L'Ilva di Taranto sta migliorando il suo impatto ambientale? Prof. Pirro verifichi le sue tesi...



Il prof. Federico Pirro non è un rampante manager privato ma un raffinato
docente di storia dell’industria nell’università di Bari oltre che
autorevole editorialista e opinion maker. Da decenni egli sostiene
l’importanza delle grandi imprese nello sviluppo generale, non solo
economico, della Puglia, nelle sue varie articolazioni territoriali. Da
tale visione traggono origine molti suoi scritti a sostegno delle grandi
imprese, pubbliche e private.

Molti dei cittadini del “Comitato per Taranto” lavorano o hanno lavorato
in grandi imprese e non hanno difficoltà alcuna a riconoscere e
condividere la visione del prof. Pirro: la grande impresa fa scuola,
trasferisce conoscenze, fa ricerca, stimola iniziative e indotto,
accompagna la cultura, vive nel territorio con “amicizia”, pur mantenendo
la propria identità e curando i propri interessi che, alla lunga, non
possono confliggere con quelli della comunità che la ospita. La grande
impresa, insomma, sente (o dovrebbe sentire) anche la “responsabilità
sociale” vera e partecipata nei confronti dei propri dipendenti e della
cittadinanza intera, che è cosa ben diversa da prebende e favori.

In recenti interventi sulla stampa, il prof. Pirro, dopo avere ricordato
il significato storico, economico e sociale dell’insediamento a Taranto
dello stabilimento siderurgico, ha ripetutamente sottolineato l’impegno
dell’Ilva di Taranto per il miglioramento dell’impatto ambientale. In
particolare, sull’onda delle recenti dichiarazioni del Presidente della
Repubblica sulle antiche “disattenzioni ambientali” dello Stato nei
confronti della città di Taranto, il prof. Pirro ha sostenuto: “Prendendo
atto di quanto sinora compiuto dall’Ilva per contenere l’impatto
ambientale dello stabilimento, bisogna intensificare gli sforzi, gli
interventi e gli investimenti per ridurlo ulteriormente, secondo quanto
stabilito nel protocollo d’intesa sottoscritto a suo tempo fra Regione,
Istituzioni locali, azienda e parti sociali e alla luce delle BAT – best
available techniques, previste dall’Unione europea per gestire al meglio
gli impianti e recepite dal Governo Italiano”.

Riteniamo che tali affermazioni derivino sia da insufficiente conoscenza
di quello che realmente accade in Ilva, in piena contraddizione con la
“visione” che Pirro ha della grande impresa, sia da una eccessiva fiducia
posta negli “Atti di Intesa” che nei fatti si sono rivelati inutili,
inefficaci e tutto sommato dilatori per l’impegno dell’azienda a ridurre
effettivamente, non a parole o sulla carta, l’inquinamento ambientale.

Noi siamo conviti invece che l’Ilva finora ha fatto poco per ridurre
l’impatto ambientale e che, per di più, ha presentato un piano di
interventi e di investimenti che definiamo lacunoso con un eufemismo.
Insieme a molte organizzazioni territoriali, noi cittadini del Comitato
per Taranto abbiamo argomentato tali convincimenti attraverso tre
documenti:

-  la relazione “Atto di Intesa e risanamento ambientale - Prospettive”,
Convegno di “TarantoViva” del 10 agosto a “Fata Morgana” (vedasi Internet
e vari blog);

-  le “Osservazioni” sulla domanda di AIA presentata da Ilva SpA per lo
stabilimento di Taranto, documento reso pubblico sul sito ufficiale del
Ministero dell’ambiente;

-  la “Petizione” al Presidente della Repubblica sugli incredibili ritardi
del Parlamento, del Governo e della Corte dei Conti che forniscono alle
grandi aziende italiane, e quindi anche a Ilva SpA, una sorta di alibi che
le potrebbe far assolvere dall’accusa di mancato rispetto delle leggi, ma
che non salverebbe l’Italia dalle contestazioni della Corte di Giustizia
europea per gravi inadempienze (la Petizione è su Internet e blog vari).

Mettiamo a disposizione del prof. Pirro tali documenti e lo invitiamo ad
un pubblico confronto, pronti a riconoscere eventuali errori commessi da
noi ma sicuri, nel contempo, che di fronte a fatti ed omissioni di
notevole gravità l’insigne studioso avrà l’onestà intellettuale di
modificare il giudizio positivo finora espresso sull’impegno di Ilva “per
contenere l’impatto ambientale dello stabilimento”.

Per un minimo di concretezza, qui anticipiamo alcuni stralci delle
“Osservazioni”, dal significato inequivocabile.

1.         Il Ministero dell’ambiente, a seguito di una nostra “diffida”,
ha dato 30 giorni di tempo ad Ilva per mettere a disposizione del
“pubblico”alcuni documenti “individuati quali riservati” e di fornire in
particolare le informazioni riguardanti le emissioni dell’impianto
nell’ambiente.

2.         La Commissione ministeriale (sulla sicurezza in stabilimento),
rilevato che le proprie “raccomandazioni” sono la ripetizione di quanto
avevano già fatto, invano, due precedenti Commissioni, propone
all’Autorità di controllo di convertirle in “prescrizioni”. L’ultima
“Raccomandazione” rende bene come veri “terzi” giudicano il modo in cui
viene realizzato in stabilimento il miglioramento dell’impatto ambientale:
“Infine la Commissione ritiene opportuno che da parte della Società sia
costantemente valutato l'impatto sulle persone e sull'ambiente delle
emissioni in atmosfera derivanti dai cicli produttivi”.

