[Nonviolenza] Telegrammi. 2149



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2149 del 27 ottobre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Movimento Nonviolento, Peacelink, Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, Associazione Antimafie Rita Atria: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

2. Hic et nunc, quid agendum

3. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre

4. In memoria di Ruby Dee, di Erasmo da Rotterdam, di Frantisek Halas, di Sylvia Plath, di Oliver Tambo

5. Alcune caratteristiche della lotta nonviolenta gandhiana (1999)

6. Cosa e' l'azione diretta nonviolenta (1999)

7. Definizioni ed interpretazioni della nonviolenza (1999)

8. Segnalazioni librarie

9. La "Carta" del Movimento Nonviolento

10. Per saperne di piu'

 

1. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO, ASSOCIAZIONE ANTIMAFIE RITA ATRIA: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

 

4 novembre 2015: non festa, ma lutto.

Cento anni dopo: basta guerre. Un'altra difesa e' possibile.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

*

Il Movimento Nonviolento, PeaceLink, il Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo e l'Associazione Antimafie Rita Atria lanciano per il 4 novembre l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele", affinche' in ogni citta' si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre.

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente. Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire. Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio. Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

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In particolare vogliamo sostenere la Campagna "Un'altra difesa e' possibile" che ha depositato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare per l'istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Un Dipartimento che comprenda i Corpi civili di pace e l'Istituto di ricerche sulla pace e il disarmo e che abbia forme di interazione e collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento della Gioventu' e del Servizio Civile Nazionale. Si tratta di dare finalmente concretezza a cio' che prefiguravano i costituenti con il ripudio della guerra, e che gia' oggi e' previsto dalla legge e confermato dalla Corte costituzionale, cioe' la realizzazione di una difesa civile alternativa alla difesa militare, finanziata direttamente dai cittadini attraverso l'opzione fiscale in sede di dichiarazione dei redditi.

Obiettivo della Campagna e' quello di organizzare la difesa civile, non armata e nonviolenta - ossia la difesa della  Costituzione e dei diritti civili e sociali che in essa sono affermati; la preparazione di mezzi e strumenti non armati di intervento nelle controversie internazionali; la difesa dell'integrita' della vita, dei beni e dell'ambiente dai danni che derivano dalle calamita' naturali, dal consumo di territorio e dalla cattiva gestione dei beni comuni - anziche' finanziare cacciabombardieri, sommergibili, portaerei e missioni di guerra, che lasciano il Paese indifeso dalle vere minacce che lo colpiscono e lo rendono invece minaccioso agli occhi del mondo. La Campagna vuole aprire un confronto pubblico per ridefinire i concetti di difesa, sicurezza, minaccia, dando centralita' alla Costituzione che "ripudia la guerra" (art. 11), afferma la difesa dei diritti di cittadinanza ed affida ad ogni cittadino il "dovere della difesa della patria" (art. 52).

Per informazioni sulla Campagna "Un'altra difesa e' possibile" si veda al sito www.difesacivilenonviolenta.org La segreteria della Campagna e' presso il Movimento Nonviolento.

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa. Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni. Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto  di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it

PeaceLink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Associazione Antimafie Rita Atria

per contatti: e-mail: abruzzo at ritaatria.it, sito: www.ritaatria.it

 

2. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM

[Riproponiamo ancora una volta]

 

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

3. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE

 

Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".

Ovunque si realizzino iniziative.

Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.

Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.

Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.

 

4. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI RUBY DEE, DI ERASMO DA ROTTERDAM, DI FRANTISEK HALAS, DI SYLVIA PLATH, DI OLIVER TAMBO

 

Ricorre oggi, 27 ottobre, l'anniversario della nascita di Ruby Dee (Cleveland, 27 ottobre 1922 - New Rochelle, 11 giugno 2014), della nascita di Erasmo da Rotterdam (Rotterdam, probabilmente 27 ottobre 1466 - Basilea, 12 luglio 1536), della scomparsa di Frantisek Halas (Brno, 3 ottobre 1901 - Praga, 27 ottobre 1949), della nascita di Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 - Londra, 11 febbraio 1963), della nascita di Oliver Tambo (Mbizana, 27 ottobre 1917 - Johannesburg, 24 aprile 1993).

*

Anche nel ricordo di Ruby Dee, di Erasmo da Rotterdam, di Frantisek Halas, di Sylvia Plath, di Oliver Tambo, proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

5. REPETITA IUVANT. ALCUNE CARATTERISTICHE DELLA LOTTA NONVIOLENTA GANDHIANA (1999)

[Estratto dalla scheda su "Giuliano Pontara: le ragioni della nonviolenza" ripubblichiamo qui il seguente testo]

 

Di Giuliano Pontara, uno dei maggiori studiosi e militanti italiani della nonviolenza, sunteggiamo qui alcuni passaggi essenziali della voce Gandhismo da lui scritta per il Dizionario di politica curato da Bobbio, Matteucci e Pasquino, Utet, Torino, poi Tea, Milano. Nello stesso volume Pontara ha steso altresi' le voci Nonviolenza, Ricerca scientifica sulla pace, Utilitarismo. Segnaliamo che Pontara e' il curatore della fondamentale antologia di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino, cui ha premesso una vasta ed approfondita introduzione.

