia idea e' migliore di entrambe le vostre".

Possibili soluzioni: tentate di de-personalizzare la discussione, riferendovi agli aspetti di ciascuna idea prospettata, e non alle persone che la prospettano; fate una lista dei pro e dei contro di ciascuna idea e fate notare che nessuna idea e' priva di falle e nessuna e' completamente fallimentare. Provate a combinare fra loro le parti migliori di ciascuna idea in un nuovo progetto. Contribuite a rinforzare l'autostima di ogni persona che ne abbia espressa una, lodando ciascuno e ciascuna per il suo lavoro e le sue proposte.

Verbosita': una o piu' persone tendono a parlare troppo a lungo (della serie "Saro' breve - e dopo tre quarti d'ora - ... so di aver parlato tanto, ma volevo solo aggiungere che...").

Possibili soluzioni: vedete se e' il caso, e se c'e' la possibilita', di dividervi in gruppi piu' piccoli in cui ciascuno parli finche' e' stufo. Interrompete gentilmente chi si comporta in questo modo, facendo notare che anche altri vogliono parlare. Usate dei limitatori di tempo: ovvero, adesso faremo un giro di interventi sulla questione e ognuno dovra' durare non piu' di 5 minuti.

Passivita' o timidezza: alcune persone non dicono nulla, sembrano distanti o riluttanti ad intervenire e a sentirsi parte del gruppo. Invitati ad esprimersi spesso tacciono, dicono di non aver opinioni al proposito, oppure che quello che si decide a loro "comunque" va bene.

Possibili soluzioni: parlate con loro separatamente, ad incontro terminato, chiedete come si sentono rispetto al gruppo, cosa potrebbe aiutarli a sentirsi parte del gruppo, cosa impedisce loro di esprimersi. Incoraggiate i membri silenziosi a presentarsi, a raccontare un'esperienza, a dire cos'e' importante per loro. Prevedete sempre, negli incontri, un po' di tempo iniziale per dare il benvenuto alle persone nuove (e anche se non ce ne sono, datevi il ben-ritrovato l'un l'altro). Provate a vedere se dividendovi in gruppi piu' piccoli queste persone riescono ad esprimersi. Oppure, cantate una canzone tutti insieme, usate un po' di tempo per la celebrazione, la chiacchiera informale, ecc.

Mancanza di informazioni: Siamo tutti d'accordo per l'acquisto della segreteria telefonica per la nostra sede, ma il tesoriere questa sera non e' venuto all'incontro e percio' dobbiamo posporre la decisione.

Possibili soluzioni: telefonate alla persona che ha le informazioni, mentre il gruppo passa a discutere d'altro. Tornate sulla questione quando avete le informazioni. Oppure, ipotizzate i vari scenari e scegliete cosa fare in ogni caso (decisioni "contingenti"). Assicuratevi che le informazioni necessarie siano disponibili alla prossima riunione.

L'evitare il problema: questioni difficili sono evitate invece di essere maneggiate e risolte: Marta dice: "Dovremmo parlare di come si e' comportata Enrica l'ultima volta" e Riccardo risponde: "Non potremmo farlo dopo? Abbiamo cose piu' urgenti e poi io non ho voglia di parlarne". E Nadia aggiunge: "Si', per favore, parliamo di qualcosa di piu' piacevole". Evitare il problema significa che esso si presentera' sempre piu' pressante e non maneggevole in futuro; inoltre, impedisce all'intero gruppo di essere coeso ed efficace su altre questioni.

Possibili soluzioni: organizzate incontri specifici per parlare dei problemi che si incontrano nel gruppo; puo' accadere che sia necessario chiedere ad una persona di abbandonare il gruppo, ma questo puo' essere fatto in maniera civile, spiegando a lui o lei che la divergenza di scopi ed obiettivi e modi non ci permette di lavorare insieme, ma che lui o lei puo' essere piu' efficace e trovare maggior soddisfazione in gruppi che lavorano in maniera diversa.

