PeaceLink: "Ilva responsabile della contaminazione da diossina. La perizia della Procura di Taranto ci da' ragione"



Sulla Gazzetta del Mezzogiorno on line e' appena apparso questo articolo.
E' una buona sintesi del comunicato stampa da noi inviato stamattina.
Alessandro Marescotti
www.peacelink.it 

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Ambientalisti: contaminati da diossina


TARANTO – “I periti della Procura hanno dato una risposta limpida ad una città inquinata che ha fame di giustizia e sete di verità. Con il linguaggio della scienza hanno scritto cose che pesano come macigni e ridanno speranza alla lotta per un futuro pulito”. Lo affermano in una nota Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink Taranto, e Fabio Matacchiera, presidente della Fondazione antidiossina onlus, riferendosi alla relazione dei periti chimici depositata ieri alla cancelleria del gip di Taranto Patrizia Todisco, che rappresenta la prima parte della maxi-perizia sulle emissioni dell’Ilva, disposta nell’ambito di un incidente probatorio. 

“Al quesito se i livelli di diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti e se i livelli di diossina e Pcb accertati nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento Ilva – aggiungono gli ambientalisti – la risposta degli esperti nominati dal Tribunale è affermativa. I periti hanno cercato e trovato la cosiddetta impronta digitale della diossina. Era il passaggio chiave per individuare il principale responsabile di questo tipo di inquinamento cancerogeno che preoccupa un’intera comunità. La diossina infatti lascia una impronta particolare che consente di risalire all’inquinatore”. 

Secondo Marescotti e Matacchiera, “la diossina che ha contaminato l’ambiente attorno all’Ilva è correlabile, sulla base delle evidenze scientifiche raccolte, agli elettrofiltri (posti all’altezza del suolo) che dovevano essere sigillati e non dovevano avere alcuna dispersione di diossina nell’ambiente”. “Nessuna legge infatti consente a un’azienda di disperdere 'al ventò fumi e polveri contaminate provenienti dagli elettrofiltri inquinando l’ambiente circostante e la catena alimentare. Sarà molto difficile per l’azienda - concludono – dimostrare che tutto questo è avvenuto rispettando le leggi ambientali che invece vietano la dispersione di emissioni cancerogene diffuse e fuggitive non efficacemente captate”.
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