La voce di dizionario di cui qui citeremo e riassumeremo alcuni punti essenziali esordisce ricordando che Gandhi insistette sempre nell'affermare che "non esiste qualcosa come il gandhismo", cosi' rimarcando il carattere aperto e sperimentale delle sue concezioni etiche, sociali e politiche, ed il suo rifiuto di ogni forma di settarismo che si richiamasse al suo nome (come e' noto, non altrimenti Marx affermava di non essere marxista). Gandhi non scrisse alcun trattato sistematico sulla sua concezione della nonviolenza, la sua opera letteraria e' fondamentalmente costituita di migliaia di articoli giornalistici, lettere, appelli, sempre stesi con un fine immediato ed interlocutori specifici; del resto la sua autobiografia conferma questo carattere sperimentale della sua riflessione ed azione, recando fin nel titolo esplicitamente l'espressione esplicativa di Storia dei miei esperimenti con la verita'.

Ovviamente dal complesso dell'opera gandhiana, palesemente asistematica (e Pontara sottolinea una somiglianza in questo con l'opera gramsciana), e' possibile ricavare  alcuni elementi teorici originali, persistenti e coerenti che grosso modo possiamo considerare particolarmente caratteristici dell'elaborazione teorica e della proposta pratica gandhiana. Pontara sottolinea particolarmente:

"a) la critica all'industrialismo in quanto tale, e non soltanto alla variante capitalistica di esso;

b) la concezione di uno "stato nonviolento";

c) le idee sull'educazione fondata sulla partecipazione al lavoro produttivo, soprattutto a quello manuale;

d) la sua filosofia dei conflitti di gruppo;

e) la sua concezione dei rapporti tra etica e politica;

f) la sua dottrina del satyagraha come modalita' del tutto particolare della lotta politica".

La parte piu' perspicua del testo e' ovviamente la caratterizzazione della specifica modalita' di lotta nonviolenta che Gandhi definisce satyagraha, "termine coniato da Gandhi che significa, all'incirca, modalita' di lotta caratterizzata dalla fermezza nella verita'. Siffatta modalita' di lotta e' definita da sei principi fondamentali. In tutta brevita' essi sono i seguenti.

1) In una situazione conflittuale non si debbono porre obiettivi incompatibili con la concezione etica che soggiace alla dottrina nonviolenta: "E' impossibile praticare il satyagraha al servizio di una causa ingiusta".

2) In una situazione conflittuale si deve impostare sin dall'inizio la lotta in modo tale da non minacciare l'avversario nei suoi interessi vitali (la vita, l'integrita' fisica e psichica), scegliendo tecniche di lotta deliberatamente volte a minimizzare le sofferenze che il conflitto puo' comportare per la parte avversaria.

3) In una situazione conflittuale bisogna essere disposti a sobbarcarsi di sacrifici che possono essere anche assai notevoli (...).

4) Il quarto principio del satyagraha prescrive di attenersi in ogni fase del conflitto alla massima obiettivita' e imparzialita', di appellarsi alla ragione cercando di comprendere i motivi e gli argomenti della parte avversaria, di non operare nella clandestinita'.

5) Un requisito fondamentale del satyagraha e' quello di un impegno continuo e costante in un programma costruttivo fondato in parte sulla individuazione di fini sovraordinati, ossia tali che la loro realizzazione e' nell'interesse delle parti in conflitto ed e' possibile soltanto merce' una certa collaborazione tra di esse. Cio' serve a creare quel minimo di comunicazione senza la quale una lotta di tipo satyagraha non e' possibile (...).

6) Un ultimo principio fondamentale della lotta satyagraha e' quello che Gandhi chiamava "la legge di progressione dei mezzi": si puo' ricorrere a forme piu' radicali di lotta nonviolenta soltanto dopo che quelle piu' blande si sono mostrate chiaramente inefficaci.

Gandhi riteneva che i suoi "esperimenti" di lotta satyagraha in Sud Africa e in India avessero dimostrato la validita' delle tre seguenti ipotesi:

a) che con una dovuta preparazione e organizzazione e' possibile portare delle vaste masse a praticare forme di lotta che soddisfano in misura notevole i requisiti del satyagraha;

b) che il metodo satyagraha costituisce una concreta ed efficace alternativa alla violenza armata nella lotta per delle cause giuste;

c) che il satyagraha tende a bloccare, in forza di fattori morali, psicologici e politici, la reazione violenta dell'oppositore, a condurre a soluzioni accettate e costruttive dei conflitti, e di conseguenza ad una riduzione massima della violenza nel mondo".

 

6. REPETITA IUVANT. COSA E' L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA (1999)

[Estratto dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui il seguente testo]

 

Premessa

Questa breve presentazione dell'azione diretta nonviolenta intende offrire di essa un quadro certamente assai schematico ma speriamo sufficientemente orientativo.

1. Parte prima: cosa e' l'azione diretta nonviolenta

1.1. Una semplice definizione:

- azione: ovvero intervento attivo in situazione di conflitto;

- diretta: ovvero assunzione personale di responsabilita', rifiuto della delega e rifiuto del comodo alibi della propria estraneita', della propria incompetenza;

- nonviolenta: ovvero che ripudia la violenza e che punta a ridurre e tendenzialmente abolire la violenza, l'ingiustizia, l'alienazione.

1.2. Alcune caratteristiche della lotta nonviolenta:

- negare il consenso all'ingiustizia;

- coerenza tra mezzi e fini;

- forza della verita';

- lotta come amore.