Il perdersi su problemi minori: un sacco di tempo viene speso su dettagli. Per esempio, il gruppo ha deciso di produrre un bollettino, ha deciso gli articoli che vi appariranno, ma continua a discutere sul fatto se sia meglio mettere l'articolo di Marta a pag. 2 o a pag. 3...

Possibili soluzioni: date potere a chi desidera occuparsene formando un comitato, un piccolo gruppo a parte che decidera' tali dettagli; in presenza di un accordo generale, incoraggiate il gruppo a passare oltre.

Scarso seguito: la gente si dimentica di fare cio' che aveva concordato di fare o semplicemente non lo fa. Tipico: "Ma non dovevi farli tu i volantini?" - "Ah, dovevo farli io?".

Possibili soluzioni: ogniqualvolta una decisione viene raggiunta, assicuratevi che tutti i passi necessari alla sua realizzazione siano stati discussi e affidati a qualcuno; alla fine dell'incontro riassumete rapidamente gli incarichi che ognuno si e' assunto, accertatevi che chiunque si e' assunto un compito lo abbia fatto di buon grado.

Polarizzazione: due o piu' persone insistono su polarizzazioni che si contraddicono, o si sviluppano due fazioni polarizzate. Esempio: Marta dice che si rifiuta di considerare qualsiasi proposta che includa il vendere una macchina di proprieta' dell'associazione; Riccardo risponde che finche' la macchina non sara' venduta lui non sosterra' nessun'altra azione del gruppo.

Possibili soluzioni: cercate di capire su cosa si basano entrambe le posizioni, quali sono le vere preoccupazioni dietro alle parole che vengono dette; fate una lista dei benefici e dei costi di ciascuna opzione e sottolineate che entrambe sono possibili ed entrambe hanno pregi e difetti; fate in modo che le due fazioni si incontrino e discutano fuori dal gruppo; dividetevi in due gruppi e se possibile separatevi in modo amichevole.

Manipolazione, giochi di potere, manovre: alcuni tentano di manipolare altri affinche' accettino le loro idee e proposte; decisioni importanti vengono prese in modo separato dal gruppo da un ristretto numero di persone; arrivano agli incontri persone mai viste prima che fanno tutte il medesimo intervento a sostegno di un'opzione.

Possibili soluzioni: non abbiate timore di nominare la poverta' di questi processi, chiedete che le opzioni vengano valutate esclusivamente sul merito e non in base alle persone che le sostengono; insistete affinche' ogni questione sia discussa dall'intero gruppo; come gruppo, prendetevi il tempo di studiare le tecniche manipolative e di propaganda al fine di evitarle; insistete sul fatto che il processo del consenso prevede che ogni persona desideri cooperare in modo onesto con le altre e che ogni persona dev'essere disponibile al cambiamento durante la discussione; chiedete a coloro che non vogliono aderire a questo modello di lavoro di lasciare il gruppo e di formarne uno che risponda meglio alle loro esigenze.

Dominio, idee legate ad un individuo specifico: una o piu' persone dominano il gruppo; la gente e' seccata, o abbandona il gruppo, o partecipa scarsamente; altri individui accettano o scartano le proposte in base al comportamento del leader o dei leader. Per esempio, Riccardo e' fra i fondatori del gruppo, e tutti si aspettano che sia lui a parlare in pubblico, a tirar fuori idee e soluzioni, e a decidere cosa fare. E la conversazione su una questione qualsiasi puo' presentarsi cosi': Riccardo dice: "Credo che il nostro gruppo dovrebbe produrre un bollettino mensile". Marta interviene: "L'idea di Riccardo mi piace davvero". Dopo qualche minuto Riccardo cambia opinione: "Pensandoci un attimo - dice - ho paura che ci porterebbe via troppo tempo". E subito Marta interviene di nuovo: "Sono d'accordo con Riccardo, un bollettino porta via troppo tempo".