3.         Nell’area Stoccaggio materie prime, il piano di adeguamento
alle BAT prevede 18 interventi per un importo totale di 50,6 Meuro. Tra
essi c’è la installazione di due macchine bivalenti dal costo complessivo
di 14,8 Meuro, quasi il 30% dell’intero importo. Le due macchine sono in
piena attività produttiva dal II trimestre 2006.

4.         I 3 interventi proposti come applicazione delle BAT in AGL,
sono, in realtà, interventi di manutenzione per il recupero della
situazione iniziale, uno dei quali addirittura ultimato e messo in marcia
nel I trimestre 2006.

Inoltre, per una riduzione verso i migliori parametri ottenibili per le
emissioni di  PCDD/F (diossine e furani) tutto è ancora lasciato vago e
rinviato a studi di  fattibilità e verifica dei parametri emissivi. Lo
stato dell’agglomerato è uno dei punti più deboli della documentazione
Ilva/AIA, è lontanissimo dalle indicazioni delle BREF e sembra tornato
indietro di oltre 15 anni.

Eppure in Europa ci sono stati grandi progressi, eppure ci risulta che lo
stesso gruppo Riva ha contribuito alla stesura delle BREF, in cui è
indicata chiaramente una robusta serie di misure per migliorare le
prestazioni ambientali dell'industria metallurgica ed in particolare del
processo di agglomerazione del minerale ferroso. Nel Cap. IV – 7.d
dell’allegato B, a dimostrazione del disinteresse “politico” dell’Ilva nei
confronti del problema agglomerato, citiamo i contenuti principali delle
BREF e riproduciamo una panoramica delle migliori tecnologie innovative
applicate, con ottimi risultati, in Europa e in USA ed applicabili
all'impianto AGL/2 di Taranto.

5.         Le attività previste in AFO non sono investimenti innovativi
per l’ambiente, ma rifacimenti e manutenzioni straordinarie che potranno
avere modesti effetti sull’ambiente. Nello specifico di alcuni interventi
rileviamo che dei 15 interventi previsti, ben 8 sono destinati ad AFO/3,
fermo, e posizionati nel 2012/2013.

6.         Nell’area Laminazione a caldo, i 4 interventi sono tutti di
adeguamento  degli impianti di trattamento acque dei treni di laminazione,
incluso quello del TLA/2 ultimato e messo in marcia a fine 2004, ulteriore
inequivocabile conferma dei nostri dubbi sulla veridicità di elenchi e
investimenti “da fare” per il miglioramento dell’impatto ambientale.

7.        Nulla è previsto per le emissioni diffuse che, in caso di vento
forte, provengono dagli accumuli di polveri sulle strutture degli
impianti, dei capannoni, sui piani di lavoro, ecc. in particolare in Area
GHI e ACC. Per non dire di piazzali e strade non asfaltate, dell'area GRF,
di nastri trasportatori, ecc. In sostanza nell'AIA si parla un po’ di
quanto attiene agli impianti/processi e per niente di quanto avviene al
contorno.

8.        Presentare una situazione immune da pecche come quella descritta
nelle pagine finali del documento fa a pugni con la percezione
dell’impatto ambientale che hanno i cittadini di Taranto che toccano con
mano le polveri perenni e guardano con preoccupazione i fumi e la cappa
che sovrasta ogni giorno la città, e fa a pugni anche con le impietose
situazioni fotografate dalla stampa periodica nazionale (vedi i recenti
servizi su Espresso e LEFT).

9.         Il gruppo Riva nell’ultimo decennio ha conseguito fatturati ed
utili imponenti, gran parte dei quali nel sito di Taranto, fino ai record
storici del 2006 L’ing. Emilio Riva, orgoglioso fondatore del Gruppo, per
rispettare fama e prestigio ottenuti in cinquanta anni di successi
imprenditoriali, ora deve vincere la sfida di continuare a produrre
acciaio a Taranto nel rispetto delle norme.

Il prof. Pirro, infine, afferma: “Ma lasciare l’acciaio, il ciclo
integrale e il loro indotto sarebbe una scelta grave per Taranto e per
l’intero Paese. Ma se questo è vero, allora è il Paese che deve porre
risorse al servizio della città per abbattervi l’inquinamento ambientale”.
Siamo d’accordo: anziché fare tanto “fumo senza arrosto” e arroccarsi in
difesa di progetti inefficaci, sarebbe saggio da parte di Ilva imboccare
la strada della collaborazione con la città nella ricerca degli aiuti
necessari per rimediare a quello che noi abbiamo ripetutamente definito il
“peccato mortale originario” che lo Stato, attraverso i tecnici di società
direttamente controllate, ha commesso nei confronti della città di
Taranto.

In conclusione, noi cittadini del “Comitato per Taranto” invitiamo il
prof. Pirro a confrontarsi con noi, in un pubblico e civile confronto, da
tenersi a Taranto nel Centro Universitario e Giovanile Ionico, nel giorno
che egli stesso vorrà fissare.

Il Comitato per Taranto
http://comitatopertaranto.blogspot.com
comitatopertaranto at yahoo.it



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