1.3. Alcune esperienze di lotta nonviolenta:

- le campagne gandhiane;

- le iniziative di Danilo Dolci;

- l'azione di Martin Luther King;

- la lotta di Solidarnosc.

1.4. Metodi di lotta nonviolenta:

- l'esempio;

- l'educazione;

- la persuasione;

- lo sciopero;

- la noncollaborazione;

- il boicottaggio;

- la disobbedienza civile.

1.5. Cosa si richiede a chi voglia usare la nonviolenza come strumento di lotta:

- disponibilita' a soffrire anziche' a far soffrire;

- rispetto dell'altro e di ogni essere umano;

- rinuncia agli alibi, assunzione di responsabilita';

- pazienza e ironia;

- capacita' di ascolto delle ragioni altrui e di relativizzare il proprio punto di vista;

- tenere sempre aperta la comunicazione;

- disciplina e rigore intellettuale e morale.

2. Parte seconda: piano per la realizzazione di un'azione diretta nonviolenta

2.1. La preparazione

2.1.1. Lo studio preliminare:

- lo studio della situazione;

- la definizione precisa di obiettivi chiari e realisticamente perseguibili.

2.1.2. L'organizzazione preliminare:

- la discussione con il metodo del consenso;

- la consapevolezza e la responsabilita';

- costruire l'affinita' tra i partecipanti all'azione.

2.1.3. Il programma preliminare:

- il programma costruttivo;

- i fini sovraordinati;

- la scelta delle tecniche e la loro progressione;

- il ventaglio degli esiti possibili e la realistica valutazione di ognuno di essi.

2.1.4. Il negoziato come obiettivo costante:

- mettere sempre in rilievo le cose condivise;

- puntare sempre ad un accordo;

- dare sempre alla controparte una via d'uscita;

- garantire sempre la limpidezza dei propri comportamenti;

- non minacciare mai la distruzione dell'avversario.

2.1.5. L'addestramento:

- sapere cosa si fa, perche' e come;

- la fiducia reciproca;

- conoscenza delle tecniche di lotta;

- la disciplina collettiva;

- la comunicazione;

- le tecniche di addestramento (giochi di fiducia, giochi di ruolo, studio di casi, addestramento alla comunicazione, addestramento alla presa rapida di decisioni, addestramento ai processi decisionali consensuali; addestramento all'ascolto attivo, addestramento al controllo delle emozioni in situazioni conflittuali, addestramento alla ricerca di soluzioni creative in situazioni conflittuali, contraddittorie e confuse, etc.);

- la creativita' e la responsabilita'.

2.1.6. Ulteriori questioni organizzative e logistiche:

- importanza fondamentale delle procedure democratiche: metodo del consenso, gruppi di affinita', partecipazione di tutti alla discussione e alle decisioni, sperimentazione della rotazione negli impegni, costruzione di rapporti di lealta' e fiducia;

- la direzione del movimento: uso di portavoce e loro agevole sostituibilita';

- i gruppi di sostegno: loro definizione, loro compiti, possibili evoluzioni;

- la sensibilizzazione delle persone variamente coinvolte ed i rapporti con i mezzi d'informazione;

- studio della situazione dal punto di vista legale;

- preparazione e garanzia di una costante assistenza (legale, medica, etc.) ai partecipanti all'azione;

- previsione della reazione altrui, della possibile violenza altrui, delle possibili rappresaglie altrui, e definizione precisa della condotta nonviolenta da seguire;

- previsione degli sviluppi dell'azione e controllo di essi;

- definizione di principi rigidi da cui nessuno dei partecipanti all'azione puo' derogare;

- previsione degli scenari in presenza dei quali l'azione deve essere interrotta.

2.1.7. La definizione del piano di lavoro e la sua flessibilita':

- obiettivi realistici;

- progressione dell'iniziativa;

- consapevolezza della compresenza di piu' obiettivi: formazione, educazione, dimostrazione della rottura della complicita', etc.; fino agli obiettivi piu' precisi e specifici (anch'essi con vari livelli);

- la cosa decisiva: mantenere l'iniziativa strategica, non essere subalterni.

2.2. L'azione

- informazione preliminare a tutti;

- proposta preliminare alla controparte;

- inizio e svolgimento dell'azione;

- tenere sempre aperta la comunicazione;

- non essere ipocriti, confusi o comunque equivocabili;

- saper affrontare le provocazioni, la violenza altrui, le rappresaglie (debolezza dell'azione diretta nonviolenta dinanzi alle provocazioni: fare di questa debolezza una forza; saper dare una risposta nonviolenta alla eventuale violenza altrui; preventivare le rappresaglie e depotenziarne cosi' l'efficacia);

- proseguire la discussione anche nel corso dell'azione;

- saper negoziare;

- saper affrontare il prolungarsi della lotta;

- saper concludere la lotta.

2.3. La valutazione

2.3.1. Criteri della valutazione:

- risultati concreti;

- valore educativo;

- limitazione delle sofferenze;

- sensibilizzazione e coinvolgimento di altri.

2.3.2. La valutazione come occasione di riflessione e di approfondimento.

2.3.3. La valutazione come occasione di democrazia e responsabilita'.

2.3.4. La valutazione come preparazione a lotte ulteriori.

3. Parte terza: alcuni altri temi di riflessione e di studio

- complessita' e fallibilismo;

- comunicazione ed interazione;

- democrazia e dignita' umana;

- il principio responsabilita'.