Possibili soluzioni: parlate con Riccardo fuori dal gruppo, condividete con lui le vostre preoccupazioni e chiedetegli come lui si sente in questa situazione; adottate la modalita' a cerchio nel gruppo, di modo che chiunque possa vedere chiunque altro e parlargli; chiedete a chi resta in silenzio se puo' dare un apporto alla discussione; insistete affinche' tutti esprimano la loro opinione; cercate di risolvere fuori dal gruppo il conflitto tra individui.

Attacchi personali: urla, insulti, denigrazioni, "pubbliche denunce", minacce dirette o indirette.

Possibili soluzioni: spiegate come vi sentite durante questi momenti; discutete su come ci si sente essendo attaccati; cercate di parlare alle persone separatamente e chiedete loro di discutere la loro rabbia verso gli altri e la loro paura degli altri: se possibile, assorbite la rabbia e disperdete la paura.

Noia, bassa energia, scarsa partecipazione.

Possibili soluzioni: rivedete il modo in cui tenete gli incontri, aggiungetevi elementi di facilitazione, di divertimento, di interesse, di creativita'; mettetevi in cerchio e fate qualcosa che coinvolga tutti: una canzone, una meditazione, un gioco; domandate alle persone presenti perche' sono stanche; chiamate quelle che avrebbero dovuto esserci e chiedete loro cosa li tiene lontani e cosa invece potrebbe riavvicinarli; riducete il tempo degli incontri, se la loro lunghezza e' il problema, e aggiungete un elemento di celebrazione per ogni decisione presa.

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Risposta nonviolenta alla violenza personale

La nonviolenza si focalizza sulla comunicazione.

I tuoi obiettivi devono essere ragionevoli. Devi credere di essere nel giusto ed essere capace di comunicare questo ai tuoi oppositori.

Mantieni il piu' possibile il contatto tramite lo sguardo.

Non compiere gesti bruschi. Muoviti lentamente. Quando e' possibile, di' ai tuoi oppositori cosa stai per fare prima di farlo. Non dir nulla che li spaventi, che sia sprezzante od ostile.

Non farti scrupolo di attestare l'ovvio; di' semplicemente: "Lei mi sta gridando addosso", "Lei mi sta facendo male al braccio".

Spesso, nel cominciare un atto di violenza, l'offensore ha forti aspettative su come la sua vittima si comportera'. Se tu riesci a comportarti in modo diverso, un modo che non spaventi, puoi interrompere il flusso degli eventi che condurrebbero al culmine dell'atto violento.

Cerca di farti amica la miglior natura del tuo oppositore; persino il piu' brutale e brutalizzato di noi ha qualche scintilla di decenza che il difensore nonviolento puo' raggiungere.

Non interrompere l'azione in risposta alla violenza; qui devi agire "a pelle". La miglior regola e' di resistere fermamente il piu' possibile senza accrescere la rabbia o la violenza. Prova approcci differenti e continua a tentare di cambiare la visione che il tuo oppositore ha della situazione.

Fai parlare i tuoi oppositori e ascolta quel che ti dicono. Incoraggiali a parlare di cio' in cui credono, dei loro desideri, delle loro paure. Non dare inizio ad una discussione, ma allo stesso tempo non dare l'impressione di essere d'accordo con le asserzioni crudeli o immorali. L'ascolto e' piu' importante di cio' che dirai; mantieni il dialogo e mantieni la calma.

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Gruppi per l'affinita'

Un gruppo per affinita' e' un gruppo di persone che condivide appunto un'affinita', in cui ciascuno conosce i punti di forza e i punti di debolezza dell'altro, e vuole agire politicamente insieme. La maggior parte di noi ha esperienza dell'essere parte di un gruppo (per esempio da bambini, quando facevamo parte del gruppo del nostro quartiere, o di una squadra sportiva). I gruppi per affinita' hanno pero' delle sostanziali differenze, che concernono il non uso della gerarchia, la fiducia, la responsabilita'. Il concetto ha una lunga storia. I gruppi per affinita' si svilupparono durante la guerra civile spagnola e sono stati usati con sorprendente successo, durante gli ultimi trent'anni, dai movimenti femminista, antinucleare, per la giustizia sociale, in tutto il mondo.

