Itaca alla Commissione Sanità del Senato : "Giù le mani dalla 180" (464)



Giù le Mani dalla 180

www.itaca.coopsoc.it

La promozione della dignità umana non si attua attraverso i CPT e la
riforma della legge Basaglia.


In queste ultime settimane il tema della 180, di una sua presunta
inadeguatezza e di una altrettanto presunta necessità di contro-riforma
è tornato alla ribalta. Prima con le affermazioni del ministro alla
Salute, Francesco Storace, che ha espresso la volontà di modificare la
legge Basaglia. Martedì 14 febbraio con l'approvazione, da parte della
12^ Commissione Igiene e Sanità del Senato, della relazione conclusiva
dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della legge. I lavori della
Commissione, relatrice Rossana Boldi (Ln), hanno visto l'approvazione
del documento. A favore la maggioranza, critiche le opposizioni del
centro-sinistra, anche se con un atteggiamento che suscita, a dir poco,
alcune perplessità.

La 180 è una legge "intrinsecamente incompleta", che "è stata
parzialmente superata" e che a trent'anni dalla sua approvazione ha
bisogno di essere modificata per realizzare "una vera riforma
dell'assistenza psichiatrica". È quanto si afferma nella relazione
conclusiva dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della legge,
approvata ieri dalla Commissione Sanità del Senato.

Che dire se non che avremmo preferito si fosse parlato di salute
mentale, ma così non avviene da tanto tempo. Forse addirittura dal 1978,
anno in cui quella legge venne approvata dal Parlamento italiano
praticamente all'unanimità.

Giova ricordare allora, ai tanti che lo hanno dimenticato, che la legge
180 è una legge quadro. Indica dei principi di base che si rifanno al
diritto di cittadinanza per tutti, principi base per l'applicazione
locale-territoriale della stessa. Questo principio, oggi, è ancor più
importante non solo per le conseguenze della devolution, che demanda ad
ogni Regione le competenze in materia di sanità, ma soprattutto per il
contatto-confronto-accoglienza di diverse popolazioni ed etnie che
giungono in Italia. Un principio che, almeno fino a quando sarà
possibile secondo i dettati della Costituzione, persegue fini di
accoglienza e integrazione. Fini che tuttavia paiono essere messi in
discussione non solo dalla volontà di contro-riforma della legge 180, ma
anche da azioni che vogliono recludere nelle gabbie centinaia di
migranti 'colpevoli' solo di non avere i documenti in regola.

I cosiddetti Centri di Accoglienza Temporanea (CPT), come quello di
prossima apertura nella regione Friuli Venezia Giulia a Gradisca
d'Isonzo (Go), il più grande d'Italia, altro non sono che moderni
supercarceri-lager. Luoghi di reclusione come i manicomi d'altri tempi,
che vanno contro i più elementari diritti delle persone. Siano esse
migranti senza documenti o sofferenti di disagio mentale. Imperativo
della società civile è dire no ai nuovi lager, no ai nuovi manicomi
temporanei, no alla contro-riforma della legge 180.

La Cooperativa sociale Itaca, facendo proprie le considerazioni espresse
dall'Assemblea di LegacoopSociali del Fvg, a suo tempo decise di non
partecipare alla gara d'Appalto per la gestione dei servizi all'interno
del CPT, ritenendo che la mission della cooperazione sociale, proprio in
quanto pone come prioritaria la promozione della dignità umana, sia in
contrasto con la gestione di questo tipo di Centri.

Mentre oggi la Cooperativa Minerva di Savogna d'Isonzo, aggiudicataria
dell'appalto, sembra sorda ad ogni richiamo sulla incongruente gestione
di questo moderno supercarcere-lager da parte di una struttura
cooperativa, ci chiediamo come possa un socio di una cooperativa
trasformarsi in secondino per aprire-chiudere le centinaia di porte
delle celle del CPT, passaggi, gabbie esterne, cortili che segnano
l'isolamento continuo delle persone, recluse senza alcun processo o
sentenza che le condanni. I diritti dei migranti vanno riconosciuti,
così come vanno riconosciuti i diritti delle persone sofferenti di
disagio mentale.

