Re: [pace] Noi e ...








On 18/04/09 at 14.36 bruno\.leopoldo\@libero\.it wrote:

>Gli intellettuali e i filosofi, che - come fa notare la studiosa
>Mariuccia Salvati - dovrebbero occuparsi di svelare la contemporaneità,
>non pensano con occhio critico e privo di pregiudizi ideologici a
>squadernare la dittatura odierna; altrimenti scoprirebbero che in Italia
>non c’è più educazione democratica, e pertanto la vita democratica è
>morta. 




Se mi fosse permessa una percezione, direi che la democrazia in realtà non si è mai potuta finora realizzare.

Nè in Italia nè altrove.

Poiché nell'intervento sopra, che riporto integralmente più avanti, vengono citate Mariuccia Salvati:

http://www.storicamente.org/04_comunicare/salvati.htm

e Carmen Leccardi:

http://www.sociologiadip.unimib.it/dipartimento/ricerca/scheda.php?idUser=24

inoltro anche loro ciò che ritengo essere una consistente ipotesi di lavoro, sperando gradiscano intervenire e dirci cosa ne pensano. Internet serve proprio a questo e di certo serve molto di più che la vecchia moda di far convegni, dove non è possibile interagire così democraticamente, appunto.


Gentilmente, allora, mi si permetta avanzare precisamente l'ipotesi che i presenti guai della società derivino principalmente dal fatto che la nostra repubblica, in verità non solo quella italiana ma anche ogni altra nel mondo, lo sia ancora solo in parte, causa l'errore progettuale insito nell'ordinamento d'epoca prerepubblicana che assegna a vita i ruoli della Pubblica Amministrazione. Tale delega totale, che elimina ogni possibilità di reale partecipazione alla Cosa Pubblica, crea uno Stato separato dai cittadini ed inevitabilmente, metodicamente, lo Stato finisce per divenire arrogante padrone ed i cittadini sottomessi sudditi.

Si tratta di una ipotesi da prendere subito in considerazione. Perché, se si rivelasse fondata, tutti i nostri tentativi di migliorare le cose fallirebbero. Non importa quanto ci impegneremmo. Senza redistribuire periodicamente i ruoli della PA tra la popolazione desiderosa ed abile a svolgerli non vivremmo mai in una vera Res Publica ma in una Res Loro, in una Cosa Loro: in una proprietà dei pubblici dipendenti a vita. I quali, per mantenere i loro indebiti privilegi, alcuni meno, altri molto più marcati, continueranno a sostenere ogni malefatta dei vari cattivi governi che si succederanno. Compromettendo infine pesantemente anche l'andamento dell'economia privata.


Una sintesi meno stringata di questa in realtà corposa e molto promettente ipotesi è contenuta in una:

Lettera aperta ai Docenti Universitari
in favore di una Società Democratica 

http://www.hyperlinker.com/ars/emeriti.htm


Nel ringraziare tutti per l'attenzione, saluto cordialissimamente, auspicando un graditissimo intervento di Mariuccia Salvati e Carmen Leccardi.


Danilo D'Antonio






>Gli uomini di cultura hanno lasciato che la sinistra si accodasse alla
>destra: i candidati premier Rutelli e Veltroni cosa sono se non la destra
>mitigata? A mio avviso, hanno la colpa d’occuparsi d’altro; è già
>accaduto? 
>
>Noi, poveri mortali, ci trasciniamo nell’ambito del possibile; anzi dove
>tutto è possibile ma nulla si concretizza; una concezione aperta di futuro
>ma senza alcun effettivo governo dell’avvenire. La linearità del tempo
>trascorre priva di meta, nel dominio del presente; nel senso comune;
>agiamo il meno possibile perché il progresso è identificato in un baratro:
>quello dell’espansione economica nell’avvenire. 
>
>La responsabilità, il rapporto faccia a faccia, l’emozione, l’azione può
>scardinare tutto ciò? Forza Italia è un partito senza emozioni. La
>strategia discorsiva di Foucault è tuttora una preda di Berlusconi e del
>suo gruppo (Tremonti, Confalonieri, Gianni Letta, avvocati vari). 
>
>L’immediatezza dell’impulso, la spontaneità delle emozioni, per arrivare
>al controllo dei sentimenti: ci è tutto privato. Gioia è una parola tabù.
>La dimensione ludica è persa. Ogni gruppo nella propria autoreferenzialità
>esprime la posizione “giusta giusta”. 
>Rifuggiamo dal contatto perfino con noi stessi; viviamo intontiti e
>soffocati.
>
>L’agire solidale ci viene tolto dalla mente. Si è consumato l’ottimismo
>profuso dal cristianesimo nella cultura occidentale. Viviamo poveri perché
>privi di relazione e protezione; di emozioni e con corpi repressi.
>Anestetizzati durante uno tsunami sociale. Noi non abbiamo più il nostro
>corpo (ce lo hanno scippato di mano) e non siamo più il nostro corpo (lo
>cacciamo in un cassetto non appena ci svegliamo). 
>
>Come sempre, da parte sua il potere cura la sensazione che sia impossibile
>venir fuori dallo stato di cose e invece: facciamo largo
>all’imprevedibile. Basta poco per fare inversione di marcia, invece che
>continuare a essere vergognosi e vittime servili, ridefinire l’identità
>individuale di ognuno, ri-temporalizzarla. 
>
>Se è vero che la letteratura è “la più assoluta forma che la verità può
>assumere”, bene. Allora in Italia non partiamo da zero, grazie ad esempio
>alla New italian epic; come dice Wu Ming 2: la narrativa italiana intesa
>come “pratica di resistenza, perché l’unica alternativa per non subire una
>storia è raccontare mille storie alternative”. Sta ad ognuno di noi
>diventare consapevole del ruolo che si occupa nella società; andare avanti
>e aggredire lo stato di cose con la parola e con qualsivoglia. 
>
>Chi scrive non solo mette in mostra se stesso, i propri limiti ma anche la
>propria morte intellettuale. 
>
>Discutere, dibattere, scrivere e parlare è una tremenda fatica, di questi
>tempi; figuriamoci tirarsi in piedi e governare la catastrofe:
>quest’occasione pur unica. Il capitalismo è finito semplicemente perché è
>l’ideologia del progresso, legata al principio di un’illimitata espansione
>economica. Gli economisti capaci fanno tenerezza; anche se riuscissero
>ancora una volta a farla scampar bella, la strada intrapresa è quella che
>tutti sappiamo. Viviamo in una società tutt’altro che aperta al futuro.
>
>Fa notare Carmen Leccardi in Sociologie del tempo: “Inevitabilmente,
>considerata la struttura temporale dell’azione, l’incertezza del futuro si
>riverbera sui modi dell’agire sociale. In un contesto collettivamente
>sempre più pessimista circa le possibilità di governo dell’avvenire, la
>definizione di progetti a medio-lungo termine appare, ad esempio, una
>strategia di costruzione biografica scarsamente significativa”. 
>
>E per finire, Foucault ci invita: “Non immaginate che si debba essere
>tristi per essere militanti, anche se quello che si combatte è
>abominevole. E’ il legame del desiderio con la realtà [...] a possedere
>una forza rivoluzionaria”.
>
>18/4/9 – Leopoldo BRUNO