4. Parte quarta: alcune schede integrative

4.1. L'azione diretta nonviolenta: una sintesi in nove punti

Per una prima informazione una utile sintesi e' offerta dal fondamentale lavoro di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, vol. I, alle pp. 132-133, che qui riassumiamo: "E' opinione comune che l'azione nonviolenta possa portare alla vittoria solo in tempi molto lunghi, piu' lunghi di quelli necessari alla lotta violenta. Cio' puo' essere vero in alcuni casi, ma non e' necessariamente sempre cosi' (...). Esaminando e correggendo i pregiudizi nei confronti dell'azione nonviolenta siamo spesso in grado di farne risaltare con piu' evidenza le caratteristiche positive: 1. (...) questo metodo non ha niente a che vedere con la passivita', la sottomissione e la codardia; queste devono essere prima rifiutate e vinte, proprio come in un'azione violenta. 2. L'azione nonviolenta non deve essere messa sullo stesso piano della persuasione verbale o puramente psicologica (...); e' una sanzione e un metodo di lotta che comporta l'uso del potere sociale, economico e politico e il confronto delle forze in conflitto. 3. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'uomo sia fondamentalmente "buono", ma riconosce le potenzialita' umane sia al "bene" che al "male" (...). 4. Coloro che praticano l'azione nonviolenta non sono necessariamente pacifisti o santi; l'azione nonviolenta e' stata praticata il piu' delle volte e con successo da gente "qualsiasi". 5. Il successo di un'azione nonviolenta non richiede necessariamente (sebbene possa esserne facilitato) basi e princìpi comuni o un alto grado di comunanza di interessi e di vicinanza psicologica tra i gruppi in lotta (...). 6. L'azione nonviolenta e' un fenomeno occidentale almeno quanto orientale (...). 7. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'avversario si astenga dall'uso della violenza contro i nonviolenti, ma prevede di dover operare, se necessario, contro la violenza. 8. Non c'e' nulla nell'azione nonviolenta per prevenire che venga usata tanto per cause "buone" quanto per cause "cattive", sebbene le conseguenze sociali in quest'ultimo caso siano molto diverse da quelle provocate dalla violenza impiegata per lo stesso scopo. 9. L'azione nonviolenta non serve solo nei conflitti interni a sistemi democratici, ma e' stata largamente praticata contro regimi dittatoriali, occupazioni straniere e anche contro sistemi totalitari".

4.2. Le tecniche della nonviolenza

Il piu' ampio repertorio di tecniche della nonviolenza e' costituito dal secondo volume della fondamentale opera di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta: 2. le tecniche, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986. Sharp descrive 198 tecniche di azione nonviolenta. L'elenco proposto da Sharp e' organizzato nel modo seguente: 1. tecniche di protesta e persuasione nonviolenta, comprendenti dichiarazioni formali, forme di comunicazione rivolte a un pubblico piu' vasto, rimostranze di gruppo, azioni pubbliche simboliche, pressioni su singoli individui, spettacoli e musica, cortei, onoranze ai morti, riunioni pubbliche, abbandoni e rinunce. 2. Tecniche di noncollaborazione sociale, comprendenti ostracismo nei confronti delle persone, noncollaborazione con eventi, consuetudini ed istituzioni sociali, ritiro dal sistema sociale. 3. Tecniche di noncollaborazione economica, comprendenti a) i boicottaggi economici: azioni da parte dei consumatori, azioni da parte di lavoratori e produttori, azioni da parte di mediatori, azioni da parte di proprietari e negozianti, azioni di natura finanziaria, azioni da parte di governi; b) gli scioperi, tra cui gli scioperi simbolici, scioperi dell'agricoltura, scioperi di gruppi particolari, scioperi normali dell'industria, scioperi limitati, scioperi di piu' industrie, combinazioni di scioperi e blocchi economici (tra cui l'hartal, ed il blocco economico). 4. Tecniche di noncollaborazione politica, comprendenti rifiuto dell'autorita', noncollaborazione di cittadini col governo, alternative dei cittadini all'obbedienza, azioni da parte di personale governativo, azioni governative interne, azioni governative internazionali. 5. Tecniche di intervento nonviolento, comprendenti intervento psicologico, intervento fisico, intervento sociale, intervento economico, intervento politico. Un bel libro sulle tecniche della nonviolenza e' ancora quello classico di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, di recente ristampato da Linea d'Ombra Edizioni, Milano.

4.3. L'addestramento alla nonviolenza

Citiamo da Aldo Capitini (Le tecniche della nonviolenza, p. 127): "Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste: A) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale; B) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra; C) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante; D) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici: bisogna gia' sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso; E) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora da una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia".

4.4. Alcune schede da L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza

Sull'addestramento alla nonviolenza in italiano c'e' un buon manuale, a cura di Alberto L'Abate, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha Editrice, Torino 1985; il libro ha per sottotitolo "introduzione teorico-pratica ai metodi", ed in effetti affianca ad alcuni saggi analitici anche una serie di esercizi pratici e due utili appendici, una sul teatro politico di strada, ed una di brevi schede su vari aspetti della nonviolenza.

Riportiamo qui in sintesi alcune schede dal libro curato da L'Abate.

I quattro principi fondamentali dell'azione diretta nonviolenta: 1. definite i vostri obiettivi; 2. comportatevi con onesta' ed ascoltate bene; 3. amate i vostri avversari; 4. date agli avversari una via d'uscita.

