In Spagna quando tira aria di ribellione si assalta subito il crocefisso



In Spagna quando tira aria di ribellione si assalta subito il crocefisso

In una scuola di Valladolid saranno rimossi i crocifissi dalle aule per ordine di un giudice che ritiene, come ha scritto nella sentenza, che “la presenza di questi simboli nelle zone comuni del centro educativo pubblico, dove ricevono istruzione minorenni in piena fase formativa dell’intelletto e della volontà, può provocare in loro la sensazione che lo stato sia più vicino alla confessione correlata ai simboli religiosi presenti nel centro pubblico che ad altre confessioni”. Dalla prosa un po’ circonvoluta di Alejandro Valentin Sastre si deduce che, sebbene lo stato non esprima alcuna preferenza religiosa consentendo l’esposizione del crocifisso, in qualcuno si potrebbe ingenerare tale sospetto e che quindi il sospetto deve prevalere sulla realtà.

Ora i socialisti della Castiglia annunciano di voler estendere a tutte le scuole l’ordinanza laicista contro il crocifisso, mentre i Popolari, che governano quella comunità autonoma, pensano di ricorrere contro la sentenza. Sul piano politico e giuridico si vedrà chi l’avrà vinta, ma già d’ora si può riconoscere, anche in questo episodio la ripresa di una guerra religiosa che ha già caratterizzato tragicamente tanta parte della storia spagnola. La settimana scorsa, per esempio, il presidente del Parlamento spagnolo, il socialista José Bono, ha dovuto rinunciare ad apporre una targa che ricordava che una suora santificata aveva risieduto in uno degli edifici che oggi fanno parte del complesso parlamentare, per le proteste dell’estrema sinistra, dei repubblicani catalani e, alla fine, del suo stesso partito.

L’aconfessionalità dello stato viene presa a pretesto per cancellare l’impronta cristiana della nazione o (se si vuole dar retta a catalani e baschi) delle nazioni che lo costituiscono. La città di Valladolid, peraltro, rappresenta con la sua storia e con la sua tradizione attuale, un esempio rilevante di questo carattere cristiano della civiltà e della nazione spagnola. La riconquista di Valladolid nell’XI secolo fu l’inizio del processo che doveva portare, nel corso dei secoli, alla costruzione dello stato spagnolo. Lì si celebrarono le nozze segrete tra Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona, che unendo le due corone e conquistando l’Andalusia conclusero quell’impresa. Fu la prima capitale della Spagna, e dell’impero di Carlo V, sul quale “non tramontava mai il sole”, lì visse e morì Cristoforo Colombo ed abitò Miguel de Cervantes.

Oggi Valladolid è nota soprattutto per la celebrazione della Semana santa, nel corso della quale si può vedere sfilare per le strade una straordinaria esposizione di iconografia religiosa. Su grandi carri vengono trasportate colossali sculture, come quella della Virgen de las Angustias, la Sagrada cena, la Horacion del huerto, el Senor atado a la columna, le Lagrimas de san Pedro e, naturalmente, un enorme crocifisso, portato a spalle dagli uomini di una delle numerose confraternite di cui è ricca la città. Valladolid è stata la culla del rinascente stato spagnolo, con la sua università secolare è uno dei centri più prestigiosi della sua cultura e, nelle manifestazioni religiose assai partecipate esprime la fede del suo popolo. In una delle sue scuole, però, i crocifissi saranno staccati dalle pareti delle aule per effetto di una sentenza cavillosa.

Com’è noto, una vicenda simile, in Italia, si è conclusa con una sentenza della Corte costituzionale che ha riconosciuto il valore storico e culturale, per la nazione italiana, del crocifisso. In Italia, però, l’anticlericalismo non ha mai avuto carattere di massa, mentre in Spagna, per varie ragioni storiche, spesso il moto di ribellione popolare, nel quale ha esercitato una profonda influenza l’anarchia, ha scelto come primo obiettivo le chiese e i conventi. La vicenda di Valladolid è solo un aspetto di una contestazione dei simboli religiosi cristiani che è stata assunta anche nella legge sulla memoria storica, che dal riconoscimento dei diritti degli sconfitti repubblicani della guerra civile tende a tracimare nella rivendicazione degli aspetti meno condivisibili della Repubblica, a cominciare dall’anticlericalismo concretizzatosi nel martirio di migliaia di religiosi. Soffiare sul fuoco che sta sotto la cenere, riattizzare l’antica lotta tra il gallo rosso e il gallo nero, può servire a far dimenticare per qualche ora le difficoltà della situazione economica, ma alla fine può riverlarsi una scelta irresponsabile e nefasta per l’unità nazionale e popolare.

www.ilfoglio.it