Ancora oggi la "malattia mentale" è diversa, viene trattata in modo
diverso, considerata in modo diverso, espressa in modo diverso nei
diversi Paesi. Nella nostra Italia la diversità del trattamento
caratterizza oltremodo la realtà della sofferenza mentale. Perché alla
legge 180 non sono seguite norme applicative, tanto meno indicazioni
certe delle fonti di finanziamento. I due progetti obiettivo per la
salute mentale sono arrivati fino al 2000, hanno dato importanti linee
guida ma non esiti concreti a problemi collettivi. Hanno creato una
chimera, che è quella del 5% delle risorse della sanità destinato alla
salute mentale, d'accordo ente pubblico, familiari, cooperative sociali,
volontari.

Il risultato è oggi una mappa variegata, una legge applicata ancora a
macchia di leopardo. A seconda di dove nasce o risiede, chi soffre di
disagio mentale ha la (s)fortuna di avere risposte che vanno, a seconda
dei casi, dal 2 al 5 % del budget dell'Azienda sanitaria di riferimento.
Avere risorse significa disporre di servizi, strutture residenziali a
diverso grado di protezione, centri diurni attivi e attenti, oppure
stanzoni dove si viene parcheggiati. Centri di salute mentale aperti
sulle 24 ore o per qualche ora al giorno, reparti di diagnosi e cura ben
integrati negli ospedali civili o chiusi, negati e fatiscenti. Avere
risorse significa altresì poter attuare inserimenti lavorativi, fornire
supporto alle famiglie in modo individualizzato e mirato, non a pioggia,
dove chi più ha più prende.

Le forze del centro-sinistra si sono opposte al documento presentato in
Commissione Sanità del Senato dalla relatrice Boldi. Ma in maniera poco
convinta e convincente.

Il senatore Mascioni (Ds) ha criticato l'opportunità politica riguardo
l'approvazione di un documento su una materia di tale rilievo dopo lo
scioglimento delle Camere, sottolineando l'eccessiva rapidità
dell'indagine e la mancanza di un adeguato confronto con le Regioni. I
limiti della 180, ha detto ancora Mascioni, risalgono all'inadeguatezza
della sua applicazione sul territorio. La macchia di leopardo, appunto.

La senatrice Baio Dossi (Margherita) ha ritenuto inopportuno procedere
alla votazione del documento conclusivo in Commissione, anche perché
sulla questione della riforma della legge Basaglia la stessa
maggioranza, nel corso dell'attuale legislatura, ha evidenziato
posizioni alquanto eterogenee. Presso la Camera dei deputati
(Commissione XII Affari sociali e Comitato Ristretto) si è registrata in
questi anni una vera e propria spaccatura all'interno delle stesse forze
di maggioranza nel corso dell'esame delle molteplici versioni del ddl
presentato dall'on. Burani Procaccini. Proposte sulle quali, peraltro,
la stragrande maggioranza degli operatori del settore pubblico, del
privato sociale, delle associazioni dei familiari si sono espressi
negativamente in più occasioni.

Forti perplessità suscita, tuttavia, l'atteggiamento della
rappresentante della Margherita quando afferma di non disconoscere
pregiudizialmente l'opportunità di una modifica della legge 180.

Perché non applicare uniformemente, per una buona volta, la legge
Basaglia su tutto il territorio italiano? Perché non seguire le
indicazioni dell'ex sottosegretario Antonio Guidi: "I genitori hanno
bisogno di servizi, denaro e solidarietà. La legge Basaglia è una delle
più importanti mai scritte nel nostro Paese". Forse, allora, Guidi ha
ragione quando dichiara che tale discussione nasconderebbe non sani
propositi ma solo interessi privati? E' forse nel giusto quando afferma
che "chi oggi li rimpiange (i manicomi, ndr) o è in malafede o ha
interessi personali forti!". I problemi veri sono, sempre secondo Guidi,
"i servizi non reggono, perché sono sotto organico di ben 70mila unità.
Esistono, poi, fortissime pressioni delle case di cura private, che
potrebbero avere miliardi di euro per l'accreditamento". "Le famiglie
-ancora Guidi- hanno bisogno di servizi, di denaro e di solidarietà. Per
il resto nella legge c'è tutto".