Sei mosse strategiche dell'azione nonviolenta: indagate; negoziate; educate; manifestate; resistete; siate pazienti.

Quattro suggerimenti pratici: siate creativi; preparate i vostri partecipanti; comunicate; controllate gli eventi.

Presupposti validi della nonviolenza: 1. i mezzi devono essere adeguati ai fini; 2. rispettare tutte le forme di vita; 3. trasformare le opposizioni piuttosto che annientarle; 4. ricorrere a creativita', spirito, amore; 5. mirare a cambiamenti incisivi.

Risposta nonviolenta alla violenza personale: 1. formulate con chiarezza i vostri obiettivi; 2. non lasciatevi intimorire; 3. non intimorite; 4. non abbiate timore di affermare cio' che e' ovvio; 5. non comportatevi da vittime; 6. cercate di tirar fuori la parte migliore della personalita' del vostro avversario; 7. non bloccatevi al cospetto della violenza fisica; 8. continuate a parlare e ad ascoltare. La comunicazione e' il fulcro della nonviolenza.

Indicazioni procedurali per la discussione e l'azione nonviolenta: 1. nella discussione praticate il giro degli interventi; 2. condividete le abilita' e praticate la rotazione delle responsabilita'; 3. valorizzate i sentimenti; 4. lavorate insieme in modo cooperativo; 5. incontratevi anche separatamente; 6. incontratevi in piccoli gruppi; 7. usate il metodo del consenso nel prendere le decisioni.

4.5. Piano di lavoro per una campagna di lotta nonviolenta

Preliminarmente: chi vuole partecipare ad una campagna di lotta nonviolenta deve essere disposto a condividere rigorosamente gli obiettivi, i metodi e la disciplina collettiva, che devono quindi essere preliminarmente discussi fin nei minimi dettagli affinche' sia chiaro a tutti per cosa ci si impegna e come: una lotta nonviolenta ha delle regole rigorose e richiede ai partecipanti un impegno serio, una adeguata preparazione, convinzione e condivisione, coerenza e disciplina, capacita' critica e creativa, rispetto per gli altri. 1. conoscere: informarsi; raccogliere documentazione; studiare. 2. definire gli obiettivi: obiettivi finali ed intermedi; tempi dell'iniziativa; risorse finanziarie ed umane; organizzazione e compiti; interlocutori da coinvolgere; strumenti di verifica periodica e di eventuale ridefinizione degli obiettivi 3. iniziative e loro gradualita': rendere note le proprie richieste/proposte; notificarle agli interlocutori specifici; diffondere l'informazione alla societa' in generale; protestare contro l'ingiustizia; agire contro l'ingiustizia;  mantenere sempre aperta la comunicazione.

4.6. Il Manuale per l'azione diretta nonviolenta di Walker

Uno strumento di lavoro a nostro avviso insuperato e' il breve testo di Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982. Ne riportiamo il sommario: 1. Preparazione. 2. Lancio di un programma costruttivo. 3. Aspetti generali del metodo. 4. L'addestramento. 5. Il piano dell'azione. 6. I preparativi dell'azione. 7. Studio della situazione legale. 8. Messa a punto di una disciplina collettiva. 9. Sviluppo di una campagna di propaganda. 10. Raduno dei partecipanti. 11. Inizio dell'azione. 12. Come fronteggiare le rappresaglie. 13. Mantenere la vitalita' del movimento. 14. I dirigenti. 15. Quando la lotta si prolunga.

4.7. Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta: I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti, in particolare sottolineiamo la necessita' di essere pienamente informati e consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza: a) non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); b) spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza; c) dire sempre e solo la verita'; d) fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; e) assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed e' altresi' assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.

 

7. REPETITA IUVANT. DEFINIZIONI ED INTERPRETAZIONI DELLA NONVIOLENZA (1999)

[Estratto dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui il seguente testo]

 

Alla violenza crescente si puo', si deve, opporre la nonviolenza.

Ma detto questo e' stato detto ancora ben poco: cosa e' la nonviolenza?

In prima approssimazione potremmo dire che la nonviolenza e' una teoria-pratica di liberazione, ovvero una proposta di azione finalizzata all'affermazione concreta e immediata della dignita' umana; una proposta pratica, ma che implica dei giudizi di valore, e quindi una teoria: un punto di vista che concerne questioni morali, politiche, gnoseologiche (cioe' relative alla teoria della conoscenza), antropologiche (ovvero una visione dell'uomo e della cultura). Ma essenzialmente a nostro avviso la nonviolenza e' lotta contro la violenza, lotta contro l'ingiustizia, lotta che afferma la responsabilita' di ognuno per il bene di tutti, lotta che nel suo stesso farsi istituisce democrazia, diritti umani, difesa della biosfera.

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1. La nonviolenza come cosa complessa

La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale ed in continuo sviluppo creativo, dalle molteplici dimensioni ed interpretazioni, quindi da studiare rigorosamente.

La nonviolenza non e' una cosa semplice. Lo stesso termine si presta a diverse interpretazioni; i suoi ambiti applicativi sono molto diversificati, coloro che alla nonviolenza si sono accostati o che di strumenti, tecniche, riflessioni di essa hanno fatto uso, ne hanno dato interpretazioni molto diverse.