Con chi formare un gruppo per affinita'?

Con le persone che conoscete, e che condividono le vostre opinioni sulle istanze in questione. Il punto importante e' che condividiate qualcos'altro, oltre a cio', un'affinita' che vi porta a stare insieme e, soprattutto, a fidarvi l'uno dell'altro. Dovete condividere un'idea su cio' che volete individualmente e cio' che volete come gruppo; come queste due cose si conciliano, che tipo di sostegno chiedete agli altri e che tipo di sostegno siete disposti a dare.

Organizzazione

All'interno di un gruppo per affinita' c'e' una vasta gamma di ruoli che una persona puo' assumere. Molti di questi deriveranno dalla ragion d'essere del gruppo per affinita', ma possono includere addetti all'ufficio stampa, ai contatti con i giornalisti, i facilitatori, l'osservatorio legale, il o la portavoce rispetto agli altri gruppi, ecc. Inoltre, un gruppo per affinita' puo' specializzarsi in un ruolo specifico nel mentre interagisce con altri gruppi: ci sono gruppi per affinita' specializzati nel ruolo legale, o di primo soccorso durante le azioni dirette nonviolente, o di intrattenimento e persino di catering... in questo modo, il gruppo per affinita', oltre a lavorare per la causa che si e' dato, permette ad altri gruppi di fare altri lavori.

Supporto

Un aspetto importantissimo dei gruppi per affinita' e' il gruppo di supporto che non agisce direttamente sulla strada: il supporto e' fondamentale per la riuscita dell'azione, e merita di essere celebrato quanto il ruolo sulla strada. Il gruppo di supporto, oltre ad informare stampa, parenti degli attivisti, ecc. su quanto sta accadendo, si prende cura ad esempio delle case, delle piante e degli animali di chi sta portando avanti l'azione... Sembrano banalita', ma la gente e' molto piu' pronta ad agire (e persino a rischiare di piu') se sa di poter contare su un sostegno di questo tipo. Tutti i ruoli e le abilita' all'interno di un gruppo per affinita' sono necessari. Nessuno e' piu' importante di un altro.

Lo scopo alla fine di tutto e' l'essere riusciti ad aver cura l'uno dell'altro, nel mentre si lavora al massimo grado di un cambiamento sociale costruttivo.

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Note sui gruppi per affinita' e i gruppi di supporto

Gruppo per affinita'

Un gruppo di 5/20 persone che hanno un'affinita' in comune, fanno insieme lavoro sociale e si sostengono l'un l'altro.

Storia

Le persone si sono sempre riunite in piccoli gruppi, e' un arrangiamento naturale. Il termine "gruppo per affinita'" viene dalla guerra civile in Spagna, dove verso la fine degli anni '30 gli anarchici si organizzarono in "grupos de afinidad".

Ragioni per lavorare in gruppi per affinita'

- elimina la sensazione d'isolamento dell'essere una persona in una folla numerosa;

- fornisce un modo di organizzarsi in cui ciascuno lavora e prende decisioni con gente che conosce;

- trasforma una massa confusa di 1.500 persone in cento gruppi organizzati di quindici;

- fornisce sostegno emotivo ad ogni persona: insieme resistiamo, da soli possiamo perdere la calma;

- fa' in modo che ciascuno sia responsabile di qualcun altro. Se qualcuno perde il controllo e si comporta in modo strano, allora c'e' qualcun altro pronto a fornire aiuto e ad evitare problemi;

- aiuta a prevenire il tentativo dei provocatori di distruggere le nostre azioni. Esempio: nel 1977, durante le proteste contro il nucleare di Diablo Canyon, furono arrestate 47 persone; due di esse erano vicesceriffi (e uno portava con se' un coltello).

Formare un gruppo per affinita'

Con chi?

- spesso con gli amici e i colleghi di lavoro;

- a volte con persone di gruppi diversi che si incontrano per preparare azioni nonviolente;

- molto spesso con le persone che si conoscono durante i seminari nonviolenti.

