Tunisia: se la democrazia vera prende piede nel mondo arabo



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Se la democrazia vera prende piede nel mondo arabo

Quel che accade in Tunisia, una rivolta di massa contro un sistema
autoritario e corrotto, ha stupito tutti, soprattutto per il fatto
che, stavolta, le contestazioni non sono state cavalcate da un
movimento islamico estremista, ma hanno un loro percorso inedito che
ha sconcertato i governi europei e le opinioni pubbliche occidentali
inclini a certi pregiudizi nei confronti del mondo arabo. Ma anche i
governi arabi ne sono spaventati.
Ne parliamo con un testimone diretto, Tahar Chikhaou, 56 anni, che
insegna storia del cinema all’universita’ di Manouba, vicino a Tunisi,
al Dipartimento di letteratura e civilta’ francese.

L’origine della rivolta e’ nota: a meta’ dicembre nella cittadina di
Sidi Bouzidun un giovane che non poteva vendere per strada i suoi
articoli per via di una mancata autorizzazione, viene umiliato dalla
polizia comunale, da cui viene schiaffeggiato pubblicamente.
Esasperato prende il suo carretto per chiedere giustizia all’autorita’
locale ma nessuno gli presta ascolto; da qui la decisione di darsi
fuoco per protesta. “A partire da questo momento e’ nato un movimento
– dice Chikhaou – le prime sommosse sono partite da Sidi Bouzid una
cittadina povera situata all’interno della Tunisia, dove non c’e’
sviluppo ma solo disagio. La risposta della polizia e’ stata violenta.
Anche due anni fa in un altro luogo era successa una rivolta simile ma
la protesta era stata repressa, la differenza questa volta e’ che il
movimento era piu’ forte e si e’ sviluppato. Il presidente Ben Ali
pensava che il movimento si sarebbe fermato, ma i giovani, utilizzando
anche Facebook, hanno reagito velocemente e la protesta si spostata in
altre regioni del paese”.
Uno dei motivi per cui la protesta e’ dilagata, e’ stata l’azione
criminale di alcuni cecchini, incaricati appositamente di sparare
sulla folla; alcuni persone sono state centrate proprio al cuore da
proiettili precisi. “Ma la gente non si e’ fatta intimorire – prosegue
Chikhaou - la gioventu’ ha avuto un ruolo decisivo; il governo voleva
proibire Facebook ma non ha potuto. Il movimento non e’ politicizzato,
e’ spontaneo ed ha avuto l’appoggio del sindacato”.

Non si sa ancora bene cosa sia successo il 14 di gennaio ma Ben Ali si
trova in difficolta’ all’interno del suo stesso gruppo di ministri;
forse non si rende conto della gravita’ della situazione e vuole
reagire con la forza chiedendo l’intervento dell’esercito, ma Rachid
Ammar generale a capo delle Forse Armate si rifiuta. Poco dopo scappa
in aereo in Arabia Saudita . “Si dice che l’attuale ministro degli
Esteri ha aiutato il generale a estromettere Ben Ali.”.
Un elemento che ha sorpreso e’ stato il comportamento dei giovani:
“Sembra un sogno per noi intellettuali, siamo stai sorpresi da questi
giovani; pensavamo che non si interessassero alla politica, che
fossero stupidi e invece hanno lottato in un modo giocoso; il
movimento e’ stato pacifico, nessun slogan islamista o xenofobo, e’
stato fino ad oggi un movimento forte e determinato, ma pacifico”.

E’ sera quando Chikhaou mi parla al telefono tramite Skype ed e’ a
casa sua dato che in Tunisia vige il coprifuoco. La situazione e’
ancora incerta, la gente continua a manifestare e ci sono scontri
perché a molti non basta la fuga di Ben Ali e vogliono che nel nuovo
governo non ci sia nessun ministro compromesso con il vecchio regime.
In piu’ la situazione e’ aggravata anche dalla presenza di milizie
armate ancora fedeli al vecchi presidente.

Certo quello che e’ successo in Tunisia non puo’ essere spiegato solo
con il protagonismo dei giovani e del loro essere in rete su internet.
“Vi sono altri fattori storici piu’ profondi che hanno causato questa
situazione. In Tunisia la classe media e’ molto importante e questa
sua presenza risale fin dagli anni ’70. Il popolo tunisino inoltre e’
un popolo istruito per via delle scelte fatte da Habib Bourguiba fin
dagli anni ’50 (la scuola e’ obbligatoria fino ai 13 anni ndr). Tutta
la popolazione e’ scolarizzata legge i giornali, capisce anche il
francese e l’italiano. Poi la situazione della donne in Tunisia e’
diversa, le donne hanno un ruolo importante; la Tunisia e’ l’unico
paese musulmano dove la poligamia e’ proibita. Infine non
dimentichiamo la particolare natura di questa tirannia non fascista o
religiosa ma di tipo mafioso, quindi particolarmente odiosa”.

Di fronte ai fatti tunisini sorprendente e’ stata la prima reazione
dell’Europa: “C’e’ un pregiudizio molto radicato nella classe politica
europea per cui  nel mondo arabo ci sono solo due possibilita’ di
esiti in caso di rivolta: o la deriva islamica o quella militare.  Per
questo il ministro degli Esteri francesi ha sostenuto Ben Ali dicendo
che la Francia era disposta a dare una mano alla polizia per aiutarlo
a reprimere la sommossa. Adesso si sono scusati dicendo che non
avevano capito il movimento. L’atteggiamento americano e’  stato
diverso, erano piu’ informati e aveva capito tutto”.
Ma i partiti di matrice islamica che profilo stanno tenendo in questo
momento? “Negli ultimi anni, dopo il terrorismo di Al-Qaida e la
guerra in Iraq il contesto e’ cambiato ma questo non e’ stato capito
nel mondo occidentale. Rimane la paura per la minaccia islamica.
Gli islamici hanno deciso di non intervenire adesso, il loro leader si
dice non integralista ma democratico, d’accordo sui diritti delle
donne. Anche loro fanno parte della nostra realta’ e quindi dobbiamo
tenerne conto”.
E gli altri paese arabi come stanno seguendo, lo svolgimento dei
fatti? “Tutti guardano verso la Libia e hanno paura perché tanti
responsabili della polizia hanno cercato rifugio la’. Del resto anche
Gheddafi ha paura come tutti i governi arabi vicini, hanno paura della
democrazia e di quello che comporta”.


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Nicola Rabbi
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