Il problema vero è che, in tutti questi anni, la legge 180 non è mai
stata applicata concretamente. Neppure da parte delle forze politiche
(anche quelle di centro-sinistra) che oggi la sostengono. Ma spesso solo
a parole. Ecco allora che l'Unione, nel suo programma di governo,
affronta il tema del welfare e della salute mentale.

"Il tentativo ricorrente di ritorno al passato e di
ri-manicomializzazione della salute mentale -si legge in un estratto del
programma di Governo dell'Unione 'Per il bene dell'Italia'- va respinto
applicando per intero la legge 180. Siamo per il superamento degli
ospedali psichiatrici giudiziari e di ogni altra forma di manicomialità
e di contenzione meccanica e farmacologia, così come della pratica
dell'elettroshock. La legge 180 ha posto fine allo statuto speciale per
le persone con disturbo mentale e ha aperto un campo di possibilità e di
diritti che deve essere riattraversato con coerenti indicazioni
programmatiche alle Regioni e la messa in campo di risorse adeguate. Si
dovrà operare per la diffusione in tutte le regioni di forme
organizzative che hanno dato risultati d'eccellenza e attivare progetti
finalizzati nelle situazioni più critiche. Il sistema dei servizi deve
essere radicato nei territori, integrato con l'area sociosanitaria,
capace di andare incontro ai bisogni reali, per assicurare la presa in
carico, la continuità terapeutica e assistenziale. Promozione e
valorizzazione del protagonismo delle stesse persone con disturbo
mentale deve rappresentare un forte obiettivo di prospettiva. Si dovrà
sostenere la partecipazione delle associazioni dei familiari con aiuti
concreti alle famiglie e favorire conoscenza e forme di auto aiuto.
Dovrà essere riattivato il ruolo delle cooperative sociali nei progetti
di vita, di integrazione lavorativa e di recupero di contrattualità
sociale delle persone con disturbo mentale".

Il centro-sinistra si impegni concretamente, con i fatti. Fino ad oggi
la legge Basaglia è stata applicata in Italia a macchia di leopardo, con
servizi per la salute mentale sovente inadeguati, con sperequazioni di
budget (la chimera del 5% della spesa sanitaria) evidenti tra le regioni
e tra territori di una stessa regione. Non basta rilanciare di tanto in
tanto l'opposizione a ogni privatizzazione della sofferenza mentale.

Lo stesso Forum Nazionale della Salute Mentale, riunitosi recentemente a
Milano, ha sottolineato come "la legge è sostenuta da un ampio
schieramento politico, trasversale a quasi tutti i partiti. Però notiamo
che, a fronte di dichiarazioni costantemente espresse in difesa della
legge, non si registrino comportamenti altrettanto coerenti". Come
espresso dal Forum, se appare comprensibile l'atteggiamento da parte di
chi critica apertamente la 180 e ne vuole modificare il testo, non lo è
certo da parte di chi "si schiera politicamente, culturalmente e
tecnicamente a favore della legge ma non addotta comportamenti adeguati,
provvedimenti coerenti, politiche organiche e strumenti amministrativi
idonei all'effettiva applicazione della legge". Inadeguatezza che "offre
argomenti non di poco conto agli oppositori della legge".

E' necessario che ci si impegni per un nuovo modello rivolto alla salute
mentale, adeguato alla realtà odierna. Le richieste del Forum ai
presidenti delle Regioni italiane, concretizzate attraverso un decalogo,
non possono che essere appoggiate e condivise. Siano anche le Regioni a
muoversi con i fatti, a farsi carico delle loro responsabilità, ad
opporsi ai nuovi manicomi privati post 180.

Ribadiamo la nostra posizione contro i nuovi Lager e contro l'ennesima
ipotesi di riforma della 180. La legge Basaglia non va cambiata, ma
applicata con uniformità in tutto il territorio italiano. Vanno tutelati
i diritti delle persone, siano esse migranti o sofferenti di disagio
mentale, o persone deboli ed in difficoltà. La società civile non ha
bisogno dei CPT, tanto meno di quelli gestiti, come nel caso di Gradisca
d'Isonzo, da cooperative che hanno 'dimenticato' la loro mission
prioritaria: la promozione della dignità umana.


Fabio Della Pietra
Ufficio stampa
Cooperativa Itaca - Pordenone
www.itaca.coopsoc.it

Prot. 464