Struttura del gruppo

Durante le azioni dirette, di solito 5/10 persone che rischiano l'arresto e 5/10 persone nei gruppi di supporto.

Queste ultime sono molto importanti: fanno tutto il cosiddetto "lavoro concreto" e spesso non ricevono sufficiente riconoscimento (il sostegno alle persone in carcere: occuparsi della loro famiglia, dei loro animali domestici e piante, chiamare al lavoro e i parenti, ecc. e' quanto fa un gruppo di supporto: se le persone possono contare su questo tipo di sostegno sono disponibili a partecipare e persino a rischiare di piu' di quanto credevano possibile).

Non dimenticate il supporto emotivo (abbracci, sorrisi, ascolto, contatto con le persone in carcere dopo che l'azione e' terminata): essendo sostenute in questo modo, le persone si sentono abbastanza "al sicuro" da mettersi in gioco.

Il gruppo di supporto si occupa anche dell'informazione ai media, e della raccolta di fondi per le spese legali

Un gruppo per affinita' comprende:

il/la portavoce per i media; il/la facilitatore/facilitatrice per le decisioni da prendere rapidamente; il/la portavoce per gli altri gruppi coinvolti nell'azione. Molto utile se riesce a comprendere un/una medico/a e un/una avvocato/a.

Filosofia (principi di unita')

Vi aiutera' condividere alcune cose di base: qual e' la vostra prospettiva politica, quanto e come sarete attivi, che parte ha la spiritualita' nel gruppo, come sarete nonviolenti, come sarete sensibili fra di voi e con gli altri, ecc.

Potete raccogliervi attorno ad un'affinita' che non ha nulla a che fare con l'attivismo sociale: potete essere colleghi di lavoro, compagni di scampagnate in bicicletta, compagni di danza, ecc.

I gruppi per affinita' possono essere gruppi "in evoluzione".

Possono fare del lavoro politico insieme al di la' del lavoro come gruppo d'azione nonviolenta.

Imparano insieme: sul mondo, la politica, l'azione diretta, il processo del consenso, ecc.

Si divertono insieme, insieme discutono le proprie vite, i membri si offrono sostegno l'un l'altro.

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Responsabilita' di un gruppo di supporto

Prima dell'azione

Dovete avere una "descrizione" di ogni membro del gruppo per affinita' (indirizzo, telefono, eventuali necessita' mediche, chi avvisare in caso di arresto ecc.).

Dovete conoscere bene i vostri piani come gruppo (e i piani del tavolo comune).

Dovete essere in contatto con il network di sostegno all'azione, con il collettivo legale, ecc.

Cercate di sapere dove la gente arrestata verra' portata.

Durante l'azione

Custodite denaro, chiavi, altre proprieta' di chi ha deciso di rischiare l'arresto.

Pianificate trasporti, cibo, ecc.

Osservate e annotate ogni nome di chi viene arrestato, il momento e il modo in cui, l'attivita' della persona che viene arrestata, e il comportamento, e possibilmente il nome o il numero identificativo dell'agente che l'ha arrestata.

Date sostegno emotivo agli altri.

In tribunale, prigione, centro di detenzione, ecc.

Annotatevi:

- nome del giudice o magistrato che conduce le indagini;

- nomi dei dimostranti;

- le accuse a carico;

- le dichiarazioni dei dimostranti;

- la data del processo, l'ammontare della multa, il rilascio;

- la sentenza.

Restate in contatto con il collettivo legale.

Durante il tempo che i vostri amici passano in prigione

Chiamate la famiglia, gli amici, i datori di lavoro, chiunque debba essere informato.

Andate a far visita agli arrestati se possibile, cercate di chiamarli al telefono, o concordate prima un orario in cui attenderete la loro chiamata.

Scrivete loro lettere.

Andate ai processi o alle udienze.

Organizzate i mezzi di trasporto per quando escono di prigione.

Restate in contatto con i coordinatori dell'azione ed il collettivo legale, fate loro sapere quando le persone lasceranno la prigione.

