Inquinamento industriale a Taranto, Altamarea fa ricorso alla Commissione Europea



“Aia in ritardo”: c’è il ricorso


TARANTO - “Un ricorso alla Commissione della Comunità europea avverso lo
Stato italiano per il mancato rilascio delle autorizzazioni integrate
ambientali alle industrie del territorio nei tempi previsti”. Loro sono
gli stessi della marcia contro l’inquinamento organizzata lo scorso 29
novembre sotto il vessillo di AltaMarea. Oggi le stesse associazioni
ambientaliste che si riconoscono in questo “cartello” non escludono che
una simile manifestazione possa essere ripetuta ad un anno dal corteo.
Intanto, hanno preparato il ricorso sulla questione delle Aia. Stamattina
a presentare l’iniziativa presso la sede dell’Ail, Leo Corvace, promotore
del ricorso sottoscritto dagli esponenti delle altre associazioni. In
sostanza quello che denunciano è la situazione di continua proroga dei
termini previsti per il rilascio delle autorizzazioni alle industrie che,
di fatto, continuano ad operare in assenza delle prescrizioni legate al
rilascio delle stesse Aia. Superato il primo termine fissato nel 31
ottobre 2007. Data poi slittata al 31 marzo 2008 e rimbalzata ancora in
occasione dell’accordo di programma siglato l’11 aprile 2008: in quella
occasione vennero concessi altri trecento giorni per il rilascio delle
Aia. Tempo scaduto anche questa volta. Oggi le associazioni denunciano una
situazione di vuoto normativo alla quale corrisponde una proroga di fatto
dei termini. Nello specifico entra Leo Corvace (Legambiente): “Da parte
dello Stato non sono stati rispettati i termini il che crea una situazione
di proroga di fatto dei tempi concessi alle aziende per il risanamento
ambientale. Senza nessun atto ufficiale di proroga di fatto si concede
ulteriore tempo alle industrie per adeguare gli impianti alle Bat
(acronimo di best available techniques, le migliori tecniche disponibili,
ndr)”. Sotto accusa questa volta finisce il Governo. “L’Aia - spiega
Corvace - applica in Italia per la prima volta la normativa europea: le
industrie d’ora in poi devono essere in possesso dell’Aia in sostituzione
di tutte le autorizzazioni di natura ambientale. Per ottenerla devono
adeguare gli impianti presentando un piano di interventi. Con una legge
dell’anno scorso si permette alle aziende di attuare parte del programma
prima dell’ottenimento dell’Aia. Questo è grave - commenta – perché
significa automaticamente un percorso distaccato da una valutazione di
tipo complessivo. Ci potremmo trovare – chiarisce - nella condizione di
vedere realizzate singole opere di risanamento che magari con le
prescrizioni (quelle legate al rilascio dell’Aia) potrebbero essere
realizzate con canoni più severi”. “Il rilascio delle Aia è un’occasione
storica per il territorio per il risanamento della nostra area
industriale, non possiamo lasciarcela sfuggire come già è successo in
occasione della dichiarazione di Taranto area ad elevato rischio
ambientale. In quel caso i piani approvati da amministrazioni comunali e
Regione non hanno fatto altro che seguire le indicazioni dell’industria”.
Ecco perché le associazioni tornano oggi a mobilitarsi. Sulla situazione
di “proroga implicita dei termini” si sofferma anche Lunetta Franco
(Legambiente): “alla Comunità europea chiediamo di mettere in atto
provvedimenti nei confronti dello Stato affinché adempia ai propri
obblighi. Siamo preoccupati sotto diversi aspetti. Il primo è quello della
vacatio legis, siamo praticamente in balia delle onde. Il secondo aspetto
è quello ambientale. Perché di fatto si concede di continuare ad operare
dilazionando i provvedimenti a tutela dell’ambiente e della salute dei
cittadini che poi sono gli obiettivi dell’Aia. Il terzo motivo di
preoccupazione è legato a quello che potrebbe scaturire da questo stato di
fatto. E cioè, le aziende in assenza delle prescrizioni che accompagnano
il rilascio delle Aia, si presume abbiano iniziato ad adeguare gli
impianti secondo i loro progetti. Per colpe non loro, ma perché non hanno
avuto risposte. Questo potrebbe significare che prescrizioni più rigorose
rispetto alle Bat (come quelle previste per l’area di Taranto in
considerazione della gravità della situazione ambientale) potrebbero
essere “vanificate” da interventi già attuati. In più, l’accordo di
programma ha previsto che si debba tener conto dell’impatto generale
sull’ambiente e sulla salute dei tarantini delle attività industriali nel
loro complesso, e non prese singolarmente. Gli effetti si moltiplicano. La
valutazione va fatta non sul singolo impianto; il rischio è che in questo
modo non si possa avere una visione complessiva, seguendo ogni azienda il
suo piano in assenza di contraddittorio con la commissione Ippc”. Dritto
al cuore del problema l’ingegnere Biagio De Marzo, di Peacelink. “Il
ricorso lo abbiamo inviato per conoscenza anche al ministro Prestigiacomo,
ai senatori e ai deputati delle commissioni ambiente del Senato e della
Camera e ai deputati eletti in Puglia, al presidente della Provincia e ai
sindaci di Taranto e di Statte. Vogliamo sottolineare le gravi
inadempienza del Parlamento italiano che è in difetto perché non ha
emanato le leggi nei tempi opportuni”. L’appello è esteso gli
amministratori locali. “Ai sindaci ricordiamo che sono i responsabili
della salute dei cittadini e che quindi non possono non far nulla di
fronte ad una cosa del genere: leggi e accordi disattesi. La commissione
europea ha già avviato da un anno la procedura di infrazione nei confronti
dello stato italiano per l’aia di Taranto. Ma di fronte anche
all’impotenza delle commissione europea i cittadina chi santo devono
votarsi?”.


Fonte
Taranto Sera
giovedì 30 luglio 2009