Lo stesso Gandhi, che ne e' il vero e proprio fondatore, ne ha dato definizioni diverse ed ha elaborato un concetto di essa sperimentale, contestuale, dinamico, critico. Sperimentale perche' la nonviolenza non e' un dogma ma un concreto operare in quanto tale costantemente ri-discutibile; contestuale, perche' e' solo nel vivo del conflitto, solo nella concretezza della lotta contro l'ingiustizia, che la nonviolenza in quanto prassi si da', si misura e si definisce; dinamico, perche' appunto la nonviolenza non e' un che di statico, di ipostatizzato, di prefissato, di preconfezionato, ma si realizza nel processo della lotta, nel vivo del conflitto, nel cuore della storia e della societa', ed agisce come parte in causa, come elemento contraddittorio e propulsivo, come rottura del disordine costituito e come progetto di trasformazione; critico, perche' la nonviolenza non e' uno stato di quiete, di appagamento, la fine di alcunche', ma un costante rovello, un'incessante verifica, una lotta interminabile, e quindi anche una serrata critica ed autocritica.

La nonviolenza non e' una ideologia o una filosofia politica e sociale in piu'; ma non e' neppure un mero repertorio di strumenti e di tecniche; essa si propone come una teoria-prassi compatibile con altre teorie morali e politiche, ma ha una sua autonomia e coerenza che ne fa una cosa complessa, inconclusa, in sviluppo, ma insieme una cosa non confondibile, non sussumibile, non addomesticabile.

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2. Dimensioni ed interpretazioni della nonviolenza

Dimensioni: vedremo che la nonviolenza ha diverse dimensioni, una di esse e' quella della scelta etico-politica, e quindi della condotta personale e collettiva nella vita quotidiana come nei conflitti politici, sociali e culturali; una seconda dimensione e' quella delle tecniche di lotta e delle forme di gestione delle relazioni e dei conflitti; una terza dimensione e' quella della nonviolenza come strategia di lotta contro le ingiustizie; una quarta dimensione e' quella del progetto politico, economico e sociale che la scelta nonviolenta implica se le sue premesse vengono svolte fino alle ultime conseguenze.

Interpretazioni: si potrebbe dire che vi sono tante interpretazioni della nonviolenza quanti sono coloro che la hanno adottata e che su di essa hanno riflettuto.

Per quanto ci concerne, noi qui proponiamo un approccio non dogmatico, ma sperimentale ed aperto, concreto e contestuale; pertanto questo stesso scritto non e' un formulario tuttologico, o un ricettario onnivalente, ma la proposta e la descrizione - certo intenzionata, certo non neutrale - di una serie di tesi su cui comunque la discussione e la riflessione restano aperte.

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3. Cosa e' la nonviolenza: questioni terminologiche preliminari

3.1. Il termine

Il termine "nonviolenza" e' la traduzione italiana del concetto coniato da Gandhi per definire la sua proposta ed azione di lotta; Gandhi utilizza due termini: ahimsa (che potremmo tradurre come "non violenza", o anche "contrario della violenza", "opposizione alla violenza"; e satyagraha, che potremmo tradurre come "forza della verita'", "attaccamento, adesione alla verita'". Il termine italiano nonviolenza li traduce entrambi unificandoli; la sua peculiare forma grafica (scrivere cioe' "nonviolenza" tutto attaccato e non separando "non" e "violenza") e' stata proposta da Aldo Capitini, il maggior pensatore e promotore della nonviolenza in Italia, per sottolineare la positivita' ed originalita' del concetto.

Il termine "nonviolenza" e' quindi recente, risale a Gandhi ed e' del tutto novecentesco.

3.2. Il concetto

Ci si e' posti spesso il problema se sia recente anche il concetto cui il termine si riferisce. Come e' noto una diffusa antologia di scritti gandhiani edita per le cure dell'Unesco si intitola Antiche come le montagne, e fa riferimento ad una celebre frase gandhiana in cui la nonviolenza e' definita appunto "antica come le montagne".

Ahinoi, qui contesteremo questa autorevole opinione, ed en passant contesteremo anche la fattura di questo celebre libro come di molte altre antologie gandhiane. E cominciamo da questa seconda opposizione: spesso si pubblicano raccolte di scritti gandhiani riducendo i suoi ragionamenti in "pillole", in frasi celebri astratte dal contesto. Ma Gandhi non e' stato uno scrittore sistematico, un accademico, un trattatista, bensi' un militante; e la sua scrittura e' quasi esclusivamente giornalistica ed epistolare, sempre mirata alla concreta lotta da condurre in quel preciso momento ed in quella precisa situazione; e stando cosi' le cose non e' infrequente che Gandhi torni autocriticamente sulle sue precedenti opinioni per modificarle; cosi' come e' assolutamente ovvio che in momenti e situazioni diverse egli si esprima in modo diverso e vi siano quindi testi gandhiani che estrapolati dal contesto e posti l'uno di fronte all'altro possono sostenere due tesi perfettamente opposte. Da cio' deduciamo la necessita' di evitare la pubblicazione di "pillole" gandhiane, per quanto brillanti ed acuminate possano essere singole frasi ridotte ad aforismi, e proponiamo invece che si pubblichi (e quindi si legga) Gandhi in edizioni che diano conto del contesto in cui i singoli testi proposti alla riflessione concretamente si inseriscono (da questo punto di vista non si lodera' mai abbastanza per il suo rigore e la sua lealta' la fondamentale antologia di scritti gandhiani curata da Giuliano Pontara per Einaudi: Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino).