Organizzate copertura mediatica, veglie, ecc. relative all'incarceramento.

Quando l'azione e' terminata

Fate attenzione all'esaurimento in voi stessi e negli altri.

Date enormi dosi di sostegno emotivo agli arrestati e agli altri del gruppo.

Fate in modo che ciascuno possa raccontare cio' che gli e' accaduto (molte volte, se necessario) in un ambiente sicuro, ove si possano esprimere dolore, paura ecc.; condividete oltre ai disagi anche la gioia e l'entusiasmo che l'azione vi ha comunicato. Dopo un'azione ciascuno di noi ha bisogno della catarsi emotiva: non spaventatevi di fronte alle lacrime, alle risa, ecc. anzi: incoraggiatele.

Se e' possibile, organizzatevi in modo da alleggerire il "carico" nelle vite delle persone che hanno sofferto traumi o la prigione per qualche settimana.

Per favore: prendete nota che per organizzare una buona azione possono volerci mesi e prendete nota che puo' volerci altrettanto tempo per riuscire ad "uscirne".

*

Ciclo risolutivo

E' il ciclo degli stati emotivi di cui si fa esperienza andando verso la mediazione. In risposta allo stress, a un forte trauma, o ad un conflitto, gli esseri umani passano attraverso un ciclo emozionale conosciuto come "ciclo risolutivo".

Le sue fasi basilari sono

- shock/negazione;

- mercanteggiare;

- senso di colpa;

- paura;

- depressione;

- rabbia;

- accettazione/risoluzione.

Il ciclo si manifesta nelle persone come nei gruppi e nelle nazioni. La popolazione di un paese che si prepara ad andare in guerra fa esperienza di un primo stato di shock e negazione. Poi tenta di venire a patti con la situazione, prova senso di colpa, paura e rabbia. Infine, che la guerra sia persa o vinta, la popolazione va verso l'accettazione e la risoluzione.

Il ciclo non si applica solo ad un dolore intenso o ad un conflitto grave. Lo stress del cambiare lavoro, del divorziare, ecc. puo' dare inizio allo stesso ciclo. Il ciclo risolutivo e' parte della normale vita umana. La sequenza dei passi puo' variare, e si puo' andare e tornare in una stessa fase piu' volte.

A volte, senza aiuto adeguato, non si giunge davvero alla fase "risoluzione".

Quello che non si dovrebbe mai dire in presenza della manifestazione del dolore e della perdita:

- Poteva andare peggio;

- Questo e' sempre vero. Ma non e' in alcun modo consolatorio;

- La persona cara che hai perduto e' in un posto migliore;

- Il problema non e' che la perdita e' permanente, ma che il dolore e' intenso e continuato;

- Devi lavorare duramente e pensare ad altro.

In presenza di uno shock grave, la persona colpita operera' al 10-15% delle proprie capacita' per almeno i sei mesi successivi al trauma. Possono volerci dai tre ai cinque anni per recuperare interamente. Suggerirgli di fare di piu' puo' gratificare chi lo consiglia, ma non chi sta soffrendo.

La cosa migliore e' esprimere liberamente la propria "simpatia", anche se non si sa che parole usare:

- Sono dispiaciuto/a. Non so cosa dirti, ma sono addolorato/a per te:

- Vorremo poter fare qualcosa. Ti pensiamo molto, preghiamo per te.

Uscire dal dolore e' un processo che necessita pazienza. Tentare di forzarlo aumenta lo stress e "chiude" la persona in una delle fasi del ciclo risolutivo (solitamente la negazione).

(parte seconda - segue)

 

4. MAESTRI. IN MEMORIA DI PIERO MARTINETTI

 

Ricorre oggi, 21 agosto, l'anniversario della nascita di Piero Martinetti (Pont Canavese, 21 agosto 1872 - Cuorgne', 23 marzo 1943), uno dei piu' grandi pensatori e testimoni della nonviolenza.

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Anche nel ricordo e alla scuola di Piero Martinetti proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 55 del 21 agosto 2015

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, centropaceviterbo at outlook.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/