Taranto e il dibattito sull'Ilva



“L’ineluttabile destino dell’Ilva di Taranto”

Intervento di Biagio De Marzo, già dirigente dell’Ufficio Tecnico
dell’Ilva di Taranto


Il Convegno “Polveri sospese, polveri in sospeso”, tenuto il 23 marzo
nell’Aula Magna dell’Istituto “Pertini – Fermi” di Taranto, è stato
registrato interamente. A Girolamo Albano e Roberto Petrachi, impagabili
ed appassionati “tarantini all’estero” fondatori dell’Associazione
TarantoViva che ha organizzato il Convegno, mi permetto di chiedere di
fare un altro sforzo organizzativo: mandare la cassetta del Convegno ai
Candidati Sindaci ed agli esponenti politici, istituzionali, sindacali e
sociali di questa città. E’ necessario che essi conoscano per intero le
relazioni ricche di dati e di vissuto presentate al Convegno e,
soprattutto, è necessario che riflettano sulle inedite esternazioni del
Procuratore della Repubblica dr. Aldo Petrucci e del Procuratore Aggiunto
dr. Franco Sebastio.

Con il volto illuminato da un sorriso amaro, il dr. Petrucci ha raccontato
che, nel corso di una recente indagine della Procura della Repubblica, ai
suoi Consulenti Prof. Giorgio Assennato (attuale Direttore Generale di
ARPA Puglia) e Prof. Lorenzo Liberti (già Preside della Facoltà di
Ingegneria di Taranto) è mancata la collaborazione degli addetti alle
cokerie; “fuggivano” lontano dai Consulenti proprio quelle persone che
prima e più degli altri sono esposte alle condizioni di insalubrità che i
Consulenti dovevano accertare, per il loro bene, per proteggerli. Avendo
vissuto a lungo in Ilva, ho sottolineato che, prima della privatizzazione,
a nessuno, dal Direttore Generale al più giovane addetto, sarebbe venuto
in mente di non collaborare con la Magistratura. Lo “smarcamento” dai
Consulenti della Procura della Repubblica praticato autonomamente dagli
uomini delle cokerie la dice lunga sul “clima” attuale nello stabilimento
dell’Ilva di Taranto: su questo grave fatto vorremmo sentire il parere
della Direzione Aziendale e dei Sindacati, entrambi non presenti al
Convegno.

Il dr. Sebastio è intervenuto dopo la relazione del sig. Alessandro
Frisone, Consulente scientifico del “Comitato Salute e Ambiente di
Cornigliano (Genova)”, che ci aveva raccontato la loro storia, iniziata da
un gruppo di “mamme veramente incazzate” e poi allargata a tutta la città
ed alle Istituzioni, fino alla “vittoria finale”. Il dr. Sebastio ha
espresso tutta la sua amarezza per la nostra città insensibile, sorda ed
assente, amarezza ancor più accresciuta dal confronto con quanto ha fatto
la comunità di Genova Cornigliano in circostanze analoghe. Il Magistrato
ha ricordato i suoi 25 anni di lotta e di solitudine. Al comprensibile
scoramento dell’Alto Magistrato abbiamo reagito con un caloroso applauso
di solidarietà ed incoraggiamento che poi Michele Tursi ha sintetizzato
nel suo “Resistere, resistere, resistere” sul Corriere del 24 marzo.

Tra gli interventi dei due Magistrati ci sono state le relazioni
scientifiche, ricche di dati oltremodo allarmanti, del dr. Roberto
Petrachi, del dr. Fernando Logli e del Prof. Giorgio Assennato e le mie
considerazioni sull’ “ineluttabile destino dell’Ilva”, sostanzialmente le
stesse pubblicate sul Corriere del Giorno del 9 gennaio 2007 ed ispirate
da “I have a dream” di Michele Tursi.

In questo scenario, è sorprendente la posizione espressa dal Segretario
Generale FIM CISL Giuseppe Lazzaro, che pare ignorare lo stato reale delle
cose di Taranto nel 2007 e si attarda a rinverdire i fasti della mitica
Hamilton canadese, lontana anni luce da noi. Vorremmo che tutto il
Sindacato si affrancasse dal terrore della perdita di posti di lavoro e
ragionasse con noi su scenari realistici, per spingere a progettare il
futuro, non a subirlo passivamente, arroccati in “difesa del fortino”.

Forte di una credibilità e competenza conquistate sul campo in oltre
quaranta anni di attività lavorativa (ho avuto responsabilità dirette
anche nell’area dei parchi primari dell’Ilva, a fianco di un collega molto
vicino proprio al Segretario Lazzaro), ho sottolineato che la gran parte
delle emissioni nocive alla salute rinvenienti dallo stabilimento Ilva
sono neutralizzabili a fronte di soluzioni tecniche, già esistenti nello
scenario siderurgico mondiale, che richiederebbero impegno ed investimenti
colossali, con significativi ritorni “sociali” ma, ahimè, non economici e
pertanto difficilmente affrontabili spontaneamente dai proprietari
privati.