Detto questo, passiamo alla questione cruciale: il concetto di nonviolenza e' antico o recente? Noi propendiamo per la seguente risposta: il concetto di nonviolenza e' recente, e risale a Gandhi; la prassi della nonviolenza e' invece effettivamente antica ed ha molte manifestazioni nel corso della storia dell'umanita'.

3.3. La prassi

Vi sono nel passato innumerevoli episodi di riflessione e prassi nonviolente, ma in essi raramente la nonviolenza si presenta come un concetto autonomo e fondativo dell'azione; piu' spesso e' implicato da motivazioni o da finalita' che restano altre.

Facciamo alcuni esempi: sono sicuramente altissime figure di nonviolenti alcuni fondatori e rappresentanti di religioni: ma in queste personalita', nella loro predicazione, nelle loro esperienze, non era centrale l'idea di un'azione riformatrice etico-politico-sociale nonviolenta; centrale e' una posizione e proposta religiosa e trascendente.

Orbene, si potrebbe obiettare che anche in Gandhi la prospettiva religiosa e' centrale; cio' e' vero, ma e' non meno vero che la proposta della nonviolenza non si configura come parte speciale di un progetto religioso da assumere tout court, ma come teoria-prassi dotata di una sua autonomia e di una sua capacita' persuasiva anche rispetto a persone che non ne condividono i fondamenti religiosi. Ed in effetti e' possibile aderire alla teoria-prassi nonviolenta senza aderire ad una posizione religiosa.

Ancora: nel corso della storia molti movimenti sociali hanno fatto uso di tecniche di lotta nonviolente; hanno proposto e praticato programmi sociali e politici nonviolenti; hanno adottato etiche personali e collettive nonviolente; basti pensare a tante esperienze del cristianesimo (il cui ruolo storico nell'abbattimento del sistema schiavistico antico e dell'ideologia ad esso inerente e' indiscutibile), con punte rilevantissime - un solo esempio: Francesco d'Assisi -; dell'umanesimo - anche qui un solo esempio: l'irenismo erasmiano -; dell'illuminismo; del socialismo in molte delle sue concrete vicende di pensiero e di lotta; delle tradizioni che oggi definiremmo "ecologiste" - includendo in esse anche culture tradizionali comunitarie distrutte dalla furia colonialista -. Tuttavia una compiuta (ancorche' aperta e felicemente inconcludibile) teorizzazione della nonviolenza ed una pratica politico-sociale centrata su di essa e' un fatto del nostro secolo.

Poi, naturalmente, in alcune delle figure piu' rilevanti della nonviolenza contemporanea ed autocosciente la radice della riflessione, della scelta e dell'impegno puo' benissimo essere religiosa, cosi' e' in Gandhi, cosi' in Lanza del Vasto, cosi' in Martin Luther King, cosi' anche - in modo a lui peculiare - in Aldo Capitini (che pure interagisce con l'antifascismo politico e la tradizione otto-novecentesca azionista, mazziniana ma anche liberal-socialista come e' noto); ma molte delle persone che hanno aderito ai movimenti di lotta da essi suscitati potevano benissimo non condividere quella radice e pur sentirsi completamente presi da quelle proposte analitiche ed operative, di riflessione e di lotta, ed aderirvi quindi toto corde muovendo da una prospettiva integralmente laica.

Fondamentalmente laica ci pare di poter considerare la proposta di Danilo Dolci, o quella ecofemminista di Vandana Shiva, o l'elaborazione di Gene Sharp, o di Johan Galtung, o di Giuliano Pontara. Ed un rappresentante illustre della nonviolenza come Jean Marie Muller ha pertinentemente argomentato nel senso del riconoscimento dell'autonomia teorica della nonviolenza e della possibilita' di un'adesione ad essa indipendentemente dall'eventuale credo religioso personale; ed analogamente ha argomentato, in una piu' ampia riflessione sull'uomo "planetario" che deve fronteggiare qui e adesso sfide globali terribili e cruciali e costruire una cultura della pace che a tutti chiede un peculiare contributo, uno straordinario sacerdote cattolico come Ernesto Balducci.

Insomma, la prassi nonviolenta e' un fenomeno che ha una lunga tradizione storica; la concettualizzazione della nonviolenza come teoria-prassi specifica risale a Gandhi ed e' quindi fenomeno relativamente recente; la terminologia precisamente corrispondente e' gandhiana, e la sua piu' adeguata traduzione e peculiare trascrizione italiana e' merito particolare di Aldo Capitini.

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4. Cosa e' la nonviolenza: alcune definizioni classiche

Venendo alla definizione di cosa la nonviolenza sia, preliminarmente ripetiamo che di essa sono state date definizioni molteplici non solo a seconda dei diversi protagonisti che ne hanno fatto uso e dei diversi autori che ne hanno scritto, ma anche dalla stessa persona, militante e/o studioso, in fasi e contesti diversi della sua riflessione e del suo agire.

Qui proponiamo una nostra definizione sintetica ed aperta: la teoria-prassi della nonviolenza si basa sull'amore-forza della verita', e' lotta contro la violenza condotta in modo rigoroso e radicale, praticando la coerenza tra mezzi e fini; la nonviolenza si caratterizza per un atteggiamento sperimentale e non dogmatico, di apertura e comprensione; la nonviolenza e' agire nelle situazioni di conflitto, e' resistenza concreta e intransigente contro l'oppressione, e' progetto sociale di eguaglianza e di liberazione testimoniato e costruito nell'azione diretta.