A proposito di soluzioni tecniche “avveniristiche”, oltre 20 anni fa, feci
parte di una delegazione degli stabilimenti siderurgici italiani che si
recò in Giappone, nello stabilimento di Kimitzu, gemello di Taranto,
centrata proprio sulle questioni dell’inquinamento ambientale. Ricordo
che, giunti vicino alle cokerie, con il collega Tafuri, responsabile di
“ordine e pulizia” dello stabilimento di Taranto, ci chiedemmo se i
giapponesi ci stessero prendendo per i fondelli, portandoci su cokerie
spente: non si vedeva un granello di polvere, un filo di fumo, non c’erano
cattivi odori, niente di niente. Poi ci fu lo sfornamento del coke
perfettamente controllato e constatammo così che quegli impianti, che
sembravano spenti tanto erano in ordine, producevano a tutta forza. E qui
da noi, nel 2007, si aspettano le mitiche B.A.T. per migliorare le
cokerie. Ma per piacere!

La rimozione della polvere da capannoni, strutture, strade e piazzali, il
contenimento della polverosità dagli scaricatori degli impianti marittimi,
la “neutralizzazione” della miriade di “emissioni consapevoli” e di
“emissioni fuggitive”, provocate tutte da fatti tecnici quali usure,
invecchiamento, mancata manutenzione, errata progettazione, manovre errate
ed altro, sono tutte cose tecnicamente affrontabili con investimenti
pesanti ma non “impossibili”. Clamoroso, ad esempio, è il caso della
ciminiera di 220 metri di AGL/2, quella sul lato Statte, che spande
polveri e fumi fino a distanze inusitate: mi chiedo che fine hanno fatta
gli elettrofiltri, che ai nostri tempi riuscivamo a tenere efficienti ed
efficaci.

Di ben altro peso è l’imbrattamento da polveri rinvenienti dai parchi
primari.

I parchi primari sono il peccato mortale originale che ha mandato (o
manderà) all’inferno i progettisti responsabili, cinquanta anni fa, di una
scelta sciagurata ed irrimediabile: per quell’imbrattamento non c’è
soluzione radicale economicamente sostenibile (vedi l’articolo pubblicato
sul Corriere del Giorno del 9 gennaio 2007, ispirato da “I have a dream”
di Michele Tursi). Tutto questo è ben noto alla Proprietà che certamente
tiene sotto controllo i costi di produzione, oltre che i processi in
Tribunale. Realisticamente, nessuno potrà impedire che …. mollino gli
ormeggi non appena il costo di produzione delle bramme di Taranto sarà
maggiore del prezzo di acquisto delle bramme sul mercato mondiale, magari
in Cina o in India. Chi potrà convincere Riva a non chiudere a Taranto
prima l’area a caldo e poi il resto a seguire? E’ per questo che dobbiamo
spingere tutti insieme per un progetto di ristrutturazione pilotato,
costoso anche in termini di posti di lavoro. In tal modo avremo affermato
tutti, non il solo Magistrato Sebastio, che “il diritto alla vita e alla
salute è un diritto primario, insuscettibile, quindi, di
<contemperamenti>. E allora, occorre fare molta attenzione allorché si
parla di ecocompatibilità: questa possibilità si può accettare allorché ci
si riferisce a diritti <comprimibili>. Ma quando le “esternalità negative”
si concretizzano in danni, o pericolo di danni, al bene primario della
salute e, quindi, della vita, contemperamenti ed equilibrismi non sono
possibili. Quante malattie sarebbero accettabili a fronte di alcuni posti
di lavoro? Ci si può ammalare ma …. <poco poco>?” (pag. 97 di “Un nodo
d’acciaio” – Associazione TarantoViva – ExCogita Editore).

La nostra classe dirigente, a tutti i livelli incluso quello sindacale,
deve avere la piena consapevolezza che il diritto alla vita e alla salute
è un diritto non negoziabile e, contemporaneamente, che l’evoluzione
dell’economia mondiale segna il destino ineluttabile della siderurgia di
massa. Questo comparto è stato già ridimensionato ferocemente in Europa e
subirà la stessa sorte di tanti altri comparti dove, un tempo, l’Italia e
l’Europa avevano una grande presenza: penso alla cantieristica navale,
alle macchine fotografiche, all’elettromeccanica, alle grandi costruzioni,
al tessile, ecc.. Non è infilando la testa nella sabbia che “potremo dare
un futuro alle giovani generazioni”.

Su questo tema centrale per la nostra città ci aspettiamo di sentire i
Candidati Sindaci, i Sindacati, i Partiti, la Confindustria, la Provincia,
la Regione, le Università, le Associazioni sociali e culturali. Questo
tema non deve rimanere nel chiuso dei Convegni, con pochi addetti ai
lavori, ma deve coinvolgere tutti i Cittadini; confidiamo che scendano in
campo le mamme del rione Tamburi e di tutta Taranto, “veramente incazzate”
come quelle di Cornigliano e di Genova.