Di seguito indichiamo alcuni testi di riferimento presso cui e' possibile trovare alcune definizioni classiche di essa date dai piu' grandi studiosi e militanti della nonviolenza.

4.1. Alcune definizioni di Gandhi

Segnaliamo qui come riferimento la bella antologia di scritti di Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973 e successive edizioni.

4.2. Alcune definizioni di Aldo Capitini

Segnaliamo qui come riferimento la bella antologia di scritti di Aldo Capitini, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977.

4.3. Una sintesi di Giuliano Pontara

D Giuliano Pontara segnaliamo qui (oltre ai vari suoi volumi - di cui i piu' recenti sono La personalita' nonviolenta e Guerra, disobbedienza civile, nonviolenza, ambedue presso le Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1996 -, ed alla notevole introduzione a Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino) particolarmente le brevi voci Gandhismo e Nonviolenza in Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Utet, Torino, poi in edizione economica Tea, Milano.

4.4. Una sintesi di Jean Marie Muller

Segnaliamo qui l'opera di Jean Marie Muller, Strategia della nonviolenza, Marsilio, Padova 1975. Di essa diamo il sommario: Prefazione, di Matteo Soccio. Introduzione. Dall'esigenza morale all'azione nonviolenta. Amore, costrizione e violenza. Principi e fondamenti della disobbedienza civile. Il programma costruttivo. Un dinamismo rivoluzionario. L'importanza dell'organizzazione. I diversi momenti e i diversi metodi dell'azione diretta nonviolenta. La violenza e' l'arma dei ricchi. L'azione violenta isola la rivoluzione. La riconciliazione della rivoluzione e della ragione. L'azione nonviolenta di fronte alla repressione. Il rischio della violenza. Bibliografia sulla nonviolenza, a cura di Matteo Soccio.

4.5. Una sintesi di Gene Sharp

Segnaliamo qui l'opera fondamentale di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997, tre volumi. Di essa diamo una sintesi del sommario: Volume primo: potere e lotta. Introduzione di Matteo Soccio. Prefazione di Gene Sharp. Capitolo primo. La natura e il controllo del potere politico. Capitolo secondo. La base strutturale per il controllo dei governanti. Capitolo terzo. L'azione nonviolenta: una forma attiva di lotta. Volume secondo: le tecniche. Nota dell'editore. Introduzione di Gene Sharp. Capitolo quarto. Le tecniche di protesta e persuasione nonviolenta. Capitolo quinto. Le tecniche di noncollaborazione sociale. Capitolo sesto. Le tecniche di noncollaborazione economica. 1. I boicottaggi economici. Capitolo settimo. Le tecniche di noncollaborazione economica. 2. Gli scioperi. Capitolo ottavo. Le tecniche di noncollaborazione politica. Capitolo nono. Le tecniche di intervento nonviolento. Conclusione. Appendice. Le forme di azione nonviolenta in Italia dal 1945 ad oggi di Matteo Soccio. Elenco delle tecniche. Volume terzo: la dinamica. Prefazione all'edizione italiana di Giovanni Salio. Introduzione di Gene Sharp. Capitolo decimo. Le basi dell'azione nonviolenta. Capitolo undicesimo. La sfida scatena la repressione. Capitolo dodicesimo. Solidarieta' e disciplina per combattere la repressione. Capitolo tredicesimo. il jujitsu politico. Capitolo quattordicesimo. Tre strade per ottenere il successo. Capitolo quindicesimo. La ridistribuzione del potere. Conclusione. Appendice. Sommario dei fattori che determinano l'effetto delle lotte nonviolente.

4.6. Una sintesi di Christian Mellon e Jacques Semelin

Segnaliamo qui il volumetto di Christian Mellon e Jacques Semelin, La non-violence, P.U.F., Paris 1994. Di esso diamo il sommario: introduzione. Capitolo I. Alla ricerca di una definizione: 1. Una nozione ambigua; 2. Definire la violenza; 3. Definire la nonviolenza; 4. Altri chiarimenti concettuali. Capitolo II. La violenza rifiutata: 1. L'approccio pragmatico; 2. Il riferimento alle tradizioni religiose; 3. La logica di un'etica politica. Capitolo III. Principi e metodi dell'azione nonviolenta: 1. Modalita' di elaborazione e di espressione pubblica; 2. Modalita' di pressione e di contrasto. Capitolo IV. Le dinamiche della lotta senza armi: 1. La dinamica collettiva; 2. La dinamica simbolica. Capitolo V. Di fronte alla repressione e allo sterminio: 1. Di fronte alla repressione; 2. Di fronte allo sterminio. Capitolo VI. Di fronte alla guerra: 1. Strategie civili di difesa e di dissuasione; 2. A nuovo contesto, nuove ricerche. Conclusione. Allegato. Alcuni esempi storici. Bibliografia.

 

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Umberto Eco e Riccardo Fedriga (a cura di), Storia della filosofia, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2015, vol. 7. Tra Otocento e Novecento, pp. 432, euro 9,90.

*

Riletture

- Vladimir Holan, A tutto silenzio. Poesie (1961-1967), Mondadori, Milano 2005, pp. XXIV + 158.

*

Riedizioni

- Henry James, Autobiografia degli anni di mezzo, Il sole 24 ore, Milano 2015, pp. 80, euro 0,50 (in supplemento al quotidiano "Il sole 24 ore").

 

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

10. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2149 del 27 ottobre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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